19 09 07 NEWS DAI PARLAMENTARI ELETTI ALL ESTERO ED ALTRE COMUNICAZIONI

0 – CINQUE COSE DA FARE PER NON FARLO TORNARE Ha aperto una crisi di governo suicida. Ma incassato il colpo ricomincerà a urlare e a mette i penultimi contro gli ultimi. Per evitare che Salvini tomi in sella con la sua ideologia razzisti classista e misogina, serve una sinistra credibile. E connessa ai problemi reali del Paese

1 – L’ON. LA MARCA ANCHE QUEST’ANNO INTERVIENE ALLA INAUGURAZIONE DI FESTITALIA A HAMILTON (ONTARIO) Mercoledì 4 settembre, si è inaugurata ad Hamilton (Ontario) la 44a edizione di Festitalia, la manifestazione di cultura e tradizioni italiane che per circa un mese consentirà di focalizzare l’attenzione sull’Italia attraverso una serie numerosa di iniziative e di significative partecipazioni.

2 – Perché SI al nuovo governo PD-5Stelle

3 – SCHIRÒ (PD): SCELTA DI NECESSITÀ E RINNOVAMENTO. La crisi di governo causata da Salvini tra un selfie e un mojito ha aperto una voragine nella già dissestata situazione politica italiana, nella quale il Paese ha corso il serio rischio di precipitare, con conseguenze di non poco conto, forse pesanti

4 – PARLAMENTARI PD ESTERO: un atto di responsabilità verso l’Italia, un diverso orizzonte per il paese

5 – Il taglio del numero dei parlamentari è tornato in primo piano malgrado nei mesi scorsi, durante tutto il percorso parlamentare, l’argomento sia stato sottovalutato e perfino nascosto, volutamente.

6 – Dietro gli incendi in Brasile: carte false per rubare le terre. Amazzonia. I meccanismi di «land grabbing» di latifondisti e società estere, sdoganati da Bolsonaro: l’accaparramento di terreni pubblici con atti di vendita falsi è una tecnica di vecchia data

 

 

0 – CINQUE COSE DA FARE PER NON FARLO TORNARE. Ha aperto una crisi di governo suicida. Ma incassato il colpo ricomincerà a urlare e a mette i penultimi contro gli ultimi. Per evitare che Salvini tomi in sella con la sua ideologia razzisti classista e misogina, serve una sinistra credibile. E connessa ai problemi reali del Paese, di Giulio Cavalli da LEFT

SI SUPERA SALVINI DANDO LA PRIORITÀ A POLITICHE CHE CAMBINO IN MEGLIO LA VITA DELLE PERSONE

Non ci si illuda di essersene liberati. Per carità, che non ci sia nessuno a sinistra e nel centrosinistra che pensi che Matteo Salvini e soprattutto il suo salvinismo possano essere sconfitti da un aperitivo andato di traverso questa estate che ha provocato la crisi di governo più suicida che si sia vista nella nostra storia parlamentare. Matteo Salvini incasserà il colpo e ricomincerà ad urlare più forte di prima, per farsi notare sarà ancora più velenoso e poi feroce mentre se ne sta comodo nel posto dell’opposizione che gli torna utile per mancanza di responsabilità. C’è un mondo da rovesciare perché la sinistra provi a tornare credibile nei temi, nei modi, nelle persone e soprattutto nella connessione con i problemi reali. Con gli sforzi dei lavoratori che ogni giorno si trascinano fino alla fine del mese, con la solitudine di anziani abbandonati e mal curati, con le speranze piallate dei giovani studenti che crescono in un Paese in cui la cultura è considerata un inutile fardello, con i servizi che mancano alle famiglie. Forse sarebbe il caso di tenere bene a mente alcuni punti, darsi degli obiettivi e provare a cominciare a fare sul serio.
PRIMO. Salvini va superato, non va solo sconfitto. Non basta mettere fuori gioco il leader leghista per sperare che la sua narrazione fatta di penultimi contro gli ultimi, di nemici immaginari dipinti come nostri persecutori, di sicurezza intesta come restringimento dei diritti e di popolo come entità fantasiosa da usare come manganello venga disinnescata. Per cancellare il finto tema della finta emergenza dell’immigrazione occorre essere capaci di superarla con priorità più sentite, più importanti e facilmente riconoscibili dagli elettori: ci era riuscito (per poco) Renzi parlando di asili, di scuole, di diritti e sembra che quel campo sia stato completamente abbandonato. Superare Salvini significa presentare al Paese una lista di priorità che sia condivisibile, che cambi veramente la vita delle persone e che non sia vista come una confusa declamazione di buoni propositi. persone.

SECONDO. AFFRONTARE I CAMBIAMENTI CLIMATICI.
In politica vince chi riesce a prevedere la direzione eh sta prendendo il mondo e chi riesce a interpretare cambiamenti per costruire valide soluzioni. Mentre ne resto del mondo i cambiamenti climatici ormai sonc molto di più di un argomento strettamente ecologista, qui da noi sembra che tutto sia legato solo al calde un po’ più caldo d’estate e al freddo un po’ più freddo d’inverno. Eppure nella questione del cambiamento climatico c’è dentro tutto: l’idea di lavoro e il ruolo delle persone, gli stili di vita che verranno e la modifica dei bisogni, i diritti come elemento fondamentale, il capitalismo come motore distruttivo quando viene interpretato come unica chiave di lettura della società, il sovranismo come egoismo nazionalista che verrà spazzato via da reali emergenze planetarie, il coraggio che serve per contrapporsi a enormi interessi e potentissime lobby che determinano la salute del mondo.
Una sinistra di sinistra ha il dovere di studiare e raccontare questa storia il prima possibile, prima che qualche finto ecologista venga creato dagli stessi che bisognerebbe combattere, per essere rivenduto come il salvatore che curerà la transizione mantenendo gli stessi poteri. E su questo il salvinismo non ha nulla dire: nega, nega, nega.

TERZO. IMPORRE UN ALTRO MODO DI INTENDERE LA POLITICA.
La disaffezione alle istituzioni e alla politica come arte del governo non ha fatto altro che premiare il consenso (vero o presunto che sia) come unico metodo di giudizio. Eppure basterebbe poco per innamorarsi della democrazia, dei suoi meccanismi e per rendersi conto che le istituzioni sono la nostra migliore difesa contro pericolosi personalismi. Seguire la Lega (e il M5s) sulla strada del vilipendio delle istituzioni, insistere nel chiamare «poltrone» posti di governo che sono indispensabili per il buon funzionamento della Repubblica e trasformare qualsiasi azione in una partita di calcio è il modo migliore per continuare a essere sconfitti: la serietà tornerà ad essere di moda quando cominceremo a essere seri, semplicemente. La professionalità di un politico è caratteristica più augurabile se intesa come professionismo che consiste nel professare i propri valori nel proprio mestiere e nel proprio ruolo. Finché
saremo travolti dal feticcio del nuovismo, del giovanilismo, della rottamazione difficilmente potremo apprezzare l’esperienza politica e il ruolo della politica come strumento sociale e culturale. A proposito di cultura: la politica è cultura e la cultura è politica. Basta con questi istinti senza senso di dividere le due cose
come se una contaminasse l’altra.
La sinistra è stata sinistra perché ha elaborato pensieri oltre che riforme. Non si capisce bene perché ora dovrebbe farci schifo.

QUARTO. DIMOSTRARE CHE L’UMANITÀ CONVIENE.
Bisogna uscire da questa idea che sia bello essere buoni perché ci fa sentire in pace con noi stessi. Essere accoglienti significa costruire una società che accoglierà
noi e i nostri figli se per caso dovesse andarci male, significa costruire un welfare che è anche sociale oltre che amministrativo, significa riconoscere che il grado di democrazia di un Paese si misura nel modo in cui trattiamo i perdenti, i deboli e coloro che hanno fallito. Nell’essere buoni che viene schifato da Salvini e dai suoi sodali c’è dentro il nucleo fondante della nascita dell’occidente con le sue leggi e i suoi trattati internazionali. E lo stesso occidente che da decenni si è ritenuto superiore al resto del mondo proprio per questo. E fa ridere che proprio i più conservatori e i più tradizionalisti siano talmente ignoranti da non riconoscerlo.

QUINTO. AVERE CORAGGIO.
Avere il coraggio di riconoscere che la classe dirigente della sinistra ha serie responsabilità nelle sconfitte recenti: qualcuno si è spostato a destra, altri hanno curato solo il proprio orticello

 

1 – L’ON. LA MARCA ANCHE QUEST’ANNO INTERVIENE ALLA INAUGURAZIONE DI FESTITALIA A HAMILTON (ONTARIO) Mercoledì 4 settembre, si è inaugurata ad Hamilton (Ontario) la 44a edizione di Festitalia, la manifestazione di cultura e tradizioni italiane che per circa un mese consentirà di focalizzare l’attenzione sull’Italia attraverso una serie numerosa di iniziative e di significative partecipazioni.
Alla presenza di circa 500 persone, riunite presso il Michelangelo’s Banquet Centre, ha fatto gli onori di casa, come Chair della manifestazione, Pat Mostacci, che ha accolto i tanti rappresentanti politici presenti, di ogni orientamento, le figure di spicco della comunità e le altre autorità intervenute, come l’ex sindaco della città Larry Di Ianni, l’ex console onorario Giuseppe Patricelli, l’attuale console onoraria Susanna Fortino-Bozzo e il console onorario di London (Ontario) Giuseppe Raffa. Tutte le regioni italiane, che hanno presentato i rispettivi prodotti tipici, erano rappresentate dai locali esponenti delle associazioni.
Nel suo intervento, l’On. La Marca, dopo avere ringraziato, in particolare, Anthony Macaluso e Pat Mostacci per l’invito, ha ricordato che ormai anche per lei Festitalia è diventata una tradizione che ha la priorità nella sua agenda di lavoro e ha ringraziato gli organizzatori e i loro collaboratori per gli sforzi compiuti con l’intento di preservare e promuovere la cultura italiana nell’area di Hamilton.
La parlamentare non ha mancato di fare un richiamo all’attuale situazione politica in Italia, che vede la nascita del nuovo governo 5Stelle-Pd-Leu: “Certo, è difficile prevedere se la vita di questa nuova coalizione di governo filerà liscia poiché ci sono molte differenze da superare tra i due maggiori partiti che la compongono, ma credo che questo governo potrà offrire la stabilità di cui il nostro Paese necessita”. “Quello che posso assicurare – ha detto ancora la deputata – è che continuerò nel mio impegno per gli italiani in Canada, negli Stati Uniti e in centro America. Un impegno deciso in difesa dei loro interessi”. Ha poi concluso affermando: “Una delle mie priorità, ormai è noto, è quella di assicurare servizi adeguati ed efficienti da parte della nostra rete consolare. La rete onoraria, in questo contesto, rappresenta una risorsa fondamentale per le nostre comunità che garantisce, attraverso il lavoro prezioso ed insostituibile dei consoli onorari (di carattere volontaristico e gratuito) i principali servizi di cui c’è bisogno sui territori”.

On. Francesca La Marca

 

2 – PERCHÉ SI AL NUOVO GOVERNO PD-5STELLE

di Francesca La Marca
Cari amici, come sapete nei 14 mesi della legislatura che si è svolta fino all’inaspettata crisi di agosto, il Partito Democratico ha esercitato una dura e coerente opposizione e io stessa, con il voto e con gli interventi in Parlamento, non ho lesinato critiche alle discutibili scelte compiute dal governo giallo-verde 5Stelle-Lega, ispirate in genere da intenti populisti e sovranisti.

CRISI DI GOVERNO: UNA SCELTA CINICA
Poi è arrivato Salvini che, tra un selfie e un mojito, ha annunciato da una spiaggia assolata la crisi del governo di cui lui stesso era vice premier e ministro, con l’idea di portare il suo partito all’incasso dei sondaggi allora favorevoli.
Una scelta cinica e brutale che lo ha portato a calpestare gli interessi vitali del Paese per un gioco politico di parte.

In queste settimane, infatti, si prepara il bilancio dello Stato, si avvia l’attività dei nuovi organismi europei, con i quali l’Italia ha tutto l’interesse a dialogare, soprattutto si deve scongiurare l’aumento dell’IVA per evitare che i prezzi salgano, i consumi diminuiscano e l’economia prolunghi la sua stagnazione.

Una bella coltellata alle spalle di un Paese in seria difficoltà, proprio da parte di chi ha cavalcato per mesi e mesi gli slogan “Prima l’Italia”, “Prima gli italiani”.

Che fare di fronte ad una situazione così drammatica?

Se anche noi del PD avessimo badato ai nostri interessi, saremmo dovuti andare diritto alle elezioni per convincere gli elettori di quanto sia stata improvvida la scelta di mettere l’Italia in mano a gente inesperta e spregiudicata.
Ma noi siamo diversi da Salvini. Per noi l’interesse nazionale, anche senza sbandierarlo, viene prima veramente e mai deve essere prevaricato da interessi di parte.

La risposta della responsabilità

E’ rimasta, dunque, una sola strada percorribile, quella della responsabilità.
Una responsabilità che ci ha portato a cercare di costruire un difficile rapporto di collaborazione con una forza, i 5Stelle, che non ci hanno mai lesinato attacchi virulenti e ingiusti e dai quali siamo lontani per cultura e metodo politico.

L’abbiamo fatto per l’Italia, per evitare che si accentuasse pericolosamente la deriva economica e sociale nella quale si trova. E l’abbiamo fatto per amore della democrazia perché consegnare l’Italia a un uomo come Salvini che chiede al popolo “pieni poteri”, trascurando che la nostra è una democrazia rappresentativa, e fa appello alle “piazze” contro i suoi avversari politici, significa mettersi su una china pericolosissima.

Inizia, dunque, un nuovo percorso, nella piena legittimità costituzionale, attraverso il quale abbiamo il dovere di dare stabilità al governo del Paese e soprattutto lavorare per il rafforzamento e per il rinnovamento della società italiana.

Rinnovare l’Italia

Ora siamo di fronte ad una nuova sfida. Il punto centrale è proprio questo: rinnovare l’Italia partendo dai bisogni più vivi e diretti dei suoi cittadini. In questa diversa prospettiva spero che il nuovo governo intraprenda una strada di lastricata di cose da fare per risanare e rinnovare.

Sul piano del programma, sono contenta che il Partito Democratico sia riuscito ad ottenere il taglio del cuneo fiscale, vale a dire la diminuzione delle tasse nella busta paga dei lavoratori. Allo stesso tempo, sono soddisfatta per l’attenzione che si rivolge ai giovani, vero banco di prova del futuro, tentando anche di realizzare quelle condizioni per il rientro di quanti hanno dovuto cercare all’estero occasioni di lavoro.

Altre due cose mi piace salutare con convinzione: lo sblocco dei cantieri sospesi, che significa sblocco del lavoro, e un piano di finanziamenti per la ripresa del Mezzogiorno, su cui io stessa ho presentato una mozione in aula che spero possa essere ricalendarizzata al più presto. Un punto di svolta, poi, potrà diventare il Green New Deal, da noi proposto, vale a dire il piano straordinario di investimenti per rendere l’Italia il Paese più verde d’Europa e per difendere il territorio e i centri minori del nostro meraviglioso Paese dal dissesto e dall’abbandono.

Questioni aperte

Ci sono anche – non voglio tacerlo – questioni di più difficile mediazione.

La prima, molto importante sul piano etico prima ancora che politico, è quella della civiltà verso i migranti, i cui flussi devono essere regolati e contrattati a livello europeo, ma che non possono essere lasciati morire in mare.

La seconda è quella del taglio dei parlamentari, che ci ha visti contrari finora soprattutto per il modo come è fatto, vale a dire senza prevedere il rispetto della presenza in Parlamento delle minoranze e senza modificare il funzionamento del Parlamento.

Ora questi aspetti dovrebbero essere contestualmente affrontati.

Per quanto ci riguarda, non abbiamo accettato che il taglio riguardasse linearmente anche gli eletti all’estero, già penalizzati rispetto al numero dei connazionali da rappresentare. Personalmente questa sarà la mia maggiore difficoltà, non per una difesa corporativa ma per una questione di principio, vale a dire perché nessuno metta in discussione il principio che gli italiani all’estero valgano come quelli in Italia. Finora ho agito su questo ascoltando la mia coscienza e rispettando le persone che rappresento e così continuerò a fare.

Mi auguro, infine, che si volti pagina sul modo inconsistente e propagandistico come è stata gestita la delega per gli italiani nel mondo usando finalmente un linguaggio di verità e chiamando a raccolta tutte le forze disponibili per fare il bene di questo importante pezzo d’Italia fuori dall’Italia.

La lista completa dei ministri del governo Conte

MINISTRI CON PORTAFOGLIO
Luciana Lamorgese – Ministero dell’Interno
Luigi Di Maio – Ministero agli Affari Esteri (M5s)
Alfonso Bonafede – Ministero alla Giustizia (M5s)
Lorenzo Guerini – Ministero alla Difesa (Pd)
Roberto Gualtieri – Ministero all’Economia (Pd)
Dario Franceschini – Ministero alla Cultura e Turismo (Pd)
Paola De Micheli – Ministero ai Trasporti (Pd)
Roberto Speranza – Ministero alla Salute (Leu)
Lorenzo Fioramonti – Ministero all’Istruzione (M5s)
Stefano Patuanelli – Ministero allo Sviluppo Economico (M5s)
Nunzia Catalfo – Ministero al Lavoro (M5s)
Teresa Bellanova – Ministero all’Agricoltura (Pd)
Sergio Costa – Ministero all’Ambiente (M5s)

MINISTRI SENZA PORTAFOGLIO
Federico d’Incà – Ministero ai rapporti con il Parlamento (M5s)
Paola Pisano – Ministero all’Innovazione tecnologica (M5s)
Fabiana Dadone – Ministero alla Pubblica amministrazione (M5s)
Peppe Provenzano – Ministero al Sud (Pd)
Francesco Boccia – Ministero agli Affari regionali (Pd)
Elena Bonetti – Ministero alle Pari opportunità e famiglia (Pd)
Enzo Amendola – Ministero agli Affari europei (Pd)
Vincenzo Spadafora – Ministero alle Politiche giovanili e allo Sport (M5s)

 

3 – SCHIRÒ (PD): SCELTA DI NECESSITÀ E RINNOVAMENTO. La crisi di governo causata da Salvini tra un selfie e un mojito ha aperto una voragine nella già dissestata situazione politica italiana, nella quale il Paese ha corso il serio rischio di precipitare, con conseguenze di non poco conto, forse pesanti. ROMA, 6 SETTEMBRE 2019

Sarebbero stati messi in discussione la tempestiva approvazione di un bilancio chiamato a risanare le finanze di dissennate politiche populistiche, l’interlocuzione attiva con i nuovi dirigenti degli organismi europei fin dall’avvio della nuova legislatura, soprattutto l’adozione delle misure atte a scongiurare l’aumento dell’IVA, che avrebbe determinato aumento dei prezzi, restrizione dei consumi e stagnazione dell’economia.

In più, precipitare l’Italia verso le elezioni avrebbe significato quasi certamente consegnarla all’estrema destra, in particolare a quel Salvini che ha diviso e incattivito gli italiani, perseguitato per motivi propagandistici gli ultimi della terra a prezzo anche della loro vita, tra un bacio al Crocifisso e una dedica al Cuore immacolato di Maria, chiesto al “popolo” “pieni poteri” e fatto appello alle piazze come metodo di lotta politica. Troppo, francamente troppo per un Paese che ha conosciuto il fascismo. Con un corretto ricorso agli strumenti che la Costituzione offre, e non con una manovra di palazzo, come la destra va dicendo, si è potuto evitare e questo è un bene non per noi, ma per la democrazia.

La decisione, faticosa, non semplice, ma necessaria, di aprire un rapporto con un movimento così articolato, liquido sul piano dei principi e aggressivo nella prassi politica, per quanto ci riguarda come democratici, è stato solo il frutto di un atto di responsabilità nazionale. Un profilo intorno al quale nessuno ci deve insegnare niente.

Sempre per senso di responsabilità non mi soffermo sulle dichiarazioni e posizioni di volta in volta assunte da Di Maio né sull’abnorme peso attribuito alla consultazione sulla piattaforma Rousseau in una democrazia rappresentativa che riserva alla convergenza dei gruppi parlamentari, e solo a loro, la possibilità di costituire un governo. Certo nessuno, nemmeno Conte, può far finta di niente sulle cose abnormi fatte dal governo giallo-verde in questi 14 mesi. In particolare i decreti Sicurezza pesano come macigni, sicché deve essere chiaro che sul piano dei diritti umani e di quelli civili c’è un serio restauro da fare.

Guardiamo, comunque, alle cose positive, alle risposte che i cittadini si aspettano. Da questo punto di vista, devo dire che i passaggi del programma a base dell’accordo sono soddisfacenti, più convincenti del quadro politico perché danno un’idea di consapevolezza sia delle urgenze sociali da affrontare sia delle prospettive da aprire.

Tanto per fare degli esempi, il taglio del cuneo fiscale risponde all’esigenza di alleggerire il carico fiscale, ma partendo da chi lavora e ha salari e stipendi talvolta al limite delle necessità primarie.

Ma ci sono alcuni punti che mi convincono particolarmente. Il primo – lo dico con consapevolezza di insegnante – è la detassazione per i figli delle famiglie meno abbienti dall’asilo all’università. Un atto di giustizia sociale e un incremento alla formazione in un Paese che ha uno dei più alti indici di abbandono scolastico e dei più bassi indici di laureati. Il secondo è l’attenzione per i giovani, per il loro lavoro ma anche per la loro vita, aiutandoli a costruire una pensione dignitosa se oggi non hanno la possibilità di lavorare e fare versamenti adeguati; aiutando in pari tempo a rientrare chi è andato all’estero per lavoro, se lo desidera. Il terzo è la lotta contro ogni forma di disuguaglianza, sociale, territoriale e di genere. Il quarto è il Green New Deal, un grande piano orientato alla protezione dell’ambiente, allo sviluppo delle rinnovabili e alla protezione del territorio, che di per se’ è una grande risorsa.

Bene, mettiamo in campo dunque la responsabilità che gli elettori ci hanno affidato e andiamo avanti. Non sarà facile, voglio essere onesta con me stessa e con gli altri. Le distanze tra noi e i 5Stelle sul piano delle idealità, della cultura politica e della prassi democratica fino a ieri sono state ampie e non si può pensare che dall’oggi al domani si accorcino d’incanto.
Ma la democrazia è fatta così: di confronto, di concorrenza e anche di incontro. Questa volta le necessità del Paese ci chiedono di fare ogni sforzo per far prevalere le ragioni dell’incontro. Da questo punto di vista, mi auguro che il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che ha creduto alla strada di un programma condiviso, ricopra il suo ruolo assicurando che questo percorso si realizzi pienamente.

Per quanto mi riguarda, la bussola che mi darà costantemente la direzione è quella dei diritti: umani, sociali, civili. Lungo questa strada camminerò con lealtà verso il nuovo governo e verso la nuova maggioranza, mettendo al primo posto, sempre, gli interessi di tutti. On. Angela Schirò

 

4 – PARLAMENTARI PD ESTERO: UN ATTO DI RESPONSABILITÀ VERSO L’ITALIA, UN DIVERSO ORIZZONTE PER IL PAESE
I ministri del nuovo governo 5Stelle-PD-Leu hanno giurato sulla Costituzione e ora la parola passa al Parlamento per il varo definitivo dell’esecutivo che guiderà l’Italia, ci auguriamo, fino alla scadenza della legislatura.
Il voto favorevole che esprimeremo in sede parlamentare va inteso prima di tutto come un atto di responsabilità verso l’Italia e verso la democrazia repubblicana. Precipitare il Paese in un acre scontro elettorale a distanza di un anno e mezzo dall’ultima consultazione, dopo una crisi sbandierata dalle assolate spiagge agostane, avrebbe impedito di mettere in sicurezza i conti pubblici, dissestati da avventurose politiche populiste, di evitare gli aumenti recessivi dell’IVA e di partecipare attivamente, a difesa degli interessi nazionali, alla fase di avvio della nuova legislatura europea.

È stato, poi, un atto di tutela della Costituzione e della democrazia evitare di consegnare il Paese a una destra estrema e inquietante e a un uomo che ha chiesto al “popolo” “pieni poteri”, ha preteso di sostituirsi al Presidente della Repubblica nella gestione della crisi, ha fatto “appello alla piazza” contro i suoi avversari politici. Troppo per un Paese che nella sua storia ha vent’anni di fascismo.

Custodire l’Italia e la sua democrazia rappresentativa, tuttavia, non sarebbe bastato per arrivare all’accordo di due forze molto diverse tra loro, come il PD e i 5Stelle. Diverse per storia, idealità e cultura politica, per prassi democratica e per etica nei rapporti politici e personali. Occorreva anche uno sforzo di incontro programmatico per delineare una visione di Paese e una bussola per navigare nel mondo di oggi, soprattutto dopo le recenti sbandate sovraniste.

Il nostro voto, dunque, terrà conto anche del convincente programma messo alla base della nuova maggioranza e del nuovo esecutivo. Esso ci restituisce il profilo di un’Italia più giusta, impegnata ad alleggerire il peso delle tasse sulle buste paga dei lavoratori, a definire una soglia dignitosa per il salario minimo, a ridurre le ineguaglianze, sociali territoriali e di genere; un’Italia più solidale che volge in modo organico la sua attenzione verso i suoi giovani, garantendo la gratuità degli studi a quelli di famiglie meno abbienti, un maggior riconoscimento del merito nella selezione professionale, condizioni migliori per il rientro di chi è andato all’estero, primi passi per la formazione di una pensione di garanzia per chi oggi fa lavori precari e domani potrebbe trovarsi senza coperture adeguate; un’Italia più veloce, che dà maggiore impulso alla riforma della sua pubblica amministrazione e alla rivoluzione digitale; un’Italia più umana, che supera la dimensione puramente emergenziale (e volgarmente propagandistica) sugli immigrati, accogliendo una visione strutturale del fenomeno, aggiungendo all’esigenza del contenimento degli sbarchi quella dell’integrazione e aprendo in modo costruttivo un duro confronto con l’UE sulle modifiche delle normative e sulle politiche di redistribuzione dell’accoglienza; un’Italia più verde, che si muove sulla strada del Green New Deal, nostro obiettivo primario da alcuni anni.

Un programma che, dopo avere reinquadrato il posto del nostro Paese nella nostra storica dimensione euroatlantica ed europea, promette “provvedimenti volti alla tutela dei cittadini italiani all’estero e alla riforma dell’AIRE”.

Obiettivi impegnativi, sui quali ci sarà da vigilare perché siano realmente perseguiti e riempiti di contenuto. È quello che faremo, con l’impegno a rendere gli italiani all’estero protagonisti sempre più riconosciuti di questo ritorno dell’Italia nel mondo e a fare in modo che si proceda ad un serio rinnovamento, di contenuti e di metodo, della gestione delle politiche nel nostro campo.

I Parlamentari PD Estero: Garavini, Giacobbe, Carè, La Marca, Schirò, Ungaro

 

5 – Il taglio del numero dei parlamentari è tornato in primo piano malgrado nei mesi scorsi, durante tutto il percorso parlamentare, l’argomento sia stato sottovalutato e perfino nascosto, volutamente.
Come è noto era prevista per settembre la quarta votazione (due per ogni camera) prevista per le modifiche della Costituzione. La maggioranza gialloverde, che ormai è dissolta, ha imposto con un voto di maggioranza una versione di questa modifica della Costituzione inaccettabile nelle motivazioni, nel merito e per lo stretto legame con la legge elettorale, già approvata in anticipo e pronta ad entrare in vigore dopo l’approvazione definitiva del taglio dei parlamentari.
Inaccettabile perché le motivazioni nascono essenzialmente da un atteggiamento anti istituzionale e di sottovalutazione del ruolo della rappresentanza parlamentare nella democrazia. Infatti non a caso la nostra Costituzione attribuisce al parlamento un ruolo centrale nell’assetto istituzionale, con il compito di fare le leggi, strumento che dovrebbe guidare l’azione dei governi e dare indicazioni alla stessa magistratura che notoriamente ha come unico vincolo le leggi. Invece in questi anni è prevalsa la tesi di dare centralità al governo che attraverso decreti legge, spesso senza reale urgenza, voti di fiducia e regole vessatorie verso l’autonomia dei singoli parlamentari, leggi elettorali in cui l’elettore non può decidere la persona che lo rappresenterà, finendo con il soggiogare di fatto il parlamento.

Quando il governo diventa centrale e il parlamento è di fatto subalterno anche l’autonomia degli altri poteri dello stato entra in sofferenza perché i nuovi autocrati vogliono consenso e sono insofferenti alle critiche. Salvini ne è l’incarnaziona attuale. Siamo arrivati al punto che il parlamento ha dovuto approvare alcuni mesi fa la legge di bilancio a scatola chiusa, senza conoscerla e quindi senza poterla modificare. Purtroppo la maggioranza giallo verde ha ingigantito i difetti già esistenti.

Tagliare il numero dei parlamentari è coerente con questa scelta. Significa in pratica che il difetto principale sta nel parlamento, nel suo numero, senza alcun riguardo per la sua funzione, concedendo uno scalpo al diffuso qualunquismo populista. E’ evidente che il parlamento oggi funziona male, ma occorre chiedersi la ragione. La ragione sta nel fatto che leggi elettorali successive hanno reso l’elezione dei deputati e dei senatori dipendente dai capi partito, al massimo dai capi fazione. Il posto in lista è quello che conta per essere eletti e la decisione spetta viene dall’alto. I capi decidono sulla base della fedeltà dei parlamentari, a volte sbagliano ma l’errore è la conferma della perversione del meccanismo. Infatti quando il M5Stelle ha guidato questa modifica della Costituzione, dimenticando che solo il 4 dicembre 2016 c’era stato un referendum che a maggioranza aveva detto no a deformazioni della Carta fondamentale della nostra repubblica, ha portato motivazioni ridicole come il risparmio nei costi e maggiore efficienza. Due balle colossali. Il risparmio nel funzionamento della democrazia non può essere un criterio, altrimenti chi è contro la democrazia potrebbe proporre un risparmio ancora maggiore chiudendo il parlamento duramente conquistato con la sconfitta del nazifascismo.

L’efficienza dei lavori parlamentari non dipende dal numero dei rappresentanti ma dai regolamenti di funzionamento, dall’autonomia dei singoli parlamentari che dovrebbero rispondere agli elettori ma non lo fanno, dalla qualità degli eletti, dal bicameralismo paritario, il numero non è rilevante. Anzi il problema è che con questa riduzione i partiti minori di oggi e di domani verrebbero spazzati via. Sarebbe un altro discorso affrontare il problema del bicameralismo paritario affidando solo alla Camera dei deputati il compito di rappresentare i cittadini e di fare le leggi, ma per farlo sarebbe indispensabile approvare una legge elettorale che sia fondata sul proporzionale e con la possibilità per gli elettori di scegliere la persona che dovrà rappresentarli. Il rapporto di fiducia migliorerebbe.

Zingaretti ha ragione a dichiararsi indisponibile a votare in quarta lettura il testo portato avanti dalla maggioranza giallo verde e Di Maio sbaglia a proporre un continuismo improponibile, dal momento che questi contenuti sono inaccettabili.

Una nuova maggioranza e un nuovo governo che evitino le elezioni anticipate e che blocchino la destra reazionaria di Salvini sono una necessità, ma per realizzare questo obiettivo occorre che con i suonatori cambi lo spartito.

L’argomento della riduzione dei parlamentari può essere affrontato purchè sia una cosa seria, con la premessa che deve servire a rafforzare il ruolo del parlamento, la sua centralità e se ne può discutere partendo dal superamento del bicameralismo paritario.

Ferrara e Rodotà in anni lontani proposero una sola camera legislativa eletta con legge proporzionale e eletti scelti dagli elettori. Anche in questo caso ci sarebbe una riduzione ma il risultato istituzionale e politico sarebbe molto diverso. Senza dimenticare che la seconda camera potrebbe diventare come il Bundesrat tedesco che è la camera delle regioni, nella quale il regionalismo differenziato voluto dalla Lega non passerebbe mai.

E’ inevitabile ripartire da capo, ma se il governo deve durare fino alla fine della legislatura il tempo c’è e sarebbe bene iniziare dall’approvazione di una nuova legge elettorale proporzionale, per evitare che un qualunque deragliamento nei prossimi mesi ci porti a votare con il rosatellum peggiorato nella versione Calderoli, per chi ha memoria corta quello del porcellum.
Alfiero Grandi

 

6 – DIETRO GLI INCENDI IN BRASILE: CARTE FALSE PER RUBARE LE TERRE. AMAZZONIA. I MECCANISMI DI «LAND GRABBING» DI LATIFONDISTI E SOCIETÀ ESTERE, SDOGANATI DA BOLSONARO: L’ACCAPARRAMENTO DI TERRENI PUBBLICI CON ATTI DI VENDITA FALSI È UNA TECNICA DI VECCHIA DATA

In Brasile i conflitti fondiari sono sempre più acuti e le aree di maggior conflitto sono quelle in cui il fenomeno del grilagem è più diffuso. L’acquisizione di terre attraverso la falsificazione di documenti è una pratica antica e consolidata che ha inciso in maniera determinante sulla struttura fondiaria brasiliana e sulla formazione della proprietà privata della terra.

IL TERMINE GRILAGEM deriva dall’usanza di collocare i falsi documenti in contenitori insieme a dei grilli. L’azione degli insetti e i loro escrementi davano ai fogli un colore giallastro e un aspetto antico. Attualmente i grilli non si usano più, sostituiti da sistemi più sofisticati, ma il grilagem rimane uno strumento di dominio e concentrazione fondiaria.

I grileiros mettono le mani su milioni di ettari di terre pubbliche che non hanno una destinazione d’uso, soprattutto nelle regioni del Nord e del Centro-ovest del Paese, riuscendo a influenzare funzionari e autorità locali per ottenere la proprietà. Un processo di acquisizione che genera conflitti, violazione dei diritti umani, espulsione dei piccoli produttori agricoli e delle comunità indigene, devastazioni ambientali.

Gli incendi che stanno devastando il Brasile in questi mesi sono strettamente collegati con l’acquisizione fraudolenta di terre. I movimenti popolari e le organizzazioni dei diritti umani hanno fatto emergere in questi anni migliaia di casi di grilagem.

Il governo Bolsonaro, in continuità col governo Temer, nell’invocare l’esigenza di una «regolarizzazione fondiaria», sta varando misure che favoriscono la regolarizzazione di terre pubbliche acquisite irregolarmente. Secondo l’Istituto di ricerca ambientale dell’Amazzonia (Ipam) il 45% delle terre della regione amazzonica non sono registrate o non hanno destinazione d’uso. Inoltre, l’Istituto calcola che in Amazzonia sono circa 28 milioni gli ettari di terre pubbliche oggetto di grilagem che stanno per ottenere la titolazione o che sono state individuate per futuri processi di regolarizzazione fondiaria.

Flavio Bolsonaro, figlio del presidente brasiliano, ha presentato una proposta di emendamento costituzionale che rende più difficile il processo di espropriazione dei latifondi non coltivati. La Costituzione brasiliana del 1988 riconosce la funzione sociale della terra e prevede l’espropriazione delle terre improduttive per essere destinate alla riforma agraria.

Se venisse approvato l’emendamento Bolsonaro, si determinerebbe una paralisi di tutti i progetti legati alla riforma più attesa e invocata in questi decenni. Il Brasile è in assoluto uno dei paesi in cui esiste la maggiore concentrazione fondiaria.

Secondo l’Incra (Istituto nazionale di riforma agraria) il 56% delle terre è in mano al 2,5% dei proprietari e solo l’8,2% in mano ai 3,3 milioni di piccolissimi proprietari. E poi ci sono 4 milioni di famiglie contadine, corrispondenti a 20 milioni di persone, che non hanno accesso alla terra (i Sem Terra).

IL CARATTERE REAZIONARIO del governo Bolsonaro emerge con tutta la sua forza nella politica che persegue in campo agrario. Si favorisce la regolarizzazione delle terre acquisite illegalmente e si impedisce l’espropriazione delle terre incolte, mentre la Costituzione prevede la confisca e l’assegnazione ai lavoratori delle terre acquisite in modo fraudolento.

Anche lo Stato del Parà, che detiene il record di conflitti e di lavoratori rurali assassinati, ha varato una legge sulle terre che facilita il grilagem e la privatizzazione delle foreste. L’articolo 7 della legge consente al beneficiario di una concessione di non risiedere nella terra, favorendo, così, la speculazione sulle aree agricole. In Brasile il grilagem va di pari passo con il land gabbring, l’accaparramento di terre da parte di imprese straniere.

Anche la terra, come l’oro, viene vista come una forma di conservazione del valore, oltre a fornire un reddito attraverso la coltivazione di prodotti destinati al mercato internazionale. Le restrizioni all’acquisto di terre varate nel 2010 non sono sufficienti ad impedire agli investitori internazionali di accaparrarsi grandi estensioni, attraverso operazioni di acquisizione e fusioni con società brasiliane che hanno proprietà agricole. Secondo i dati dell’Incra, le società straniere posseggono almeno il 5% delle aree agricole brasiliane, per una superficie che va dai 3 ai 5 milioni di ettari.

LA VICENDA che coinvolge l’Università di Harvard dà la misura dei processi in atto. Una storia di appropriazione di terre che mette in relazione una delle Università più famose del mondo con una realtà del Brasile più profondo e in cui si fondono documenti falsificati, violenza, espulsione di lavoratori agricoli, speculazione finanziaria.

Secondo la Rete sociale di giustizia e diritti umani, il fondo pensioni dell’Università americana ha acquistato in questi anni in Brasile ben 300 mila ettari di terre, concentrati negli Stati di Piauì e Bahia, diventando uno dei principali investitori in campo agricolo. Queste acquisizioni non sono avvenute in forma diretta, ma utilizzando società brasiliane e imprese controllate.

Nel Municipio di Cotegibe, nello Stato di Bahia, l’Università di Harvard ha acquistato 140 mila ettari attraverso la società brasiliana Caracol da essa controllata. Ma si tratta di un’area che un tempo era pubblica e che attraverso il sistema del grilagem e i successivi passaggi di proprietà e rettifiche giudiziali, col coinvolgimento di fazendeiros e di un ex deputato bahiano, è entrata nella speculazione finanziaria internazionale. Nell’area si erano insediati 240 famiglie di piccoli agricoltori che, a partire dagli anni ’70, sono stati espulsi con la violenza da gruppi armati legati ai latifondisti che poi hanno venduto ad Harvard.

Il Coordinamento di sviluppo agrario dello Stato di Bahia ha raccolto documenti e testimonianze che confermano che quell’area è stata acquisita attraverso pratiche irregolari.

Le autorità brasiliane stanno indagando per usurpazione di terre pubbliche, ma sono indagini che incontrano gravi difficoltà e non c’è ancora una apertura del processo perché i settori legati all’agrobusiness lo impediscono. In Brasile, intanto, per la terra si continua ad uccidere e morire, più di ogni altro paese al mondo.

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