19 06 01 NEWS DAI PARLAMENTARI ELETTI ALL ESTERO ED ALTRE COMUNICAZIONI.

01 – SCRIVEVA ANTONIO GRAMSCI DAL CARCERE al fratello Carlo il 12 settembre del 1929.
02 – Il nuovo Parlamento Europeo.
03 – La Marca (PD): un’ulteriore mia interrogazione ai ministri degli esteri e dei trasporti per chiudere l’accordo con il Québec sul reciproco riconoscimento delle patenti di guida
04 – Schirò (PD): dopo le europee i 5stelle all’attacco della legge sul voto all’estero. Reagire subito
05 – Ue, comincia la partita per i posti chiave, in Europa.
06 – “Un raggio di sole in una giornata nera”. Oltre 200mila preferenze per il medico di Lampedusa
Pietro Bartolo sfonda in Sicilia e diventa europarlamentare. I sostenitori festeggiano: “C’è un’Italia che non si arrende al razzismo”
07 – L’on. La Marca (PD) incontra il direttore Vignali per affrontare alcune questioni di maggiore sensibilità per i connazionali del nord e centro America
08 – Deputati Pd Estero . Parlamentari pd estero: un serio passo per la costruzione di un’alternativa democratica ai populisti europei e italiani.
09- Onda verde sulla maggioranza europeista. Europee.
10 – L’inquieta ricerca del popolo perduto.
11 – Italiani all’estero, oltre 100 coordinatori all’XI Congresso MAIE Argentina.
12 – Montevideo, ok all’affitto della sede provvisoria e via al bando per la costruzione del nuovo Consolato.
13 – “nessun programma alle elezioni europee”.
14 – La mobilità dei giovani laureati italiani, seppur in maniera indiretta, spiega le differenti opportunità di occupazione qualificata che connotano i territori.

01 – SCRIVEVA ANTONIO GRAMSCI DAL CARCERE al fratello Carlo il 12 settembre del 1929:
“Mi sono convinto che anche quando tutto è o pare perduto, bisogna rimettersi tranquillamente all’opera, ricominciando dall’inizio. Mi sono convinto che bisogna sempre contare su sé stessi e sulle proprie forze; non attendersi niente da nessuno e quindi non procurarsi delusioni “.
Dobbiamo ricostruiamo la sinistra, forse sarebbe opportuno riflettere e abbandonare il proprio “fortino” e far confluire in una unico partito la “diaspora” della sinistra italiana. Se è necessario facciamo finalmente un nostro percorso, non si tratta di mandare in soffitta Marx ma riscoprirlo in chiave moderna.

02 – IL NUOVO PARLAMENTO EUROPEO. Il 179 seggi al partito Popolare Europeo , 153 Socialisti e Liberali con 105. La nova composizione del Parlamento europeo in virtù del recente voto .
Al quarto posto ci sono i Verdi con 69 seggi, quindi l’ECR a 63. Il gruppo ENL (quello di cui fa parte la Lega) avrà 58 seggi, mentre l’EFDD (il gruppo dei Cinque Stelle e Farage) 54. La Sinistra Gue sarebbe a 38 seggi.
Il parlamento Ue è composto da 751 membri, che scenderanno a 705 quando uscirà la Gran Bretagna. Storicamente, la maggioranza assoluta è sempre stata in mano al partito popolare e ai socialdemocratici. I gruppi che possono essere considerati euroscettici sono tre: ECR, EFFD e ENL.

03 – LA MARCA (PD): UN’ULTERIORE MIA INTERROGAZIONE AI MINISTRI DEGLI ESTERI E DEI TRASPORTI PER CHIUDERE L’ACCORDO CON IL QUÉBEC SUL RECIPROCO RICONOSCIMENTO DELLE PATENTI DI GUIDA
“Nel marzo 2017, dopo numerosi miei atti parlamentari di sollecitazione che raccoglievano le insistenti richieste di connazionali in Canada e di canadesi in Italia, veniva firmato l’accordo quadro tra Italia e Canada per il reciproco riconoscimento delle patenti di guida rilasciate dai due Paesi. Poiché in Canada la competenza in questa materia è delle Province, iniziavano immediatamente i contatti con i rappresentanti dell’amministrazione del Québec per arrivare a un protocollo operativo di intesa, capace di spianare la strada agli accordi con le altre realtà provinciali del Canada.

Sono passati due anni, durante i quali non ho mai smesso di reiterare atti parlamentari e contatti con funzionari ed esponenti istituzionali dell’Italia e del Québec. Quando sembrava di essere ad un passo dalla definizione del protocollo di intesa, mi è giunta la risposta che manca ancora la condivisione tra le parti di alcuni aspetti tecnici.
Tutto questo rischia di esasperare i tanti interessati che sono da anni in attesa di una conclusione della trattativa, le cui istanze e sollecitazioni non ho mai smesso di rappresentare ai rispettivi rappresentanti istituzionali.
A questo punto, ho presentato un’ulteriore interrogazione al Ministro degli esteri e al Ministro dei trasporti perché diano un impulso risolutivo alla conclusione dell’accordo e perché comunichino quali, a loro avviso, siano i tempi prevedibili per la definizione della vicenda.
Sono in gioco non solo le attese dei nostri connazionali interessati che risiedono in Québec ma anche la possibilità di procedere ad ulteriori accordi con le Province canadesi, dove vi sono altre persone interessate al raggiungimento del medesimo obiettivo.
Personalmente, non darò tregua a chi ha la responsabilità in questo campo finché non si sarà giunti ad una conclusione, che ormai è da troppo tempo sospesa”.

04 – SCHIRÒ (PD): DOPO LE EUROPEE I 5STELLE ALL’ATTACCO DELLA LEGGE SUL VOTO ALL’ESTERO. REAGIRE SUBITO. DOPO ESSERE ANDATI IN CATALESSI SUL TAGLIO DEI PARLAMENTARI DELLA CIRCOSCRIZIONE ESTERO, SULLA DIMINUZIONE DEI FONDI PER I COMITES E IL CGIE E SUL MANCATO PROLUNGAMENTO DEL FONDO PER LA LINGUA E LA CULTURA ITALIANA ALL’ESTERO, I DEPUTATI 5STELLE SI SONO FINALMENTE RISVEGLIATI E HANNO RIACQUISTATO LA VOCE. Naturalmente per criticare gli italiani all’estero.
Sotto i loro strali, questa volta è finita la bassa partecipazione al voto europeo dei connazionali all’estero. Dimenticando, naturalmente, con pentastellata disinvoltura, che nonostante il dimezzamento dei seggi disponibili (determinato dalla riduzione dei fondi della loro Legge di Bilancio 2019) e la conseguente crescita delle difficoltà a votare, la partecipazione è invece aumentata di due punti percentuali. Dimenticando, ancora, che nel computo dei votanti non sono compresi quelli – non pochi – che hanno fatto l’opzione di votare per le liste e i candidati locali.
Insomma, un pretesto. Buono per invocare la riforma del voto all’estero e per giustificare l’annuncio della richiesta al governo di esprimere il suo orientamento su tale revisione. Considerando ciò che è appena accaduto sul taglio dei parlamentari, verrebbe da dire: “Si salvi chi può!”. Dal momento che non ci si limita a proporre, cosa legittima, il ricorso al voto elettronico, ma si richiede la revisione generale della legge sul voto per corrispondenza, dove vi è anche, non lo si dimentichi, l’assetto delle ripartizioni elettorali.
Il PD, per evitare che si possa pescare nel torbido e, partendo da un dito, prendersi l’intera mano, la sua proposta di riforma della 459/2001 l’ha presentata da tempo con la prima firma del suo capogruppo nella commissione affari costituzionali. Lo stesso ha fatto al Senato. La proposta, dunque, è lì: chiara, esplicita ed aperta al confronto. Le forze di governo, invece, a che mirano?

Tira una brutta aria per gli italiani all’estero. Ormai l’hanno capito tutti. I COMITES, il CGIE, il mondo associativo e i nostri connazionali più partecipi sono avvertiti. È tempo di stringere le fila e di essere sempre più decisi nel difendere le nostre prerogative. Le prerogative di cittadini di pieno diritto, com’è scritto nella Costituzione italiana. La stessa Costituzione che tra pochi giorni, in occasione della Festa della Repubblica, riceverà molte frasi di circostanza ma che essere onorata invece non retoricamente ma con impegni sostanziali.
( On. Angela Schirò – Camera dei Deputati – Piazza Campo Marzio, 42 – 00186 ROMA)

05 – UE, COMINCIA LA PARTITA PER I POSTI CHIAVE. MACRON PROVA A CONDURRE IL GIOCO
BRUXELLES. CONSIGLIO STRAORDINARIO SUI NUOVI DIRIGENTI DELLE ISTITUZIONI EUROPEE. PER LA GUIDA DELLA COMMISSIONE PPE E S&D DIFENDONO IL SISTEMA DELLO SPITZENKANDIDAT.
I 28, due giorni dopo le elezioni europee, cercano una difficile quadratura del cerchio per trovare i nuovi dirigenti delle istituzioni Ue. La novità è che i cittadini Ue si interessano a questo “mercato” che è una delle prove, anche se non certo la migliore, della nascita di uno spazio politico europeo. Ed è importante: dalla scelta delle personalità dipende l’indirizzo politico.
Il Consiglio straordinario di ieri era in effetti anche dedicato a una riflessione sulle conseguenze delle elezioni, nei difficili equilibri tra schieramenti politici dopo il terremoto del voto, appartenenza nazionale, est-ovest, nord-sud, differenze di genere. Ieri, con una cena che era più un aperitivo in attesa del piatto forte, i 28 (c’era anche Theresa May) hanno cominciato a muovere le rispettive pedine nel gioco di scacchi che potrebbe trovare una soluzione, al meglio, al Consiglio di fine giugno, ma che può continuare fino alla conclusione del mandato dell’attuale Commissione, il 31 ottobre (giorno della Brexit definitiva, sulla carta), se non addirittura oltre.
I Trattati dicono: il presidente della Commissione è proposto dal Consiglio, «tenuto conto dei risultati delle elezioni europee». Nel 2014, Jean-Claude Juncker era lo Spitzenkandidat del Ppe, arrivato in testa e la nomina è venuta da sé, poi convalidata dal Parlamento. Oggi è più difficile. Il Ppe e S&D, i due gruppi che finora si spartivano il potere a Strasburgo ma che sono stati detronizzati dagli elettori – non hanno più la maggioranza – ieri hanno ribadito la difesa del sistema dello Spitzenkandidat: il Ppe propone contro venti e maree lo scialbo Manfred Weber, 46 anni, Csu (ala destra dei democristiani), i socialisti sono dietro il più brillante Frans Timmermans, 58 anni, che per il leader del gruppo S&D, Udo Bullmann, è «l’unico candidato capace di costruire un’alleanza progressista per riformare la Ue» e la «democrazia deve prevalere». Ma Angela Merkel, che dovrebbe essere la grande elettrice del tedesco Weber, arrivata a Bruxelles ha insistito sulla «priorità» attuale, «la capacità della Ue di agire», pur affermando ma senza entusiasmo che stando ai Trattati il posto spetterebbe a Weber. Più decisa la sua erede, Annegret Kramp-Karrenbauer: «Weber è in posizione di leader e noi l’aiuteremo ad ottenere la maggioranza al Parlamento europeo».

Ma la maggioranza non è facile, il Ppe ha perso una trentina di seggi e la Cdu, primo partito del gruppo, arriva indebolita. Però non c’è maggioranza senza Ppe, anche se centristi e verdi sono determinanti nel nuovo Parlamento (la maggioranza è di 376 seggi). Emmanuel Macron, che pure non ha vinto, si mette al centro del gioco al costo di spaccare l’asse franco-tedesco. Timmermans ha «esperienza e credibilità» ha detto arrivando a Bruxelles, «come Margrethe Vestager», la commissaria alla Concorrenza. Ma Macron fa anche il nome di Michel Barnier, francese, negoziatore della Brexit, che è Ppe, ma aperto all’ecologia. Timmermans non piace invece a Ungheria e Polonia, perché è stato molto attivo nella denuncia delle violazioni dei diritti. L’est del gruppo Visegrad, che ha incontrato Macron, gioca la sua carta e evoca, senza crederci, il nome del commissario slovacco Maros Sefcovic (S&D), ma è noto che l’ungherese Viktor Orbán, sospeso dal Ppe, non appoggia Weber. Macron cerca di tessera una tela al di là dei centristi, con i socialisti (lunedì c’era lo spagnolo Pedro Sánchez all’Eliseo e ieri ha corteggiato altri dirigenti).

In questo gioco delle parti, l’estrema destra è all’angolo: i governi nazionalisti non hanno alleati. Al massimo possono fare opera di disturbo, ma non più di tanto, la maggioranza è comunque europeista. Timmermans ha evocato un clima da Game of Thrones, tra tradimenti, complotti e massacri, senza pensare che il finale può essere deludente anche a Strasburgo (nel 2004 il candidato-sorpresa Barroso ha strappato la vittoria e poi ha contribuito non poco ad affossare la Ue). I posti importanti da distribuire sono 5 (presidenze Commissione, Consiglio, Parlamento, Bce e Pesc), il gioco delle influenze e degli scambi è appena all’inizio (Merkel alla presidenza del Consiglio risolverebbe dei problemi). La bulgara Georgieva Kristalina, segretaria generale della Banca mondiale, può essere una carta, come Christine Lagarde, ora alla testa dell’Fmi, ma Ppe, S&D e Verdi (ma non i liberali) non vogliono un «esterno».

06 – “UN RAGGIO DI SOLE IN UNA GIORNATA NERA”. OLTRE 200MILA PREFERENZE PER IL MEDICO DI LAMPEDUSA. PIETRO BARTOLO SFONDA IN SICILIA E DIVENTA EUROPARLAMENTARE. I SOSTENITORI FESTEGGIANO: “C’È UN’ITALIA CHE NON SI ARRENDE AL RAZZISMO”
135mila preferenze nelle isole, 85mila al centro. Pietro Bartolo fa incetta di voti e viene eletto europarlamentare. Il medico di Lampedusa è risultato tra i candidati più votati del Pd: lontano da Carlo Calenda (273mila preferenze) e Giuliano Pisapia (263), in Sicilia Bartolo è risultato secondo soltanto a Matteo Salvini, con ben 115mila voti. Un successo clamoroso, celebrato sul web da molti sostenitori.
I complimenti per il protagonista di “Fuocoammare” di Gianfranco Rosi arrivano sia dalla politica che dai comuni cittadini. “Grande risultato per Pietro Bartolo
che rappresenta il medico di Lampedusa e per tutti noi lampedusani, anche se a Lampedusa c’è stato un astensionismo esagerato”, ha dichiarato ad Adnkronos il sindaco di Lampedusa Salvatore Martello che, nella città simbolo degli sbarchi dei migranti, ha visto però trionfare la Lega. Dello stesso avviso è il sindaco di Palermo Leoluca Orlando: “Con l’affermazione di Bartolo in Sicilia si dà concretezza e sbocco istituzionale anche in Europa all’idea che ‘io sono persona, noi siamo comunità’, a testimoniare l’importanza di tutti e di ciascuno per il bene dei singoli e della collettività”.
“Sei la bella notizia in questo disastro”, scrive un utente su Twitter. “Un grazie sentito a Luca Zingaretti per aver scelto un candidato forte e umano come Pietro Bartolo. La strada del PD per la vittoria è questa! Gente vera con impegno civile”, argomenta un altro. “Vai Pietro, grida in Europa che c’è un’Italia che crede ancora all’accoglienza e non si arrende ad ignoranza e razzismo”, scrive un cittadino.
Chi è Bartolo – ”Nel suo profilo Facebook si presenta con poche parole: “Medico di Lampedusa”. Con Pietro Bartolo è un fatto che le questioni Lampedusa – per cui rivendica il titolo di “Porta d’Europa” – migranti e accoglienza, entrano a Strasburgo con un peso e una connotazione molto chiari. Effetto di un consenso fortissimo e inaspettato, sotto le insegne del Pd. Una sfida che lancia, in modo contraddittorio, la sua stessa Lampedusa, dove la Lega ha ottenuto il 45,85%, oltre il doppio dei dem che pure beneficiano dell’exploit del medico.
Bartolo, 63 anni, da 31 anni presta servizio nell’isola, con il compito di fare le prime visite ai migranti salvati. E’ stato in prima fila nei soccorsi ai sopravvissuti della strage del 3 ottobre 2013, quando a mezzo miglio dalla terraferma morirono 368 persone, pronto sempre a intervenire e a far sentire la sua voce durante le emergenze. Laureatosi all’Università di Catania, è stato nominato nel 1988 responsabile del gabinetto medico dell’Aeronautica militare a Lampedusa, nel 1991 è diventato ufficiale sanitario delle isole Pelagie e due anni più tardi responsabile del presidio sanitario e del poliambulatorio di Lampedusa.

07 – L’ON. LA MARCA (PD) INCONTRA IL DIRETTORE VIGNALI PER AFFRONTARE ALCUNE QUESTIONI DI MAGGIORE SENSIBILITÀ PER I CONNAZIONALI DEL NORD E CENTRO AMERICA
Nel quadro dei periodici incontri con i responsabili dell’amministrazione degli esteri, diretti a monitorare e ad affrontare le questioni di maggiore sensibilità per gli italiani all’estero, soprattutto di quelli residenti nella ripartizione nord e centro America, l’On. La Marca, venerdì 24 maggio, ha incontrato il responsabile della Direzione generale per gli italiani all’estero, Ministro Plenipotenziario Luigi Maria Vignali.
Nel corso del cordiale incontro, la parlamentare ha richiamato l’attenzione su numerose questioni, dalle persistenti difficoltà che si incontrano nel fissare un appuntamento con gli uffici consolari (si veda, ad esempio, il consolato di Toronto) alle restrizioni subite dai contributi ai COMITES, che sono ridotti a non poter corrispondere nemmeno le spese di partecipazione dei loro membri alle riunioni. A proposito della situazione dei COMITES, l’On. La Marca si è augurata che con il prossimo assestamento del bilancio 2019 la dotazione per i COMITES, diminuita quest’anno di circa un milione di euro, possa essere almeno in parte reintegrata.
La Marca, poi, si è soffermata insistentemente su uno dei temi centrali della sua iniziativa parlamentare, quello dei servizi ai connazionali e, in particolare, di un maggiore riconoscimento e sostegno all’attività dei consoli onorari, che hanno un ruolo insostituibile di contatto con gli utenti, soprattutto nelle circoscrizioni più ampie. Dal Direttore Vignali ha avuto rassicurazione che le macchinette per la rilevazione dei dati biometrici per i passaporti sono state tutte consegnate e hanno dato buoni risultati, tant’è che ne è stato ordinato un altro stock, che tuttavia non sarà disponibile prima della fine dell’anno.
La parlamentare, già presentatrice di emendamenti al bilancio in tal senso, ha richiesto che la miserevole dotazione prevista per le attività dei consoli onorari sia aumentata, a partire dal prossimo assestamento.
La Marca, infine, ha sollecitato, la massima trasparenza e celerità nelle procedure di nomina dei consoli onorari, che spesso si prolungano al punto da lasciare scoperte per mesi aree nelle quali risiedono molti nostri connazionali. In questo senso ha auspicato che le nomine dei nuovi responsabili dei consolati onorari di Rochester e del Connecticut siano fatte al più presto dalla competente autorità consolare.
On./Hon. Francesca La Marca, Ph.D.
Circoscrizione Estero, Ripartizione Nord e Centro America
Electoral College of North and Central America

08 – DEPUTATI PD ESTERO . PARLAMENTARI PD ESTERO: UN SERIO PASSO PER LA COSTRUZIONE DI UN’ALTERNATIVA DEMOCRATICA AI POPULISTI EUROPEI E ITALIANI. ROMA, 27 MAGGIO 2019
I cittadini europei hanno compiuto in prevalenza una scelta democratica, resistendo alla spallata delle montanti forze sovraniste e antieuropeiste. L’affermazione che tali partiti hanno avuto, tuttavia, dove sono al governo e in altri importanti paesi, come la Francia e l’Inghilterra, segnala l’apertura di una legislatura difficile e rimarca l’esigenza di politiche attive di cambiamento, soprattutto nel campo del lavoro, dell’economia e dei migranti.
L’Italia esce dal voto segnata dall’ombra nera del successo leghista e con un ribaltamento nei rapporti tra le forze del governo giallo-verde che prelude a ulteriori tensioni e instabilità e promette altra paralisi. A spese del paese, fermo e isolato, dei ceti attivi e di quelli più emarginati, che si stanno già accorgendo dei limiti e della precarietà del trionfalismo assistenzialistico che ha caratterizzato il patto di governo.
La netta ripresa del Partito Democratico, primo partito in una regione come la Toscana e in una città come Milano, è un importante segnale non solo per chi in esso si è riconosciuto ma per l’Italia perché significa che è stato compiuto un primo, sostanziale passo per la costruzione di un’alternativa di centrosinistra alla deriva populista e autoritaria che sta pericolosamente avvolgendo la democrazia italiana. Siamo sulla strada giusta, anche se il cammino non sarà facile e breve. Ci vorranno, tuttavia, la disponibilità e il senso di responsabilità di altre forze della politica e della società civile per superare una prova dura e inquietante.
Il voto degli italiani all’estero residenti in Europa conferma largamente il PD, con il suo 32%, come primo partito. Un elettore su tre ha votato PD. La percentuale dei votanti, limitata dalla scelta di molti di votare per i partiti e i candidati locali, è ancora bassa, ma è significativo che nonostante il drastico ridimensionamento del numero dei seggi, voluto dall’attuale governo, e le pesanti difficoltà logistiche e organizzative palesatisi in diverse realtà, sia aumentata rispetto alle scorse elezioni.
Anche questi sono segnali da cogliere. Chi guarda l’Italia con distacco, potendo comparare sistemi di vita e pratiche democratiche, non partecipa a plebisciti ieri per i 5Stelle e oggi per Salvini, ma si affida a forze riformatrici e di sicura caratura democratica, capaci di dare una buona immagine dell’Italia nel mondo.
Gli italiani all’estero, insomma, sono già sulla strada della costruzione di un’alternativa democratica e di centrosinistra ai populisti italiani. Il loro contributo sarà, come nel passato, determinato, originale e utile.
I Parlamentari PD Estero: Garavini, Giacobbe, Carè, La Marca, Schirò, Ungaro

09 – ONDA VERDE SULLA MAGGIORANZA EUROPEISTA. EUROPEE. PPE PRIMO GRUPPO, MA L’ALLEANZA CON S&D NON BASTA. AGLI ECOLOGISTI 71 SEGGI. L’ESTREMA DESTRA CONTERÀ MENO DI QUANTO DICONO I DATI ( di Anna Maria Merlo da Il Manifesto)
Onda verde sul Parlamento europeo. Con una partecipazione globalmente in rialzo in tutti i paesi, gli ecologisti ottengono un risultato importante, perché diffuso attraverso tutto il continente, mentre nel giorno del voto a Bruxelles c’è stata una nuova manifestazione di giovani per il clima. Formeranno il quarto gruppo a Strasburgo, con il 10% dei seggi e 71 deputati (erano il quinto nel parlamento uscente).
Dietro il Ppe, che resta il primo gruppo con 173 seggi, i socialisti al 20% e 147 seggi mantengono la seconda posizione grazie soprattutto alla vittoria del Psoe in Spagna (vincono anche in Danimarca, Svezia, Olanda, Portogallo, Malta), poi ci sono i centristi con 102 parlamentari.
L’ESTREMA DESTRA, che finora era divisa in tre gruppi, che hanno ottenuto intorno al 7% ciascuno, conterà meno di quanto dicono i numeri. Anche se l’avanzata nera resta un problema: oltre all’Italia, in Francia il Rassemblement national è il primo partito (lo era già nel 2014, ma non ottiene più voti del risultato di 5 anni fa), i tedeschi dell’Afd superano il 10%, la spagnola Vox è all’8% e avrà 4-5 seggi, i Veri Finlandesi sono al 14 e in Svezia l’estrema destra cresce dal 9,7 al 16,9%, mentre in Austria, dopo l’Ibizagate, l’Fpö è in calo, ma resta alta al 17,5% (e il democristiano Sebastian Kurz cresce al 34%). In Ungheria, Viktor Orbán vince con il 56% e resta da definire se Fidesz rientrerà nel Ppe o stringerà legami con l’estrema destra.
La sinistra della Gue è l’ottavo gruppo, con il 6% dei voti europei, in Grecia Syriza è stata superata dalla destra (Tsipras ha convocato elezioni anticipate), mentre oltralpe La France Insoumise ha incassato una sconfitta, sotto il 7% (Jean-Luc Mélenchon aveva ottenuto il 19% alle presidenziali e il partito era all’11% alle legislative).
I TEDESCHI MANDANO un folto numero di deputati Grünen, diventato il secondo partito e raddoppiano i voti, i francesi di Europa Ecologia festeggiano il terzo posto, risultati significativi anche in Belgio, in Olanda, in Finlandia, dove sono al secondo posto con il 15,8%, con l’eccezione della Svezia, dove gli ecologisti perdono e passano dal 15% al 9,5%. Soprattutto, sono i giovani ad aver votato per i verdi, in Germania un terzo degli elettori di meno di 30 anni (36% di chi votava per la prima volta), una forte percentuale di giovani anche in Francia, Belgio, Olanda e Finlandia. «Grazie per la fiducia – ha commentato la tedesca Ska Keller, candidata dei verdi per la presidenza della Commissione – è una grande festa, ma anche una grande responsabilità.
Dovremo tradurre in azione quello che la gente ci ha chiesto come protezione del pianeta e lotta per le libertà civili». Per Philippe Lamberts, storico parlamentare verde di nazionalità belga, il voto di ieri «è solo la prima tappa, la dinamica è positiva dappertutto». E ormai l’ecologia è presente anche negli altri gruppi europeisti, dai socialisti ai centristi. Il gruppo S&D «costruirà la riforma per realizzare i cambiamenti che chiedono gli europei» e sottolinea che «il nostro candidato) alla presidenza della Commissione), Frans Timmermans si è impegnato a sostenere i 17 obiettivi dell’Onu per lo sviluppo sostenibile».
DURANTE LA CAMPAGNA elettorale, i partiti che andranno nel gruppo centrista (ex Alde), come La République en Marche, hanno insistito sull’ecologia. I socialdemocratici hanno dovuto affrontare delle difficoltà, in Germania indietreggiano, in Francia il Ps, guidato da un esterno, Raphaël Glucksmann, salva la pelle superando lo sbarramento (è al 7%), ma perde enormemente terreno rispetto al 2014.
Con il risultato del voto, l’equilibrio della mappa dell’Europarlamento è scombussolato rispetto al passato. La somma dei due principali gruppi – Ppe e S&D – che ha dominato per 40 anni anche con la spartizione delle cariche, ha perso la maggioranza. Dovranno essere costruite nuove alleanze: con i Verdi, con il Centro o con tutti e due, che ora saranno in corsa per dei posti-chiave. Resta quindi aperta la battaglia per i postazioni di comando nella Ue, le presidenze di Commissione, Consiglio, Bce, Parlamento e Alto Rappresentante Pesc.
I partiti europeisti conservano la maggioranza, anche se gli euroscettici guadagnano qualche punto. In pochi paesi gli euroscettici sono arrivati in testa (in Lettonia, per esempio, mentre in Slovenia si è confermato il risultato delle recenti presidenziali, con la vittoria del partito liberal pro-europeo Progressiva Slovakia della presidente Zuzana Caputova).
FILO-EUROPA È IL VOTO in Irlanda, con il centro di Fine Gael in testa e i Greens al terzo posto con il 15%, anche a causa della Brexit ancora in stato confusionale. Secondo i dati diffusi ieri sera dalla Bbc dopo la chiusura dei seggi in tutta Europa, il Brexit Party di Nigel Farage ha il 31%: i parlamentari eletti dovrebbero restare a Strasburgo solo poco tempo, potrebbero non partecipare al nuovo parlamento che si inaugura il 2 luglio, oppure occupare i seggi fino al 31 ottobre, ultima data stabilita per la Brexit (ma tutto può ancora avvenire, vista la confusione a Westminster)
10 – L’INQUIETA RICERCA DEL POPOLO PERDUTO. INTERVISTA. NEL GIORNO DEL VOTO EUROPEO, PARLA IL SOCIOLOGO FRANCESE CHRISTOPHE GUILLUY, AUTORE DEL LIBRO «LA SOCIETÀ NON ESISTE» (Luiss University Press). «Nei miei lavori, ho introdotto la nozione di “INSICUREZZA CULTURALE” per dimostrare che, soprattutto in un ambiente popolare, non è tanto la relazione con l’«ALTRO» che pone un problema quanto l’instabilità demografica che induce la paura di diventare minoranza e di perdere un capitale sociale e culturale cui si dà molta importanza»
Controverso protagonista del dibattito intellettuale e politico francese, dopo aver proposto, a partire da La France périphérique (Flammarion, 2015), la sua lettura della nuova geografia sociale dell’Occidente globalizzato, il sociologo Christophe Guilluy traccia in La società non esiste (Luiss University Press, pp. 184, euro 20) genesi ed effetti di quella che introduce come «la fine della classe media occidentale». Per Guilluy, l’attuale ondata populista rappresenta in questo senso solo la punta dell’iceberg di un risentimento diffuso presso la ex classe lavoratrice, privata di ruolo e «status» e marginalizzata perfino sul piano geografico lontano dai centri delle metropoli globali.
IL POPULISMO DI DESTRA SI NUTRE DELL’IDEA CHE L’EUROPA SIA AVVIATA VERSO UN «DECLINO» INEVITABILE. MA SE COSTORO DESCRIVONO IL TRAMONTO «IDENTITARIO» DEL CONTINENTE, LEI TRACCIA INVECE UNA RADIOGRAFIA SOCIALE DELLA CRISI, PARLANDO DI «FINE DELLA CLASSE MEDIA OCCIDENTALE». CHE COSA È ACCADUTO?
Non credo nell’idea del declino. L’Europa rimane il continente più ricco del pianeta. La domanda da porsi è però un’altra e riguarda il fatto che oggi siamo di fronte ad un modello economico che non integra più le categorie modeste che formavano un tempo la base della classe media occidentale. Si tratta di lavoratori, impiegati, contadini, piccoli imprenditori che rappresentano ancora la maggioranza ma non hanno trovato il loro posto all’interno del modello neoliberista. Senza scivolare necessariamente nella povertà, queste categorie si sono indebolite socialmente e ritengono perciò che il modello economico proposto dalle classi dominanti non sia stato vantaggioso.
PERCHÉ QUESTO DECLASSAMENTO SI È SPESSO TRADOTTO IN UN SENTIMENTO DI RANCORE TRADUCIBILE NELLO SCONTRO TRA «IL BASSO» E «L’ALTO», PIUTTOSTO CHE NELLE FORME TRADIZIONALI DEL CONFLITTO SOCIALE?
Se la globalizzazione – e il suo corollario nella divisione internazionale del lavoro – ha permesso l’emergere di una classe media cinese o indiana, ha allo stesso tempo distrutto i posti di lavoro industriali delle classi lavoratrici occidentali. Ovunque in Occidente, i lavori delle classi popolari sono scomparsi o diventano precari. Allo stesso tempo, il mercato del lavoro si è polarizzato e ora è diviso tra lavori altamente qualificati e ben retribuiti e lavori precari, i «bullshit job» che imprigionano le classi popolari in una forma di instabilità permanente. Per questo parlo di un lento processo di «abbandono della classe media», iniziato con gli operai, quindi i contadini e oggi con gli impiegati e gli autonomi che sono anch’essi sempre più precari. Questa situazione spiega il ritorno di un conflitto di classe tra quelle lavoratrici occidentali precarie e le altre, le superiori integrate.

Il suo libro si apre con una citazione di Thatcher che nel 1987 affermava «la società non esiste». Trent’anni dopo il debutto delle politiche neoliberiste incarnate proprio dalla Lady di ferro e da Reagan, quel sinistro auspicio si è tradotto in realtà?
Il «there is no society» di Thatcher illustrava un processo globale che tendeva a ridurre lo stato sociale e i servizi pubblici. L’idea che le classi popolari non dovrebbero aspettarsi nulla dallo Stato è stata poi accompagnata da un’altra svolta fondamentale, quella «secessione delle élite» che Christopher Lash aveva individuato già negli anni Ottanta. La secessione non riguarda solo l’élite, ma l’insieme delle classi superiori, quelle che beneficiano del modello economico che si è andato imponendo e che si concentra nelle grandi metropoli globalizzate.
«LA SOCIETÀ NON ESISTE» RAPPRESENTA IL PUNTO D’ARRIVO DELLA RICERCA INIZIATA CON «LA FRANCE PÉRIPHÉRIQUE», DOVE DESCRIVE L’ESODO DELLE CLASSI POPOLARI VERSO AREE SEMPRE PIÙ MARGINALI QUANTO A SERVIZI, LAVORO, OPPORTUNITÀ. UN FENOMENO IN ATTO IN TUTTO L’OCCIDENTE? E IN CHE RAPPORTO CON L’ESCLUSIONE SOCIALE DELLE PERIFERIE?
In Francia, negli Usa come in Gran Bretagna, la creazione di posti di lavoro e di ricchezza è, in media, concentrata nelle metropoli globalizzate. Sempre più ricche e gentrificate, sono diventate le nuove cittadelle medievali del XXI secolo. Per la prima volta nella storia, la maggior parte delle classi lavoratrici non vive più dove si crea lavoro, ma in centri minori, città di medie dimensioni deindustrializzate o nelle aree rurali, là dove l’occupazione è sempre più rara e dove si assiste a un «ritiro» dei servizi pubblici. Il contesto delle periferie, ad iniziare dalle banlieue francesi, è diverso. Questi territori poveri si trovano oggi all’interno di metropoli sempre più ricche e illustrano perfettamente il funzionamento della città globalizzata dove le disuguaglianze sono in costante aumento. Infatti raccolgono una forza lavoro destinata agli impieghi scarsamente qualificati e mal retribuiti di cui la borghesia delle metropoli ha bisogno (in particolare nel settore dell’edilizia, dei servizi alla persona, della ristorazione). Si tratta di un modello potenzialmente esplosivo poiché in queste zone la divisione sociale cela anche una separazione etnica.
QUAL È IL RAPPORTO TRA LA CRISI DEL MONDO DEL LAVORO PRIMA, DEL CETO MEDIO POI E L’ASCESA DEL POPULISMO DI DESTRA? SI PUÒ TRACCIARE UNA SORTA DI GEOGRAFIA SOCIALE DEL FENOMENO?
In tutti i paesi sviluppati, il populismo esprime la medesima sociologia (le classi popolari) e la stessa geografia (aree rurali, centri minori, piccole città deindustrializzate). L’America periferica ha eletto Trump e quella del Regno Unito ha deciso a favore della Brexit. E pur se i contesti sociali ed economici nazionali sono diversi, le dinamiche in atto sono più o meno le stesse. Nel Nord-Pas de Calais, ex roccaforte della sinistra, le classi lavoratrici e in particolare gli operai e le popolazioni rurali ora votano per il Rassemblement National di Marine Le Pen.
IN TALE CONTESTO SOCIALE, IN FRANCIA È EMERSO IL MOVIMENTO DEI «GILETS JAUNES». A SUO GIUDIZIO COSA RAPPRESENTA E CHE PESO POTRANNO AVERE NELL’ESITO DEL VOTO EUROPEO NEL SUO PAESE?
Credo che questo movimento rappresenti l’incarnazione concreta del concetto di «Francia periferica». La mappa dei ronds-point di novembre, da cui tutto è cominciato, corrisponde esattamente alla geografia di quella Francia popolare e dispersa nella quale ritroviamo tutte le categorie sociali più vulnerabili e rese fragili dall’attuale modello economico: operai come impiegati, rurali e urbani, giovani e pensionati. Da questo punto di vista i gilets jaunes sono un segnale positivo di una ricomposizione di classe comunque in atto. Anche se è importante notare che questo movimento non è né di destra né di sinistra, ma rappresenta la classe operaia del XXI secolo che, in maggioranza, non sembra credere più al dualismo destra/sinistra. Al di là della questione del populismo, stiamo assistendo all’uscita dalla «società liquida» dal basso, da parte delle classi popolari.
LEI PARLA DELLA CRESCITA DELLA «PARANOIA IDENTITARIA» CHE ACCOMPAGNA LO SVILUPPO DEL MULTICULTURALISMO. A SUO GIUDIZIO, I CETI DOMINANTI PROMUOVEREBBERO L’APERTURA VERSO I MIGRANTI PERCHÉ SANNO DI POTER MANTENERE INALTERATE LE «FRONTIERE INVISIBILI» – SOCIALI COME URBANE – CON GLI «STRANIERI», SU CUI NON POSSONO CONTARE INVECE I CETI POPOLARI. QUALI PERCIÒ GLI ANTICORPI AL RAZZISMO?
Ritengo che le classi dominanti e la nuova borghesia sfruttino e strumentalizzino gli immigrati. Per questo parlo dell’ipocrisia della «borghesia cool» che sostiene i temi della «società aperta» ma vive in realtà nelle sue cittadelle ben separate, non nei quartieri dove si concentra l’immigrazione. Bisogna infatti chiarire una cosa: la quota di razzisti è esattamente la stessa negli ambienti popolari come tra i borghesi. Se le categorie superiori e istruite non scivolano verso il populismo, è solo perché hanno i mezzi per erigere il loro «confine invisibile». Perciò interrogarsi davvero su questo tema è un prerequisito per ridurre le tensioni. Nei miei lavori, ho introdotto la nozione di «insicurezza culturale» per dimostrare che, soprattutto in un ambiente popolare, non è tanto la relazione con l’«altro» che pone un problema quanto l’instabilità demografica che induce la paura di diventare minoranza e di perdere un capitale sociale e culturale cui si dà molta importanza. Una paura che colpisce tutti i ceti popolari, indipendentemente dalle loro origini.

NELLE CONCLUSIONI DEL LIBRO LEI SPIEGA COME«LA SFIDA NON SIA PIÙ «GESTIRE IL REGRESSO SOCIALE, MA RIFARE DACCAPO LA SOCIETÀ»…
Credo sia l’unica soluzione possibile. Però non possiamo «fare la società» senza integrare le classi popolari che rappresentano la maggioranza della popolazione. La protesta popolare non si fermerà, i gilets jaunes come i sostenitori della Brexit continueranno a esistere per i prossimi cento anni se niente cambia. Per questo motivo, le classi dominanti – come i partiti politici – devono rivedere i loro programmi. È necessario rispondere alle nuove esigenze sociali e culturali, tenendo conto che il popolo non scomparirà mai.
11 – ITALIANI ALL’ESTERO, OLTRE 100 COORDINATORI ALL’XI CONGRESSO MAIE ARGENTINA. IL CONGRESSO È STATO PRESIEDUTO DAL FONDATORE E PRESIDENTE DEL MAIE, SEN. RICARDO MERLO. L’On. Mario Borghese, vicepresidente MAIE: “Il MAIE, unito e organizzato in tutto il suo organigramma, è pronto per le nuove sfide, prima di tutte quella che riguarda le elezioni dei Comites” Si è tenuto lo scorso sabato 25 maggio a Buenos Aires l’undicesimo Congresso MAIE Argentina, che ha riunito oltre un centinaio tra coordinatori e dirigenti del Movimento Associativo Italiani all’Estero. L’evento ha potuto contare sulla presenza, tra gli altri, del vicepresidente del MAIE, On. Mario Borghese, del Sen. Claudio Zin, della Sen. Mirella Giai, coordinatrice MAIE per la Pari Opportunità, e di Franco Tirelli, presidente del Comites di Rosario e coordinatore MAIE Argentina. Il Congresso è stato presieduto dal fondatore e presidente del MAIE, Sen. Ricardo Merlo.
“Sono molto soddisfatto per come si sono svolti i lavori del congresso; il MAIE, unito e organizzato in tutto il suo organigramma, è pronto per le nuove sfide, prima di tutte quella che riguarda le elezioni dei Comites”, commenta l’On. Borghese, che aggiunge: “L’appuntamento di Buenos Aires rafforza la nostra rete e ci stimola a continuare a lavorare per difendere i diritti e gli interessi degli italiani nel mondo”.
“Un ringraziamento speciale – conclude Borghese – al Sottosegretario Merlo, che pur avendo un’agenda fittissima, appena terminata la missione OCSE a Parigi, è salito su un aereo diretto a Buenos Aires per incontrare i nostri connazionali, tutti i coordinatori del MAIE Argentina e per informare circa il lavoro che come Sottosegretario sta portando avanti alla Farnesina, a favore di tutti gli italiani all’estero”.

12 – MONTEVIDEO, ok all’affitto della sede provvisoria e via al bando per la costruzione del nuovo Consolato. Buone notizie per gli italiani in Uruguay, che presto potranno avere un nuovo Consolato: una sede più moderna e sicura. Intanto è stato firmato il contratto di affitto per un nuovo locale che andrà ad ampliare gli attuali spazi della sede consolare
I governi passati hanno chiuso negli anni decine di sedi diplomatico-consolari. Oppure le hanno declassate. È il caso, per esempio, del Consolato Generale di Montevideo, ridotto a un consolato semplice, con personale e struttura inadatti ad assistere una comunità con oltre 130mila italiani residenti, senza contare i discendenti.
Negli ultimi anni, ce lo ricordiamo tutti, governi di destra e sinistra tanto danno hanno fatto agli italiani nel mondo. Con l’attuale esecutivo le cose stanno cambiando, in meglio. Finalmente esiste una politica per gli italiani all’estero che prima non c’era.
Torniamo in Uruguay. Sono due le buone notizie che arrivano da Montevideo.
La prima: nei giorni scorsi è stato firmato il contratto di affitto per un nuovo locale che andrà ad ampliare gli attuali spazi della sede consolare, ridotta ai minimi termini dopo il passaggio del governo dem: una sede in cui la sala d’attesa per i nostri connazionali è talmente angusta che a volte si è costretti a restare in piedi per mancanza di spazio. Ebbene, l’affitto del nuovo locale contribuirà a migliorare le cose.
La seconda buona notizia è che l’Ambasciata ha pubblicato qualche giorno fa, sulle pagine del proprio sito, il bando per la costruzione di una nuova sede per il Consolato di Montevideo: 600 metri quadri per una struttura più moderna, sicura, efficiente. E allora sì che l’Italia tornerà ad essere rappresentata come si deve a un grande Paese che conta moltissime presenze di propri figli in Uruguay.
“Mentre il governo Pd ha di fatto chiuso il consolato, questo esecutivo sta dando nuova linfa e nuovo impulso alla rete consolare. Presto avremo una sede di tutto rispetto, a indubbio vantaggio dei servizi necessari ai nostri connazionali”, commenta Aldo Lamorte, consigliere CGIE Uruguay, che prosegue: “Grazie all’interessamento personale e all’impegno profuso dal Sottosegretario agli Esteri Sen. Ricardo Merlo, oltre che dall’Ambasciatore d’Italia, anche a Montevideo saremo in grado di offrire luoghi adeguati e tempi di risposta più brevi”, conclude.
Nessun governo aveva fatto tanto in così poco tempo, per quel che riguarda l’universo degli italiani nel mondo. La comunità italiana a Montevideo è soddisfatta e piena di speranza, quella speranza che era stata delusa dalle scelte politiche messe in atto dai dem.
“Continuiamo a percorrere la strada giusta, al fianco degli italiani nel mondo, sempre”, commenta da parte sua l’On. Mario Borghese, vicepresidente MAIE, eletto proprio in Sud America. “Migliorare i servizi consolari per i connazionali significa migliorare la loro qualità di vita. È quello che sta facendo l’attuale governo, mantenendo così le promesse fatte in campagna elettorale. Finalmente – conclude Borghese – anche a Montevideo potremo dire di avere avuto risposta alle nostre richieste di efficienza e decoro”.

MONTEVIDEO: Inicia licitación para la construcción del nuevo edificio del Consulado italiano
Los gobiernos pasados han cerrado o rebajado de categoría decenas de sedes diplomático-consulares. Es el caso, por ejemplo, del Consulado General de Montevideo que fue reducido a un consulado simple, con personal y estructura inadecuada para asistir una comunidad de más de 130 mil italianos, sin contar a los descendientes.
los últimos años, lo recordamos todos, los gobiernos de derecha y de izquierda han hecho tanto daño a los italianos en el mundo. Con el gobierno actual, las cosas están cambiando para mejor. Por fin existe una política para los italianos en el mundo que antes no existía.
Volvamos a Uruguay. Son dos las buenas noticias que llegan de Montevideo.
La primera: en los días pasados ha sido firmado el contrato de alquiler para un nuevo local que irá a ampliar los actuales espacios de la sede consular, reducidos al mínimo por el último gobierno del PD. Por ejemplo, la sala de espera de la actual sede es tan estrecha que los connacionales se ven obligados a esperar en pie.
El alquiler del nuevo local mejorará la situación.

La segunda buena noticia es que la Embajada ha publicado en su sitio web el aviso de licitación para la construcción de una nueva sede del Consulado de Montevideo: 600 metros cuadrados para ofrecer una estructura más moderna, segura, eficiente. Y entonces sí que Italia volverá a tener una representación digna, en un país en donde residen muchísimos de sus hijos.
“Mientras el gobierno Pd, de hecho, cerró el consulado, este ejecutivo está dando un nuevo impulso a la red consular. Pronto tendremos una sede digna, a indudable ventaja de los servicios necesarios a nuestros connacionales”, comenta Aldo Lamorte, consejero CGIE Uruguay, y continúa: “Gracias al interés personal y el empeño del Subsecretario de Asuntos Exteriores, Sen. Ricardo Merlo, junto con el del embajador de Italia, ten Montevideo podremos ofrecer lugares adecuados y tiempos de respuesta más breves”.Ningún gobierno hizo tanto en tan poco tiempo, para los italianos en el mundo. La comunidad italiana en Montevideo está satisfecha y llena de esperanza, aquella esperanza que fue decepcionada por las elecciones políticas llevadas a la práctica por el PD.
“Seguimos recorriendo el camino justo, al lado de los italianos en el mundo, siempre”, comenta de su parte el On. Mario Borghese, vicedirector MAIE, electo justo en Sur América. “Mejorar los servicios consulares para los connacionales significa mejorar su calidad de vida. Es lo que está haciendo el actual gobierno, manteniendo así las promesas hechas en campaña. También en Montevideo podremos decir que las necesidades de los italianos en el mundo obtuvieron una respuesta.

13 – “NESSUN PROGRAMMA ALLE ELEZIONI EUROPEE”
Mi domando cosa siamo andati a votare e per che cosa.
Ha ragione Giovanni De Mauro quando scrive sull’Internazionale
“ Com’è tradizione, grandi assenti della campagna elettorale sono stati i programmi dei partiti.
Nessuno che si sia preso la briga di spiegare cosa intende fare con i voti di elettori ed elettrici.
Eppure non ci vuole molto.
Un buon partito progressista avrebbe potuto per esempio cominciare con lo studiare gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, divisi in 17 capitoli:
1. Sconfiggere la povertà in tutte le sue forme;
2. Sconfiggere la fame, migliorare la nutrizione e promuovere un’agricoltura sostenibile;
3. Garantire una vita sana e il benessere di tutti a tutte le età;
4. Fornire a tutti un’istruzione inclusiva e opportunità di apprendimento permanente eque e di qualità;
5. Raggiungere la parità di genere attraverso l’emancipazione delle donne e delle ragazze ;
6. Garantire a tutti la disponibilità di acqua e servizi igienico- sanitari;
7. Assicurare la disponibilità di servizi energetici accessibili, affidabili, sostenibili e moderni per tutti;
8. Incentivare una crescita economica inclusiva e duratura, un’occupazione piena e produttiva e un lavoro dignitoso per tutti;
9. Costruire infrastrutture solide, promuovere l’industrializzazione sostenibile e favorire l’innovazione;
10. Ridurre le disuguaglianze nei paesi e tra i paesi;
11. Rendere le città e gli insediamenti umani sostenibili, inclusivi, sicuri e solidi;
12. Garantire modelli sostenibili di consumo e produzione;
13. Adottare misure urgenti per combattere il cambiamento climatico;
14. Conservare e usare in modo sostenibile gli oceani, i mari e le risorse marine;
15. Proteggere e ripristinare gli ecosistemi terrestri;
16. Promuovere pace, giustizia e istituzioni forti;
17. Rilanciare il partenariato globale”.
Secondo alcuni sono troppi, secondo altri sono contraddittori.
Ma in ogni caso sono un’ottima base da cui partire.
Sui siti delle Nazioni Unite sono anche già in italiano, e non c’è neppure bisogno di fare lo sforzo di tradurli.“

14 – La mobilità dei giovani laureati italiani, seppur in maniera indiretta, spiega le differenti opportunità di occupazione qualificata che connotano i territori. Nel 2017 il saldo per l’Italia è in perdita, sono circa 10.500 i giovani tra i 25 e i 39 anni che hanno trasferito la propria residenza all’estero (-4,1 per mille). Questo il dato che emerge dal rapporto dell’Istat sul “Benessere Equo e Sostenibile”. Considerando anche i flussi interni, oltre a quelli da e per l’estero, il panorama territoriale rimane estremamente polarizzato, con il Mezzogiorno che nello stesso anno vede emigrare in media 23 laureati ogni mille residenti, il Centro dove il saldo è solo lievemente negativo (-3 per mille) e il Nord che invece registra un saldo positivo (+8 per mille). La penalizzazione dei territori meridionali è generalizzata ma evidenzia forti differenze (Figura 21). Tutte le province registrano perdite, comprese tra il -9 per mille di L’Aquila e il -59 per mille di Crotone. Tra i territori del Centro-nord emergono in negativo Imperia (-19), Latina (-18) e Rovigo (-17), e le province di
Grosseto, Reggio Emilia e Piacenza, i cui saldi, nel tempo, invertono il segno da positivo a negativo.
Tra le città metropolitane, nell’ultimo anno solo Bologna (+31,8) e Milano (+32) hanno tassi positivi
ed elevati; seguono a distanza Torino (+4,7) e Firenze (+3,8). Per Roma il 2017 si chiude quasi in
pareggio (-0,7) mentre tutte le altre città metropolitane registrano perdite di varia entità, più
contenute per Cagliari, Genova e Venezia, più consistenti negli altri casi (Reggio Calabria -42 per
mille). , da Nove Colonne ATG Roma

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