Aumentano gli italiani in Spagna, l’intervista a Steven Forti sugli ultimi dati

Negli ultimi anni la presenza di italiani in Spagna è cresciuta in modo molto consistente. A gennaio 2020, sono stati presentati a Madrid e Barcellona i dati sugli italiani in Spagna in occasione della presentazione del libro del Mulino “Viaggio fra gli Italiani all’Estero”. Abbiamo incontrato uno degli autori del libro, il professore e ricercatore Steven Forti, e lo abbiamo intervistato. 


 

Steven Forti (Trento, 1981) è professore di Storia Contemporanea presso l’Universitat Autònoma de Barcelona e ricercatore presso l’Instituto de História Contemporânea dell’Universidade Nova de Lisboa. I suoi studi si centrano sulla storia politica e del pensiero politico dell’Europa del Novecento e dell’inizio del XXI secolo.

Lavora principalmente su tematiche quali i fascismi nell’Europa interbellica, la storia della Spagna del Novecento, la storia catalana del tempo presente e le nuove estreme destre europee.

Tra le sue pubblicazioni, si ricorda El peso de la nación. Nicola Bombacci, Paul Marion y Óscar Pérez Solís en la Europa de entreguerras (Santiago de Compostela 2014 – Premio Cátedra Juana de Vega alla miglior tesi di dottorato 2012; segnalazione per il Premio Sissco Opera Prima 2015); Ada Colau, la città in comune. Da occupante di case a sindaca di Barcellona (con Giacomo Russo Spena, Roma 2016 – nuova edizione aggiornata e ampliata in spagnolo: Ada Colau, la ciudad en común, Barcellona 2019); El proceso separatista en Cataluña. Análisis de un pasado reciente (2006-2017) (con Arnau González i Vilalta ed Enric Ucelay-Da Cal [eds.], Granada 2017); Vent’anni di Sessantotto. Gli avvenimenti e le canzoni che raccontano un’epoca (con Sergio S. Sacchi e Sergio Staino, Roma 2018); Patriotas indignados. Sobre la nueva ultraderecha en la Posguerra Fría. Neofascismo, posfascismo y nazbols (con Francisco Veiga, Carlos González Villa e Alfredo Sasso, Madrid 2019).

Membro della redazione di Spagna Contemporanea, Forti scrive di attualità politica per giornali e riviste italiane, spagnole e greche (MicroMega, Limes, Rolling Stone, CTXT, Política & Prosa, Epohi).

 

L’intervista a Steven Forti

Steven Forti, pochi giorni fa a Madrid e Barcellona hai presentato i dati relativi alla presenza degli italiani in Spagna. Numeri in costante crescita, con un incremento particolarmente consistente negli ultimi tre anni. Qual è il dato secondo te più rilevante sulla presenza italiana in Spagna?

Direi senza dubbio proprio l’aumento esponenziale della presenza italiana in Spagna negli ultimi 15 anni, tenendo poi conto che il paese iberico non è uno dei nostri storici paesi di emigrazione. Secondo i dati AIRE, dal dodicesimo paese con una maggiore presenza italiana siamo balzati in poco tempo al nono, superando Venezuela e Australia. Se ci basiamo sui dati spagnoli, ossia chi è “empadronado” e possiede il NIE, più affidabili e “completi” rispetto ai dati AIRE, siamo passati da poco più di 20.000 residenti alla metà degli anni Novanta a oltre 300.000 nel 2019.

Presso l’Ambasciata d’Italia a Madrid presentati i dati sugli italiani in Spagna

Nell’ultimo anno la comunità italiana è quella che più è aumentata in percentuale rispetto all’anno precedente, segnando un +9,9%. Se si mantenesse questo ritmo nel giro di un decennio gli italiani supererebbero le 500.000 presenze! Aggiungerei poi altri due dati rilevanti.

Da un lato, il fatto che, al contrario di altri paesi europei, in primis i britannici, gli italiani hanno un’età media più bassa (39,7 anni), il che significa che è un’emigrazione in cerca di lavoro dove la componente dei pensionati pesa relativamente poco. Dall’altro, il fatto che non si tratta solo dei cosiddetti “cervelli in fuga”: per quanto le persone laureate sono una componente importante e sono in aumento rispetto a dieci anni fa, vi è una percentuale importante di persone solo diplomate o senza particolari qualificazioni.

Hai avuto modo nella tua ricerca di approfondire quali sono le cause di questa importante crescita?

È più difficile da capire. Nessuno studio o sondaggio sarà mai completo da questo punto di vista. Ciò che è evidente è che l’emigrazione italiana, soprattutto dal 2010 in avanti, è in buona misura dovuta alla percezione che il nostro paese non permette un futuro dignitoso e delle buone possibilità di realizzazione professionale. Ciò non vale solo per chi sceglie come meta la Spagna, ovviamente. È una dinamica generale. Ma mi sembra ancora più sintomatico nel caso spagnolo, tenendo conto quanto la crisi sia stata dura da queste parti.

Il libro “Viaggio fra gli italiani all’estero”

Si pensi che gli italiani sono stati, insieme ai cinesi, l’unica comunità di stranieri residenti che durante gli anni della crisi è sempre cresciuta in Spagna. È un dato che deve far riflettere. Non dimentichiamoci che dall’inizio del millennio, dunque ben prima della crisi scoppiata nel 2007-2008, l’Italia cresce al di sotto della media europea. Siamo un paese che arranca, bloccato. Mi azzarderei a dire che l’Italia sta vivendo un lento declino.

Pesano poi molto probabilmente anche altre questioni: la facilità per gli italiani di adattarsi e integrarsi facilmente in terra iberica; il fatto che lo spagnolo è una lingua che si riesce ad imparare in fretta in comparazione ad altre; lo stile di vita della Spagna, simile in molte cose al nostro; la percezione che la società spagnola è più aperta dal punto di vista culturale; il clima; l’immagine positiva di cui gode la Spagna in Italia…

Nella tua presentazione hai fatto riferimento anche ad una presenza di italiani nati in paesi dell’America latina. È una presenza consistente?

Sì, molto. Si tratta di circa il 30-40%. Ciò ci porta a ridimensionare in certo modo i dati legati alla nuova emigrazione italiana, almeno per quanto riguarda la Spagna. Nel caso del Comune di Barcellona, ad esempio, gli italiani all’inizio del 2019 erano la comunità straniera più numerosa, oltre 36.000 persone.

Di queste “solo” 20.900 erano nate in Italia. I restanti, circa 15.000, non erano nati nel nostro paese: una piccola parte sono italiani di seconda generazione, nati in Spagna, ma la maggioranza sono latinoamericani – essenzialmente argentini, uruguyani, venezuelani e brasiliani – con passaporto italiano.

Il fenomeno, insomma, è rilevante. E dovrebbe essere studiato più a fondo.

Un altro dato molto interessante è proprio quello relativo agli italiani di seconda generazione, puoi dirci qualcosa al riguardo?

Si tratta di un fenomeno nuovo nel caso della Spagna. E di un fenomeno in crescita. Ce ne renderemo conto nel prossimo decennio perché molti italiani trasferitisi in Spagna negli ultimi quindici anni stanno “mettendo su famiglia”. Nel caso del territorio del Consolato Generale di Barcellona, ossia la Catalogna, l’Aragona, Andorra, le Baleari, la Comunità Valenzana e Murcia, disponiamo di dati relativi alle fasce di età dei residenti secondo l’AIRE. Il 21,7% sono ragazzi e ragazze di età inferiore ai 18 anni. Di questi più del 7% hanno tra 0 e 6 anni.

I numeri forniti nella tua ricerca sono relativi alle persone iscritte all’AIRE, agli iscritti con NIE ed agli italiani “empadronados” nei comuni: ci può essere un certo errore, magari dovuto al fatto che molti italiani si muovono costantemente fra i due paesi e tardano a cancellarsi da queste liste?

Sicuramente. Il mondo è cambiato e i flussi migratori anche. La nuova emigrazione, non solo quella italiana, è molto più liquida che in passato. Ma la mobilità non è solo tra Italia e Spagna con rientri e magari nuove ripartenze: è, come minimo, inter-europea. Dall’Italia alla Spagna e poi in Francia, Germania o nel Regno Unito, ad esempio. O prima a Londra e dopo qualche anno a Madrid o Barcellona. Ce ne renderemo conto ancora di più nel prossimo biennio probabilmente con gli effetti della Brexit. Ed è difficile ovviamente avere una fotografia precisa della situazione.

C’è poi la realtà degli italiani che chiedono ed ottengono la nazionalità spagnola.

Anche questo è un fenomeno nuovo che dovrebbe essere studiato più a fondo. In primo luogo, per capirne l’entità. Sicuramente crescerà nel futuro prossimo. Vedremo quanto. In altri paesi questa questione non si pone poiché si può avere la doppia nazionalità: nel caso di Italia e Spagna no, se si richiede la spagnola automaticamente si deve abbandonare quella italiana. In secondo luogo, perché pone una questione di fondo: cosa spinge gli italiani a optare per la nazionalità spagnola? La volontà di voler partecipare alla vita politica del paese iberico? Una crescente distanza con il nostro paese dopo molti anni di residenza all’estero? La stanchezza per la burocrazia italiana?

Ritieni che questo incremento di italiani in Spagna possa continuare ancora, e se sì, che limiti e conseguenze (sia positive che negative) può avere un fenomeno così importante e massiccio?

È difficile fare previsioni. Il trend degli ultimi due decenni è però piuttosto chiaro: l’aumento è costante ed esponenziale. C’è un tetto a questa crescita? Chissà… Ma di fondo la domanda è: che cosa potrebbe frenare questo incremento? La situazione italiana, le condizioni nel nostro paese. Direi che fino a che l’Italia non torna a crescere, economicamente parlando, e non si “modernizza” realmente, offrendo davvero delle possibilità ai propri giovani, questi flussi bene o male continueranno. Le conseguenze sono evidenti, soprattutto in Italia: la perdita di una percentuale importante di giovani, spesso laureati, che dovrebbero invece essere la risorsa per il futuro del nostro paese. Per la Spagna, sempre che il paese iberico riesca a mantenere buoni livelli di crescita e sappia gestire questi flussi, le conseguenze non possono che essere positive.

Se da una parte gli italiani in Spagna continuano a crescere, diventando quasi la terza comunità più popolosa, in Italia non sembra esistere un fenomeno opposto: gli spagnoli che si muovono in Italia sono molti di meno. Come mai? Hai avuto modo di approfondire questo tema?

Gli spagnoli residenti in Italia sono circa 30.000. Il confronto è impietoso con gli italiani in Spagna. E pensare che l’Italia è una delle mete preferite dagli spagnoli che fanno l’Erasmus e che dal 2011, a causa della crisi economica, anche la Spagna ha vissuto un fenomeno simile di emigrazione giovanile. All’Italia, però, si preferisce il Regno Unito, la Germania o la Francia. La ragione principale è che, per quanto l’Italia piaccia agli spagnoli, il nostro paese non è considerato un luogo dove si possa trovare facilmente lavoro né crescere professionalmente. Torniamo insomma alla grande questione di fondo: il declino italiano. Se non si trova rapidamente una soluzione l’Italia continuerà a perdere popolazione e non riceverà giovani formati e qualificati da altri paesi europei. 

 

 

FONTE: https://www.itagnol.com/2020/02/aumentano-italiani-spagna-intervista-steven-forti/

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