COVID-19/Giornata della Terra: giugno 1992 LA RAGAZZINA CHE ZITTÌ IL MONDO

di Mimmo Zanetta

Mi trovavo per lavoro a Rio de Janeiro e nell’occasione facevo anche il corrispondente per il quotidiano “Paese Sera” come inviato al Summit della Terra. Nel giugno del 1992, al Summit, SEVERN SUZUKI (*), una bambina canadese di dodici anni, zittì 108 capi di Stato con un discorso di sei minuti sui problemi del mondo.

Sono passati quasi trent’anni, giudicate voi.

Buonasera, sono SEVERN SUZUKI e parlo a nome di Eco (Environmental Children Organization). Siamo un gruppo di ragazzini di 12 e 13 anni e cerchiamo di fare la nostra parte, VANESSA SUTTIE, MORGAN GEISLER, MICHELLE QUAIGG e me. Abbiamo raccolto da noi tutti i soldi per venire in questo posto lontano 6000 miglia, per dire alle Nazioni Unite che devono cambiare il loro modo di agire.

Venendo a parlare qui non ho un’agenda nascosta, sto solo lottando per il mio futuro. Perdere il mio futuro non è come perdere un’elezione o alcuni punti sul mercato azionario. Sono qui a parlare a nome delle generazioni future. Sono qui a parlare a nome dei bambini che stanno morendo di fame in tutto il pianeta e le cui grida rimangono inascoltate. Sono qui a parlare per conto del numero infinito di animali che stanno morendo nel pianeta, perché non hanno più alcun posto dove andare.

Ho paura di andare fuori al sole perché ci sono buchi nell’ozono, ho paura di respirare l’aria perché non so quali sostanze chimiche contiene. Ero solita andare a pescare a Vancouver, la mia città, con mio padre, ma solo alcuni anni fa abbiamo trovato un pesce pieno di tumori. E ora sentiamo parlare di animali e piante che si estinguono, che ogni giorno svaniscono per sempre. Nella mia vita ho sognato di vedere grandi mandrie di animali selvatici e giungle e foreste pluviali piene di uccelli e farfalle, ma ora mi chiedo se i miei figli potranno mai vedere tutto questo. Quando avevate la mia età, vi preoccupavate forse di queste cose?

Tutto ciò sta accadendo sotto i nostri occhi e ciononostante continuiamo ad agire come se avessimo a disposizione tutto il tempo che vogliamo e tutte le soluzioni. Io sono solo una bambina e non ho tutte le soluzioni, ma mi chiedo se siete coscienti del fatto che non le avete neppure voi. Non sapete come si fa a riparare i buchi nello strato di ozono, non sapete come riportare indietro i salmoni in un fiume inquinato, non sapete come si fa a far ritornare in vita una specie animale estinta, non potete far tornare le foreste che un tempo crescevano dove ora c’è un deserto. Se non sapete come fare a riparare tutto questo, per favore smettete di distruggerlo.

Qui potete esser presenti in veste di delegati del vostro governo, uomini d’affari, amministratori di organizzazioni, giornalisti o politici, ma in verità siete madri e padri, fratelli e sorelle, zie e zii, e tutti voi siete anche figli. Sono solo una bambina, ma so che siamo tutti parte di una famiglia che conta 5 miliardi di persone [oggi 7, ndr], per la verità, una famiglia di 30 milioni di specie. E nessun governo, nessuna frontiera, potrà cambiare questa realtà.

Sono solo una bambina ma so che dovremmo tenerci per mano e agire insieme come un solo mondo che ha un solo scopo. La mia rabbia non mi acceca e la mia paura non mi impedisce di dire al mondo ciò che sento. Nel mio paese produciamo così tanti rifiuti, compriamo e buttiamo via, compriamo e buttiamo via, e tuttavia i paesi del Nord non condividono con i bisognosi. Anche se abbiamo più del necessario, abbiamo paura di condividere, abbiamo paura di dare via un po’ della nostra ricchezza. In Canada viviamo una vita privilegiata, siamo ricchi d’acqua, cibo, case, abbiamo orologi, biciclette, computer e televisioni. La lista potrebbe andare avanti per due giorni.

Due giorni fa, qui in Brasile siamo rimasti scioccati, mentre trascorrevamo un po’ di tempo con i bambini di strada. Questo è ciò che ci ha detto un bambino di strada: «Vorrei essere ricco, e se lo fossi vorrei dare ai bambini di strada cibo, vestiti, medicine, una casa, amore ed affetto». Se un bimbo di strada che non ha nulla è disponibile a condividere, perché noi che abbiamo tutto siamo ancora così avidi? Non posso smettere di pensare che quelli sono bambini che hanno la mia stessa età e che nascere in un paese o in un altro fa ancora una così grande differenza; che potrei essere un bambino in una favela di Rio, o un bambino che muore di fame in Somalia, una vittima di guerra in Medio Oriente o un mendicante in India. Sono solo una bambina ma so che se tutto il denaro speso in guerre fosse destinato a cercare risposte ambientali, terminare la povertà e per siglare degli accordi, che mondo meraviglioso sarebbe questa terra!

A scuola, persino all’asilo, ci insegnate come ci si comporta al mondo. Ci insegnate a non litigare con gli altri, a risolvere i problemi, a rispettare gli altri, a rimettere a posto tutto il disordine che facciamo, a non ferire altre creature, a condividere le cose, a non essere avari. Allora perché voi fate proprio quelle cose che ci dite di non fare? Non dimenticate il motivo di queste conferenze, perché le state facendo? Noi siamo i vostri figli, voi state decidendo in quale mondo noi dovremo crescere. I genitori dovrebbero poter consolare i loro figli dicendo: «Tutto andrà a posto. Non è la fine del mondo, stiamo facendo del nostro meglio». Ma non credo che voi possiate dirci più queste cose. Siamo davvero nella lista delle vostre priorità? Mio padre dice sempre: «Siamo ciò che facciamo, non ciò che diciamo». Ciò che voi state facendo mi fa piangere la notte. Voi continuate a dire che ci amate, ma io vi lancio una sfida: per favore, fate che le vostre azioni riflettano le vostre parole.”

 

(*) – Severn Suzuki, oggi scrittrice e biologa, è stata intervistata da Cristina Gabetti su «Sette» del 21 aprile 2011

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