6469 GAZA: ISRAELE CESSA IL FUOCO MA NON SI RITIRA

20090118 00:16:00 redazione-IT

di Alessandro Logroscino

TEL AVIV – Ansa/Eminotizie. E’ un cessate il fuoco a mano armata – dichiarato unilateralmente da Israele dalle 02:00 di questa notte (le 01:00 in Italia), ma gia’ respinto da Hamas e non accompagnato da un ritiro immediato delle truppe – l’atto conclusivo, per ora, dell’operazione ‘Piombo Fuso’ nella Striscia di Gaza. Interrotta dopo 22 giorni di guerra e oltre 1200 morti. La svolta, largamente attesa, e’ stata formalizzata a tarda sera dal premier Ehud Olmert e dal ministro della Difesa Ehud Barak dopo una decisione unanime del gabinetto di sicurezza nazionale.

”Abbiamo raggiunto pienamente i nostri obiettivi e siamo andati anche oltre”, ha detto Olmert, annunciando di fatto una vittoria e mostrandosi certo che Hamas non sia ancora in grado di ”capire quanto pesantemente e’ stata colpita”. Quanto al ritiro – sollecitato oggi anche dal segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon (”Sono sollevato per la tregua ma gli israeliani devono lasciare Gaza il prima possibile”, ha detto) oltre che dal presidente moderato dell’Autorita’ nazionale palestinese, Abu Mazen – Olmert ha tagliato corto: ”Se Hamas cessera’ totalmente i suoi attacchi, valuteremo il momento in cui lasciare la Striscia di Gaza”.

”Se invece i nostri nemici decideranno di attaccarci ancora, le forze israeliane si riterranno libere di rispondere”, ha proseguito, affermando che Israele ha colpito per reagire (”abbiamo voluto solo difendere i nostri bambini, minacciati dai razzi di Hamas per otto anni, e soffriamo per ciascuno dei vostri uccisi”, ha detto rivolgendosi alla gente di Gaza) assicurando l’apertura dei confini israeliani per i feriti della Striscia che vorranno curarsi nel Paese.

Stesso messaggio di missione compiuta da Ehud Barak, uomo in piu’ del governo attuale rispetto alla fallimentare campagna del Libano del 2006 in forza della fama di ”soldato piu’ decorato d’Israele”, il quale ha ammesso che la decisione di entrare in guerra non e’ stata facile. E al contempo ha riconosciuto come la tregua non sia ancora ”sicura”. Barak ha quindi spiegato che il ritiro non sara’ subitaneo – senza fornire alcuna indicazione di quando potra’ avvenire – perche’ Hamas dichiara di non accettare il cessate il fuoco. Mentre i portavoce del movimento islamico radicale – replicando a stretto giro di posta – presentavano la questione in termini esattamente opposti, ribadendo di non voler rinunciare alla battaglia proprio perche’ Israele non intende ritirare le sue truppe. ”Proseguiremo la resistenza con tutti i mezzi finche’ sul suolo di Gaza restera’ anche un solo uomo” dell’esercito israeliano, ha fatto sapere ad esempio da Beirut uno dei rappresentanti in esilio dell’organizzazione, Osama Hamdan.

”Un cessate il fuoco unilaterale non significa fine dell’aggressione ne’ dell’assedio”, gli ha fatto eco da un rifugio a Gaza il portavoce Fawzi Barhoum. Parole che danno il segno di un’atmosfera che resta carica d’incognite e nodi irrisolti aspettando gli esiti del tentativo egiziano di consolidare la tregua attraverso un coinvolgimento ampio della comunita’ internazionale in una conferenza convocata gia’ per domani sul Mar Rosso. Scandita fino a pochi minuti dall’ora X da scontri e bombardamenti (incluso quello di una scuola gestita dall’Onu a Beit Lahia, nel nord della Striscia, dove sono rimasti uccisi altri due bambini e per il quale funzionari delle Nazioni Unite hanno chiesto un’indagine per crimini di guerra verso Israele), la giornata e’ vissuta sotto l’ombra dell’iniziativa del Cairo, oltre che delle decisioni dello Stato ebraico. Una iniziativa che mira ad allargare il campo dei garanti della pace, dopo l’accordo firmato ieri a Washington dal ministro degli Esteri israeliano (e candidata premier centrista alle prossime elezioni del 10 febbraio), Tzipi Livni, con Condoleezza Rice. Accordo con cui gli Usa si sono assunti una responsabilita’ nel controllo delle frontiere di terra e di mare con Gaza per impedire l’eventuale riarmo di Hamas. Un’intesa che l’Egitto (con cui la Striscia confina da sud) ha escluso, per bocca del presidente Hosni Mubarak, possa comportare la presenza di qualunque forze straniere in casa sua.

Ma non ha impedito al Cairo di confermare, e anzi intensificare il proprio impegno diplomatico: affiancando alla mediazione bilaterale separata con Israele e con Hamas un vertice internazionale – annunciato gia’ per domani a Sharm el Sheikh – con inviti rivolti ai leader dei maggiori Paesi europei (come Italia, Francia e Germania), destinati poi a trasferirsi in giornata a Gerusalemme da Olmert. Sul tappeto resta d’altronde una miriade di problemi. E non solo quello prioritario di trasformare un cessate il fuoco armato in una tregua duratura o quello del contrabbando di armi. Sullo sfondo, si staglia infatti la questione del futuro di Gaza, una terra disastrata che in queste settimane ha subito ulteriori danni per centinaia di milioni di dollari. In una guerra che – fonti mediche alla mano – si conclude con 1200 palestinesi (410 bambini e 108 donne) e 13 israeliani (10 militari e tre civili) uccisi. Sempre che si concluda davvero.

www.ansa.it

 
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EmiNews 2009

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