Cadore: Inaugurata la mostra “Emigrazione dalla montagna dolomitica nel corso del novecento”

Sull’emigrazione nel Bellunese e nel Veneto sono uscite in questi ultimi decenni molte pubblicazioni, ma alcune zone, come ad esempio quella dell’Alto Agordino, non sono state finora indagate in profondità. Luciana Palla, studiosa originaria di Livinallongo, ha iniziato una ricerca sui movimenti demografici (emigrazione/immigrazione) in particolare nei comuni di Livinallongo, Colle Santa Lucia e Rocca Pietore, che percorra tutto il novecento fino ad oggi: lo scopo è quello di documentare l’esodo da questi paesi montani, ma anche di indagare quali opportunità sono offerte oggi, o si prospettano per domani, per far vivere dignitosamente le comunità di montagna.
Come primo risultato di questo progetto di ricerca, sabato 1 giugno scorso è stata inaugurata a Colle Santa Lucia la mostra “Emigrazione dalla montagna dolomitica nel corso del novecento”, progetto finanziato e organizzato dall’Istituto Culturale Ladini di Colle S. Lucia, con il patrocinio e la collaborazione dell’Associazione Bellunesi nel Mondo, che ha sostenuto con entusiasmo l’iniziativa: sono rappresentate con fotografie d’epoca, documenti e lettere, le storie di vita di persone emigrate prima verso l’Australia, l’Argentina, le “Americhe”, e in seguito verso i paesi europei (Francia, Svizzera e Germania erano gli Stati di destinazione scelti da questi paesi soprattutto nel secondo dopoguerra fino agli anni 70 del novecento).
Dopo i ringraziamenti il direttore dell’Istituto ladino, Denni Dorigo, ha parlato dell’attualità di questo tema: dall’importanza di una storia dell’emigrazione ancora mancante nel quadro degli studi storici delle nostre comunità, al problema della montagna oggi, con l’esodo di tante forze vitali e lo svuotamento dei paesi che nemmeno lo sviluppo del turismo è ancora riuscito a fermare.
Il sindaco di Colle Santa Lucia Paolo Frena e la presidente dell’Istituto ladino Elsa Zardini hanno anch’essi sottolineato la correlazione del mondo di ieri con quello dell’oggi: la memoria storica – hanno detto in sintesi – è fondamentale per capire quello che succede oggi.
Luciana Palla, curatrice della mostra, ha poi illustrato l’iniziativa nei suoi principali temi. «La mostra – ha detto – riguarda in particolare Colle Santa Lucia, Livinallongo e Laste, ma lo sguardo è più generale, sul resto dell’Alto Agordino sul quale si amplierà l’indagine nel prossimo futuro. Già nell’esposizione attuale ci sono riferimenti ad esempio a Selva di Cadore, Pescul, Alleghe».
La realizzazione dell’iniziativa è stato possibile soprattutto grazie al concorso della gente che ha messo a disposizione interi epistolari, fotografie e tanti ricchi racconti di vita. Nelle fotografie scattate in Australia, in Argentina, in Africa, in Svizzera, ecc., da mandare ai parenti rimasti a casa, ci si mette in posa, ci si fa fotografare in gruppo col vestito elegante, si ostenta sicurezza. Difficilmente si possono cogliere i lati oscuri di quella vita: la fatica, la sporcizia, la sofferenza, gli infortuni. Le lettere però ci fanno capire molto meglio la situazione reale dei migranti nei loro luoghi di lavoro: vi si percepisce spesso la delusione, la fatica, la difficoltà di trovare lavoro perché le opportunità economiche non erano quelle sperate, i pregiudizi e le discriminazioni verso gli italiani. Un settore della mostra è dedicato all’emigrazione femminile di cui poco ancora si parla: il lavoro delle donne fu determinante sia nel nuovo mondo che nella vecchia Europa.
«Qui ricordiamo – dice Luciana Palla – soprattutto la storia di chi ce l’ha fatta, di chi è riuscito a riscattarsi, ma non possiamo raccontare le vicende di quelli che si sono persi, che per un motivo per l’altro hanno fallito: di costoro purtroppo non è rimasta traccia».
Nella mostra ci si concentra soprattutto su storie di emigrazione di singole persone, di singole famiglie o gruppi di paese: sono storie esemplari, perché ogni singola vicenda presenta esperienze diverse ma comuni a tanti, e dall’insieme di queste storie si può avere un quadro dell’emigrazione universale, non confinata ai comuni dell’Alto Agordino ma estesa all’intero mondo dell’emigrazione, senza confini geografici e cronologici.Un bel filmato di mezz’oretta accompagna la mostra: contiene quattro interviste di persone anziane che nel loro breve racconto riescono ad esprimere in modo molto efficace, anche sul piano emotivo, quella che fu l’esperienza dell’emigrazione, che hanno vissuto direttamente o tramite le vicende dei loro parenti. Raccontano di chi partiva, ma anche di chi aveva scelto di rimanere. Perché la partenza di tanti, soprattutto nel secondo dopoguerra, fu vissuta talvolta da chi restava come un tradimento, un abbandono, una sfiducia nelle possibilità che la propria terra poteva offrire.
La mostra è aperta fino al 15 settembre con i seguenti orari: giugno, luglio e settembre – giovedì, venerdì e sabato dalle ore 16.00 alle 19:00; agosto – tutti i giorni dalle 16.00 alle 19.00.

Per informazioni o prenotazioni di gruppi anche al di fuori di quest’orario, si prega di contattare l’Istituto Culturale Ladino “Cesa de Jan” a Colle S. Lucia: 0437/720609; info@istitutoladino.org – www.istitutoladino.org

 

 

FONTE: https://www.bellunesinelmondo.it/

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