7350 LIBRI: LUCIO VILLARI PRESENTA "IL CAPITALE FINANZIARIO" DI RUDOLF HILFERDING

20090610 10:07:00 redazione-IT

[i]Dal quotidiano "La Repubblica" del 6 gigno 2009 col titolo "Quando la finanza divora l’economia" e il sommario "Compie cent’anni Il capitale finanziario di Hilferding. Il testo e’ un classico del pensiero politico.
L’autore scomparve nel nulla in una cella della Gestapo"[/i]

Rudolf Hilferding scomparve nel nulla in un giorno del 1941 in Francia, in una prigione della Gestapo. Nel nulla, significa che non si sa se fu ucciso o se, come il suo conterraneo Walter Benjamin, si sia suicidato per sottrarsi al nazismo. Era riuscito a fuggire dalla Germania nel 1933,
rifugiandosi in Svizzera. Tenuto d’occhio dalla polizia tedesca, decise nel 1938 di trasferirsi a Parigi. Dopo la sconfitta militare della Francia nel giugno l940 e la creazione del governo collaborazionista di Vichy, Hilferding capi’ che l’unica via di scampo era la fuga negli Stati Uniti.
Recatosi a Marsiglia per imbarcarsi su una nave di linea, fu arrestato da agenti di Vichy e consegnato ai nazisti. Interrogato e torturato, e’ probabile che il suo fisico – aveva sessantaquattro anni – non abbia retto.
Non e’ rimasta testimonianza della sua fine.

L’accanimento del governo nazista nei suoi confronti si spiega con il fatto che egli era uno dei pochi oppositori a non essere riuscito a far perdere le proprie tracce nel flusso imponente dell’emigrazione politica tedesca verso l’America rooseveltiana.
Per quanto ormai solo e inerme, Hilferding era pur sempre un simbolo vagante di un tempo di liberta’ e di democrazia che gli esponenti della nuova Germania volevano far dimenticare. Nel 1909, esattamente cent’anni fa, aveva pubblicato un’opera che si puo’ considerare un classico del pensiero
economico e politico del Novecento, Il capitale finanziario. Fino al 1933 era stato una figura centrale della politica e dell’economia tedesca ed era riconosciuto come uno dei maggiori studiosi marxisti. Era stato ministro delle finanze in vari governi della repubblica di Weimar ed esponente di
primo piano della parte moderata del partito socialdemocratico. Ora, mentre le armate tedesche erano vittoriose su tutti i fronti d’Europa, veniva inghiottito dal silenzio.

Nato a Vienna nel 1877, Hilferding apparteneva a quel tempo dell’Europa borghese e socialista di fine Ottocento e del primo Novecento quando gli studi sulle societa’ contemporanee, il confronto con la modernizzazione industriale, i partiti politici che si ispiravano a un liberalismo critico e a un socialismo riformatore, parevano confluire in quel contrastato rigoglio filosofico e politico che come un fiume senza argini scorreva in Europa e in Russia lambendo gli Stati Uniti d’America.

La sua formazione e la sua adolescenza furono tedeschi e in Germania, dove si era trasferito con la famiglia, Hilferding rappresento’ quell’avanguardia di sociologi e filosofi (da Rathenau alla Scuola di Francoforte) indagatori del loro tempo che fiorirono a Weimar. Come socialista rappresento’ il conflitto tra chi credeva nell’evoluzione pacifica della lotta di classe e nel binomio democrazia-socialismo (era questa la Seconda Internazionale), e chi credeva nel socialismo come superamento della democrazia borghese, come
comunismo, (era la Terza Internazionale di Lenin e del colpo di stato dell’ottobre l917 in Russia).

Hilferding accettava lo spirito del Marx perplesso nei confronti della rivoluzione proletaria e, specie dopo il
fallimento della Comune di Parigi nel l871, piu’ incline a una via democratica e parlamentare al socialismo. Hilferding aveva l’idea di una democrazia dove il socialismo e il marxismo fossero parti essenziali del governo amministrativo e della crescita sociale di un sistema sociale capitalistico e "borghese". Questa ipotesi sara’ per decenni il tormento
irrisolto di gran parte della sinistra politica europea, ma, per restare nel campo dell’economia, fu assimilata da Schumpeter e in parte dallo stesso Keynes, da Joan Robinson e, in anni piu’ vicini a noi, da Paul Sweezy e Paul Baran, dai nostri Caffe’ e Sylos Labini e da pochi altri. E’ tuttora un metodo aperto e operante, ad esempio, nelle Universita’ americane.

Marx aveva indagato il capitalismo di meta’ Ottocento, occorreva ora studiarlo in un Novecento che esordiva con soggetti e oggetti nuovi. Agli inizi di un fantastico e moderno Novecento andavano snidati i segreti dell’egemonia di un capitalismo che appariva vitale e sostanzialmente
inattaccabile dalle lotte operaie. Dal capitalismo dei padroni delle ferriere era germinato, grazie anche al petrolio, alla chimica e all’elettricita’, il capitalismo delle societa’ per azioni, delle banche, degli "affari" regolati e controllati dai nuovissimi e veloci strumenti del
telegrafo, del telefono, della radio.
E’ quanto fece Hilferding in Il capitale finanziario. Era il 1909 e il capitalismo americano ed europeo scontavano una gravissima crisi finanziaria e bancaria (simile in parte a quella che stiamo vivendo) esplosa nel l907.
E’ intorno a questa crisi (l’impianto dell’opera e la sua struttura erano gia’ chiare nel 1905, l’anno in cui era comparsa negli Stati Uniti la critica Teoria dell’impresa di Thorstein Veblen) che Hilferding scrisse la "continuazione" del Capitale di Marx.

Nella prefazione Hilferding detto’ parole sorprendenti per la loro attualita’: "La caratteristica del Capitalismo ‘moderno’ e’ data da quei processi di concentrazione che, da un lato, si manifestano nel ‘superamento della libera concorrenza’, mediante la formazione di cartelli e trusts, e, dall’altro, in un rapporto sempre piu’ stretto fra capitale bancario e capitale industriale. In forza di tale
rapporto, il capitale assume (…) la forma di capitale finanziario, che rappresenta la sua piu’ alta e piu’ astratta forma fenomenica. Lo schema mistico che vela in genere i rapporti capitalistici raggiunge qui il massimo
della impenetrabilita’".

[i]Il capitale finanziario[/i] "penetro’" in quel capitalismo, ne tolse il velo mistico e fu subito al centro di dibattiti e riflessioni che solo la prima guerra mondiale, scoppiata cinque anni dopo, interruppe. Ancora nel 1916 Lenin fece sue le tesi dell’avversario Hilferding immaginando pero’ (e sbagliando) che quel capitale finanziario fosse la fase suprema ma ultima del capitalismo e che aprisse percio’ la strada alla rivoluzione proletaria.

L’opera di Hilferding non lo autorizzava a questo, anche se Il capitale finanziario si chiudeva con queste inquietanti parole: "Il capitale finanziario e’ la piu’ compiuta realizzazione della dittatura dei magnati del capitale. Ma appunto percio’ la dittatura dei capitalisti che dominano
uno Stato entra in contrasto sempre piu’ aspro con gli interessi capitalistici degli altri Stati. Nello scontro violento degli inconciliabili interessi, la dittatura dei magnati del capitale si rovescia, infine, nella dittatura del proletariato".

 
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EmiNews 2009

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