6900 Obama crolla nei sondaggi, la crisi spazza via le attese degli americani

20090315 22:34:00 redazione-IT

di Maddalena Loy

Una strana notizia sta facendo il giro delle redazioni dei quotidiani e delle televisioni americane: secondo un sondaggio realizzato dalla società di rilevazioni Rasmussen, il tasso di approvazione netto del presidente degli Stati Uniti Barack Obama (calcolato sottraendo il numero di chi disapprova fortemente l’operato di Obama da chi lo approva in modo altrettanto sostenuto) – è di appena 6 punti, il minimo mai osservato in precedenza. Una notizia sorprendente, se si pensa che il neo presidente – si direbbe il più amato e il più venerato nella storia degli Stati Uniti – si è insediato alla Casa Bianca meno di due mesi fa, in una Washington stracolma di gente venuta da tutto il mondo a salutare il suo arrivo. Ma ancora di più sorprende il fatto che il valore sia più basso anche rispetto a quello dell’odiatissimo ex presidente George W. Bush, relativo ai primi giorni della sua presidenza nel 2001.

In particolare, Obama gode di un’approvazione del 56% del campione esaminato; ma un terzo disapprova con forza il suo operato. Il presidente americano ha perso quasi tutto il sostegno dei repubblicani, e buona parte del sostegno degli indipendenti: in definitiva, il trend "è decisamente negativo".

Cosa è successo? Qual è la ragione di questo forte scivolone? Il rapporto spiega il calo della popolarità con i forti dubbi sulle decisioni che l’amministrazione sta prendendo e sulle conseguenze che queste avranno sulla vita dei cittadini americani. Allo scetticismo si accompagna la sensazione che il piano di stimoli da 787 miliardi di dollari recentemente diventato legge, si tradurrà in un aumento delle tasse per tutti gli americani, nonostante Obama dica che la manovra avrà l’effetto di abbassare gli oneri fiscali per il 95% degli americani. Ancora, quasi tre quarti degli interpellati prevede che la spesa del governo continuerà a crescere e sempre una forte maggioranza teme uno scenario della congiuntura simile a quello della Grande Depressione, nell’arco dei prossimi anni.

A riprova che non si tratta di un fuoco di paglia bensì di una tendenza che si sta radicando, un recente sondaggio Gallup, che dice che l’83% degli intervistati ammette di temere che i piani di Obama volti a risollevare l’economia rischiano di non funzionare, e che l’economia stessa peggiorerà. L’82% afferma di essere preoccupato per il rialzo del deficit, il 78% teme una crescita dell’inflazione, e il 69% teme il ruolo crescente che il governo sta avendo nell’economia degli Stati Uniti.

Ma è davvero la crisi ad abbattersi sul presidente, o c’è dell’altro? In realtà, gli analisti americani stanno valutando tempi e dati del risultato del sondaggio e ritengono che addebitare soltanto alla terribile contingenza economica la causa del calo di popolarità di Obama non sia sufficiente. O meglio, spiegano che la crisi è il contesto in cui il calo è avvenuto, ma non la causa. Sui giornali, molti cominciano ad evocare il “contorno” dell’elezione di Obama come troppo esasperato. Un contorno fatto di kermesse, musica, pianti di gioia ed emozioni, dove lo spazio per la razionalità e la riflessione è stato troppo contenuto e ridotto. E un’elezione giocata sui principi e sui valori – osservano i commentatori americani – ma un po’ meno sulla sostanza: lo avevamo già sentito, ora pare proprio che se ne vedano tutti gli effetti.

“Troppa attesa nei confronti di Obama”, titolavano i quotidiani pochi giorni dopo l’arrivo della First Family alla Casa Bianca, alimentando il fondato sospetto che sulle spalle del presidente fossero state caricate non soltanto le giuste pretese dei cittadini americani stufi dell’amministrazione Bush, ma anche i loro sogni e le loro speranze. Sogni alimentati dallo stesso Obama, che non a caso ha caratterizzato la propria campagna elettorale in nome della magica parolina “hope” e che su questa ha costruito anche un libro best-seller negli Usa, “L’audacia della Speranza”. Ebbene, una volta tanto gli analisti sembrano aver ragione. Non è stata la necessità di trovare qualcuno cui delegare le proprie istanze a spingere gli elettori a votare Obama bensì il fatto che il senatore dell’Illinois incarnasse i loro sogni. Per usare termini più da psicanalisi, gli americani stavolta, anziché eleggere il proprio padre, il proprio tutore o il proprio professore, hanno eletto un fratello, un compagno di giochi. E così, il passaparola preferito nei think tank statunitensi in questi giorni è: “I cittadini americani amano Obama, ma – con la crisi di mezzo – non sono più ciecamente convinti delle sue capacità”.

14 marzo 2009

 
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EmiNews 2009

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