7233 E' MORTO MARIO BENEDETTI, POETA DEL POPOLO LATINOAMERICANO

20090519 13:55:00 redazione-IT

[b]Uruguayano, di lontane origini umbre era nato nel 1920 a Paso de los toros, nel dipartimento di Tacuarembó, al centro dell’Uruguay. Dirigente politico e cantore della resistenza alle dittature e della riscossa democratica. Milioni di persone gli rendono omaggio[/b]

di Gennaro Carotenuto
(19 maggio 2009)

[b]È morto a Montevideo Mario Benedetti, scrittore, giornalista, rivoluzionario, ma soprattutto poeta. Era il poeta del popolo, cantava l’amore e la Patria Grande, e chiamava per nome e cognome i nemici dell’America latina. Militante politico latinoamericanista, perseguitato ed esiliato in dittatura, coscienza critica del Novecento, cantore della dolcezza dell’amore. Il linguaggio, l’ironia, la sensibilità, la modestia, l’umanità lo facevano dei grandi poeti latinoamericani del XX secolo quello sicuramente più popolare. Così Don Mario Benedetti era soprattutto, cosa rara per la poesia, conosciuto ed amato da moltitudini, milioni di persone che da un capo all’altro del continente conoscono e recitano a memoria decine e decine dei suoi versi, “Tattica e Strategia”, “Non salvarti”, “Bruciare le navi”, “Facciamo un patto”, “Difesa dell’allegria” e cento altre.

Ed erano moltitudini quelle che affollavano i suoi recital a migliaia da Città del Messico a Buenos Aires, da Santiago del Cile a Madrid fino ovviamente a Montevideo, la città che ha raccontato nei suoi romanzi, da “La Tregua” a “Grazie per il fuoco”, come nella sua poesia e con Madrid e L’Avana centri della sua vita di artista e intellettuale pienamente immerso nella causa popolare.[/b]

(Foto: APCOM.net)

[b] Nei recital, spesso accompagnato dalla voce inconfondibile e dalla chitarra fraterna di Daniel Viglietti, e prima ancora nei campi di concentramento delle dittature, dove le sue poesie correvano di bocca in bocca, i lettori di Benedetti si innamoravano e disinnamoravano, scendevano in piazza e si politicizzavano e sapevano sentire sulla loro pelle le ingiustizie del mondo. È il primo poeta ad aver gridato, “costernato, rabbioso”, l’assassinio di Ernesto Guevara, la morte di Salvador Allende, “l’uomo della pace”, denunciato la morte imperdonabile del poeta salvadoreño Roque Dalton.

Orientale e latinoamericano universale è a Montevideo e in Montevideo che ha ambientato soprattutto i romanzi, la saggistica, ma anche tanta parte della sua poesia. È a Montevideo che si è infine tornato a stabilire negli ultimi anni in un appartamento di un normale condominio all’angolo tra la 18 luglio e Via Zelmar Michelini, la traversa intitolata al politico fondatore della coalizione di centro sinistra del “Frente Amplio” assassinato dalla dittatura. E Montevideo, peculiare città, si è identificata nel suo poeta proclamando il lutto nazionale e dopo aver seguito per settimane i bollettini medici sta sfilando da 14 ore (alla chiusura di questo articolo) a decine e decine di migliaia di persone per rendere omaggio a un poeta.

Di lontane origini umbre era nato nel 1920 a Paso de los toros, nel dipartimento di Tacuarembó, al centro del paese, lo stesso dove secondo la tradizione orientale nacque Carlos Gardel nel 1887. Prestissimo si sposa con Luz Alegre, l’amore di tutta una vita, la presenza imprescindibile, la malattia e la morte della quale è stata motivo di insopportabile sofferenza negli ultimi anni. Da allora inizia una vita normalissima e leggendaria allo stesso tempo, docente universitario, giornalista, scrittore, poeta. È la vita di un “guastafeste” come fu intitolata una delle biografie a lui dedicate. Dirigente di primo piano del Movimento 26 marzo, il braccio politico della guerriglia dei Tupamaros, al momento del colpo di Stato deve esiliarsi prima a Buenos Aires, quindi brevemente a Lima, poi a l’Avana e infine a Madrid.

L’esilio dura dieci lunghi anni e torna in Uruguay solo nel 1983 dove comincia quello che definisce con un neologismo, “desexilio”, “disesilio”. Cominciano gli anni dei grandi riconoscimenti internazionali ma quello che è più importante è che generazioni di latinoamericani lo considerino un maestro di vita. Soprattutto negli anni Benedetti resta sempre fedele a se stesso e alla storia del Continente, alla critica senza perdono del neoliberismo, alla memoria e alla ricerca di giustizia per i desaparecidos, alla difesa della Rivoluzione cubana, “un fatto fondamentale e fondativo” per l’America latina “che gli europei non possono capire”.

La nuova primavera del Continente arriva negli anni più difficili e dolorosi per lui che aveva scritto “Primavera con un angolo rotto”. Don Mario non smette di seguire con affetto ed esprimere il suo appoggio al governo del Frente Amplio in Uruguay, a Hugo Chávez in Venezuela (che andrà a Montevideo a vederlo in una delle ultime uscite pubbliche del poeta nel 2007), Evo Morales, Lula e la Rivoluzione Cubana. Dopo una vita all’opposizione il poeta del popolo se ne va quando il popolo si fa governo e, “in strada, gomito a gomito, siamo molti più di due”.[/b]

fonte www.gennarocarotenuto.it

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Mario Benedetti: Mi serve e non mi serve
(traduzione di Annlisa Melandri)

Mi serve e non mi serve

La speranza così dolce
così pulita così triste
la promessa cosi’ lieve
non mi serve

non mi serve così mite
la speranza

la rabbia così docile
così debole cosi’ umile
l’ira cosi’ prudente
non mi serve

non mi serve così saggia
tanta rabbia

il grido così giusto
se il tempo lo permette
l’ urlo accurato
non mi serve

non mi serve così buono
un gran tuono

il coraggio così docile
la bravura così inconsistente
la sfrontatezza cosi’ lenta
non mi serve

non mi serve cosi’ fredda
l’ audacia

mi serve, si, la vita
che e’ vita fino a morirne
il cuore allerta
si, mi serve

mi serve quando avanza
la fiducia

mi serve il tuo sguardo
che e’ generoso e deciso
e il tuo silenzio schietto
si mi serve

mi serve la misura
della tua vita

mi serve il tuo futuro
che e’ un presente libero
e la tua lotta di sempre
si, mi serve

mi serve la tua battaglia
senza medaglia

mi serve la modestia
del tuo orgoglio possibile
e la tua mano sicura
si, mi serve

mi serve il tuo sentiero
compañero.

Mario Benedetti

(Traduzione di Annalisa Melandri e Azor)

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Me sirve y no me sirve

La esperanza tan dulce
tan pulida tan triste
la promesa tan leve no me sirve

no me sirve tan mansa
la esperanza

la rabia tan sumisa
tan débil tan humilde
el furor tan prudente
no me sirve

no me sirve tan sabia
tanta rabia

el grito tan exacto
si el tiempo lo permite
alarido tan pulcro
no me sirve

no me sirve tan bueno
tanto trueno

el coraje tan dócil
la bravura tan chirle
la intrepidez tan lenta
no me sirve

no me sirve tan fría
la osadía

sí me sirve la vida
que es vida hasta morirse
el corazón alerta
sí me sirve

me sirve cuando avanza
la confianza

me sirve tu mirada
que es generosa y firme
y tu silencio franco
sí me sirve

me sirve la medida
de tu vida

me sirve tu futuro
que es un presente libre
y tu lucha de siempre
sí me sirve

me sirve tu batalla
sin medalla

me sirve la modestia
de tu orgullo posible
y tu mano segura
sí me sirve

me sirve tu sendero
compañero.

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Si Dios fuera una mujer ¿y si Dios fuera una mujer?
-Juan Gelman

¿Y si Dios fuera mujer?
pregunta Juan sin inmutarse,
vaya, vaya si Dios fuera mujer
es posible que agnósticos y ateos
no dijéramos no con la cabeza
y dijéramos sí con las entrañas.

Tal vez nos acercáramos a su divina desnudez
para besar sus pies no de bronce,
su pubis no de piedra,
sus pechos no de mármol,
sus labios no de yeso.

Si Dios fuera mujer la abrazaríamos
para arrancarla de su lontananza
y no habría que jurar
hasta que la muerte nos separe
ya que sería inmortal por antonomasia
y en vez de transmitirnos SIDA o pánico
nos contagiaría su inmortalidad.

Si Dios fuera mujer no se instalaría
lejana en el reino de los cielos,
sino que nos aguardaría en el zaguán del infierno,
con sus brazos no cerrados,
su rosa no de plástico
y su amor no de ángeles.

Ay Dios mío, Dios mío
si hasta siempre y desde siempre
fueras una mujer
qué lindo escándalo sería,
qué venturosa, espléndida, imposible,
prodigiosa blasfemia.

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HAGAMOS UN TRATO
Compañera
usted sabe que puede contar conmigo
no hasta dos, o hasta diez
sino contar conmigo
Si alguna vez advierte
que la miro a los ojos
y una veta de amor
reconoce en los míos
no alerte sus fusiles
ni piense que deliro
a pesar de la veta
o tal vez porque existes
usted puede contar conmigo
Si otras veces
me encuentra
huraño sin motivo
ni piense que flojera
igual puede contar conmigo
pero hagamos un trato
yo quisiera contar con usted
es tan lindo
saber que usted existe
uno se siente vivo
y cuando digo esto
quiero decir contar
aunque sea hasta cinco
no ya para que acuda
presuroso en mi auxilio
sino para saber
a ciencia cierta
que usted sabe que puede
contar conmigo..

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Hasta Mañana

Voy a cerrar los ojos en voz baja
voy a meterme a tientas en el sueño.
En este instante el odio no trabaja
para la muerte, que es su pobre dueño
la voluntad suspende su latido
y yo me siento lejos, tan pequeño
que a Dios invoco, pero no le pido
nada, con tal de compartir apenas
este universo que hemos conseguido
por malas y a veces por las buenas.
¿Por qué el mundo soñado no es el mismo
que este mundo de muerte a manos llenas?

Mi pesadilla es siempre el optimismo:
me duermo débil, sueño que soy fuerte,
pero el futuro aguarda. Es un abismo.
No me digan cuando me despierte.

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www.gennarocarotenuto.it

 
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EmiNews 2009

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