7645 Minareti: dalla Svizzera un campanello di allarme per tutta l'Europa

20091202 12:23:00 redazione-IT

[b]di Cesidio Celidonio e Claudio Marsilii[/b]

La sonora bocciatura dei minareti da parte dell’elettorato svizzero provoca dibattiti e reazioni che comprensibilmente travalicano la dimensione locale e specifica del voto. In modo drammatico il voto di domenica scorsa costringe la politica, in Svizzera e in Europa, a confrontarsi con la questione del rapporto con il mondo islamico, con il tema di nuovo attuale della libertà religiosa, e più in generale con tutti i nodi dell’integrazione dei migranti. Attribuire questo risultato alla cultura isolazionistica dell’elettorato elvetico è a nostro avviso riduttivo. Crediamo infatti che il voto svizzero sia la manifestazione di paure e chiusure diffuse in molti paesi europei e debba pertanto suonare come un campanello di allarme per tutti. Come sinistra europea siamo chiamati ad attrezzarci per un duro confronto politico e culturale con le varie componenti xenofobe ed oscurantiste della destra: un confronto che dopo il voto svizzero ci pare sia solo all’inizio.

Avendo vissuto da cittadini italiani in Svizzera la campagna referendaria, ci sembra utile fornire qualche ulteriore riflessione, partendo anche da qualche elemento di testimonianza e di analisi più locale del voto sui minareti.

1.
Incredulità, sgomento, preoccupazione: dopo la vittoria clamorosa e netta del SI al divieto di costruzione dei minareti, erano questi i sentimenti che si leggevano nei volti degli esponenti politici svizzeri appartenenti all’ampio schieramento di centrosinistra che aveva sostenuto le ragioni della libertà religiosa e del dialogo con le comunità islamiche. Tra le righe delle varie dichiarazioni emergeva comunque anche qualche autocritica per una campagna portata avanti senza determinazione ed impegno, forse nell’illusione che il risultato dell’iniziativa referendaria fosse scontato a favore del NO, come ottimisticamente indicavano i sondaggi fino a qualche giorno prima del voto. Del resto bastava guardarsi intorno: per settimane le città svizzere sono state tappezzate di migliaia di manifesti truci e minacciosi della destra xenofoba, mentre risultava praticamente inesistente la propaganda delle forze democratiche e progressiste. In realtà in questa campagna referendaria, un po’ come avvenne alcuni anni fa in occasione di un referendum sulla naturalizzazione dei figli dei migranti, vi è stato a nostro avviso un sostanziale disimpegno di molte forze politiche, derivato in qualche misura dalla paura di compromettere il rapporto con fette consistenti del proprio elettorato: un elettorato spesso silenzioso, ma che nella sua pancia è diventato ormai sensibile alle campagne anti-Islam e anti- stranieri. E allora la prima riflessione riguarda il coraggio, la determinazione e la chiarezza nell’affrontare temi che di primo acchitto sono chiaramente impopolari ma che implicano principi imprescindibili su cui si gioca il futuro della convivenza e della democrazia.

2.

La destra svizzera ha avuto praticamente campo libero nell’impostare la sua campagna anti Islam, che ha preso spunto dalla questione dei minareti, ma ha poi abilmente mescolato nella sua propaganda temi che parlano anche a sensibilità anche più democratiche: in particolare la questione del burka e della condizione della donna, sulla concezione patriarcale della famiglia. Non sorprende che alcune analisi del voto svizzero del 29 novembre evidenzino un significativo consenso dell’elettorato femminile (persino femminista) alle campagne anti-Islam. E non è un caso che sin dalle prime dichiarazioni degli esponenti svizzeri della sinistra sia stata espressa l’esigenza di definire, nel dibattito sui rapporti con le comunità islamiche, una posizione chiara sulla parità delle donne, sul rispetto dei programmi scolastici locali, sul rapporto tra principio di laicità e libertà di culto. Questioni complesse, che esigono una risposta e che vanno aperte con spirito di dialogo anche con le rappresentanze del mondo islamico presenti e organizzate in Svizzera come nel resto dell’Europa.

3.

La terza riflessione riguarda lo strumento del referendum, che costituisce un fondamento della democrazia diretta su cui si incardina il sistema politico svizzero. Emerge con tutta evidenza come sia limitativo e anche pericoloso ridurre ad un SI o ad un No la risposta su questioni complesse, che si prestano spesso ad un dibattito fortemente emozionale. Emergono, a questo proposito alcune domande di fondo che riguardano la specificità dell’assetto costituzionale svizzero, ma si possono esterndere anche ad altri paesi europei: è ammissibile come si chiedono ora anche alcuni costituzionalisti svizzeri il ricorso ad uno strumento di democrazi diretta, come l’iniziativa popolare, per introdurre una norma che viola un diritto costituzionalmente garantito come la libertà di religione? Di fronte ad un tema che ha rilevanza europea, in che termini si possono considerare decisioni di singoli paesi o persino di livello regionale? E che democrazia è quella che esclude dal voto grandi minoranze di immigrati (compresi in Svizzera migliaia di giovani di religione musulmana di seconda e terza generazione)?
4.
La quarta riflessione concerne la sinistra, di cui noi come Movimento per la Sinistra italiana in Svizzera siamo parte. Anche in rappresentanza di una vecchia immigrazione in questo paese, ci siamo espressi contro l’iniziativa popolare, sottolineando l’universalità dei principi di libertà religiosa, l’esigenza del dialogo con le altre culture. Per la verità a parte le ACLI, le altre associazioni e partiti politici italiani organizzati nella Confederazione elvetica non hanno detto nulla sulla questione. Riteniamo che ora più che mai la sinistra debba essere attiva e presente su questo terreno: a difesa di alcuni principi universali di libertà e per una linea di dialogo interculturale. Ma sopratutto essa deve tornare a svolgere il suo ruolo di rappresentanza del mondo del lavoro, dei bisogni sociali dei soggetti più deboli e quindi degli immigrati. Perchè non v’è dubbio che le tensioni confessionali e culturali si acuiscono in presenza di conflitti sociali. Non a caso nelle ultime settimane la destra svizzera ha immesso massicciamente nella campagna referendaria anche il tema più generale dell’immigrazione, evocando i rischi che i lavoratori svizzeri corrono nel contesto di una crisi che anche qui minaccia migliaia di posti di lavoro e alcuni fondamentali diritti sociali.

Su questi temi si è cominciato a discutere in Svizzera. Già dalla sera del 29 novembre quando nei principali centri della Confederazione alcuni significativi gruppi di cittadini hanno voluto manifestare il loro disagio di fronte ad un risultato inquietante e la loro determinazione a battersi contro l’intolleranza per la libertà religiosa e il dialogo tra le culture. C’eravamo anche alcuni di noi. Ma crediamo che siamo solo all’inizio di una complicata battaglia.

Cesidio Celidonio
Claudio Marsilii


Movimento per la Sinistra Italiana in Svizzera
c/o Circolo Culturale Realtà Nuova
Wallstrasse 10
CH-4002 Basilea
Tel./Fax +41 61 272 24 10

 
7645-minareti-dalla-svizzera-un-campanello-di-allarme-per-tutta-leuropa

8374
EmiNews 2009

Views: 1

AIUTACI AD INFORMARE I CITTADINI EMIGRATI E IMMIGRATI

Lascia il primo commento

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*


Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.