7561 TREMONTI STAR, LE DUE FACCE DI UN MINISTRO

20091026 13:21:00 redazione-IT

di Titti di Salvo

Per l’ennesima volta Giulio Tremonti occupa la scena delle prime pagine dei giornali con affermazioni che stupiscono sia per la sicumera con la quale vengono pronunciate, sia per l’eterogeneità rispetto allo schieramento politico di appartenenza.
Intanto guardando più da vicino le affermazioni fatte, si scoprirà che l’elogio della stabilità lavorativa ripresa dai titoli dei giornali è solo il contorno della rivalutazione che Tremonti fa di un intero sistema di welfare, quello europeo, distinto e confrontato in senso positivo a quello americano, per i suoi effetti di protezione sociale complessiva sulla qualità della vita delle persone.
Ora per la verità Tremonti non è nuovo a simili eresie: già le valutazioni di qualche anno fa, quelle definite neo-colbertiste per il giudizio preoccupato sulla concorrenza delle produzioni cinesi e quelle più recenti contenute nel libro La paura e la speranza, contro il mercatismo della globalizzazione,contenevano il seme delle affermazioni di ieri. E nuova non è neppure la logica profonda, in salsa leghista, che le ispira: quella della definizione di perimetri, territori, recinti – difesi da dazi e regole federaliste ad escludendum – nei quali conservare «contro» qualcun altro il grumo di diritti messi in discussione dalla globalizzazione senza regole.

Non è l’estensione dei diritti sociali e del lavoro l’obiettivo di quelle considerazioni, ma la loro messa al riparo per qualcuno, come se in tempo di globalizzazione ci fossero cittadelle protette dentro le quali rinserrare un sistema di diritti.
D’altra parte Tremonti non è un commentatore, un opinionista, un opinion leader. Giulio Tremonti è un decisore, il potente Ministro dell’economia, di quello stesso governo che prima ha sottovalutato la crisi,poi ha varato misure sbagliate ed altre insufficienti per contrastarla; ha rifiutato di estendere gli ammortizzatori sociali a chi ne era sprovvisto e di raddoppiare il tempo della loro efficacia; non ha riconosciuto ai lavoratori e alle lavoratrici «non stabili» – quei tre milioni e mezzo di precari, giovani e donne, i più fragili e soli di fronte alla crisi – né un paracadute di fronte alla repentina perdita del posto di lavoro, né il sostegno al reddito una volta perso; non ha detto alle imprese che hanno goduto di finanziamenti pubblici e detrazioni fiscali di bloccare i licenziamenti, per non parlare della frammentazione dei rapporti di lavoro in tante tipologie di lavori precari operata scientemente dai governi Berlusconi di cui ha fatto parte.
Quello stesso governo che con il libro bianco del ministro del lavoro Maurizio Sacconi chiama personalizzazione dei diritti sociali la fine della loro universalità: un’altra via attraverso cui alimentare anziché superare precarietà sociale.
Insomma il politico Tremonti non è coerente con il ministro Tremonti. L’uno e l’altro giocano una partita tutta interna alla maggioranza sulla ridefinizione dei poteri nel dopo Berlusconi.
Ma detto tutto ciò, rimane il fatto che Tremonti ha detto ciò che avremmo voluto veder scritto nel programma di governo di un serio e moderno centro sinistra. Infatti il clamore delle sue affermazioni, mettendo da parte contraddizioni e strumentalità,nasce dal fatto che si inseriscono nella contorsione su questi temi della cultura smarrita della sinistra di questi anni. Fanno tanto effetto perché sono diventate affermazioni «estremiste» nel campo del centro-sinistra.
Così come quelle sulle diseguaglianze, causa di instabilità strutturale dei sistemi economici, come ci dice la Commissione di alto livello sulla globalizzazione insediata dal presidente della Republica francese, un uomo di destra.
In questo la lezione della «Tremonti star», è ancora più amara di fronte ai testardi commenti di appassionata accusa allo Stato sociale e al lavoro a tempo indeterminato di Ichino e Treu, oggi sui quotidiani.
Ed è così che è potuto succedere che nel «Protocollo sul welfare» del governo Prodi, la norma lì inserita «sul posto fisso» (che recita che in Italia «il rapporto di lavoro è a tempo indeterminato»), soltanto dalla Confindustria fu compreso e accusato di diavoleria. La Confindustria si era accorta infatti che quella norma poteva essere usata nelle cause di lavoro per impugnare (e quindi trasformare) rapporti di lavoro precari o a termine, accesi senza motivo, al posto di rapporti di lavoro a tempo indeterminato. Il centro-sinistra non lo pubblicizzò nemmeno: l’aveva considerato un prezzo da pagare all’estremismo della sinistra, allora in Parlamento.

http://www.ilmanifesto.it/il-manifesto/in-edicola/numero/20091025/pagina/10/pezzo/263161/

 
7561-tremonti-star-le-due-facce-di-un-ministro

8290
EmiNews 2009

Views: 3

AIUTACI AD INFORMARE I CITTADINI EMIGRATI E IMMIGRATI

Lascia il primo commento

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*


Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.