7482 Immigrati e italiani gli operai hanno paura del futuro

20090925 16:44:00 redazione-IT

di Rinaldo Gianola

Anthony Opooko è un operaio, ha 44 anni, viene dal Ghana. Lavora inuna conceria, la Pasubio spa, da 14 anni. La sua è una bella storia di fatica e di speranza. La racconta con calma e con orgoglio. «Arrivai in Italia, a Roma, nel 1991 per studiare. Mi trovai presto nella condizione di dover cercare un lavoro per vivere. Così mi trasferii ad Arzignano, su consiglio di un mio amico che già viveva qui. C’era lavoro per tutti: bastava suonare il campanello di una conceria e avevi già il posto assicurato. Nessun padrone faceva distinzioni per il colore della pelle o la religione. Nessuno ti chiedeva niente. L’unico impegno era la fabbrica. Lavoro, lavoro, lavoro… sempre lavoro. Otto, dieci, dodici ore filate, ma c’era anche chi era disposto a stare giorno e notte in conceria se ti chiedevano lo straordinario. Il lavoro mi ha consentito di sposarmi, ho due figli nati in Italia che vanno all’asilo e a scuola con i bambini italiani. Ho comprato la casa a Vicenza, perchè mia moglie ha un lavoro di pulizie part-time alla stazione degli autobus. La banca mi ha fatto il mutuo di vent’anni per la casa, mi ha anticipato il 100% della somma: si fidavano della mia busta paga.

Adesso, purtroppo, è arrivata la crisi, molti lavoratori hanno problemi, anche tanti stranieri sono in difficoltà: qualcunopensa di tornare al paese di origine, oppure manda via la moglie e i figli per qualche tempo in attesa che la situazione migliori. Con la cassa integrazione ci sono più difficoltà a vivere e non tutti ce la fanno a restare ancora qui».

Diversa, ma significativa è l’esperienza di Khan Menirul, 28 anni, originario del Bangladesh, occupato alla Pressing srl, conceria in difficoltà, in questi giorni in cassa integrazione straordinaria. «Otto anni fa sono scappato dal miopaese per motivi politici: militavo in un partito progressista e quando abbiamo perso le elezioni ho preferito andarmene. Qui nella valle c’e una grossa comunità di persone originarie del Bangladesh, a Montecchio c’è un gruppo di quasi 4000 cittadini. Io mi trovo bene in Italia, mi sono sempre trovato bene anche in fabbrica, con gli operai italiani e gli altri stranieri. Non ci sono mai stati casi di razzismo in fabbrica, al massimo c’era qualche cretino che facevaunabattuta pesante. Sul lavoro il clima è sempre stato buono. Ora la cassa integrazione, la situazione è peggiorata: alcuni lavoratori non ce la fanno a mantenere le loro famiglie e per la prima volta anche qui è difficile trovare subito un altro posto. Fino a poco tempo fa potevi cambiare lavoro quando volevi, tanto c’era la caccia all’operaio, le aziende se li rubavano. Io ho sempre fatto le otto ore, qualche volta lo straordinario, ma non ho mai seguito l’esempio di chi stava tutto il giorno in conceria. Sono giovane: mi piace avere del tempo libero, andare in discoteca, stare con gli amici».

Arzignano è un miracolo industriale che non potrebbe esistere se non ci fossero i lavoratori stranieri. Su circa 26mila abitanti gli immigrati sono il 20%, ma se si calcola solo la popolazione attiva, cioè chi lavora, arriviamo al 50%. In quelle concerie dove il lavoro è più umile, ripetitivo e pesante la percentuale degli stranieri arriva al 100%. Si lavorano le pelli, destinate soprattutto ai divani, all’arredamento.Uncaso imprenditoriale mondiale: non c’è cinese che possa competere, nemmeno sul prezzo. Le “pelli in pelo”, la “scanatura”, la “spaccatura” sono i termini di questa catena industriale. Mastrotto, Perotti, Pretto, Dani e tanti altri, sono i nomi di un successo industriale senza paragoni possibili, anche se magari non finiscono sul Sole 24 Ore. Con i soldi sono stati fatti gli investimenti sul territorio, sono diminuiti anche gli odori e l’inquinamento, il depuratore funziona e le concerie sono state progressivamente spostate fuori dai centri abitati. Questo, a ben vedere, è il paradigma economico e politico del Nord Est: ad Arzignano la Lega ha il 37% dei consensi, a Chiampo il 41%, nei comuni dell’area Bossi e il pdl insieme arrivano al 70% dei voti. «Più o menoè la stessa percentuale che raggiungeva la dc negli anni d’oro» ci spiega Ferdinando Del Zovo, 57 anni, un missionario laico della Cgil che dalla Camera del lavoro di Arzignano si butta ovunque ci sia bisogno di trattare con un padrone, di difendere un diritto, di negoziare un accordo. «Molti pensano che la forza della destra sia l’altra faccia dell’elevata presenza di lavoratori stranieri,manon è così automatico» racconta Del Zovo, «gli immigrati fannocomodoalle imprese e nel territorio, nella vita sociale non ci sono stati casi clamorosi di tensione o di razzismo. I lavoratori si comprendono, piuttosto sono gli atti amministrativi e politici della destra a creare discriminazioni: il comune di Montecchio ha appena deliberato che gli aiuti contro la crisi possono essere utilizzati solo dalle famiglie che hanno almeno cinque o sei anni di residenza. È una schifezza, così si alimenta la paura dell’altro, la differenza, è chiaro che si vuole penalizzare gli stranieri». La politica offre poche consolazioni.

Ad Arzignano fino al giugno scorso fa c’era unsindaco progressista, Stefano Fracasso, con la passione per Andrea Zanzotto. Maquesto non è tempo per i poeti: alle elezioni ha trionfato la destra di Giorgio Gentilin, gli manca solo una “i” per essere come lo sceriffo leghista di Treviso. Così van le cose. I sindacatiela Caritas sono le organizzazioni che si fanno carico dei problemi della gente che, abituata alla sicurezza dell’occupazione e del reddito, oggi è spaventata davanti all’incerto futuro. Il sentimento che pervade le fabbriche è la paura, c’è il timore di non farcela, che stia succedendo qualcosa di incomprensibile, di sconosciuto. Lo ripetonotutti. La politica, al netto della xenofobia e dell’arroganza leghista, è defilata. La sinistra, purtoppo, è quasi scomparsa. Il personaggio “politico” più rilevante e autorevole, in questo momento, è il vescovo di Vicenza, Cesare Nosiglia. Ha iniziato facendo un viaggio nei comuni per avere direttamenteconoscenza dei problemi delle comunità. Ha mobilitato un Fondo di solidarietà per fronteggiare le prime emergenze della crisi sociale e di fronte al peggioramento della situazione è intervenuto pubblicamente, con parole inequivocabili. Ha sollecitato le Fondazioni bancarie e i privati a tirare fuori i soldi. D’altra parte Vicenza, da sola, produce l’1% del Pil nazionale ed è ai primissimi posti per reddito pro-capite. «Nemmeno un lavoratore perda il posto di lavoro» ha detto il vescovo, «all’inizio della crisi finanziaria il governo ebbemododi assicurare che nemmeno un euro sarebbe stato perso dai risparmiatori: vorrei che con la stessa forza e il medesimo impegno il governo dicesse oggi che nemmeno un lavoratore perderà il suo posto».

Se Arzignano col suo territorio potrà continuare a mantenere la sua leadership mondiale lo si potrà vedere solo tra qualche tempo, quando si sarà calmata la bufera. Il problema, anche qui come in altri distretti, è che le aziende non fanno “rete” , soprattutto quelle più piccole. C’è una specie di individualismo imprenditoriale esasperato che, a tutti i livelli, pare caratterizzare questa fabbrica diffusa e continua sul territorio. Anche le associazioni industriali fanno fatica a fare proselitismo. Il paradosso di questi industriali è che sono apprezzati in tutto il mondo per la loro abilità e poi pagano in “nero” lo straordinario ai dipendenti. Ah, caro Nord Est…

http://www.unita.it/news/italia/88868/immigrati_e_italiani_gli_operai_hanno_paura_del_futuro

 
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EmiNews 2009

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