6887 Sabahi: ''I musulmani? Spaventano perché appartengono a ceti sociali bassi''

20090310 17:33:00 redazione-IT

[b]Parla Farian Sabahi, docente di storia dei paesi islamici all’università di Torino e editorialista del Corriere della Sera: ”Pesa anche l’associazione in anni recenti tra islam e terrorismo, come avviene oggi tra romeni e stupri”[/b]

TORINO – Tappeti persiani colorati, di grande pregio. Farian Sabahi mi riceve nella galleria di suo padre in corso Vittorio Emanuele 40, in un ambiente caldo e affascinante. Lei è una donna impegnata, travolta da mille attività accademiche e giornalistiche. Mostra una pagina dell’International Herald Tribune di quel giorno: si parla di Italia e di immigrazione: “I musulmani spaventano gli italiani perché molti di loro appartengono a ceti sociali più bassi – dichiara lei nell’articolo – . E ovviamente anche dall’associazione, in anni recenti, fra Islam e terrorismo”. Musulmani come potenziali terroristi, proprio come i romeni “potenziali stupratori, a causa del numero di casi di violenza che in Italia nelle scorse settimane li hanno visti come presunti colpevoli”.

L’articolo si intitola “Muslims seek to build future in Italy” (5 marzo 2009), ed è da lì, e dagli ultimi episodi di cronaca, che inizia l’intervista.

I termini “pesano”: alla domanda se, da figlia di genitori di culture diverse, pensa che un rapporto fra un’italiana e un islamico possa funzionare, precisa: “Il termine ‘islamico’ ha connotazione politica, (si parla di un partito islamico), mentre una persona che professa la fede musulmana è “musulmana”: hanno significati diversi“. E afferma: “la coppia mista può avere senso, può esserci un’attrazione maggiore in persone di culture diverse che tra quelle di uno stesso ambiente culturale e religioso. Tutto poi va lasciato al buon senso e anche all’atmosfera che si può creare in una determinata città, o tra le rispettive famiglie. Dipende molto dall’apertura mentale delle persone”.

Il momento in cui può diventare più difficile è all’arrivo dei figli perché per sposarsi in chiesa con un uomo di fede diversa la donna cristiana deve ottenere la dispensa dal vescovo e promettere di crescere i figli nel cristianesimo; da parte sua, anche il musulmano dovrebbe crescere la prole nella fede musulmana. “Forse c’è qualche possibilità in più che un matrimonio sia felice quando nessuno dei due è veramente praticante, dove il cristianesimo o l’islam siano un fattore culturale più che una pratica religiosa particolarmente assidua”, commenta Sabahi con un pizzico di provocazione. E infine: “In ogni caso la religione non è sufficiente a spiegare il fallimento delle coppie miste, ci sono tante altre variabili come l’età, il livello di scolarizzazione, il lavoro che si svolge e la famiglia”.

Sul problema delle moschee: “A Torino la Moschea della pace, a Porta Palazzo, non è un luogo di culto particolarmente elegante e non è certo paragonabile ad esempio alla grande moschea di Roma. A Torino non c’è ancora una moschea vera e propria e l’islam fa paura. Una parte dei musulmani in Italia appartiene ai ceti sociali bassi: spaventano non perché musulmani, ma perché poveri rispetto a una certa borghesia italiana. E poi con l’11 settembre, la grande paura del fenomeno terrorismo”. Infine: “nei momenti di recessione i principi democratici vengono messi a rischio: pensiamo alle ronde. Cosa c’è di democratico nelle ronde?”.

Sul futuro: “E’ fondamentale che fra popoli ci si possa conoscere meglio: l’integrazione è fatta soprattutto a scuola”. “Ci sono tante incognite che non possiamo permetterci di sottovalutare, per esempio nel caso ci fosse un altro attentato importante”. Sulle politiche per l’immigrazione: “Utile sarebbe vedere quelle di altri paesi, magari gli errori commessi, e cercare di trarne insegnamento”. Sul velo: “Credo sia il problema minore, perché l’emancipazione delle donne non si fa togliendo loro il velo ma con l’istruzione e il conseguimento di un reddito”. Della sua doppia appartenenza, un tema affrontato anche in Out of place: “Il migrante porta con sé un’identità multipla, una capacità di stare bene ovunque, ma anche di sentirsi sempre spaesato, perché è sempre considerato diverso.” E ribadisce: “La cultura e l’indipendenza economica sono gli strumenti migliori per affrontare il presente e il futuro. E non solo per le donne”. (rf)

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EmiNews 2009

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