7571 LA PRESENZA DI IMMIGRATI REGIONE PER REGIONE

20091028 23:48:00 redazione-IT

[b]Lombardia, prima regione italiana per presenza di stranieri
Crescono gli stranieri nel Lazio (+15,1%). La maggioranza sono donne
Emilia Romagna: nonostante la crisi crescono lavoratori e imprese straniere
Toscana, in 10 anni quadruplicati gli immigrati
Puglia: dalla "schiavitù" all’inclusione, i tanti volti dell’immigrazione
Gli stranieri salvano la Sardegna dal decremento demografico
Il “peso” dei Centri: Crotone è una provincia sempre più multietnica
Campania prima tra le regione del Sud per la presenza di immigrati
In Veneto oltre 481 mila stranieri regolari. Verona è la prima provincia per presenze
In Umbria trend in crescita.Presenze, primi i romeni
Sicilia, tasso di occupazione superiore tra gli immigrati
In Piemonte una presenza diffusa e consolidata[/b]

Lombardia, prima regione italiana per presenza di stranieri

Sono 904.816 i cittadini nati all’estero censiti a fine 2008 (+ 11% rispetto all’anno precedente). In Lombardia vive il 23.3% degli stranieri residenti in tutta Italia. Calano invece le presenze a Milano, dove però un cittadino su 7 è straniero

Milano, una classe di immigrati filippini seguono un corso di lingua italiana. Foto di Roberto Arcari/Contrasto
MILANO – Sempre più numerosi e integrati gli immigrati in Lombardia, che si conferma la prima regione in Italia per la presenza di cittadini stranieri: 904.816 i cittadini nati all’estero censiti a fine 2008 (+ 11% rispetto all’anno precedente).In Lombardia vive il 23.3% degli stranieri residenti in tutta Italia. Lo rivelano i dati contenuti nell’edizione 2009 del dossier statistico "Caritas-Migrantes", presentato oggi a Milano.
In controtendenza rispetto al quadro generale, continua la diminuzione della presenza di cittadini stranieri a Milano che, continua a conoscere un lento decremento (-1,1%) sia pure in termini relativi e non assoluti. Eppure, nel capoluogo, un residente su sette è immigrato (a fine 2008 gli stranieri iscritti all’anagrafe sono 181.393, il 14% della popolazione). E questo rapporto aumenta ulteriormente se si prendono in considerazione i soli minorenni: quasi uno su quattro è figlio di genitori stranieri (24,6%).
Continuando il raffronto per età tra italiani e stranieri, si osserva che l’88,1% degli immigrati ha al massimo 50 anni, contro il 53,9% degli autoctoni. Viceversa gli ultrasettantenni raggiungono il 18,9% tra gli italiani e appena l’1,1% tra gli stranieri.

In Lombardia cresce anche il numero di concessioni di cittadinanza: passate dalle 2.195 del 2003 alle 5.263 del 2006 (+ 138,5%). Un dato che segnala la crescita dell’integrazione da parte degli immigrati residenti in Lombardia. Sono aumentate maggiormente le concessioni per matrimonio (+141%) rispetto a quelle per residenza (+135,1%). Più elevata rispetto alla media nazionale anche la percentuale di matrimoni misti (18% in Lombardia contro il dato nazionale di 13%) anche se la regione si ferma al sesto posto per incidenza di matrimoni misti, preceduta da Toscana, Trentino, Veneto, Emilia Romagna e Liguria

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In totale sono 450.151. La prima comunità di appartenenza è quella romena con il 35,2% delle presenze, seguono filippini e polacchi. Roma rimane il principale polo di aggregazione (81,4%) ma salgono le incidenze di Latina e Viterbo

ROMA – Aumenta il numero degli stranieri presenti nel Lazio: a fine 2008 la regione ha registrato il 15,1% in più di presenze rispetto al 2007, con punte a Latina (con +30,2%) e Rieti (+18,9%), seguono Viterbo (+16,9%), Frosinone (+15,0%) e Roma (+ 13,8%). A livello nazionale la regione è la terza (dopo la Lombardia e il Veneto) con il più alto numero di cittadini immigrati: sono 450.151, con un incidenza dell’11,6% sul territorio nazionale. Lo rivela il rapporto Caritas Migrantes 2009 presentato questa mattina a Roma. Secondo i dati la capitale rimane il principale polo di insediamento, ma negli ultimi anni si sta ridimensionando la presenza straniera nella provincia romana a vantaggio delle altre località. I nuovi immigrati , infatti, raggiungono sempre più facilmente i centri urbani medio-piccoli del Lazio per congiungersi direttamente a parenti e amici già insediati. In totale a Roma soggiorna l’81,4% degli stranieri presenti in regione, ma salgono le incidenze di Latina con 30.892 stranieri (pari al 6,9%), di Viterbo con 23.843 (5,3%), di Frosinone con 19.144 (4,3%) e Rieti con 9.912 stranieri (2,2%). Rilevante è il numero delle donne straniere residenti, sono 240.347, con un’incidenza che supera il dato medio nazionale (50,8%), raggiungendo il 53,4% del totale. Tale media viene addirittura superata nelle province di Rieti(54,6%) e Roma (53,8%), seguono Frosinone (52,3%) e Viterbo (51,9%); mentre rimane indietro Latina con solo 15.423 donne pari al 49,9%.

Nazionalità. La comunità più rappresentata nel Lazio è quella rumena con 158.509 presenze pari al 35,2% del totale. La Romania guida anche la classifica dei paesi di nascita per quanto riguarda l’occupazione con 105.959 lavoratori pari al37,3% del totale. Nella classifica delle presenze straniere seguono i filippini che sono in totale 27.819 (6,2%) e i polacchi (22.766 pari al 5,1%). In totale provengono dall’Europa il 61,9% (278.563) degli stranieri del Lazio, il 17,5% viene invece dall’Asia, seguono Africa 10,9%, America 9,5% e Oceania 0,1%.

Età. Rispetto all’età degli stranieri nel Lazio, la media è pari a 32,9 anni ed è la più alta del Nord e del Centro Italia, eguagliatadalla Calabria e superata solo da Campania e Sardegna. Il dato è legato non tanto al peso percentuale degli ultra65enni, quanto piuttosto alla relativa scarsità di minorenni.

Cittadinanza. Nel Lazio le acquisizioni di cittadinanza sono passate da 1.427 di fine 2003 a 2.308 del 2006 e di queste ultime solo il 21,7% è ascrivibile alla lunga residenza. Ma a livello locale la situazione cambia, nelle province minori infatti le acquisizioni per matrimonio superano anche di molto la media regionale. A Frosinone rappresentano il 93,5% del totale; a Latina, Rieti e Viterbo rispettivamente l’86,3%, 86,1% e 82,7%; mentre Roma, pur con appena 422 acquisizioni per residenza concesse nel 2006, guida la classifica in Italia per numeri di casi ma detiene la percentuale regionale più bassa di questa tipologia di acquisizione.

Rimesse. Nel 2008 dalla sola provincia di Roma è partito oltre un quarto (1,7 miliardi di euro) dell’importo nazionale complessivo (6,7 miliardi di euro) delle rimesse inviate dagli stranieri nei paesi di origine. I dati, forniti dalla Banca d’Italia, considerando i trasferimenti
di denaro compiuti tramite gli operatori di money transfer, registrano una crescita a livello regionale del 12,8%. Tale aumento è particolarmente evidente nella provincia di Roma (+13,1%), seguono Rieti (+8,3%), Latina (+8,1%),Viterbo (+4,7%) e Frosinone (+2,8%).

Religione. Rispetto al credo degli stranieri del Lazio il rapporto Caritas Migrantes, si basa sulle appartenenze religiose riscontrate nei paesi di provenienza. Emerge così che, comparando i dati di fine 2007 con quelli del 2003, è crescente la presenza degli ortodossi, passati dal 26,5% al 34,7% di tutti gli immigrati del Lazio. I cattolici al contrario, se a fine 2003 erano pari al 32,1% e rappresentavano la prima appartenenza religiosa, a inizio 2008 sono scesi al 27,5%. Rimangono stabili le famiglie musulmane, complessivamente pari al 17,5% (nel 2003 erano il 16,6%).

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Emilia Romagna: nonostante la crisi crescono lavoratori e imprese straniere

Anche nel 2008 segno positivo per gli stranieri occupati (da 270 a 300 mila) e per le attività imprenditoriali (da 20 a 22 mila). Emerge la specializzazione dei cinesi nel manifatturiero e di indiani e pakistani in agricoltura e allevamento

BOLOGNA – La crisi non ferma il lavoro degli stranieri. Secondo il dossier Caritas sull’immigrazione, presentato questa mattina, nel 2008 i lavoratori nati all’estero e occupati in regione sono 302 mila, ovvero il 18,8% del totale. Il dato è in crescita rispetto al 2007, quando gli occupati stranieri si fermavano a quota 274 mila. Aumentano, seppur di poco, anche le nuove assunzioni: in totale sono 144 mila gli stranieri assunti (rispetto ai 136 mila del 2007). Sottraendo le cessazioni di contratto (141 mila), il saldo rimane positivo, con 2.900 “nuovi” lavoratori.

Il rapporto Caritas, che in Emilia Romagna evidenzia un sempre maggior consolidamento dell’immigrazione, ci dice qualcosa in più anche sul tipo di lavoro degli stranieri. Se i settori d’impiego rimangono quelli di sempre (nell’ordine industria, edilizia, alberghi e ristorazione), i lavoratori cominciano a specializzarsi e a diventare imprenditori in prima persona. La specializzazione riguarda soprattutto i lavoratori cinesi, “forti” nel settore manifatturiero e in particolare nel tessile. Chi proviene dal sub-continente indiano è invece più utilizzato nel comparto agricolo e negli allevamenti. In generale, i lavoratori stranieri sono più specializzati degli italiani nel comparto agricolo, nelle costruzioni e nelle attività di alberghi e ristoranti. Scarsa invece la presenza nei servizi professionali, nella pubblica amministrazione, nell’istruzione e nella sanità.

Le imprese con titolare straniero continuano ad aumentare, e dalle 20 mila del 2007 passano a 22.360. Più della metà di queste si trova nelle città dove l’immigrazione è più “antica” e quindi più consolidata: Reggio Emilia, Bologna e Modena. Gli imprenditori si occupano soprattutto di edilizia, commercio e manifatturiero, ed ogni settore sembra avere una nazionalità che fa da apripista. Per le costruzioni sono i lavoratori albanesi (che hanno il 25,6% delle aziende edili), seguiti da tunisini (20%) e romeni (16%). Nel commercio prevalgono i marocchini (27,7% delle imprese) e cinesi (16,9%). Sempre di matrice cinese è più della metà delle imprese (54,5%) nel campo manifatturiero. Queste percentuali, che vedono fra gli stranieri più intraprendenti albanesi, marocchini, tunisini, cinesi e romeni, rispecchiano in pratica la presenza delle nazionalità sul territorio e una storia migratoria più lunga.

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Toscana, in 10 anni quadruplicati gli immigrati

Nella regione si è registrato un incremento ancora più veloce rispetto al resto d’Italia. Gli immigrati regolarmente soggiornanti sono 309 mila. A Prato uno studente su sei è straniero. Quasi 6 mila gli imprenditori cinesi

FIRENZE – Dai 71 mila del 1998 ai 309 mila del 2008 (il 12,5% in più rispetto all’anno precedente). In dieci anni l’incremento demografico degli immigrati regolarmente soggiornanti in Toscana è avvenuto in modo ancora più veloce rispetto al resto d’Italia. Nella regione, infatti, gli stranieri regolarmente presenti sul territorio regionale sono più che quadruplicati, mentre a livello nazionale sono quasi triplicati.

Per quanto concerne l’incidenza della componente straniera sul totale della popolazione residente a livello provinciale, il primato spetta ancora a Prato (11,8%), nonostante il vistoso rallentamento degli ultimi dodici mesi. Seguono Firenze (9,6%), Arezzo e Siena (tutte e due con 9,5%). Quelle con l’incidenza più bassa sono Massa Carrara e Livorno (entrambe col 5,8%).

Gli occupati nati all’estero sono passati dai 195.406 del 2007 ai 209.790 del 2008, con un aumento percentuale del 7,4%. Questo dato è di molto inferiore al tasso di crescita annuo medio degli occupati dal 2000 al 2008, che è pari al 16,7%: lo stock di lavoratori stranieri ha continuato a crescere anche in un anno di recessione, ma il tasso di crescita è rallentato. Firenze guida la classifica delle province con più occupati (61.125), seguita da Prato che si conferma al secondo posto (32.607). I cinesi costituiscono il gruppo d’imprenditori più numeroso (5.842), seguiti da albanesi (4.089), romeni (3.907), marocchini (2.521) e senegalesi (925). Ogni 100 lavoratori assicurati, 16 sono stranieri.

La scuola è il luogo in cui, più di altri, assume evidenza il processo di radicamento sul territorio regionale che ha fatto diventare l’immigrazione un elemento strutturale della società toscana nel volgere di un ventennio. Nell’anno scolastico 2008/2009 gli alunni stranieri sono stati 49.691, il 10% in più rispetto a quello precedente, con un’incidenza del 10,2% sul totale della popolazione studentesca, nettamente superiore alla media nazionale (7%).
Per quanto riguarda i diversi contesti provinciali, il primato spetta ancora una volta a Prato che, con circa uno studente immigrato su sei (16,4%), si conferma la seconda provincia d’Italia (dopo Mantova) per quota di alunni stranieri sul totale degli iscritti.

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Puglia: dalla "schiavitù" all’inclusione, i tanti volti dell’immigrazione

Sono 73.848 gli stranieri ufficialmente residenti, +15,6%. Da una parte si riscontrano atteggiamenti ostili contro gli immigrati, dall’altra interventi innovativi ed inclusivi, soprattutto della regione Puglia e di alcuni amministratori locali

Bari – Sono 73.848 gli stranieri ufficialmente residenti in Puglia al 31 dicembre 2008 (1,8% dell’intera popolazione). Un dato che segnala un aumento importante rispetto al 2007, pari al 15,6 %, anche se non è paragonabile con tassi decisamente più elevati di altre Regioni italiane. Lo si legge nel Dossier Statistico 2009 di Caritas/Migrantes, che propone anche una riflessione specifica sul fenomeno immigratorio pugliese, che si può definire con “un’immagine costituita da molti strati: alcuni lasciano spazio all’indifferenza, altri allo scontro, altri ancora al dialogo”. Da una parte, infatti, si riscontrano atteggiamenti ostili contro gli immigrati, che arrivano perfino alla presenza di vere e proprie situazioni di schiavitù, oppure la decisione di dedicare nella provincia di Foggia mezzi pubblici dedicati agli immigrati per non irritare gli italiani. Dall’altra si riscontra una notevole capacità di risposta, specialmente della regione Puglia, con politiche innovative, come non si vedono in altre regioni italiane, vedi la ferma protesta della giunta regionale che ha minacciato di revocare la convenzione ai medici di base che dovessero segnalare la presenza di stranieri irregolari nei propri ambulatori, negli ospedali e nei pronto soccorso; oppure il progetto degli “alberghi diffusi” per gli stagionali; oppure il progetto Rosa (Rete Occupazione Servizi Assistenziali) per l’emersione del lavoro sommerso nel campo delle attività di cura domiciliare; oppure l’esperienza del comune di Gioia del Colle nel cui territorio sono presenti circa 250 musulmani che ha deciso di riservare un’area del cimitero monumentale all’inumazione dei fedeli musulmani.

Ecco cosa dicono i dati storici della presenza immigrata: gli stranieri albanesi sono residenti soprattutto nella provincia di Bari; le persone provenienti dal Nord Africa e dall’Europa dell’Est prevalentemente nella provincia di Foggia; la provincia di Lecce è diventata negli ultimissimi anni la meta più ambita della nuova migrazione. Altri aspetti che si rilevano sono lo stretto rapporto tra l’avvio di attività imprenditoriali da parte di immigrati (per l’85% nel settore commerciale) e la provenienza da paesi come il Marocco, la Cina e il Senegal; la cospicua presenza di donne dell’Europa dell’Est nel settore dell’assistenza familiare, al punto che in alcuni periodi le percentuali di donne giunte dall’Europa orientale hanno raggiunto il 70-80% delle persone straniere provenienti da quei paesi (Moldavia, Russia, Ucraina); l’alta percentuale di minori e visti per ricongiungimenti familiari nella provincia di Bari; nonché l’elevata percentuale di permessi di soggiorno per motivi di lavoro rilasciati nella provincia di Foggia.

Si conferma anche in Puglia, come in molte altre regioni, il binomio “immigrazione/lavoro”, con una particolarità che non ci troviamo in presenza di tassi significativi di persone incappate nella rete della criminalità. Sono infatti 71.918, secondo l’Inail, gli occupati stranieri in Puglia: a prevalere sono il settore industriale e quello dell’agricoltura e della pesca, ciascuno con una quota superiore al 27%; in agricoltura risulta rilevante il contributo della provincia di Foggia, con 10.771 lavoratori stranieri (pari al 54,3% di tutti gli occupati stranieri nell’agricoltura pugliese). Importante, come si diceva, è anche il lavoro delle donne immigrate: tra contratti legali e contratti non dichiarati (sono ancora tanti i clandestini) risulterebbe ai ricercatori di Caritas/Migrantes che ben il 52,2% degli occupati effettivi in Puglia sono in realtà donne, impiegate soprattutto nel settore delle collaborazioni domestiche e assistenza familiare.

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Gli stranieri salvano la Sardegna dal decremento demografico

Nell’Isola cresce il numero di immigrati. I più numerosi sono quelli che arrivano dall’Europa, in particolare dall’Est. La comunità più forte è quella dei romeni con quasi 8.500 presenze, seguita da marocchini e cinesi

CAGLIARI – I più numerosi sono i rumeni, che però ora sono entrati a far parte della Comunità europea, seguiti dai marocchini. I cinesi, invece, hanno superato i senegalesi ormai da tempo così come nelle grandi città si contano un gran numero di polacche e, specie nel capoluogo, anche una nutrita comunità pachistana. In un anno, dal 2007 al 2008, sono cresciuti del 17,6% gli stranieri in Sardegna, arrivando a sfiorare quota 30 mila su una popolazione di 1.671.001 abitanti. A conti fatti, nell’ultimo anno si sono aggiunti 4.431 stranieri, dato in salita rispetto agli ultimi anni. Ma il dato rilevante è che grazie alla presenza delle comunità di immigrati, la regione registra un aumento demografico. È quanto emerge dal 19° Dossier statistico sull’immigrazione stilato dalla Caritas/Migrantes, l’annuario che studia e trasforma in numeri i flussi di stranieri che scelgono di vivere in Sardegna. E proprio il dato demografico deve far riflettere: il tasso di crescita, infatti, ha registrato nel 2008 un rallentamento passando da 6.174 a 5.384 nascite, mentre il saldo totale della popolazione è cresciuto di 6.388 abitanti solo grazie all’incremento migratorio. Un aumento che rappresenta un trend costante: dal 2001 al 2008, la presenza degli immigrati è cresciuta del 177,7%.

L’analisi dei flussi effettuata dalla Caritas si concentra su diversi aspetti, primo fra tutti la provenienza dei nuovi cittadini: più della metà (51,3%) arrivano dall’Europa, in modo particolare dalla Romania e dai paesi dell’Est. Il 25,8% dall’Africa (in modo particolare le nazioni che si affacciano sul mar Mediterraneo), il 16.5% dall’Asia, il 6.1% dall’America Latina e appena lo 0,2% dall’Oceania, quasi tutti in questo caso dall’Australia. Il Ministero dell’Interno lo scorso anno ha accordato 924 permessi di soggiorno, circa lo 0,5% di quelli concessi in tutta Italia. Un dato che ha portato, al 31 dicembre 2008, i cittadini extracomunitari presenti nell’Isola a 8.456 (400 di sesso femminile). Particolarmente nutrita la comunità che arriva dalla Romania (con 4.496 residenti, circa il 17,9% di tutta la popolazione straniera residente in Sardegna), seguita dal Marocco (con 3.515 presenze, pari al 14%), la Cina (2.113, vale a dire l’8,4%), il Senegal (1.967 presenze, corrispondenti al 7,8%), la Germania (1.296, pari al 5,2%), l’Ucraina (1.023 unità, corrispondenti al 4,1%), la Polonia (969, pari al 3,9%) e le Filippine (867 presenze corrispondenti al 3,5%). Nel solo caso di Marocco e Cina, gli uomini presenti superano le donne, mentre in tutti gli altri casi il rapporto è inverso. Spicca, in questo caso, i gruppi ucraini e polacchi dove la popolazione femminile è rispettivamente dell’87,7% e dell’80,3% rispetto a quella maschile.

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Il “peso” dei Centri: Crotone è una provincia sempre più multietnica

A Crotone coesistono tre diversi Centri: il Centro di accoglienza, il Cara e il Cie. Le domande di asilo sono in crescita: nel 2008 ne sono state presentate 4.098 e ne sono state esaminate 2.765 (nel 2007 erano state 3.034, di cui 2.785 esaminate)

REGGIO CALABRIA – Ancora dati sulla Calabria, tratti dal Dossier Caritas/Migrantes. Per la presenza del Centro di accoglienza, Crotone è diventata una provincia sempre più multietnica, con tutti i problemi che questo comporta.
Il Centro, sorto nel giugno del 1999 per dare ospitalità ai profughi del Kosovo, è ubicato nel territorio di Isola Capo Rizzuto ed è gestito dagli operatori della Confraternita delle Misericordie. A Crotone coesistono tre diversi Centri: il Centro di accoglienza, il Cara (Centro di accoglienza per richiedenti asilo) e il Cie (Centro di identificazione e di espulsione). Sempre sul territorio crotonese ha sede anche una delle dieci Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale, chiamate ad esaminare le domande di protezione presentate in Calabria e Basilicata.
Le domande presentate nel 2007 sono state 3.034 e ne sono state esaminate 2.785: nel 2008 ne sono state presentate 4.098 e ne sono state esaminate 2.765. Le prime cinque nazioni di provenienza dei richiedenti asilo nel 2007 sono state: Etiopia (80), Eritrea (76), Sudan (48), Iraq (42), Somalia (35). Nel 2008, invece, sono state Iraq (124), Somalia (98), Sudan (43), Afghanistan (41) ed Eritrea (38).

Il numero di immigrati presenti in Calabria rimane ancora lontano dalle cifre di alcune regioni del Nord Italia, pur registrando negli ultimi anni un notevole aumento dei residenti; dall’esame dei dati del 2008 emerge una propensione alla “femminilizzazione” dell’immigrazione in Calabria: la percentuale di donne straniere residenti è infatti superiore a quella nazionale (55,3% contro 50,8%). La Calabria sul fenomeno dell’immigrazione sta approntando un programma mirato per le politiche di prima accoglienza, con le strutture di Crotone e Lamezia Terme e una significativa presenza nello Sprar (Sistema di protezione dei richiedenti asilo e rifugiati), gestito dal ministero dell’Interno in convenzione con l’Anci. In quest’ultimo contesto che la Calabria può vantare esperienze che sono un modello di sviluppo locale. Il 12 giugno 2009, è stata approvata la legge regionale 18, la prima in Italia sull’accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati. Un provvedimento legislativo maturato sulle esperienze di integrazione dei comuni di Riace (Rc) e Badolato (Cz). Nella legge si parla di promozione del sistema regionale di accoglienza e di sostegno per l’inserimento socio-lavorativo di rifugiati, richiedenti asilo e titolari di misure di protezione sussidiaria o umanitaria. Ciò attraverso l’elaborazione di un Piano che dia priorità agli interventi che valorizzino le produzioni artigianali, le competenze e le tradizioni locali, ovvero che prevedano forme di commercio equo e solidale, di turismo responsabile e programmi di economia solidale e cooperativa.

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Campania prima tra le regione del Sud per la presenza di immigrati

Sono 131.335 gli immigrati residenti, un dato più che raddoppiato nell’ultimo decennio che rappresenta il 3,4% della presenza italiana. Riferita al solo Meridione, invece, la percentuale sale addirittura al 37,3%

NAPOLI – Sono 131.335 gli immigrati residenti in Campania, un dato più che raddoppiato nell’ultimo decennio che rappresenta il 3,4% della presenza italiana. Riferita al solo Meridione, invece, la percentuale sale addirittura al 37,3%, collocando quella campana come prima tra le regioni meridionali quanto a presenza di migranti. Tra il 2007 ed il 2008, inoltre c’è stato un ulteriore incremento nell’ordine del 14,4%. Il tasso d’incidenza sul totale della popolazione residente è del 2,3%. E’ quanto risulta dal Dossier Caritas Migrantes 2009, presentato oggi. Alle stime andrebbero poi aggiunti – secondo il Coordinamento Immigrati della Cgil Regionale – non meno di 50.000 immigrati irregolari soggiornanti sul territorio campano; tra questi ultimi, secondo dati diffusi dalla Comunità di Sant’Egidio e dalla Croce Rossa di Napoli, si troverebbe anche il 75% dei 1.500 senza dimora che vivono nella sola città partenopea e che, in un solo anno, sono aumentati del 30%. La Campania si colloca al 7° posto tra le regioni italiane quanto a presenza d’immigrati, seguendo – nell’ordine – Lombardia, Veneto, Lazio, Emilia Romagna, Piemonte e Toscana. Napoli e la sua provincia detengono nel 2008 il primato tra le province campane e meridionali: ospitano il 46,6% dei migranti residenti in regione (61.169 persone), con un incremento di presenza – rispetto al 2007 – del 13,8%, che tuttavia non risulta essere quello più cospicuo registrato nel corso dell’anno precedente.

Napoli è diciassettesima, per presenze di immigrati, tra i capoluoghi di provincia italiani (la precedono, nell’ordine, Milano, Roma, Torino, Brescia, Bergamo, Verona, Treviso, Firenze, Vicenza, Bologna, Ferrara, Padova, Modena, Perugina, Venezia e Varese), ma unica nel Meridione a superare (quasi raddoppiandolo) il tetto delle 32.000 presenze. A seguire, secondo un trend ormai consolidato, si trova la provincia di Salerno, che ospita il 22,8% dei migranti residenti in regione, pari a 29.943 unità, con un incremento – rispetto al 2007 – del 17,7%. Al terzo posto tra le province campane si colloca quella di Caserta, con 25.889 immigrati regolarmente residenti, pari al 19,7% del totale regionale. Il Casertano, pur facendo registrare un incremento di presenza dell’11,2% rispetto al 2007, è la provincia che registra la crescita meno consistente del fenomeno migratorio in regione.

Il fenomeno migratorio è in crescita anche nelle zone più interne, segnatamente l’Irpinia ed il Sannio: la provincia di Avellino arriva a sfiorare le diecimila presenze (9.516), ospitando il 7,2% dei migranti regolarmente residenti in regione, segnalando un incremento rispetto all’anno precedente del 13,6%. La provincia di Benevento, benché ultima tra le campane (4.818 migranti regolarmente residenti, pari ad una percentuale del 3,7% del totale regionale) fa però registrare il migliore incremento rispetto al
2007 (+ 20,2%), il più alto tra le province campane.

Le provenienze. Sul versante delle provenienze degli immigrati residenti in Campania non si registrano sostanziali novità: Ucraina, Marocco, Polonia, Albania, Cina, Sri Lanka, Tunisia, Algeria, Romania sono le comunità di migranti più presenti sul territorio. L’analisi delle differenze di genere conferma – ancora una volta – la prevalenza di quello femminile (58,5% vs. 41,5% della componente maschile). L’incidenza del genere femminile, si accentua nelle province di Benevento (61,0%), Avellino (60,9%), Napoli (60,6%), a testimoniare probabilmente l’elevato numero di donne straniere che, in contesti più marcatamente metropolitani e/o cittadini, si dedicano ai lavori di cura come alla collaborazion edomestica. Viceversa, in quelle di Salerno (57,6%) e – soprattutto – Caserta (53,3%) si attenua, in virtù del fatto che, in dette province, è sicuramente più richiesta manodopera straniera in mansioni più prettamente maschili. (Elena Scarici)

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In Veneto oltre 481 mila stranieri regolari. Verona è la prima provincia per presenze

Il Veneto si conferma nel 2008 la seconda regione in Italia per numero di immigrati, ma registra un rallentamento del trend di crescita rispetto al resto del paese. I minori stranieri sono 110.355, di cui 65.163 (59%) nati in Italia

VENEZIA – Il Veneto si conferma nel 2008 la seconda regione in Italia per numero di immigrati, ma registra un rallentamento del trend di crescita rispetto al resto del paese. Insomma, la regione con i suoi 454.453 stranieri si colloca in vetta alla classifica nazionale dopo la Lombardia, ma si piazza al terzultimo posto per incremento delle presenze (12,5% in Veneto contro 13,4% della media nazionale). In ogni caso, il Veneto mantiene anche il terzo posto dopo Emilia Romagna e Umbria per l’incidenza di immigrati sul totale dei residenti. Le nazionalità più diffuse e con maggiore incremento si confermano quella romena (+59,4%), moldava (+24,7%) e cinese (+12,8%). Il Rapporto 2009 sull’immigrazione presentato oggi anche a Venezia – in contemporanea con Roma – conferma sostanzialmente il quadro dell’anno scorso: contando anche i domiciliati, in Veneto ci sono 481.700 stranieri regolari.
Per vedere delle rilevanti novità bisogna scendere sul piano provinciale, con Verona che per la prima volta dal 1991 diventa la prima provincia veneta per presenze straniere, seguita da Treviso e Vicenza, tutte aree tradizionalmente ad alto tasso di immigrazione. La provincia scaligera risulta prima anche per il numero di nuovi nati: i parti quest’anno sono stati 2.157, mentre in tutta la regione si tocca quota 10.045 (20% di tutti i nati nell’anno). A Treviso, invece, l’incremento della popolazione immigrata tocca il tasso di crescita più basso, nonostante la Marca si confermi al primo posto per incidenza degli stranieri sulla popolazione (10,9%) e per quota di minori stranieri residenti (26,5%).

Da sempre il Dossier dedica ampio spazio alla componente straniera rappresentata dai minorenni: il futuro apporto delle seconde generazioni alla vita sociale e politica del paese potrebbe infatti cambiare gli equilibri e ridisegnare nuovi scenari. In regione i minori stranieri sono 110.355, di cui 65.163 (59%) nati in Italia. Dati alla mano, quasi un quarto dei residenti stranieri è under18. La presenza immigrata nelle scuole è significativa, se si conta che in Veneto gli alunni sono 77.081 (di cui 31.262 nati in Italia) e che il loro numero negli ultimi 10 anni è quintuplicato. Le presenze maggiori sono nella scuola primaria (38,5%). Non sorprende, poi, che le province con più alunni immigrati siano Treviso (la sesta a livello nazionale), Vicenza e Verona. Gli studenti rumeni (12 mila) e i marocchini (11 mila) si confermano ai primi posti, seguiti da albanesi (8.600), serbi, cinesi e moldavi. Un significativo incremento è quello dei senegalesi: +20%.
Quanto alle appartenenze religiose della popolazione straniera, circa 196 mila immigrati sono cristiani, di cui circa 122 mila ortodossi, 56 mila cattolici, 10 mila riformati e 7 mila delle ‘Chiese libere’. I musulmani invece sono 133 mila.
Il Dossier immigrazione guarda al presente della regione ma anche al futuro e stima che in Veneto nel 2017 si arriverà a quota 700 mila stranieri. Nel 2037, invece, il numero dovrebbe salire a 1,2 milioni (22% della popolazione). Degli stranieri, secondo le proiezioni, sarà il merito se l’assetto demografico sarà “più sopportabile” poiché la popolazione italiana invecchia e fa meno figli, mentre quella immigrata inciderà soprattutto sulla fascia giovane.

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In Umbria trend in crescita. Presenze, primi i romeni

Su 896 mila cittadini umbri, 86 mila sono stranieri, concentrati soprattutto a Perugia. In testa romeni, seguiti da albanesi e marocchini. Molti di loro occupati nel settore dell’edilizia e dell’agricoltura ma non sono pochi i nuovi imprenditori

PERUGIA – L’Umbria cresce grazie ai cittadini immigrati. Su una popolazione totale di 896mila persone, secondo dati Istat del gennaio 2009, gli stranieri residenti nel “cuore verde” d’Italia alla fine del 2008 hanno raggiunto quota 86mila, facendo balzare l’Umbria al secondo posto in Italia, con il 9,6% per incidenza sull’intera popolazione regionale. La maggior parte delle presenze si registra nella provincia di Perugia (67.296), mentre a Terni la popolazione immigrata risulta essere di 18.651 persone.
Secondo i dati del rapporto 2009 Caritas-Migrantes, le principali collettività straniere presenti nella regione sono i cittadini rumeni (21%), seguiti dagli albanesi (18,6%) e dai marocchini (11,1%); il 47,8% degli immigrati ha un’età compresa tra i 18 e i 39 anni.
I dati sulle appartenenze religiose degli immigrati contribuiscono a sfatare alcuni pregiudizi sul “rischio integralismo”: infatti il 56% è costituito da persone appartenenti alla religione cristiana (per lo più ortodossi provenienti dai nuovi paesi dell’Unione, con una quota comunque importante di cattolici, pari al 19,6%), mentre nel 32,4% dei casi si tratta di persone di religione musulmana, provenienti in prevalenza dal continente africano; percentuali minime si contano tra gli induisti e gli ebrei.

Notevole appare il contributo dato dalla popolazione immigrata al mercato del lavoro in Umbria: secondo dati Inail del 2008, analizzati e ripresi dal dossier della Caritas, i lavoratori immigrati sono 48.926 in tutta l’Umbria, così distribuiti: 38.614 nella provincia di Perugia e 10.312 in quella di Terni. Nel perugino sono stati 3.873 gli occupati nell’agricoltura e nella pesca e circa 17.900 nell’industria.
A Terni, invece, gli occupati nell’agricoltura e nella pesca sono stati 675 e oltre 4.400 quelli nell’industria. Proprio in quest’ultimo settore la maggior parte dei cittadini stranieri ha trovato lavoro nelle costruzioni: oltre 9.233 occupati a Perugia e 2.817 a Terni.
Ma il territorio umbro, che risente in maniera massiccia in certi settori (la chimica e la siderurgia in particolare) della crisi economica generale, vedendo diminuire la possibilità di occupazione per cittadini umbri e per immigrati, ha visto con sorpresa crescere la percentuale di stranieri che si cimentano nel lavoro autonomo, nel settore della piccola e media imprenditoria.
Interessanti i dati che arrivano dalla Cna Umbria, aggiornati al 31 maggio 2009, secondo cui nella regione sono 570 le imprese costituite da cittadini immigrati, di cui 144 avviate da persone provenienti da paesi europei. In particolare, rispetto ai settori, sono 37 le imprese di costruzioni realizzate da cittadini albanesi, 169 quelle costituite da cittadini del Marocco nel commercio, 32 e 16 nello stesso settore le imprese di cittadini cinesi e nigeriani.
Riguardo alle imprese costituite da cittadini europei, spicca l’intraprendenza dei romeni, con la costituzione di 43 imprese di costruzioni e 16 nel settore del commercio. Un altro osservatorio privilegiato per un’analisi sul mondo del lavoro degli immigrati è la rete di sportelli di orientamento delle Caritas diocesane; il 75% dell’utenza è costituito da lavoratrici straniere che si propongono come collaboratrici domestiche o assistenti a persone disabili, malate o anziane.

La presenza di minori stranieri in Umbria è anch’essa in crescita costante: al 2008 risultano residenti 18.828 minori, pari al 22% della intera popolazione straniera, di cui 10.175 nati in Italia. Su questo fronte si registrano gravi difficoltà per quanto riguarda la cura dei bambini da parte dei genitori che raramente possono contare su una rete familiare di sostegno; a questo va aggiunto il difficile inserimento negli asili nido, per la scarsità dei posti disponibili, e perché a causa dei tempi lunghi del ricongiungimento familiare, non si fa in tempo a presentare la domanda di ammissione. Anche se il fenomeno dei minori non accompagnati non ha assunto in Umbria le dimensione allarmanti di altre regioni italiane, tuttavia il problema è all’attenzione dei servizi sociali.
I minori inseriti nelle scuole umbre sono 14.726, di cui 8.992 con cittadinanza europea, 3.182 africana, 915 asiatica, 1.619 americana, mentre in soli 18 casi sono cittadini di un paese dell’Oceania.
Per i minori appartenenti a famiglie prive di una rete parentale anche il percorso scolastico è irto di difficoltà. I centri d’ascolto delle Caritas diocesane, infatti, ricevono spesso richieste d’aiuto di genitori stranieri che non riescono a coniugare la cura dei propri figli con il lavoro. Grave è anche il fenomeno delle madri nubili che fino qualche anno fa potevano contare su un aiuto economico specifico, gestito dalle province. Non poter più realizzare come prima questi interventi mirati, provoca preoccupazione per il futuro dei minori stranieri. Una situazione, questa, confermata dall’esperienza di accoglienza delle caritas umbre. Fino a qualche mese fa i minori e le loro madri venivano inseriti nelle case di accoglienza per fatti eccezionali, come violenze, abusi e conflittualità tra coniugi. Ora le richieste d’accoglienza si sono moltiplicate, e a prevalere sono le ragioni economiche.
Infine, un dato preoccupante emerso sul territorio umbro è quello legato al fenomeno della prostituzione, che coinvolge sempre più spesso ragazze giovanissime, appena maggiorenni o in alcuni casi minorenni, come è stato segnalato di recente da alcune indagini condotte dalla Polizia di Perugia.

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Sicilia, tasso di occupazione superiore tra gli immigrati

Nei primi tre trimestri del 2008, il valore riferito agli stranieri era pari al 60%, rispetto al 44,1% relativo agli italiani. Anche il tasso di attività è più elevato: 67,2% contro il 51,6%

PALERMO – Il tasso di occupazione degli immigrati, con un’età compresa tra 15 e 64 anni, è superiore al dato relativo ai cittadini italiani. Nei primi tre trimestri del 2008, il valore riferito agli stranieri era pari al 60,0 per cento, rispetto al 44,1 per cento relativo agli italiani. Pure il tasso di attività degli immigrati è più elevato di quello registrato per i cittadini italiani (rispettivamente il 67,2 e il 51,6 per cento). E’ quanto si legge nel Dossier Caritas/Migrantes 2009, presentato oggi. Gli immigrati svolgono in misura prevalente attività lavorative di tipo dipendente. La percentuale di lavoratori autonomi, nella media del periodo 2005-2008, è stata pari al 22,0%: circa tre punti in meno del dato riferito ai cittadini italiani.

Nel 2008, il 72% dei lavoratori stranieri risultava occupato in agricoltura. Dal 2000 al 2008, la quota di stranieri nei settori più tradizionali è cresciuta di 3,4 punti percentuali, a fronte di un calo di 2,1 punti percentuali riferito ai lavoratori italiani. Il maggior numero di occupati si trova nella provincia di Catania, seguita da Ragusa, Palermo e Messina. Il maggior numero di assunzioni si è verificato, invece, nella provincia di Ragusa, con 10.267 assunzioni nette. I settori che vedono maggiormente impiegati gli stranieri sono quello dei servizi (che assorbe circa il 52% degli occupati), a Messina, Palermo e Catania, soprattutto per quel che riguarda il commercio e l’impiego in alberghi e ristoranti e l’agricoltura, maggiormente concentrata nel ragusano e nel trapanese.

Le iniziative lavorative autonome di stranieri sono principalmente svolte sotto forma di imprese individuali. Le ditte di proprietà di immigrati sono 5.538 (+11,6% rispetto al 2008), concentrate per l’85,7% nel settore commerciale. Il 53,2% delle attività è gestito da cittadini marocchini e cinesi, particolarmente dinamici nel settore della vendita commerciale. Nel settore agricolo, in particolare, molti lavoratori si sono trasformati nel tempo da dipendenti ad autonomi, diventando proprietari di serre soprattutto nella provincia di Ragusa.

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In Piemonte una presenza diffusa e consolidata

Stranieri cresciuti non solo nelle aree di “primo approdo”, ma anche in quelle periferiche. Sono 351.112 le persone con cittadinanza non italiana (+40.569), il 7,9% della popolazione residente. I minori sono il 23% della popolazione straniera

TORINO – Una presenza diffusa e consolidata: in Piemonte l’esistenza dello straniero ha assunto la caratteristica di un fenomeno strutturale. Il passaggio dalla prima alla seconda generazione ha modificato il rapporto dei cittadini immigrati con le diverse realtà locali, favorendo una maggiore relazione delle famiglie, sia con i servizi del territorio che con la cittadinanza in generale. Un processo non privo di difficoltà: il riconoscimento del contributo economico e socio demografico portato dagli stranieri è ancora condizionato dal binomio immigrazione-insicurezza e dalla distanza culturale con la popolazione piemontese.

La presenza straniera è cresciuta su tutto il territorio piemontese (dati Istat) con un incremento rispetto al 2007, non solo nelle aree di “primo approdo”, ma anche in quelle più periferiche, dove spesso la loro presenza serve a ripopolare il territorio, a rivitalizzare aree destinate al declino demografico. Dal 16% di Novara al 7% di Biella, per un totale di 351.112 iscritti con cittadinanza non italiana, che rappresentano il 7,9% della popolazione residente. Rispetto all’anno precedente, i cittadini stranieri sono cresciuti nella regione di 40.569 unità.
Numerosa la collettività romena, un boom che si realizza sotto il segno del lavoro, per citare la Relazione Economica e Sociale dell’IRES Piemonte, e appare legato a incisivi processi di integrazione, anche se un’immigrazione con numeri così elevati in un arco temporale relativamente breve, può sollevare problemi di sostenibilità sociale.

Importante per il ringiovanimento della popolazione nel suo complesso, il numero di nati da genitori non italiani; sommati a quello dei ricongiungimenti di figli minorenni e di coloro già presenti negli archivi della popolazione, si traduce in un’incidenza della componente minorile con cittadinanza non italiana pari al 23% del totale dei cittadini stranieri iscritti alle anagrafi piemontesi.
Nella scuola, il numero di allievi stranieri è cresciuto in maniera esponenziale negli ultimi quindici anni, arrivando nell’anno 2008/09 al 10,5% del totale degli iscritti (59,4% fra scuola primaria e seconda di I grado; il 20,7% nelle scuole di infanzia; nelle secondarie di II grado il 19,8%).
Il lavoro. Nonostante il rallentamento dovuto alla crisi, sul mercato piemontese nel 2008 si è registrato un aumento dell’occupazione, grazie soprattutto al settore dei servizi: la componente di lavoratori generici e non qualificati in cui si inseriscono gli immigrati ha rappresentato il sottoinsieme più dinamico. Presenti gli uomini stranieri nelle province con economia industriale e/o agricola o in cui il comparto edilizio ha ancora un certo dinamismo: Novara, Asti, Cuneo. Le donne invece presenti maggiormente nelle province con una maggiore domanda terziaria: Torino, Verbano-Cusio-Ossola. A Biella invece un numero significativo di donne straniere è impiegata nel comparto tessile.
L’agricoltura ha un inserimento occupazionale a carattere stagionale, in Piemonte riguardante la raccolta della frutta e la viticoltura: nelle province di Asti e Cuneo è del 21,2% e il 23,1% la percentuale di lavoratori stranieri. Nell’industria, pur toccata dalla crisi, gli immigrati sono presenti tramite agenzie interinali, con professionalità poco qualificate. Nel settore dei servizi, partecipano stagionali, interinali, collaboratori a progetto. Esperienze imprenditoriali straniere sono presenti soprattutto nei settori delle costruzioni (82,9% albanesi, 79,4% rumeni e 69,3% tunisini) e del commercio (86,9% senegalesi, 72,8% nigeriani, 65,4% i cinesi come titolari d’impresa). Molti marocchini nelle attività commerciali (62%) e nelle costruzioni (22%). Significativo lo sviluppo, fra le attività commerciali gestite da stranieri, quelle della filiera alimentare.
Le rimesse: nel 2008 (dati Banca d’Italia) dal Piemonte sono stati inviati all’estero dagli stranieri quasi 300 milioni di euro , pari al 4,7% dell’intero ammontare delle rimesse in Italia; un dato superiore rispetto al 2007.

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8300
EmiNews 2009

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