6728 USA: La tigre capitalista mostra gli artigli

20090217 08:40:00 redazione-IT

di Roberto Marchesi

L’esordio nella massima stanza dei bottoni della finanza USA da parte di Tim Geithner, nuovo Segretario americano al Tesoro, ha avuto pochi giorni fa una accoglienza alquanto fredda, non solo da parte degli avversari politici del partito repubblicano, ma anche da una parte consistente dell’opinione pubblica, che generalmente ha invece accolto favorevolmente la "svolta" promessa da Obama. Si accusa Geithner di non aver dato, nella presentazione della manovra (avvenuata pubblicamente mercoledi’ 11 febbraio scorso), sufficienti dettagli al contenuto della manovra stessa. Ma un tonfo di oltre il 4% dell’indice Dow Jones, iniziato quando Geithner aveva appena cominciato a parlare, sembra in ogni caso eccessivo, e probabilmente nasconde molto di piu’ che semplici motivi tecnici di trasparenza.

Proprio nella stessa giornata del discorso di Geithner era in approvazione al Senato americano il nuovo aiuto di Stato (bailout) di circa 8oo miliardi di dollari, approvato definitivamente dal Congresso USA in questi giorni per l’importo complessivo di 787 miliardi di dollari, che contribuira’ cospicuamente, in un modo o nell’altro, a rilanciare l’economia. Quindi occorre vedere questi fatti su due piani, quello tecnico e quello politico. Sul piano tecnico si inseriscono le critiche dei media alla manovra, definita (a ragione, ma con cautela) troppo poco dettagliata nei contenuti; sul piano politico bisogna invece vedere il tonfo della borsa nella giornata inaugurale di Geithner come un "avviso di belligeranza". La contrarieta’ sul piano politico non e’ percio’ da individuare nella mancanza dei dettagli alla manovra (la borsa ha cominciato a cedere punti gia’ all’inizio della seduta) ma nelle anticipazioni che la precedevano. Ovvero quelle voci che facevano apparire come chiara e consistente la voce di provvedimenti volti a limitare gli stipendi dei supermanagers e altri provvedimenti anche piu’ profondi sottto il profilo dell’impatto sul mercato, volti a mettere il guinzaglio alla liberta’ di manovra degli speculatori. Voci che non hanno impiegato molto a mettere di malumore i "pezzi da 90" della finanza non solo americana, che a loro volta, al fine di scoraggiare questi provvedimenti, hanno attivato in tutta la loro potenza intimidatrice i numerosissimi galoppini "insiders" e "lobbyst" infiltrati nel sistema. Ma vediamo, sotto il profilo tecnico, quale sarebbe il problema principale che tiene bloccato il sistema. Gli esperti dicono che il sistema e’ oggi bloccato a causa del grande divario tra la valutazione che danno le banche al proprio portafoglio titoli "subprime" e quello che e’ disposto a rischiare l’investitore (Fondi, ecc.) per acquistarli. P.es., la banca valuta i titoli 80 cents mentre l’investitore li valuta 40 cents. In questo caso non c’e’ alcuna transazione possibile, perche’ il divario e’ troppo ampio. Il mercato per questi titoli e’ bloccato, nessuno e’ disposto a comprare. Ma le banche hanno bisogno di disfarsene per tornare in possesso della liquidita’ necessaria a funzionare regolarmente. C’e’ pero’ un problema "tecnico" ad aggravare la situazione, ed e’ che le banche, anche se volessero vendere sia pure modeste quantita’ di quei titoli a 40 centesimi, non potrebbero farlo, perche’ se lo facessero fisserebbero in borsa il valore di tutti quei titoli (anche quelli non venduti) alla quotazione di 40 cents. Infatti per la normativa vigente (il tanto discusso "mark to market") le banche e le finanziarie dovrebbero, alle scadenze tecniche, valutare tutti quei titoli (spazzatura) che hanno in portafoglio al valore ultimo della quotazione ufficiale. Il che produrrebbe una voragine immensa nel loro stato patrimoniale (il bilancio) e la conseguente necessita’ di ricapitalizzazione immediata, e se non riuscissero a ricapitalizzare (ovvero a mettere denaro fresco nel patrimonio) sarebbero costrette a dichiarare il fallimento. Percio’ tra i vari interventi allo studio del governo e degli esperti c’e anche quello di sospendere, o modificare, la norma "mark to market". Ma intanto un provvedimento della FED dell’ottobre scorso consente di sospenderla e di applicare un valore equo presunto nei casi di non movimentazione dei titoli (cioe’ quello che sta accadendo in questo periodo). E’ chiaramente un provvedimento tampone, non risolve il problema, ma ne sospende la virulenza in attesa che provvedimenti normativi definitivi vengano presi. Pero’ piu’ passa il tempo e piu’ tali provvedimenti appaiono urgenti. Quindi, alla luce dei chiarimenti di cui sopra, appare abbastanza evidente come le manovre allo studio del nuovo presidente democratico (Obama), assistito da una forte maggioranza democratica nel Congresso, siano sulla strada buona per risolvere, o almeno frenare, la crisi, ma trovino invece nella tigre "capitalista’ americana, arrichitasi spropositatamente in questi lunghi anni (da Reagan fino all’ultimo Bush) una fortissima, e fin qui solo ideologica, opposizione. Ed e’ evidente anche come il capitalismo puro abbia gia’ cominciato a mostrare i denti per frenare la nuova linea "Obamiana", che pure tende solo a riorganizzare tutta l’economia di mercato mantenendo intatti i princìpi ideologici della filosofia liberista, ma cercando peraltro di introdurre necessariamente molti piu’ controlli e regole nei comportamenti del mercato rispetto alla selvaggia "deregulation" dell’ultimo ventennio.

http://www.newsitaliapress.it/pages/dettaglio.php?id_lnk=3_149975

 
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