6344 MONTEVIDEO NEL CUORE

20090106 21:25:00 redazione-IT

di Antonella Dolci – Stoccolma

Sono stata a Montevideo per la terza volta in quattro anni, questa volta per festeggiarvi il mio compleanno dei settanta e per trascorrervi le feste lontano dalla Svezia dove ho avuto quest’anno troppi lutti.
Ho moltissimi amici nell’esilio uruguayano, molti di loro ritornati definitivamente o in visita, un numero sufficiente comunque per organizzare una splendida festa sulla riva del Rio de la Plata con asado, asador e quantità industriali di torte con dulce de leche.
La maggior parte dei miei amici sono comunisti o ex-tupamaros, ora attivi nel MPP/MLN che ha molti membri nel governo.
Montevideo è una città con un grande fascino e, credo, una gran parte di questo fascino per me risiede nelle associazioni che faccio tra la Montevideo di ora e la Roma del dopoguerra che ho conosciuto bambina: povera, in parte fatiscente, ma con una grande dignità e una forte fiducia nel futuro.

Gli uruguayani, questo emerge da tutte le inchieste, sono uno dei popoli che ha più fede nel processo democratico; il parlamento, i partiti politici sono giudicati indispensabili per un effettiva amministrazione democratica.
Hanno anche, cosa che mi riempie di gioia, un’enorme fiducia nello stato. Hanno votato contro molte privatizzazioni e credono fermamente che perlomeno l’assistenza sanitaria, la scuola, l’assistenza ai minusvalidi e ai bambini, sia un’incombenza dello stato.
Il processo uruguayano, mi pare, è tra i più interessanti tra i molti processi interessanti che hanno luogo ora in America del Sud.
L’amministrazione del Frente Amplio, una coalizione cosí variegata che non pareva, all’inizio, vitale, ha conseguito in questi anni successi clamorosi, dall’aumento dell’occupazione alla lotta contro la povertà all’impegno per la salute che ha portato oltre 700 000 minori ad usufruire dell’assistenza sanitaria a cui prima non avevano diritto.
In ottobre ci saranno le elezioni ed anche se non pare ci sia, nel centro o nella destra, un’alternativa forte al Frente Amplio, la questione scottante é: Che Frente Amplio si vuole eleggere?
Nel congresso che si è svolto in dicembre, dove si doveva scegliere il candidato del Frente Amplio alla carica di presidente della Repubblica, è stato eletto, con una fortissima maggioranza,il 71%, il senatore José Mujica, chiamato affettuosamente Pepe da tutti gli uruguayani. Il percorso di Pepe Mujica, che nell’ultimo governo è stato ministro per l’importante settore dell’allevamento dei bovini, ha una traiettoria non comune. Ex tupamaro, ex guerrigliero, ha trascorso 13 anni in carcere durante la dittatura, molti dei quali in un calabozo in condizioni inumane: era tra gli 8 dirigenti del MLN considerati dal regime militare come “ostaggi”, nel senso che avrebbero pagato di persona eventuali azioni fatte fuori dal Movimento.
E’ un uomo semplice, di professione coltivatore di fiori e verdure, abita in una piccola fattoria vicino a Montevideo, si esprime con parole semplici, ricorrendo spesso ad espressioni e metafore riprese dalla vita dei campi . E’ enormemente popolare. Ho assistito ad una mateada all’aperto che ha fatto, pochi giorni dopo di essere stato designato candidato, nel Parque Rodó. Erano presenti anche altri candidati del Frente Amplio ma l’entusiasmo della folla quando è apparso Pepe era impressionante, come anche la profonda concentrazione con cui tutti lo ascoltavano, bambini, giovani e vecchi. E’ che Pepe non è un politico comune: è partito dalla minaccia di pioggia che incombeva (ma che purtroppo non si è realizzata. Non piove da due mesi in Uruguay e le vacche muoiono nella regione di San José) per parlare dell’ambiente e della nostra dipendenza dalla terra, ha parlato della necessità di cultura e di istruzione. In Uruguay non ci sono veri e propri analfabeti ma sei anni di scuola, ha detto Pepe, nel mondo attuale sono analfabetismo. Ha parlato dell’altruismo che fa che lavoriamo e ci sforziamo per un paese che non vedremo ma che vedranno i nostri figli, ed ha parlato anche del normale egoismo, che fa che la gente vuole vivere bene, ora e qui. Ha parlato della necessità di modernizzare l’Uruguay.
Direi che proprio sulla forme che deve assumere tale modernizzazione stia il perno dei dissensi all’interno ed anche al di fuori del Frente Amplio.
José Mujica, mi è parso, preconizza una modernizzazione che tuttavia conservi alcuni dei valori e delle caratteristiche dell’Uruguay, una modernizzazione che preveda la creazione di numerose piccole imprese, servizi, turismo, ma che venga realizzata senza diminuire l’impegno per il welfare e la giustizia sociale.
La modernizzazione deve essere necessariamente l’omologazione ai modelli occidentali, come è avvenuto in altri paesi sudamericani protagonisti di “miracoli” economici, o è possibile trovare una strada uruguayana?
Molti rimproverano a Pepe Mujica di non essere abbastanza concreto, di far troppa filosofia e di questa accusa si è difeso, nella mateada, dichiarando: “Se non fossi stato obbligato ad occuparmi d’altro, avrei fatto molta più filosofia. La politica è filosofia. E negli anni di isolamento nel calabozo, non mi è mancato il tempo per pensare…”
E qui sorge l’altro interrogativo interessante di questo processo elettorale. Un buon dirigente politico deve obbligatoriamente uscire dalla London School of Economics, deve essere politico di professione, parlare inglese correntemente e indossare lo smoking con disinvoltura?
Perché la nomina di José Mujica a candidato del Frente Amplio per la Presidenza della Repubblica non è piaciuta a molti della coalizione. Lo stesso presidente Tabaré Vasquez aveva suggerito un altro nome, quello di Astori, ministro dell’Economia, con Mujica come vicepresidente (perché si sa che Mujica porta voti). Nessuno lo dice chiaramente, almeno non nel Frente Amplio, ma molti lo considerano troppo grezzo, non abbastanza educato per le funzioni presidenziali. Un giornale parlava addirittura di scelta “contro natura”. E per questo si è chiesto ed ottenuto che la candidatiura presidenziale fosse riconfermata in un processo interno alla coalizione che si svolgerà in giugno. Pepe Mujica di queste critiche non si preoccupa. Prima di tutto sminuisce l’importanza delll’elezione (“Non si tratta di scegliere un dio”), affermando che la sola cosa che conta è di vincere le elezioni. A differenza di altri candidati, non fa polemiche né accuse personali. E sulle sue mancanze (“Dicono che non so i numeri”) dichiara tranquillo: Allora assumerò collaboratori che sappiano i numeri.
Oltre l’aspetto aneddotico, sorge qui la questione del politico professionale, del tecnocrate, contro il politico idealista, che agisce solo per impegno di coscienza.
Un politico la cui integrità e disinteresse nessuno mette in dubbio, un politico che ha una visione della società che vuole creare e la capacità di trasmetterla e di entusiasmare non è forse la migliore alternativa, se sa circondarsi di una buona squadra di esperti e di tecnici?
La stampa del centro-destra, partendo dal passato “guerrigliero” di Mujica, che ora ha 73 anni, ha insinuato che l’approfondimento del processo, per Mujica, significa in realtà introdurre il socialismo nell’Uruguay. Mujica ha riso: “Sono idealista, è vero, ma non sono pazzo e non sono stupido”.

Antonella Dolci

 
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EmiNews 2009

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