6960 Mantica: sui consolati la penso così

20090325 11:35:00 redazione-IT

Estratto dell’intervento del sottosgretario per gli italiani nel mondo Alfredo Mantica al CGIE
(dal Corriere d’Italia – Frankfurt am Main)

"Sul tema „consolati“ credo che ci debba essere estrema chiarezza. I consolati fanno parte della rete diplomatica: non sono municipi all’estero, non sono di competenza né dei COMITES, né dei parlamentari italiani all’estero. I consolati sono una struttura ministeriale che, ovviamente, in questa situazione, saranno anch’essi oggetto di attenzione e di un piano di razionalizzazione. Quando il Governo avrà pronto il suo piano di realizzazione, lo comunicherà nei tempi e nei modi dovuti alle Assemblee parlamentari (Camera e Senato) e ai comitati.

A tale riguardo, avrei piacere di essere informato dal Parlamento su quante sono le sedi nelle quali il Governo deve riferire, perché al momento mi risulta che io debba intervenire cinque volte sulla razionalizzazione dei consolati: al Comitato italiani nel mondo del Senato; alla Commissione esteri del Senato; al CGIE; al Comitato italiani nel mondo e alla Commissione esteri della Camera.

Se facessimo una razionalizzazione anche dei tempi che passiamo a discutere dei consolati, credo che potremmo portare un sano contributo allo sviluppo democratico del Paese. Torno ai consolati.

Stiamo approvando un piano, le cui linee sono certamente chiarissime. Anche in questo caso parlo dei Paesi in cui c’è una presenza di italiani nel mondo, quindi, grosso modo, di trentasette Paesi e delle relative strutture diplomatiche. Quando parlo dei consolati, non credo che vi interessi il consolato di Dubai o quello di Mumbai. Mi dispiace perché, per quanto riguarda la struttura diplomatica, sono importanti quanto quello di Buenos Aires, anche se svolgono funzioni diverse.

Precisato che stiamo parlando dei consolati che ritengo di vostro interesse, ossia di quelli dei trentasette Paesi nei quali c’è una forte presenza di italiani all’estero, i criteri con i quali stiamo affrontando questo argomento sono estremamente semplici. Non credo, salvo casi eccezionali, che verranno toccati o ridotti i consolati al di fuori dell’Europa. In gran parte – o, se volete, nel 90% dei casi – il problema della razionalizzazione riguarda il territorio europeo. Ringrazio l’onorevole Garavini di essere rientrata. Mi dispiace se ho già risposto alle sue prime due domande, ma farò poi un veloce riassunto. Venendo alla sua terza domanda, relativa alla possibile chiusura di consolati in Germania, credo che il problema della razionalizzazione – o, tradotto: riduzione – dei consolati si concentrerà in Belgio, Germania, Francia e Svizzera.

Penso che tale questione debba essere all’attenzione di questo Parlamento e di questo Comitato, perché è indubbio negare che in quei Paesi le strutture consolari risentono dei flussi di emigrazione, quindi non sempre corrispondono alla realtà di oggi, così come, nel tempo, credo che in questi quattro Paesi abbiano costruito autostrade e treni. Formulo una domanda banale. Noi abbiamo un consolato a Losanna e uno a Ginevra, poi ce n’è uno anche a Lugano, che è però più lontano. Ebbene, tra Ginevra e Losanna ci sono otto minuti di treno (se non sono otto, sono dodici o quattordici: si tratta, comunque, di tempi ragionevoli). Non sto dicendo che i consolati di Losanna e Ginevra siano in discussione, ma che esistono realtà che devono essere corrette, anche alla luce degli attuali flussi. Nei quattro Paesi citati occorre tener conto di diverse situazioni.

Penso alla Germania, alla realtà dei Länder e alla rappresentanza al loro interno; o al fatto che in Svizzera c’è ovviamente un problema di rappresentanza presso la comunità italiana, quella francese, quella tedesca e via dicendo. Stiamo valutando, al momento, la griglia dei criteri con cui affrontare il tema, dal nostro punto di vista. Un tema che so non interessare particolarmente i parlamentari, ma che, ad esempio, da noi pesa molto è se la sede sia o meno di proprietà. Spiego la differenza: se ci si trova in una sede di proprietà, abolire il consolato non fa risparmiare l’affitto; se invece la sede è in affitto e costa 200 mila euro l’anno – dico per dire una cifra – è chiaro che c’è un elemento di giudizio diverso. Ecco perché rivendico al Ministero e all’Esecutivo almeno la proposta di razionalizzazione, con un indirizzo molto preciso.

Poi, come sempre, tutte le discussioni possono portare a qualche modifica, ma l’architettura del sistema viene proposta dal Ministero. Ripeto, nelle considerazioni che stiamo facendo, entrano molte questioni, alcune delle quali sono strettamente legate a valutazioni interne come quella della proprietà delle sedi. C’è il problema dei contrattisti locali e dello spostamento; è inutile spostare il consolato A presso il consolato B, se poi quest’ultimo non ha le scrivanie o lo spazio necessari. Questo piano non è una cosa che si stende facilmente, né tanto meno qualcuno poi eserciterà pressioni da "collegio locale". Credo che vi farò una proposta, non dico perfetta, ma comunque legata a una logica molto precisa.

Ve ne informeremo quando avremo deciso, perché non credo, anche in questo caso, di poter esporre un criterio. Faccio un esempio che riguarda la Svizzera, così l’onorevole Narducci, intanto, fa i suoi conti. Riguardo alla Svizzera noi abbiamo due ipotesi di modello della struttura consolare. Non abbiamo ancora deciso quale delle due scegliere, quindi non mi chiedete quali consolati chiudono e quali aprono. Una prima ipotesi, che ha un suo valore, può essere impostata sui poli di riferimento – noi l’abbiamo chiamata così – e prevede una struttura fatta solo di consolati generali. Ovviamente bisognerà poi decidere quali sono i consolati generali.

L’altra è un’ipotesi esattamente contraria e prevede una rete consolare sul territorio, con una presenza diffusa di agenzie consolari e con una riduzione di consolati generali. Stiamo ancora studiando e valutando i pro e i contro, quindi è chiaro che in questo momento il lavoro è ancora in fase di impostazione. L’unica altra cosa che vi posso garantire è che l’epoca del carciofo – chiudo oggi o chiudo domani – è finita: penso di venire a proporvi i piani di razionalizzazione e di implementazione del sistema dei consolati che si realizzeranno nell’arco di tre o quattro anni, ossia nei tempi necessari. Credo, però, che sia opportuno cominciare a parlarne oggi, perché è giusto che si affronti il problema nella sua interezza.

Non sono in grado, quindi, di dire se saranno chiusi Norimberga, Hannover o Saarbrücken. Direi che è più facile, però, che ne restino aperti altri. Nessuno ha deciso di chiudere Norimberga, Hannover e Saarbrücken, ma chi mi pone la domanda, sa esattamente quali sono gli altri consolati. Vi ripropongo, allora, il seguente invito: se si decide o, comunque, si ritiene che si possano ridurre dei consolati in Germania, ognuno faccia il suo elenco e dica quali sono, secondo lui, le priorità dell’uno rispetto all’altro. Credo che questi tre non siano nella top ten della classifica. Dico «top ten» non perché si parla di dieci consolati, ma per riferirmi alla testa della classifica. Diciamo che non giocano in serie A.

Ripeto, non c’è nessuna decisione di chiusura, quindi potrei tranquillamente e serenamente rispondere che i consolati di Norimberga, Hannover e Saarbrücken sono aperti e, per il momento, restano aperti; e che nessuno ha mai pensato di chiuderli, il che è una cosa vera. Vorrei precisare, invece, in merito a quanto leggo nell’appunto consegnato dall’onorevole Garavini: "Dal suo intervento in audizione al Senato pare di aver intuito la sua intenzione di rendere più partitici i comitati per gli italiani all’estero". Non ho capito da dove abbia preso questo spunto, onorevole Garavini. Francamente non credo di averlo detto, anche perché non ho questa intenzione. Credo che lei faccia riferimento al fatto che a Saarbrücken – vede come sono informato – è stata presentata una lista denominata "Partito della Libertà". Peraltro, sono state presentate anche una lista di sole donne – e questo conferma una mia opinione – e altre due liste.

Il Partito della Libertà – o Popolo della Libertà: il 29 marzo mi spiegheranno di quale partito vado a far parte – si può presentare. All’uso del relativo simbolo, secondo la legge attuale e vigente, non osta nulla. La scelta sull’opportunità di presentare o meno un simbolo di partito sta alla sensibilità che può avere il presentatore della lista, ma a norma di legge – non solo di quella del 2003, ma anche di quella del 1985: come vede, siamo informati, perché ieri abbiamo esaminato a lungo questa questione, con il Ministro Zuppetti – nulla osta a che si presentino i simboli di partiti italiani. Se non è stato fatto fino ad ora, non è la legge ad averlo impedito o suggerito, ma le valutazioni politiche dei singoli presentatori di lista.

Il Governo, applicando la legge, non ha in mano alcuno strumento per impedire che qualcuno scelga di presentare liste denominate "Popolo delle Libertà", "Partito Democratico", "Italia dei valori" o "Lega": ognuno può fare quello che crede. Devo dire che non è affatto mia intenzione quella di politicizzare la discussione in merito e che, quindi, respingo la sua interpretazione, ritenendola non autentica. In ogni caso, invece, proprio per questo fatto di Saarbrücken, che costituisce un precedente, resto molto perplesso sul fatto che si cominci a pensare di scegliere i partiti come riferimento nelle elezioni.

Tuttavia, lo ripeto, la legge lo consente nella maniera più chiara, più totale e più assoluta. Alla domanda sugli orari dei COMITES di Losanna, che denuncia la riduzione degli orari di apertura del consolato, farò rispondere dal ministro Zuppetti, perché non sono preparato."

http://www.corritalia.de/

 
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EmiNews 2009

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