6414 Intervista a Marco Pezzoni , “padre” della Legge sugli Italiani nel Mondo

20090113 09:06:00 redazione-IT

di Daniele Marconcini (Lombardi nel mondo)

Il cremonese Marco Pezzoni è stato, assieme al bergamasco Tremaglia, il vero “padre” della Legge sull’esercizio del voto degli Italiani all’estero,contribuendo in modo determinante ai primi passaggi parlamentari di modifica della Costituzione durante la XIII legislatura (1996 -2001) e alla elaborazione del testo definitivo che verrà approvato successivamente.
Uomo del dialogo tra le varie componenti politiche in Parlamento,dove ha operato per tre legislature, egli interpreta ancora oggi il vero spirito del riformismo lombardo ,proteso all’Europa e al Mondo ma saldo nei valori delle proprie tradizioni politiche e sociali nate e evolutesi nel territorio .

Marco per me è stato ed è un vero maestro di vita politica per la sua onestà intellettuale e la sua profonda conoscenza dei movimenti sociali in Italia ed in Europa .Ho sempre apprezzato il suo disincantato approccio all’attuale
politica nazionale,assai poco esaltante e priva nella sua classe politica di quelle personalità che, pur nelle divisioni ideologiche, hanno nel passato trovato momenti unitari in nome di quell’interesse nazionale che tutti dicono di perseguire ma che nei fatti ,non trova quella concretezza necessaria ai bisogni dell’Italia.

Daniele Marconcini

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Questa l’intervista rilasciata al Portale dei Lombardi nel Mondo.

On. Pezzoni, ci può raccontare quando e per quali motivi lei si è avvicinato alla tematica degli italiani nel Mondo ?

“ Devo confessare che non è stato amore a prima vista. Eletto per la prima
volta nel 1992 al Senato, c’erano altre priorità . Il sistema politico
italiano stava praticamente “ saltando” : questione morale, tangentopoli,
partiti in crisi o in profonda trasformazione. Era iniziata la lunga
transizione che richiedeva nuove regole, elettorali e istituzionali. Tra il
91 e il 93 esplode poi la crisi Jugoslava, con guerre fratricide e l’inizio
nei Balcani delle atrocità della “pulizia etnica”. Con il sen. Darko
Bratina, eletto a Gorizia e parte della comunità slovena in Italia,
lavorammo tantissimo sui diversi fronti di quella guerra che sarebbe durata
10 anni: diplomatici, politici, umanitari. Ho conosciuto così la minoranza
italiana rimasta in Slovenia e Croazia, capace di conciliare identità e
integrazione, lingua e cultura italiana e multiculturalismo. Ecco: è
attraverso la rivalutazione del ruolo delle minoranze nel cammino della
democrazia nel mondo che ho messo a fuoco ruolo e importanza
dell’emigrazione italiana, anche nel tempo della globalizzazione.”

Quale ruolo lei ha svolto nell’affermare l’esercizio del diritto al voto per
gli italiani all’estero? Ad avviso di molti lei è il vero artefice della
legge. Cosa ci può dire a tale proposito ?

“ Che è stato un cammino parlamentare lungo, avvenuto per tappe assai
contrastate e in più Legislature, con resistenze fortissime sia nel
centro-destra che nel centro-sinistra. Se non ci fossero stati più
protagonisti in ambedue gli schieramenti, nessun demiurgo sarebbe riuscito
nell’impresa. Con una differenza : mentre nel centro-destra c’era un braccio
di ferro tra le posizioni ben definite di Tremaglia e quelle inizialmente
contrarie di Forza Italia, nel centro-sinistra c’era una evoluzione di
posizioni che richiedeva un lavoro di raccordo tra i popolari, sorti dalla
crisi della DC, e i Democratici di Sinistra. Penso di aver svolto questo
lavoro di “regia” dal 1994 al 2001 con tenacia e discrezione, senza alcun
eccesso di protagonismo che avrebbe disturbato la suscettibilità dei vari
attori in campo. Basti pensare che la Proposta di Legge Costituzionale n.
2840 per la modifica degli articoli 48, 56 e 57 della Costituzione,
presentata dal mio gruppo il 6 luglio 1995, vide come primo firmatario il
capogruppo Luigi Berlinguer, per evitare polemiche e inutili conflittualità
tra chi seguiva la questione nella Commissione competente, quella degli
Affari Costituzionali, e chi come me la seguiva sul versante Commissione
esteri. Che una settimana dopo identica proposta venne depositata da
Andreatta – Leopoldo Elia –Jervolino Russo. Che la Proposta di Legge
ordinaria, scritta materialmente da me e dalla responsabile dell’emigrazione
a Botteghe Oscure Tiziana Arista in 6 mesi di lavoro, ebbe identica sorte:
fu presentata cioè a prima firma Luigi Berlinguer. Debbo dire che però
questo comportava un fatto assai rilevante: la mia proposta diventava la
linea ufficiale dei Democratici di Sinistra sia come partito che come
gruppo.
In forza di ciò, a Basilea, alla Conferenza dell’emigrazione convocata dalla
Federazione delle Colonie Libere operante in Svizzera, ho potuto avanzare
quel “Patto di convergenza” tra forze di centro-destra e di centro-sinistra
sulle leggi da approvare per poter permettere ai cittadini italiani
residenti all’estero di votare per corrispondenza. In quell’Assemblea al
Patto da me proposto aderirono per la sua parte politica Mirko Tremaglia e
per i Popolari Aldo Di Matteo.
Dunque, il vero inizio del percorso legislativo per il voto per
corrispondenza è da situarsi tra il 1993 e il 1995, non prima. Le condizione
per una convergenza reale e leale maturano solo a cavallo di quelle due
brevi Legislature( l’ XI e la XII). Il che non significa che non ci siano
state altre drammatiche battute d’arresto come il 1° agosto 1995 alla Camera
dei Deputati, dove la mia proposta di mediazione riguardo al numero dei
parlamentari da attribuire alla Circoscrizione Estero ( ne proponevo 12 per
la Camera e 6 per il Senato) venne bocciata sia da chi ne voleva un numero
maggiore come Tremaglia sia da chi non ne voleva nessuno come Forza Italia e
Rifondazione Comunista. E così il percorso legislativo si arrestò anche
quella volta, per riprendere solo nella Legislatura successiva quando venne
riconosciuto il realismo della mia proposta.
Altra brutta battuta d’arresto avvenne il 29 luglio 1998 alla Camera dei
deputati sulla modifica dell’articolo 48 della Costituzione, dopo la terza
lettura al Senato e dunque in dirittura d’arrivo, con il mancato
raggiungimento del quorum della maggioranza assoluta, indispensabile per le
proposte di legge costituzionale. Tutto questo dimostrava una cosa : solo
se l’asse di Basilea restava il perno dinamico delle varie fasi legislative,
solo se reggeva l’accordo bipartisan tra i Democratici di sinistra, Alleanza
nazionale e i Popolari, poi divenuti Margherita, si poteva trascinare e
aggregare gli incerti e continuare sulla strada della conquista della
Circoscrizione Estero e del voto per corrispondenza.”

On. Pezzoni viene spesso attribuito a Tremaglia il merito di aver ottenuto
la legge per il voto degli italiani all’estero . Quale è la sua opinione e
cosa pensa di Tremaglia ?

“L’on. Mirko Tremaglia ha sicuramente il merito della primogenitura e il
merito di non avere mai svenduto l’idea di fondo e cioè che i cittadini
italiani potessero votare all’estero, se iscritti all’AIRE, senza essere
costretti a rientrare nei collegi di origine e che potessero votare per
candidati loro, in quanto espressione delle comunità italiane nel mondo. Ma
ci sarà una ragione se per diversi decenni il Parlamento italiano non ha
minimamente preso in considerazione simili proposte e se l’unico importante
risultato raggiunto sarà nel 1987 l’approvazione della legge che istituisce
l’AIRE ! Per prendere in seria considerazione la nuova modalità di voto e
l’istituzione della Circoscrizione Estero occorre arrivare agli scossoni
politico-istituzionali del 1992-1993, al passaggio dalla Prima alla Seconda
repubblica, alla ridiscussione dei sistemi elettorali nazionali con
l’obiettivo del bipolarismo e del maggioritario. In quegli anni si
struttura una nuova democrazia dell’alternanza e si formano nuovi soggetti
politici che discutono di riforme costituzionali e istituzionali condivise.
In questo quadro maturano le nuove posizioni: nel centro-sinistra i
popolari, i prodiani e i democratici di sinistra si differenziano
completamente da Rifondazione comunista, dai socialisti, dai Verdi che
rimangono sostanzialmente contrari al voto per corrispondenza. Nel
centro-destra passeranno anni prima che il grosso di Forza Italia converga
sulle posizioni di AN. L’imboscata del 29 luglio 1998 è ancora opera dei
deputati di Forza Italia, della Lega Nord e di numerosi “ malpancisti” di
sinistra. Anche quella volta l’abilità dell’on. Tremaglia è stata quella di
ripartire all’attacco ripresentando il 30 luglio 1998, cioè il giorno dopo
l’imboscata, la Proposta di modifica dell’articolo 48 della Costituzione
con le firme congiunte di Achille Occhetto, di Fabio Mussi, capogruppo dei
DS alla Camera, di Giovanni Bianchi, Soro e Cerulli Irelli dei Popolari, di
Tatarella di AN, di Urbani e Pisanu di Forza Italia. Una simile risposta è
stata possibile perché i due principali partiti del centro-sinistra hanno
ribadito la loro determinazione a rilanciare il percorso di approvazione
delle leggi sul voto all’estero. Dunque i meriti andrebbero condivisi tra
la tenacia e la coerenza di Tremaglia e la capacità di navigazione dei
partiti riformisti del centro-sinistra che, nella XIII Legislatura (
1996-2001), essendo al Governo del Paese, hanno saputo pilotare i lavori
parlamentari in modo da far approvare le riforme costituzionali degli
articoli 48, 56 e 57 che, obbligatoriamente, hanno richiesto ben 4 letture
tra Camera e Senato.
Anche la legge ordinaria, che verrà approvata all’inizio della XIV
Legislatura, è frutto di un lavoro bipartisan : se si volesse confrontare
quella presentata da me come primo firmatario il 10 dicembre 1996 n. 2863 e
quella presentata da Tremaglia con quella elaborata quattro anni dopo dalla
sen. Franca Prisco, relatrice del provvedimento alla Commissione Affari
Costituzionali del Senato, si osserverebbero forti sviluppi e innovazioni.
Così il testo della Prisco è stato ripreso integralmente e ripresentato
all’avvio della XIV Legislatura ma poi dall’on. Antonio Soda, relatore
unitario alla Camera dei Deputati, e dalla Commissione Affari Costituzionali
ulteriormente e definitivamente migliorato”.

Quali sono a suo avviso le personalità e i soggetti civili, sociali e
politici che hanno favorito la convergenza di intenti per una politica a
sostegno degli italiani nel mondo ?

“ Sono tanti, anche se minoranza in un Paese come il nostro che ha rimosso
l’intera storia della nostra emigrazione fino a pochi anni fa. Tra le
personalità citerei il Presidente Ciampi, prima di tutti. E’ lui che pone
con forza il tema della riunificazione delle due Italie : quella che vive in
patria e quella che vive fuori d’Italia. Tra gli imprenditori con una
particolare sensibilità politica ricorderei Piero Bassetti, con il sistema
delle Camere di Commercio all’estero. Tra i giornalisti Gian Antonio Stella
con il suo libro “ L’orda. Quando gli albanesi eravamo noi” che, vedo con
piacere, continua le sue ricerche storiche e culturali sull’emigrazione
italiana. Ma sono soprattutto i soggetti collettivi che, pur con numerosi
limiti, hanno continuamente rilanciato il tema dei diritti sociali,
economici e politici dei nostri connazionali all’estero: CGIL, CISL e UIL e
i loro Patronati; le ACLI; le associazioni dell’emigrazione, Fondazione
Migrantes, UNAIE, FILEF e Istituto Santi in testa. Ho l’impressione però
che, raggiunto l’obiettivo storico del voto all’estero, tutte queste
organizzazioni siano entrate in una fase di stallo, senza una vera capacità
di ripensare il proprio ruolo e aprire una nuova fase. Questo è evidente
anche se si guarda al CGIE, il Parlamentino che presso la Farnesina dovrebbe
in gran parte rappresentare le realtà dei Comites sparsi nel mondo e che è
stato negli anni 90’il motore esterno nella conquista del voto. “

Secondo lei quale è l’atteggiamento attuale delle forze politiche nei
confronti degli italiani all’estero? Il voto per corrispondenza è in
pericolo ?

“ Mi sembra la classica situazione dei “ separati in casa “, soprattutto nel
Parlamento italiano dove i deputati e senatori eletti all’estero sono
depotenziati della carica di apertura e novità di cui potrebbero essere
portatori e sono invece ridotti ad un ruolo neocorporativo. Per la verità è
l’intera società politica italiana in fase di forte regressione, per cui la
maggioranza delle forze politiche ritiene che gli italiani all’estero
abbiano già ottenuto col voto una soddisfazione morale e che dunque si
debbano accontentare di riconoscimenti simbolici, magari di qualche
collegamento televisivo in più. Se il pendolo comincia a tornare indietro,
certo che la conquista del voto può essere messa in discussione, o meglio
ridimensionata a partire dalla riforma costituzionale del Senato federale.”

Qual è il suo giudizio sull’azione svolta dai parlamentari eletti
all’estero? E’ d’accordo per costituire il Partito degli italiani nel Mondo
?

“ Sarebbe ingiusto accomunare in un unico sommario giudizio persone con
competenze e livelli di impegno assai diversi tra loro. Ho già detto il
rischio che stanno correndo per la situazione complessiva di svuotamento
del Parlamento dovuto al comportamento e alla concezione di fondo del
Governo Berlusconi. Ma aggiungo un altro elemento che, purtroppo,
caratterizza le attuali dinamiche politiche anche fuori dal Parlamento,
negli stessi partiti di opposizione e nei rapporti tra centro e territori.
La diminuita autorevolezza dei gruppi dirigenti spinge i parlamentari a
trasformarsi in emissari del centro nei confronti delle periferie, piuttosto
che in rappresentanti dei territori presso il centro.
E’ anche questa frustrazione che fa risalire le azioni del Partito degli
italiani nel mondo, idea che comunque non solo non condivido per nulla ma
che giudico dannosa e negativa. Ritornerebbero le due Italie, sarebbe il
trionfo del separatismo: una sorta di Lega degli italiani nel mondo che
contratterebbe con il Governo di turno la concessione di risorse
finanziare, prestazioni e servizi. Una idea da repubblica delle banane che
toglierebbe ogni dignità al voto politico degli italiani all’estero.
Altra cosa è invece una profonda trasformazione in senso federalista dei
partiti politici italiani: questo lo vedo invece positivamente, come
traguardo più avanzato della democrazia interna e che comporta dunque un
riequilibrio di potere e responsabilità tra centro e periferia. Nessun
partito in Italia ha iniziato questo cammino: non il PDL che stabilirà gli
equilibri interni in base ad accordi e percentuali concordate al vertice tra
Berlusconi, Fini e i soci minori; non la Lega Nord che, federalista a
parole, è piuttosto una “monarchia cantonale”; non l’Italia dei Valori
totalmente Di Pietro-dipendente. Io spero che il Partito Democratico,
ancora in fase di costruzione, colga l’opportunità di riconoscere più peso,
più autonomia, più autogoverno ai territori, in particolar modo alle
organizzazioni dei democratici italiani nel mondo.”

Cosa pensa dell’Associazionismo? E’ veramente in crisi o può svolgere ancora
un ruolo in Italia e all’estero?

“ Qualcuno ha scritto che siamo in una crisi post-democratica. Nel passaggio
dalla democrazia partecipativa alla democrazia d’opinione è evidente che
non solo l’associazionismo si trova messo a lato, ma che anche i partiti
diventano più leggeri e ridotti a macchine elettorali. Individualismo,
videocrazia, populismo sembrano stravincere. Ma è proprio così ? Poi negli
Stati Uniti si afferma alla grande Obama, anche sull’onda di una
incredibile partecipazione giovanile e di minoranze finalmente attive.
Adesso che la crisi economica si aggrava a livello globale, sarà ancora
possibile chiuderci nel nostro guscio, o ci dovremo misurare con i fenomeni
planetari e con la sfida di una solidarietà anch’essa globale? Credo che la
strada maestra sarà quella di una politica economica capace di riorientare
il mercato, altro che neoliberismo.! Credo che la cooperazione
internazionale assumerà un valore strategico e che le comunità locali
dimostreranno la loro vitalità se sapranno aprirsi al partenariato con le
comunità locali di altri Paesi, di altri continenti. In questo quadro
l’associazionismo può tornare ad essere una “carta democratica” vincente e
insostituibile, se saprà motivarsi e assumere una dimensione
cosmopolitica.”

Infine, cosa si sente di dire ai giovani italiani residenti all’estero,
dopo la recente Conferenza di Roma ?

“ Di non ridimensionare le loro ambizioni, le loro esigenze, i loro sogni
di fronte alla mediocrità del momento; di non sentirsi delusi se si
aspettavano di più dalla Conferenza di Roma che, troppo tradizionalmente, ha
seguito un “ modello pedagogico discendente” concedendo troppo poco spazio
al confronto tra di loro e nulla al confronto con i loro coetanei in
Italia. Del resto le cose più interessanti si costruiscono nel confronto tra
società e società, tra comunità locali e comunità, tra ambiti scolastici e
formativi, cercando di capire l’anima o le logiche dei processi in corso e
la direzione che possono prendere le nostre storie personali e collettive.
Comunque direi loro di prendere la Conferenza di Roma come punto di
partenza, per partecipare a quella rete degli italiani nel mondo che
vorrebbe giustamente rafforzare il segretario generale del CGIE Elio
Carozza. La posta in gioco è la creazione di un “sistema Italia” finalmente
rinnovato! Ma forse c’è di più: proprio perché sono giovani non è giusto
rinchiuderli nel recinto della sola “italianità”. Italiani ma europei.
Italiani ma cittadini del mondo, impegnati nella universalizzazione dei
diritti umani, nel dialogo interculturale e interreligioso, nelle logiche
della pace e della cooperazione internazionale, nella risoluzione politica
dei conflitti.”

Daniele Marconcini

www.lombardinelmondo.org
www.mantovanielmondo.org

Chi è Marco Pezzoni

Marco Pezzoni : nato a Casalmaggiore nel 1949 e residente a Cremona,
partecipa al movimento studentesco del 1968 e al movimento cattolico delle
comunità di base.
Fonda a Cremona una scuola popolare di quartiere e la Lega Obiettori di
coscienza, partecipando ai movimenti pacifisti e ispirandosi alla lezione di
don Primo Mazzolari. Consigliere comunale e poi segretario della Federazione
cremonese del PCI, nel 1986 fonda il Centro studi Sinistra europea e
costruisce rapporti politici con la SPD in Germania. Sostiene con
convinzione la “svolta” promossa da Achille Occhetto e i referendum
elettorali di Mario Segni. Eletto al Senato nel 1992, Piero Fassino lo
incarica di partecipare alla definizione in Europa di un Programma comune
delle forze di ispirazione socialista e socialdemocratica. Nel 1994 viene
eletto alla Camera dei Deputati e diventa membro della Commissione Esteri
presieduta da Mirko Tremaglia. Nel 1996 viene rieletto alla Camera nelle
liste dell’Ulivo e diventa capogruppo dei Democratici di Sinistra, sempre
alla Commissione Esteri, presieduta questa volta da Achille Occhetto. Nel
2001 viene chiamato come esperto dal Ministro degli italiani nel mondo Mirko
Tremaglia a coordinare i lavori interministeriali per il Regolamento
applicativo della legge per il voto dei cittadini italiani residenti
all’estero.
Attualmente fa parte del Movimento federalista europeo e del Partito
Democratico.

www.lombardinelmondo.org

 
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EmiNews 2009

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