7447 PIERLUIGI BATTISTA TORNA A DIFFAMARE A MEZZO STAMPA HUGO CHÁVEZ DAL CORRIERE DELLA SERA

20090910 10:14:00 redazione-IT

di Gennaro Carotenuto

Non poteva passare inosservata la passerella veneziana del presidente venezuelano Hugo Chávez. Quando si rompe, anche solo per un’ora, il monoscopio dell’informazione mainstream e viene messa in dubbio la realtà virtuale così come i grandi media hanno deciso che deve essere mostrata, per la quale tutti i processi politici latinoamericani sono da condannare, demonizzare, ridicolizzare e a qualcuno possa sorgere il dubbio che nel Sud del mondo succeda qualcosa di ammirevole (con difetti, limiti, ma ammirevole) ecco immediatamente che interviene un commissario politico che in puro stile stalinista (ma liberale) rimette tutti in riga.

Al Corriere della Sera (http://www.corriere.it/politica/09_settembre_08/venezia_chavez_battista_693ec0d6-9c3a-11de-a226-00144f02aabc.shtml) , quando si tratta di America latina, tale ruolo spetta a Pierluigi Battista, già gruppettaro dell’ultrasinistra, passato al conservatorismo più bieco. Non si capisce bene perché visto che per quanti editoriali abbia scritto sull’America latina da Pierluigi Battista non si evince mai una conoscenza diretta, una frequentazione, un viaggio, la citazione di un autore (salvo forse Vargas Llosa) ma neanche un fatto preciso, una circostanza verificata. Anzi! Pierluigi Battista sa per scienza infusa che i governi integrazionisti latinoamericani, e in particolare quello venezuelano, sono il male assoluto, e debbono essere seppelliti sotto un’orgia di contumelie (dittatura, golpista, squadrismo, fame, censura e quant’altro).
Nell’ultimo editoriale di oggi, in risposta al successo del documentario di Oliver Stone a Venezia, Battista torna a diffamare a mezzo stampa il presidente venezuelano. Sarà meglio rimettere brevemente i puntini sulle “i” rispetto a quelli che non sono né fatti né circostanze ma tendono a non sembrare neanche più un semplice punto di vista ma qualcosa di diverso, una sequenza di contumelie, insulti, menzogne.
Per Battista quella di Hugo Chávez è una dittatura. Non la pensa così l’Unione Europea o l’Organizzazione degli Stati Americani, che hanno certificato che le elezioni venezuelani sono tra le più osservate al mondo e del tutto limpide. Trovi pace Battista, la categoria del consenso oltre che in dittatura anche in democrazia è scivolosa (pensiamo a Berlusconi) ma in Venezuela non c’è nulla che possa essere considerato una dittatura. Vada a vedere, Caracas è una città pericolosa ma… mica mordono. Non andrà a vedere Battista. Resterà nel suo ufficio con le sue certezze (e senza neanche leggerci visto che dichiara orgogliosamente di disdegnare Internet, i blog, il giornalismo partecipativo). Ce ne facciamo una ragione ma dobbiamo concludere che, nella furbesca prosa dell’editorialista del Corriere “dittatura” vuol dire semplicemente “un governo che non mi piace” e che, siccome non ha usato lo stesso termine per i trionfi di Gheddafi in Italia, allora la Libia è una democrazia.
Per Battista Hugo Chávez si fa eleggere a vita. Delle due l’una. O Battista prende atto che Chávez è nelle stesse condizioni di Angela Merkel o Silvio Berlusconi o Gordon Brown e quindi può solo ricandidarsi ed eventualmente aspirare ad essere rieletto, o non si capisce perché non più tardi della settimana scorsa abbia fatto il pesce in barile non scrivendo neanche una riga sul fatto che il (dittatore?) colombiano Álvaro Uribe abbia ottenuto un voto dal parlamento di Bogotà che va esattamente nello stesso senso. Quello che va bene per Uribe è disdicevole per Chávez?
Per Battista in Venezuela sarebbero in azione squadracce che terrorizzano i “dissidenti” (l’uso del termine “dissidente” invece di “opposizione” è sublime). Anche in questo caso, non ricordo articoli sui paramilitari colombiani o messicani, o sugli squadroni della morte salvadoregni o sull’esercito peruviano che qui ed ora, non negli anni ’70, con le motoseghe squartano le membra di contadini inermi perché popolazioni intere abbandonino le loro terre per liberarle (sono liberali) allo sfruttamento intensivo dell’agroindustria. Ma anche restando al Venezuela, sulle squadracce di Chávez faccia i nomi, i fatti, le circostanze Battista. Citi i Gobetti, i Rosselli, i Don Minzoni venezuelani, i prigionieri politici, ma se non ne è in grado abbia il pudore di star zitto.
Per Battista la classe media venezuelana sarebbe alla fame, eccetera eccetera, ma non risulta che Pierluigi Battista abbia scritto mai editoriali preoccupato per quel 70% di poveri e indigenti nel Venezuela prima di Hugo Chávez né (sarebbe un’operazione di minima deontologia giornalistica) abbia citato i dati degli organismi internazionali che certificano il dimezzamento della povertà e dell’indigenza in Venezuela.
Poi Battista si lancia in numeri d’avanspettacolo. Parla di industria venezuelana distrutta da Chávez (quella era l’Argentina di Menem) e travisa completamente i fatti per definire Don Juan Carlos di Borbone addirittura come un “eroe” (sic!) per avere apostrofato un presidente democraticamente eletto, che insieme ad altri cinque capi di stato (cfr: http://www.gennarocarotenuto.it/1464-su-chavez-e-il-borbone-se-allende-avesse-potuto-fare-altrettanto/ e http://www.gennarocarotenuto.it/3782-la-leggenda-del-re-galantuomo-e-dellindio-villano-ed-ingrato/ ) denunciava le malefatte delle multinazionali iberiche in America latina davanti al re di Spagna.
Per Battista in Venezuela sarebbero censurati i media. Se è per questo anche in Ecuador, in Bolivia, in Brasile, in Argentina sarebbero censurati. Nell’America latina integrazionista per la prima volta nella storia il latifondo mediatico, quel sistema perverso che considera la libertà di stampa un privilegio di pochissimi, viene limitato da leggi che favoriscono il moltiplicarsi di voci non egemoni, soprattutto quelle partecipative. Forse anche Bruno Vespa se vedesse anche solo limitato da quattro a tre serate alla settimana “Porta a porta” strepiterebbe alla censura e troverebbe la solidarietà di Battista ma per tutte quelle voci equiparate ai media commerciali le nuove leggi sui media rappresentano una democratizzazione reale del sistema di comunicazione del Paese.
Oggi in Venezuela non sarebbe più possibile quello che successe l’11 aprile 2002 quando il 100% delle televisioni partecipò attivamente al colpo di Stato contro il governo legittimo. Oggi, per merito del governo bolivariano, laddove c’era un monopolio di voci esiste un pluralismo informativo e non solo le voci del pensiero unico neoliberale. Esattamente quello che Battista teme e segnala sul Corriere della Sera.
Con Battista siamo evidentemente di fronte ad un caso grave di reiterata diffamazione a mezzo stampa contro il governo democraticamente eletto in Venezuela. Critiche così pretestuose sono funzionali ad impedire il dibattito su quanto avviene in America latina. Si debbono alzare i toni, schierarsi e non ragionare, comprendere, studiare. Tutto serve perché è necessario demonizzare l’infezione integrazionista latinoamericana, farla passare senza alcuna prova per un gulag tropicale per poterla poi di nuovo colpire come tanto l’oligarchia venezuelana da sempre al potere l’11 aprile 2002. In quell’occasione i golpisti, i dittatori, gli squadroni della morte, i censori, che coincidono in buona parte con i “dissidenti” a Pierluigi Battista piacevano da matti.

 
7447-pierluigi-battista-torna-a-diffamare-a-mezzo-stampa-hugo-chavez-dal-corriere-della-sera

8176
EmiNews 2009

Views: 1

AIUTACI AD INFORMARE I CITTADINI EMIGRATI E IMMIGRATI

Lascia il primo commento

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*


Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.