6735 UK: RAPPORTO SUL CASO IREM-EAST LINDSEY – TUTTO NORMALE?

20090217 12:34:00 redazione-IT

[b]Comunicato del circolo PRC/SE "Karl Marx" di Londra sul rapporto pubblicato ieri dall’ ACAS (l’ente pubblico britannico incaricato di esperire tentativi di conciliazione nelle controversie di lavoro) riguardo alla vertenza IREM – East Lindsey.[/b]

L’ACAS (Advisory, Conciliation and Arbitration Service – l’ente pubblico britannico incaricato di esperire tentativi di conciliazione nelle controversie di lavoro) ha finalmente prodotto il suo rapporto sulla vicenda IREM – East Lindsay. Come si ricorderà la vicenda aveva suscitato varie proteste e scioperi spontanei, che si erano placati solo dopo che la ditta committente, la Total, si era impegnata ad assumere nei propri impianti ulteriori 102 lavoratori pescando dalla forza lavoro locale.

Il rappoto ACAS [url]http://www.acas.org.uk/CHttpHandler.ashx?id=1019&p=0[/url] ci permette di chiarire alcuni aspetti fondamentali della vicenda. Prima di tutto l’ACAS conclude che l’IREM si era già impegnata a trattare e a remunerare i lavoratori italiani e portoghesi distaccati nel Lincolnshire in base agli accordi collettivi di categoria britannici, noti come il ‘NAECI Blue Book’.

Benché ACAS sottolinei di non essere tuttora in grado di confermare che i lavoratori distaccati siano stati effettivamente retribuiti in tal senso, c’è da essere sicuri che le ditte coinvolte non vorranno commettere passi falsi, visto il polverone sollevato. In secondo luogo il rapporto chiarisce che il contratto IREM non viola né il diritto comunitario, né quello nazionale. Come noto, tanto il primo quanto il secondo lasciano margini di manovra particolarmente ampi alle imprese che desiderino prestare servizi in paesi terzi mediante il distacco temporaneo della propria forze lavoro, sicché questa conclusione era quasi scontata. Infine, ACAS sottolinea che alcune procedure (il pagamento effettivo dei salari, i rapporti tra diritto inglese e CE e tra contratti di categoria e aziendali, il computo di alcune pause di riposo, e i costi di trasporto) potrebbero essere rese piú trasparenti, ma senza tuttavia richiedere che le parti in causa si attivino in tal senso. Insomma, il messaggio è chiaro: va tutto bene.

Ma è proprio cosi? Riepiloghiamo. Tra il 28 gennaio e il 5 febbraio, svariate migliaia di lavoratori inglesi hanno incrociato le braccia contro il sub-appalto IREM. Provocatori del British National Party sono tristemente riusciti a infiltrare parte della protesta con slogan razzisti del tipo ‘British Jobs for British Workers’, e lanciando vari insulti e minacce ai lavoratori della IREM, alcuni dei quali sono ritornati a casa. La protesta si è sospesa solo con la promessa di 102 nuove assunzioni ‘accessibili alla forza lavoro locale’, e sbandierate da molti media come un trionfo delle forze anti-immigrazione. Quasi tutti i 300 dipendenti IREM continueranno a lavorare per i prossimi 4 mesi a East Lindsey, a circa 4000 chilometri dalle loro famiglie, vivendo in condizioni dickensiane, stipati su una chiatta-albergo certamente indegna di una ‘Repubblica fondata sul lavoro’. Se davvero la libera circolazione dei servizi doveva portare benessere e sviluppo econonomico e sociale in ogni parte d’Europa, e se è vero – come dice il rapporto ACAS – che nel caso IREM ogni legge e contratto sono stati rispettati, verrebbe quasi da dire che l’operazione è riuscita, ma il paziente… è morto.

Con l’ottimismo della volontà che ci contraddistingue ci permettiamo di suggerire alcuni punti per una vera riforma ‘sociale’ della libera circolazione dei servizi e della disciplina sul distacco dei lavoratori. In primis, l’Articlo 3(1) della direttiva CE 96/71 va immediatamente rivisitato onde equiparare ai contratti collettivi validi erga omnes quelli generalmente applicabili nel settore e nell’area geografica interessata e i contratti conclusi da sindacati maggiromente rappresentativi, contrastando così gli effetti perversi dei casi Laval e Rüffert. Ma come evidenziato dalla vicenda IREM, questo non basta ad evitare dumping sociale e distorsioni della concorrenza. Oltre a livellare i costi salariali vanno anche equiparati gli altri costi ‘sociali’ derivanti da condizioni di lavoro, contributi sociali e oneri fiscali (questo punto è richiamato anche nel rapporto ACAS, § 26) onde limitare al massimo le pratiche di dumping. Va altresì riformata la Direttiva sui Servizi 2006/123 (nota anche come ‘direttiva Bolkestein’), escludendo in maniera esplicita il principio del ‘paese d’origine’ quando questo possa favorire fenomeni di dumping sociale. Piú in generale, va rivisto il Trattato CE/UE onde favorire una contrattazione collettiva europea sui temi salariali e del lavoro che garantisca il recupero di inflazione reale e aumenti di produttività su scala nazionale (altro che accordo Confindustria-CISL-UIL!), e il diritto di sciopero a livello Europeo. Il Trattato va anche riformato per stabilire la supremazia del diritto sociale su quello economico e della concorrenza, e per un’armonizzazione al rialzo del diritto del lavoro, come richiesto dalla CES nella sua proposta per un ‘Protocollo sul Progresso Sociale’ ([url]http://www.etuc.org/IMG/pdf_social_progress_protocolEN.pdf [/url]). Gli Stati Membri dovrebbero altresì esigere che la Commissione Europea negozî per conto dell’ UE una ‘clausola sociale’ nei trattati dell’OMC/WTO.

Senza queste riforme, saremo condannati ad essere i testimoni impotenti di nuovi casi Viking, Laval e IREM, e a subire la beffa di sentirci dire che tutto va bene. E’ proprio così che, per dirla con Ulrich Beck, ‘viene meno la fede nella capacità della società moderna di controllare i pericoli da essa prodotti – e viene meno non a causa dei fallimenti e delle sconfitte del Moderno, ma a causa delle sue vittorie’ (Conditio Humana, 2008, Laterza, pp. 15-16). In questo periodo di depressione economica e sociale, l’Europa e i suoi popoli hanno il dovere di riformare radicalmente il Moderno, ed evitare che il conflitto da esso creato venga cavalcato da movimenti sciovinisti, nazionalisti, e xenofobi simili a quelli che afflissero il continente nella prima parte del XX secolo. Un voto per Rifondazione e i partiti della Sinistra Europea alle elezioni europee di giugno 2009 è un primo passo nella direzione giusta.

Il Circolo PRC/SE ‘Karl Marx’ di Londra – rifondazioneuk@googlemail.com
17 Febbraio 2008

 
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EmiNews 2009

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