7541 LUIGINA DI LIEGRO: Innovare le politiche e valorizzare la presenza italiana nel mondo

20091017 18:22:00 redazione-IT

[b] Regione Lazio – PRE-CONFERENZA CONTINENTALE EUROPEA
DEI LAZIALI NEL MONDO – Parigi, 17 Ottobre 2009

Nella relazione introduttiva dell’Assessore alle Politiche Sociali e alle Sicurezze della Region Lazio, Luigina Di Liegro, gli elementi di valutazione e di orientamento per una nuova programmazione regionale a favore dei laziali emigrati nel mondo: "emigrazione e immigrazione come fattori importanti per progettare il nostro futuro". I cittadini migranti interfaccia delle relazioni culturali, sociali ed economiche tra paesi di partenza e paesi di arrivo. [/b]

Di seguito la relazione introduttiva dell’Assessore Di Liegro.

[b]
Regione Lazio

PRE-CONFERENZA CONTINENTALE EUROPEA
DEI LAZIALI NEL MONDO

Parigi, 17 Ottobre 2009

Relazione introduttiva dell’Assessore
Alle Politiche Sociali e alle Sicurezze

Luigina Di Liegro[/b]

(BOZZA NON CORRETTA)

Care e cari corregionali,

sono davvero lieta di essere qui a Parigi insieme a voi in occasione di questa pre-conferenza continentale, penultima tappa del percorso definito insieme alla Consulta Regionale dell’Emigrazione della nostra regione; un percorso che ci porterà, alla fine di novembre, alla Conferenza Mondiale dei laziali all’estero che terremo a Frascati.

Come voi sapete, ho assunto l’incarico di assessore alle "politiche sociali e alle sicurezze" della nostra Regione – che ricomprende le deleghe all’emigrazione e all’immigrazione-, appena alcune settimane fa.

Sono lieta di essere qui anche perché questa è, per me, un’occasione per tornare ad incontrare il mondo dell’emigrazione italiana, un mondo di cui ho fatto parte e con il quale ho condiviso molti anni della mia vita.
Voi in Francia e in Europa, io negli Stati Uniti d’America, ho vissuto come tante altre persone e famiglie, un percorso migratorio, fatto certamente come nella generalità dei casi, di sacrifici e di difficoltà, ma anche, come avrete anche voi direttamente sperimentato, di opportunità e di aperture.

E’ stato quindi, per me, motivo di ulteriore positivo convincimento, accettare di dirigere questo Assessorato che prevede, tra le varie deleghe, anche le relazioni con le nostre comunità emigrate in tanti paesi del mondo.

Relazioni che, come voi sapete, hanno risentito negli ultimi anni, di un rinnovato interesse dell’opinione pubblica, soprattutto a seguito dell’introduzione dell’esercizio di voto all’estero per l’elezione di 18 parlamentari, ma a cui ha corrisposto solo parzialmente una concreta azione di valorizzazione delle nostre collettività e un puntuale riconoscimento di diritti e rivendicazioni antiche, come quelli legati alla scuola e alla cultura italiana, alla formazione professionale, al sostegno scolastico in situazioni difficili come continuano ad essere quelle dei nostri giovani per esempio nell’area della Svizzera tedesca e della Germania, o quelle relative alla situazione di tanti nostri anziani emigrati in paesi difficili come quelli dell’America Latina.

Sul piano delle opportunità legate alla presenza di milioni di nostri connazionali all’estero in Europa, nelle Americhe, in Oceania, c’è da ricordare come, dopo tante esperienze significative e anche di eccellenza nate nel solco dell’associazionismo di emigrazione dagli anni ’90 ad oggi, si siano purtroppo contratte, anzichè espandersi, le misure e le azioni positive miranti al coinvolgimento dei nostri giovani in tutti quei settori della cultura, del sociale, dell’economia, nei quali, le nuove generazioni multiculturali di italiani all’estero possono diventare, a pieno titolo, un’interfaccia importante per lo sviluppo delle relazioni internazionali del sistema Italia e dei nostri sistemi regionali.

La Prima Conferenza mondiale degli italiani all’estero, svoltasi nel 2000 a Roma, aveva elaborato a questo proposito un’ampia casistica di opportunità su cui lavorare convintamente, raccogliendo le elaborazioni e le esperienze del vasto mondo dell’associazionismo, indicazioni e suggerimenti su cui dobbiamo tornare a riflettere, assieme a tutto ciò che è stato prodotto in questi anni dal CGIE (CONSIGLIO GENERALE DEGLI ITALIANI ALL’ESTERO) e a quanto è stato prodotto dalle vostre associazioni e dalla nostra Consulta Regionale dell’emigrazione.

Da ciò che ho potuto seguire direttamente, mi pare di poter dire che l’elezione dei 12 deputati e dei 6 senatori nel nostro Parlamento non ha, purtroppo, portato con sé un automatico sviluppo delle politiche a favore di chi all’estero vive e lavora.

Da molti, l’elezione dei vostri rappresentanti al più alto livello istituzionale della Repubblica, è stato visto come una sorta di risarcimento – arrivato peraltro abbastanza tardi rispetto alle aspettative-, che chiudeva un capitolo storico, invece che aprirne uno nuovo.

Ciò è abbastanza paradossale, poiché è proprio in questa epoca di globalizzazione che i tanti saperi ed esperienze praticate dalla nostra emigrazione, tornerebbero particolarmente utili al nostro paese, contribuendo al superamento di un certo provincialismo in cui siamo tuttora stretti, allargando le opportunità di relazioni a tanti livelli, compreso quello economico e commerciale, e soprattutto, contribuendo al superamento di una visione negativa e pericolosa dei rapporti tra le diverse culture nazionali che compongono l’Europa e il nostro Paese.

Credo di non dover insistere troppo sul fatto, a voi ben chiaro vivendo all’estero, che l’Italia sta attraversando un momento storico particolarmente delicato su diversi fronti, incluso quello di come intendiamo atteggiarci rispetto all’arrivo di migliaia di immigrati alla ricerca di occasioni migliori di vita, o semplicemente in fuga da situazioni disperate di guerra o di povertà estrema.

Ecco, io penso che il più grande paese di emigranti della storia contemporanea, cioè l’Italia, dovrebbe avere in sé tutto il potenziale culturale, di competenze, di saperi, di capacità tecniche per garantire un’accoglienza dignitosa e civile a queste persone che tra l’altro costituiscono per noi un fondamentale bacino di operosità e di lavoro in molti settori produttivi da tempo abbandonati dagli italiani.

Purtroppo non è così; o meglio, questi saperi e queste esperienze sono tenute ai margini, nascoste e dimenticate come in una colossale amnesia, e siamo costretti ad assistere al ritorno di atteggiamenti xenofobi e razzisti non solo tra la gente, ma anche, ancor più grave, nella classe politica del nostro paese.

E’ per questo che dico che tra le tante cose utili che possono venire da voi, dall’emigrazione italiana nel mondo a prescindere dalle diverse ispirazioni ideali e politiche di cui siete portatori, c’è quella di costringere gli italiani in patria a ricordare meglio la nostra storia.

A ricordare che siamo emigrati nel numero colossale di oltre 28 milioni di persone nell’arco di un secolo, e che tuttora, il numero degli emigrati italiani nel mondo supera, per esempio, il numero degli immigrati in Italia. Quanti sono, coloro che conoscono questo dato ?

Fortunatamente, c’è anche chi questa storia se la ricorda, e qui mi preme ringraziare tra gli altri, il Presidente della Camera Gianfranco Fini per la sua personale battaglia in favore dell’integrazione degli immigrati, anche attraverso una più rapida e moderna procedura per l’acquisizione della cittadinanza italiana da parte di chi è regolarmente nel nostro paese da almeno 5 anni, come avviene in diversi paesi europei ed extraeuropei.

Non cito a caso l’On. Fini, che come sapete, appartiene ad una tradizione politica diversa dalla mia e dalla Giunta che governa la nostra regione; sono infatti convinta che le sue proposte, come le dichiarazioni di altri esponenti politici della sinistra e della destra (tra le quali voglio ricordare quelle dell’On. Tremaglia), trovino fondamento nella profonda conoscenza della storia della nostra emigrazione, come il Presidente della Camera ha ricordato recentemente a l’Aquila, ricevendo la Presidente del Congresso americano, Nancy Pelosi, anche lei figlia di migranti italiani.

Ciò mi serve per dire che la risorsa che voi rappresentate, al di là delle vostre opzioni ideali, non è soltanto un patrimonio di ordine economico, ma anche culturale, anzi, inter-culturale, e per ciò stesso, di grande valenza civile e politica, in questo difficile tempo di crisi e di transizione.

2 ——————————-

Vi dicevo che in questo ultimo anno, ho registrato, da diversi vostri colleghi, una certa delusione e un certo sconforto nel vedere che i fondi storicamente destinati alle vostre comunità dal Governo del nostro Paese, siano stati drasticamente tagliati a causa, si dice, delle necessità imposte dalla crisi economica.
Tagli nell’ordine del 60% per quanto riguarda le voci di spesa del Ministero Affari Esteri, solo parzialmente recuperati in extremis.
E la tendenza, pare essere quella di riconfermare questa politica di riduzione nei prossimi due anni. Ne risultano già gravemente compromessi l’insegnamento dei corsi di lingua e cultura italiana che oggi viene erogato a centinaia di migliaia di italiani in tutti i paesi di emigrazione e il sostegno alle fasce di povertà e di indigenza di tanti nostri anziani.
Ma anche i servizi fondamentali erogati dai nostri consolati, molti dei quali saranno chiusi nei prossimi mesi.

In diversi sostengono che a fronte di ciò, le politiche regionali potrebbero costituire un’alternativa o quantomeno servire a tamponare questa difficile situazione che si è venuta a creare.

Sona convinta che, assieme al contrasto che si deve operare per evitare la conferma di questi tagli e il recupero delle necessarie risorse su cui, peraltro, la compagine dei parlamentari eletti all’estero mi pare sia unitariamente impegnata in modo bipartisan, è certamente utile e necessario ripensare insieme, l’intervento regionale su questa materia.

Dobbiamo, a mio parere, mirare ad un intervento che sappia da una parte raccogliere e valorizzare al meglio il potenziale di sviluppo transnazionale che voi rappresentate per i sistemi regionali e quindi, nel nostro caso per la Regione Lazio, e che, dall’altra parte, sappia coniugare e rendere omogenei gli interventi delle diverse regioni verso obiettivi comuni e condivisi.

Intendo dire che in relazione ai consistenti cambiamenti avvenuti nelle nostre collettività, soprattutto nei termini di una progressiva e positiva integrazione nei paesi di accoglienza, appare sempre più difficile pensare ad interventi mirati esclusivamente ai discendenti di laziali nel mondo, oppure ai discendenti dei veneti o dei calabresi, quando voi stessi siete coniugati con altre italiane o italiani provenienti da altre regioni e, sempre più frequentemente, con persone del paese in cui siete arrivati, oppure di altre nazionalità di emigrati.

Come dovremmo considerare i figli di un padre laziale e di una madre veneta, o piuttosto di una madre laziale e di un padre francese, o di un padre laziale e di una madre sudamericana ?
E come dovremmo strutturare un diritto a prestazioni di assistenza o di sostegno regionali verso famiglie in cui sono presenti più ascendenze regionali o nazionali ?

Come vedete, la specificità delle nostre comunità come soggetto sociale e giuridico, tende ad assomigliare, sempre più, pur nella diversità delle situazioni connotate da maggiori livelli di integrazione, alla situazione delle collettività immigrate nel nostro paese e nella nostra regione.

Si tratta cioè, sempre di più, di comunità interculturali, in cui l’identità di origine si contamina, io credo fortunatamente, con altre identità culturali.

Ed è, a mio parere, proprio in ciò, il grande valore che voi rappresentate e rispetto al quale dovremmo cercare di adeguare i nostri piani e modelli di intervento, le nostre politiche regionali.

In questo tempo che cambia, e che è già in gran parte cambiato dagli anni che vi hanno visto arrivare in questi paesi, c’è dunque bisogno di una unità di intenti che raccolga un comune e condiviso impegno delle Regioni.

Certo, l’azione regionale, pur sempre nei limiti della sussidiarietà, può costituire un elemento importante di innovazione in questo ambito, nella misura in cui riesce a rendere attuale e a dare risposte concrete al bisogno di collegamento con i territori di origine e di mantenimento di un’identità interculturale di cui quella "laziale", nel nostro caso, è per noi molto importante.

E allo stesso tempo possiamo, in parte, ovviare ad una serie di carenze e di limiti congiunturali dell’azione del Governo centrale, rispetto ad una casistica di diritti e di urgenze molto vasta. Ma è sempre più difficile e forse non del tutto corretto, farlo come singola regione rispetto a singoli corregionali.

Dovremmo invece essere in grado di costruire politiche attive affini e condividere un quadro di misure che rispondano ai nuovi fabbisogni e alle nuove potenzialità che emanano dall’emigrazione italiana nel mondo.

Subito dopo la Conferenza Mondiale dei laziali all’estero, si svolgerà a Roma, dal 30 novembre al 3 dicembre, la terza Conferenza Stato-Regioni-Provincie Autonome-CGIE, che è l’istanza più importante a cui viene demandata la definizione delle politiche verso le nostre comunità emigrate ed a cui, sia il CGIE, sia gli Enti locali, sia lo Stato centrale con le sue emanazioni ministeriali, debbono, secondo la legge istitutiva del CGIE, attenersi nei prossimi tre anni.

E’ un’occasione importante per precisare meglio e in modo più approfondito in quale direzione si intende procedere.

Per quanto riguarda le regioni, io auspico che possano essere individuate linee guida condivise, sia rispetto alla tipologia di misure da attivare o da potenziare, sia rispetto ad un necessario e forte coordinamento interregionale che consenta un pari trattamento dei nostri emigrati, a prescindere dalle loro regioni di provenienza.
La Regione Lazio, sarà convintamente in prima linea in questa discussione.

3 ————————-

Tra le cose che intendo proporre in questa assise, e che mi piacerebbe costituisse materia di discussione e confronto con voi in questo nostro incontro, vi è quella di un allargamento delle opportunità di accesso di voi emigrati laziali, a diverse misure legislative regionali che oggi sono essenzialmente rivolte ai residenti, ma che io credo possano e debbano vedervi come fruitori anche se vivete all’estero:

– si tratta essenzialmente di un complesso di opportunità legate, come accennavo prima, al vostra specificità di persone che vivono una dimensione interculturale, una qualità che dobbiamo, insieme, tentare di valorizzare nel mutuo interesse, vostro e di chi vive nella nostra regione;

– credo cioè che in tutti gli ambiti di attività regionale in cui il fattore interculturale rappresenti un valore aggiunto, voi laziali all’estero e in Europa in questo caso, siate da coinvolgere a pieno titolo: per esempio nelle attività di internazionalizzazione e di promozione culturale, economica, sociale che necessitino di saperi e di competenze interculturali;

– su questa strada, le possibilità sono varie e possono consentire un allargamento degli ambiti di intervento ad oggi, solo parzialmente toccati, come ad esempio la formazione professionale in alcuni specifici settori come il turismo, il commercio con l’estero, la promozione e il marketing internazionale di produzioni tipiche del nostro territorio, l’internazionalizzazione delle piccole imprese negli ambiti di produzione e servizi di eccellenza, di trasferimento di know-how e di tecnologie, ma anche la costruzione e il consolidamento di reti di solidarietà e di servizi alla persona che passino attraverso le vostre reti associative e che siano in grado di misurarsi con le nuove crescenti mobilità nel mondo del lavoro.

Azioni di questo tipo possono innescare nuovi interessi e nuove risorse oltre il limitato capitolo di bilancio destinato all’emigrazione e, allo stesso tempo, incentivare dentro le vostre comunità e nelle vostre associazioni, la partecipazione dei giovani, dei quali abbiamo bisogno non solo per ciò che abbiamo detto finora, ma anche perché questo vincolo tra la nostra regione e voi che vivete all’estero, (che avete ed abbiamo costruito in tanti anni), non si deve ridurre, ma anzi deve rinnovarsi e dare il meglio di ciò che avete saputo trasferire alle vostre figlie e ai vostri figli.

Se riusciamo a concepire il nostro lavoro odierno e il nostro impegno futuro in questa chiave, precisando meglio e definendo una progettualità coerente con queste premesse, sono certa che l’attenzione istituzionale e l’interesse nei vostri confronti crescerà e che l’emigrazione laziale nel mondo potrà inserirsi a tutti gli effetti come un interlocutore importante e da tenere presente nell’attuazione delle politiche regionali in generale.

Dobbiamo quindi contribuire a trasformare, tutti insieme, l’immagine – profondamente sbagliata e che vige in tanti ambienti istituzionali e politici del nostro paese -, di comunità migranti antiche e residuali, in quella di un soggetto collettivo che sa dare risposte a necessità regionali e nazionali dell’epoca della globalizzazione. Invertire cioè la prospettiva.

In modo che sia chiaro che chi non investe su di voi, fa, probabilmente, un danno a se stesso.
Come a mio parere fanno un grave danno all’Italia, coloro che insistono nella definizione di immigrazione solo come problema, come fonte di incertezza, di insicurezza.

Noi, invece, siamo per le sicurezze. Sicurezze di tutti e per tutti, siano essi cittadini italiani, siano essi emigrati o immigrati.

4 ————————————-

Nei limiti della nostra azione, come Regione Lazio, assieme ai consueti interventi per il sostegno dell’associazionismo, per la realizzazione di corsi di lingua e cultura, per la realizzazione di soggiorni per i nostri anziani, abbiamo puntato in questi anni su alcuni interventi innovativi, interventi pilota che potessero costituire buone prassi a cui fare riferimento nei prossimi anni.
Ma abbiamo voluto sperimentare anche iniziative che potessero coinvolgere anche altri ambiti dell’Amministrazione regionale che solitamente restavano fuori dal rapporto con l’emigrazione laziale.

Ritengo, ad esempio, molto significativi gli interventi di formazione di giovani da destinare all’assistenza familiare di nostri anziani che versano in situazioni disagiate e che manifestano un deficit di autonomia, che stiamo sperimentando per la prima volta in Uruguay, con la collaborazione dell’OICS, l’Osservatorio Interregionale per la Cooperazione allo Sviluppo.
Questo è uno di quei problemi con cui dovremo misurarci nei prossimi anni rispetto a tutte quelle persone che, una volta uscite dal mercato del lavoro, trovano difficoltà di mantenere livelli dignitosi di socializzazione e di comunicazione con le realtà locali in cui vivono.
Una questione che riguarda non soltanto gli anziani, ma, in diversa misura, anche tutti i portatori di handicap o le persone affette da patologie, in particolare in quei paesi dove l’assistenza sanitaria non è ai livelli italiani o europei.

Si tratta di una problematica che è stata approcciata per la prima volta dal precedente Governo Prodi, in termini di contributo alla sottoscrizione di assicurazioni private, ma io penso che potrebbero essere percorse anche altre strade, soprattutto in America Latina, ove verifichiamo, in diversi paesi, la volontà di riformare i locali sistemi di assistenza e di welfare in direzione dei modelli europei, in cui l’intervento pubblico è giustamente prioritario.

E’ necessario ricercare accordi con questi paesi, affinché i nostri connazionali possano godere di prestazioni stabili e non saltuarie, e ciò può avvenire se l’insieme dei governi regionali e del Governo centrale agiscono congiuntamente in questa direzione.

Per quanto riguarda l’insegnamento della lingua e cultura italiana, la formazione, la comunicazione, sono del parere che debbano essere approfonditi nella nostra regione, come nelle altre, i momenti di interlocuzione e di coinvolgimento dei rispettivi assessorati, per potenziare l’efficacia e l’entità di questi interventi, soprattutto per quei settori ove la multiculturalità dei nostri giovani all’estero costituisce una oggettiva risorsa, come per il turismo, per il commercio, per l’agroalimentare, per la valorizzazione del nostro grande patrimonio storico-culturale e ambientale;

come, allo stesso tempo, possono e debbono essere sviluppati i collegamenti istituzionali e con le organizzazioni imprenditoriali e i circuiti camerali, per ciò che concerne il coinvolgimento della nostra emigrazione nelle azioni di promozione del made in Lazio, dell’internazionalizzazione delle nostre piccole e medie imprese: fare in modo che i nostri giovani all’estero siano inseriti in questa tipologia di interventi significa da una parte renderli meno onerosi, più efficaci e, allo stesso tempo, creare opportunità di impiego nelle nostre comunità.

Tutto quanto detto finora non può realizzarsi e non ha reale prospettiva se non si mira a tutelare il tessuto di associazioni che nell’arco di tanti anni avete creato.

Il tessuto connettivo delle nostre comunità all’estero è costituito da esse. L’identità delle nostre comunità sarà salvaguardata finché sarà vivo e attivo l’associazionismo. Così come l’interesse verso le nostre città e i territori di origine della nostra gente all’estero.

Penso quindi che un impegno comune – e che io ritengo fondamentale – sia quello di accompagnare la libera azione delle associazioni, con interventi che ne consentano il rafforzamento, una ampia partecipazione giovanile, un’ammodernamento in termini di mezzi e di risorse operative, uno sviluppo della loro vita democratica.

Ciò si può fare in diversi modi, per esempio rendendo le associazioni come luoghi di erogazione di servizi per la collettività e allo stesso tempo per la regione, come punti di contatto e di valorizzazione di elementi interculturali, di identità dialoganti, ma in ogni caso, si deve fare con il vostro attivo coinvolgimento e con l’attenzione alle vostre proposte e alle vostre idee.

Siete voi che vivete all’estero che dovete, a mio parere, concepirvi come attori di una nuova fase.
Una fase in cui sono richiesti i vostri pareri, i vostri saperi, le vostre proposte.
Questo incontro e la Conferenza che terremo alla fine di novembre debbono costituire un’occasione per consolidare una strada che abbiamo aperto, ma che deve essere coltivata, sviluppata e arricchita, non episodicamente, dalle vostre sollecitazioni e dalle vostre energie.
Perché nel mondo globalizzato, non si può prescindere da coloro che la globalizzazione l’hanno vissuta con largo anticipo e continuano a viverla quotidianamente, con i suoi pregi e con le sue complessità.
Emigrazione e immigrazione, da questo punto di vista, e fuori da ogni retorica, sono tra le risorse sociali privilegiate per progettare il nostro futuro.

Luigina Di Liegro,
Parigi, 17 Ottobre 2009

www.regione.lazio.it

 
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EmiNews 2009

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