7560 La Cgil a congresso divisa in due

20091027 12:17:00 redazione-IT

di Gabriele Polo

Era tanto che non accadeva, forse non era mai accaduto: la Cgil va a congresso – inizia nelle pressime settimane per terminare in primavera – e si divide «verticalmente» sul futuro e sul ruolo del sindacato. Il fatto è inedito: perché da anni il congresso era – almeno formalmente – «unitario», con una dialettica interna che si risolveva sostanzialmente nel gioco delle mozioni; e perché – più indietro nel tempo – le divisioni corrispondevano semplicemente alle «componenti» politiche (comunisti, socialisti, più i «terzisti» nati attorno all’autunno caldo, tutte sciolte da una decina d’anni). Invece il sedicesimo sarà un congresso in cui si confronteranno almeno due idee di sindacato, che diventeranno quasi certamente due documenti alternativi. Primo atto visibile di questa divisione è stata la presentazione, oggi, alla Commissione politica congressuale di un breve testo che prende le distanze dal documento in preparazione per conto della segreteria nazionale e chiede un «congresso di svolta». E basterebbe l’elenco dei primi firmatari per comprendere il peso che la cosa può assumere in Cgil: si va dalla segretaria confederale Nicoletta Rocchi ai segretari generali di tre categorie (funzione pubblica, metalmeccanici e bancari), Carlo Podda, Gianni Rinaldini e Domenico Moccia, al leader della rete 28 aprile, Giorgio Cremaschi, a Franca Peroni e Wilma Casavecchia.

Insomma, gli «alternativi» attraversano trasversalmente tutto il sindacato e – soprattutto – tra essi ci sono i leader delle due categorie più importanti (Fp e Fiom) e che contano più iscritti (pensionati a parte). Quanto poi sarà impegnativa – e aspra – la disussione congressuale è visibile nel tono e nei contenuti del documento presentato ieri, titolato «La Cgil che vogliamo». Si tratta di una vera e propria bocciatura delle principali scelte dell’organizzazione e del suo gruppo dirigente, accusato di non avere una strategia ma di «oscillare in continui aggiustamenti tattici», incapace di dare risposte a «una società disgregata dal pensiero dominante della destra, a un mercato del lavoro impoverito e precarizzato diviso nei diritti e nelle tutele» e colpevole – anche – di non aver permesso una chiara discussione interna, ripiegando «sull’autocelebrazione, il conformismo e l’asfissia». Parole pesanti che – assieme all’urgenza di scelte chiare di fronte alla crisi economica, alle divisioni sindacali e ai balbettii della rappresentanza politica – preparano un confronto «vero» in un congresso che sarà tutto tranne che rituale.

http://www.ilmanifesto.it/archivi/commento/anno/2009/mese/10/articolo/1716/

 
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EmiNews 2009

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