7572 Fini: “Serve un ‘pacchetto integrazione’. In Italia non c’è razzismo, ma tanta xenofobia’“

20091028 23:01:00 redazione-IT

[b]Il presidente della Camera: “Affermo la necessità di tenere sicurezza e integrazione su due livelli diversi: si tratta di due facce della stessa medaglia e guardare in modo esclusivo ad una significa non riuscire ad avere uno sguardo d’insieme”

Fini: “Sui diritti fondamentali l’Italia è in ritardo”
Fini: “Necessario uno jus soli temperato”[/b]

ROMA – Un “pacchetto integrazione“ al fianco del “pacchetto sicurezza“. Lo giudica necessario il presidente della Camera Gianfranco Fini, che intervenendo alla presentazione del Dossier statistico immigrazione di Caritas e Migrantes affronta la tematica dell’immigrazione nel nostro paese. “Affermo la necessità assoluta – dice Fini – di tenere sicurezza e integrazione su due livelli diversi:

si tratta di due facce della stessa medaglia e guardare in modo esclusivo ad una faccia significa non riuscire ad avere uno sguardo d’insieme”. “Sono convinto quindi che serve un pacchetto integrazione dopo il pacchetto sicurezza”. Per Fini “diventano sbagliate le politiche che sottolineano solo l’aspetto della sicurezza”: “Di fronte al tema immigrazione e alle politiche di integrazione – scandisce il presidente della Camera – le istituzioni non possono nascondersi dietro un dito ma farsi carico di tutti i problemi emersi, assumendosi le relative responsabilità”. Fini afferma che “non c’è razzismo in Italia se si intende con questo la dichiarata superiorità di una razza sull’altra, ma c’è tanta xenofobia, che è l’anticamera del razzismo”.
Tale xenofobia è dovuta a “ignoranza” e alla incapacità delle agenzie educative di invitare alla riflessione e alla conoscenza. Per questo, dice Fini, “primo impegno delle istituzioni deve essere il contrasto del pregiudizio partendo da osservazione onesta della realtà“. Un compito che spetta anche ai mezzi di comunicazione. Il primo pregiudizio “da bar” da sconfiggere è quello che gli stranieri ricevono dallo Stato in termini di servizi più di quanto non diano: “E’ falso: il dato incontrovertibile che emerge dal Dossier è che a fronte del 2,5% di spese pubbliche per istruzione, pensioni e sanità che sono erogati a stranieri, essi assicurano il 5% di gettito fiscale, il 10% del prodotto interno lordo. Dunque, è vero il contrario di quanto si crede comunemente: gli stranieri ricevono da noi meno di quello che ci danno”. Far conoscere questi dati, allora, è una vera “azione di controinformazione, essenziale – conclude Fini – per svuotare i pregiudizi”.

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Fini: “Sui diritti fondamentali l’Italia è in ritardo”

Il presidente della Camera: “Non possiamo chiedere allo straniero di adempiere a dei doveri se al contempo non mettiamo l’accento anche sui suoi diritti”. E fra i diritti vanno inseriti “anche quelli di tipo politico”

ROMA – Alla cultura dei doveri deve essere affiancata anche una cultura dei diritti, perché “non possiamo chiedere allo straniero di adempiere a dei doveri se al contempo non mettiamo l’accento anche sui suoi diritti”. Così il presidente della Camera Gianfranco Fini alla presentazione del Dossier statistico immigrazione 2009 di Caritas/Migrantes. “Dobbiamo riconoscere allo straniero – dice Fini – il diritto ad essere equiparato a chi nasce in Italia anche nei diritti e non solo nei doveri: in caso contrario favoriamo solo un rispetto formale della legge che non è di per sé garanzia di integrazione”. Fra questi diritti, afferma il presidente della Camera, vanno inseriti “anche i diritti di tipo politico: l’ho già detto tempo fa e ribadisco che sono convinto che se vuoi fare sentire allo straniero di essere nella sua patria non puoi negargli a priori il diritto di rappresentanza”.
Fini si dice d’accordo con il principio che “non può esserci tassazione senza rappresentanza”, perché chiedere allo straniero di pagare le tasse ma negargli il voto “va a squilibrare troppo l’assetto diritti-doveri”. Ecco perché, dice Fini, è stato giusto evitare le norme del pacchetto sicurezza che negavano o limitavano allo straniero il diritto alla salute. “La cultura dei diritti da cui partire – sottolinea Fini – è il rispetto della dignità della persona umana, che è un problema che deve stare non solo sulle spalle del mondo cattolico ma di tutta la società: in questo, cioè sui diritti fondamentali, in Italia c’è un ritardo”.

Per il presidente della Camera occorre poi avere attenzione a comprendere pienamente il senso dell’integrazione. Fini sottolinea che la sfida “non è individuare un modello originario, ma fare tesoro dell’esperienza altrui”: da questo punto di vista occorre evitare di ricorrere tanto al modello assimilazionista (come quello francese) tanto a quello multiculturale (di origine anglosassone), che hanno mostrato profonde pecche altrove. “La piena integrazione – sottolinea Fini – ha più a che fare con l’adesione ai valori di fondo che non ad un mero rispetto della legge, al curriculum impeccabile nel rispetto delle leggi: la sfida culturale, che è non nazionale ma globale, è – conclude – proprio questa e passa anche da interventi di sviluppo reale nei paesi del sud del mondo”.

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Fini: “Necessario uno jus soli temperato”

Il presidente della Camera è intervenuto alla presentazione del dossier Caritas/Migrantes. Sull’ottenimento della cittadinanza italiana: ”Spero si possa trovare un accordo per modificare la legislazione vigente”

ROMA – “Sostengo la necessità di uno jus soli temperato e spero che su questo punto si possa trovare un accordo in Parlamento”. Così il presidente della Camera Gianfranco Fini intervenendo alla presentazione del dossier statistico immigrazione di Caritas/Migrantes. Fini, affrontando il tema della normativa per l’ottenimento della cittadinanza italiana, ricorda la necessità di “opportune cautele” per evitare scelte “irresponsabili”e sottolinea che “sulla questione spero si possa trovare un accordo per modificare la legislazione vigente per quanto riguarda non solo i minori che nascono in Italia ma anche quelli che in Italia ci arrivano da piccolissimi, pur non essendoci nati”. Per il presidente della Camera c’è bisogno di “uno jus soli temperato”: “Alcuni – afferma – dicono che cinque anni sono pochi, per altri dieci sono troppi, ma cominciamo a garantire che diventi cittadino italiano il bambino che frequenta ininterrottamente un ciclo scolastico e che risiede stabilmente in Italia con la sua famiglia”. Una tale normativa permetterebbe infatti di evitare la situazione in cui un adolescente, pienamente inserito nella realtà sociale, debba attendere i 18 anni prima di vedersi riconosciuta la cittadinanza, e nel frattempo magari divenire bersaglio dell’integralismo che pesca nella società occidentale “facendo leva proprio sulla negazione dell’identità”.

http://www.redattoresociale.it/DettaglioNotizie.aspx?idNews=278203

 
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EmiNews 2009

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