18 11 24 NEWS DAI PARLAMENTARI ELETTI ALL’ESTERO ED ALTRE COMUNICAZIONI.

1 – Schirò e Ungaro (pd): il nostro impegno nella legge di bilancio per gli italiani all’estero. Imu, tari, canone rai, giovani all’estero, assistenza sanitaria, doppia tassazione, sanatoria fiscale
2 – Breve notizia. L’esecutivo italiano conferma alla Commissione europea gli obiettivi di finanza pubblica contenuti nella Nadef, in questo modo può scattare la procedura di infrazione
3 – Lo spread torna a volare, banche preoccupate. L’Allarme Abi. Il differenziale coi Bund tedeschi chiude a 322 punti anche a causa del flop della collocazione del Btp Italia.
4 – Manovra, Tria e il «gioco del pollo» a chi corre verso il baratro e si ferma per ultimo.
5 – Una, due, tre carovane. Aumenta la pressione sul confine americano. In Messico cambia il clima. Migranti sempre più tra due fuochi: «Il Trump di Tijuana» attacca, quello della Casa bianca esulta. Nella capitale il comune ha chiuso la Città Sportiva che ospitava la terza carovana.
6 – DAL 1945 AD OGGI 20-30 MILIONI GLI UCCISI DAGLI USA. L’arte della guerra. Global Research pubblica un documentato studio di James A. Lucas sul numero di persone uccise dalla ininterrotta serie di guerre, colpi di stato e altre operazioni sovversive effettuata dagli Stati uniti dal 1945 ad oggi: esso viene stimato in 20-30 milioni. Circa il doppio dei caduti della Prima guerra mondiale
7 – La Marca (PD): ho chiesto al ministro degli esteri di aprire una trattativa con le autorità canadesi sui permessi di residenza permanente e sui visti di vacanze-lavoro per gli italiani .
8 – Parlamentari Pd Estero: la riduzione degli eletti all’estero è iniqua e dannosa per il paese . Sulle proposte di legge costituzionali di riduzione del numero dei parlamentari, presentate dal Movimento 5Stelle, dalla Lega e da Forza Italia, sono in corso le consultazioni presso la Commissione affari costituzionali del Senato.

1 – SCHIRÒ E UNGARO (PD): IL NOSTRO IMPEGNO NELLA LEGGE DI BILANCIO PER GLI ITALIANI ALL’ESTERO. IMU, TARI, CANONE RAI, GIOVANI ALL’ESTERO, ASSISTENZA SANITARIA, DOPPIA TASSAZIONE, SANATORIA FISCALE: SONO ALCUNE DELLE PROBLEMATICHE E DELLE ISTANZE DEI NOSTRI CONNAZIONALI CHE ABBIAMO AFFRONTATO NELLA LEGGE DI BILANCIO PER IL 2019 CON I NOSTRI EMENDAMENTI ATTUALMENTE IN DISCUSSIONE ALLA COMMISSIONE BILANCIO DELLA CAMERA DEI DEPUTATI. Roma, 20 Novembre 2018
Consapevoli di avere a che fare con un Governo che non ha nel suo DNA politico e culturale la doverosa ed equa rappresentanza dei diritti e delle rivendicazioni degli italiani all’estero, abbiamo tuttavia voluto sensibilizzare il Parlamento sui problemi più sentiti dai nostri connazionali e abbiamo voluto così sollecitare una loro soluzione.
Tra le altre cose abbiamo introdotto degli emendamenti alla legge di Bilancio che mirano ad abrogare l’Imu, la Tari e il canone Rai per tutti gli italiani residenti all’estero e proprietari di immobili in Italia.
Sulle questioni fiscali siamo intervenuti su più fronti chiedendo di modificare la normativa che prevede la doppia tassazione per chi seppur lavorando e pagando le tasse all’estero mantiene la residenza fiscale in Italia e, in buona fede, non presenta la dichiarazione dei redditi conseguiti all’estero. Abbiamo chiesto il potenziamento degli incentivi fiscali per chi intende rientrare in Italia e la proroga del termine di regolarizzazione per ex Aire e frontalieri i quali hanno potenziali pendenze fiscali su conti e beni all’estero. Abbiamo inoltre chiesto di colmare una grave lacuna legislativa in campo sanitario sollecitando l’estensione della copertura gratuita delle cure ospedalieri urgenti a tutti gli iscritti all’AIRE e non solo, come avviene attualmente, a favore dei nati in Italia e poi emigrati. Ci adopereremo infine, quando il collegato previdenziale verrà presentato, affinché ogni eventuale proposta che riterremo vantaggiosa per i nostri connazionali (anticipi dell’età pensionabile, aumenti del trattamento minimo, proroga dell’Opzione donna, etc.) siano applicati anche ai residenti all’estero aventi diritto in virtù delle convenzioni multilaterali e bilaterali di sicurezza sociale.
Vigileremo insomma affinché i diritti degli italiani all’estero siano adeguatamente rappresentati e tutelati.
Angela Schirò, Massimo Ungaro (deputati PD – Ripartizione Europa)

2 – BREVE NOTIZIA. L’ESECUTIVO ITALIANO CONFERMA ALLA COMMISSIONE EUROPEA GLI OBIETTIVI DI FINANZA PUBBLICA CONTENUTI NELLA NADEF, IN QUESTO MODO PUÒ SCATTARE LA PROCEDURA DI INFRAZIONE. Bisognerebbe evidenziare che il problema non è l’Italia che viola il Fiscal Compact, il problema è il Fiscal Compact; il problema è l’estremismo mercantilista Made in Germany, attuato con mercato unico e euro, insostenibile impianto di deflazione e di svalutazione del lavoro.
In questo quadro la proposta del cosiddetto ‘bilancio dell’eurozona’, in discussione a Bruxelles, dotato di risorse insignificanti sul piano macroeconomico, sarebbe un pannicello caldo su ferite sempre più gravi.
La proposta è inserita nel quadro descritto nella Dichiarazione di Meseberg, firmata a Giugno scorso dalla Cancelliera Merkel e dal Presidente Macron, nella quale è prevista, per la prima volta in forma ufficiale, la possibilità di ristrutturazione dei debiti sovrani. È un passaggio estremamente pericoloso, un consapevole fattore di aggravamento dello spread per noi, ma non soltanto per noi. In sintesi, la proposta Franco-Tedesca fa gli interessi Franco-Tedeschi e aggrava il contesto economico e finanziario per l’Italia. Il governo deve bloccarla.
Sulla manovra italiana , però, rimangono ancora alcune perplessità. Qualche giorno fa, agli studenti in piazza, la Ministra Lezzi e qualche parlamentare del M5S hanno detto che ‘hanno ragione’. Allora governo e maggioranza utilizzino il DDL Bilancio per dare risposte effettive: abbiamo presentato, LeU, un emendamento per spostare su investimenti in edilizia scolastica le risorse allocate sugli incentivi ambientalmente più dannosi. Sarebbe auspicabile un impegno maggiore per le retribuzioni del personale della scuola (docente e non) e per Università e ricerca.

3 – LO SPREAD TORNA A VOLARE, BANCHE PREOCCUPATE. L’ALLARME ABI. IL DIFFERENZIALE COI BUND TEDESCHI CHIUDE A 322 PUNTI ANCHE A CAUSA DEL FLOP DELLA COLLOCAZIONE DEL BTP ITALIA, di Nina Valoti da “ Il Manifesto “ 20 nov .
L’aria di bocciatura europea torna a far volare lo spread. Il differenziale tra i nostri Btp e i Bund tedeschi ha chiuso ieri in netto rialzo a 322 punti base, dai 312 della chiusura di venerdì. Anche il rendimento del decennale del Tesoro è in netta crescita al 3,59%.
È l’effetto anche della partenza al ralentì per la quattordicesima edizione del Btp Italia, il primo emesso sotto le insegne del governo gialloverde. Le sottoscrizioni, nel primo giorno di collocamento, si sono fermate a 481,3 milioni di euro. Un record negativo se si esclude l’emissione del giugno 2012, quando il Btp che da ormai sei anni il Tesoro dedica ai piccoli risparmiatori, raccolse all’esordio solo 218 milioni. In tutte le altre dodici edizioni, al debutto le sottoscrizioni non sono mai scese sotto il miliardo di euro, con un picco di 16,8 miliardi nel novembre 2013. Nell’ultima edizione, a metà dello scorso maggio, il primo giorno si era chiuso a quota 2,3 miliardi.
Lo scontro fra il governo e l’Europa e i livelli così alti di spread e rendimenti hanno scoraggiato i piccoli risparmiatori che nelle precedenti tredici edizioni hanno sottoscritto circa la metà dei 140 miliardi di euro raccolti con il Btp Italia, decretandone il successo.
I PRIMI TRE GIORNI dell’attuale emissione saranno riservati agli investitori retail mentre giovedì sarà aperta anche agli istituzionali. Il Btp, di durata quadriennale, è indicizzato all’inflazione e offre una cedola minima dell’1,45%, che potrebbe essere ritoccata all’insù alla chiusura del collocamento. Secondo il Tesoro «fornisce all’investitore una protezione contro l’aumento del livello dei prezzi italiani, con cedole che offrono un tasso reale annuo minimo garantito» e che vengono «pagate semestralmente insieme con la rivalutazione del capitale per l’inflazione del semestre». Non abbastanza, in questo clima di incertezza, per attrarre i risparmiatori.

IERI POI È ARRIVATO anche il grido di dolore dell’Abi. Ieri l’associazione bancaria mette nero su bianco una serie di effetti dal perdurare del differenziale con il Bund: dall’erosione del capitale delle banche, all’aumento dei tassi sui prestiti oltre che a una loro riduzione in quantità. Finendo, in ultima analisi, in minori investimenti, diminuzione del risparmio, aumento del costo del debito, provocando così un impatto negativo sul Pil già in rallentamento.

NON GIOVANO I DATI della Banca d’Italia sugli investimenti dei gestori esteri: a settembre, che pure era iniziato con un recupero dei mercati, le vendite dei non residenti di Btp sono state di 1,5 miliardi. Meno dei 17,8 di agosto ma pur sempre in passivo. Sui mercati prosegue così una visione di sfiducia degli operatori e una forte volatilità come si è visto nei giorni scorsi. Malgrado l’esecutivo abbia più volte dichiarato di non voler uscire dall’euro lo scontro con la Ue sulla manovra di bilancio non si è ricomposto. Il presidente Abi Antonio Patuelli sottolinea come almeno sia un segno di maturazione nel paese e nel dibattito politico (sebbene non sui social e fra la base della maggioranza) «che nessuno ne parli più». «L’uscita dall’euro sarebbe una pazzia e comporterebbe un effetto devastante sul debito pubblico, immaginate i tassi al tempo della lira sul debito, attuale e prospettico». Ma il presidente Abi sottolinea come un alto spread «appesantisca tutta la catena» e possa colpire sia le banche che i conti pubblici. E se non si può parlare di un livello «insostenibile» per le banche – alcuni lo avevano fissato a 400 punti -, certo anche l’attuale di 300 provoca appunto danni e potrebbe portare al credit crunch.

GLI ISTITUTI DI CREDITO comunque rivendicano di aver «fatto i compiti a casa» dimezzando gli Npl (i crediti deteriorati) a 39,8 miliardi di settembre 2018 dal picco del 2015 di 88,8 miliardi. Ma se la Bce e l’euro hanno operato da «ombrello» e «spinta» nella crisi, certo le regole europee sulla gestione delle crisi non hanno aiutato. Gli istituti italiani hanno messo 12 miliardi di euro a fondo perduto, rileva l’Abi, una cifra che avrebbe potuto essere molto inferiore se fossero stati usati i vecchi strumenti come il Fondo tutela depositi. Troppo confuse, lente e macchinose le norme, le procedure e le interpretazioni europee, lamenta l’Abi.

4 – MANOVRA, TRIA E IL «GIOCO DEL POLLO» A CHI CORRE VERSO IL BARATRO E SI FERMA PER ULTIMO. Di Roberto Ciccarelli, da Il Manifesto 20 nov.
A poche ore dal verdetto della Commissione Ue, orientata a «bocciare» la legge di bilancio italiana e a partire con la procedura di infrazione per debito, il vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio in piazza a Caivano ha posato ieri da eroe nella battaglia contro l’austerità. Il governo non vuole cambiare la stima del 2,4% del deficit e della crescita miracolosa all’1,5% del Pil, né vuole tagliare il debito pubblico, perché cadrebbe «tutta la teoria del massacro sociale degli ultimi 20 anni ed è per questo che non ce la vogliono far fare». Una sola concessione della Commissione Ue alle arrischiate stime sulla crescita sarebbe come un «liberi tutti», dagli altri diciotto membri dell’Eurogruppo, non proprio simpatizzati con la «sovranità» evocata dal governo Lega-Cinque Stelle. «I suoi piani sono controproducenti per l’economia italiana, e ora i tassi d’interesse sul debito sovrano sono una volta e mezzo più alti di un anno fa» ha detto il vicepresidente della Commissione Dombrovskis che si comporta da tutore dell’economia più discussa d’Europa.

VISTO CHE, nel «chicken game», il «gioco del pollo» evocato ieri dal ministro dell’economia Tria, gli opposti si attraggono in vista del «baratro», allora per entrambi i contendenti in questa gara scapigliata valgono le ragioni che Tria ha imputato a ragioni elettorali le «posizioni molto rigide» che alcuni partner Ue hanno sulle scelte italiane. Lo stesso vale per Lega e Cinque Stelle che aspettano le elezioni europee di maggio 2019 come l’Armageddon populista con il rischio di restare con un pugno di mosche in mano. Per entrambi il gioco potrebbe essere anche a somma zero. E a giugno si ricomincia.

LA DISFIDA A CHI SI FERMA prima del baratro tra Roma e Bruxelles non si gioca tanto sul deficit che non rispetta le stime comunicate dal governo mesi fa, quanto sulla crescita all’1,5% sul Pil per il 2019. A Bruxelles la trovano decisamente esagerata. Con qualche ragione, visto che l’Istat ha registrato una stagnazione nel terzo trimestre 2018 e la stima per la fine dell’anno sembra lontana dall’1,2% auspicato dal governo. In queste condizioni l’anno prossimo andrà peggio: la dinamica è evidentemente calante e il sussidio di povertà detto impropriamente «reddito di cittadinanza», gli investimenti pari allo 0,2% evocati più volte, le privatizzazioni pari a 17 miliardi complessivi con i quali il governo spera di far fare un salto mortale al Pil sono poco convincenti. Lo stesso Tria ha parlato di «una situazione di rallentamento generale dell’economia» in Europa. «L’impatto sull’Italia e sull’intera Europa sarà notevole. Speriamo ovviamente che la Germania non si fermi». La tesi è che l’Italia stia rallentando «meno rispetto ad altri Paesi». E con un deficit che «può piacere o no», ma resta più basso di quello avuto da Francia e Spagna.

A BRUXELLES non sono affatto d’accordo. La crescita era già la più bassa d’Europa, rallentando non raggiungerà la vetta auspicata. Anzi, rischia di aumentare il deficit (2,9, nel 2019; 3,1% nel 2020), senza contare il debito pubblico che ne risentirà, evidentemente.

AL DI LÀ DEL GIOCO delle parti nella gara del pollo, questo scenario sembra essere stato considerato dal governo che in queste ore sta facendo lo sforzo di essere compatto come la «testuggine romana» evocata da Di Maio. La soluzione è sconcertante. Si prospetta infatti di operare misure di austerità – tagli – sotto forma di «clausole di salvaguardia» sul bilancio. Lo strumento non prospetterebbe più tagli orizzontali sulla spesa o l’aumento delle aliquote Iva che ogni anno sono «sterilizzate», ma la revisione della spesa in modo che «l’obiettivo di deficit non sia superato rispetto al limite posto» ha detto più volte lo stesso Tria.

PER QUANTO È DATO di capire, in queste ore confuse e incerte, si tratterebbe di un’austerità auto-inflitta da parte di un governo che sostiene di fare una battaglia contro l’austerità imposta dall’esterno. Se proprio tutto va male, dice il governo, è meglio imporsi un’austerità dall’interno. Il gioco del pollo assume così un carattere paradossale che fanno assomigliare la manovra a una scommessa di un governo non sicuro delle sue stesse generose previsioni e che mette a rischio i suoi stessi slanci sul sussidio di povertà e la «quota 100», le misure più costose contenute nel pacchetto elettorale depositato sul tavolo della Commissione Ue.

IN CASO DI INCIAMPO in questo valzer dei decimali dal quale l’intera politica dipende, si potrebbe persino dare il caso in cui le misure simbolo dei Cinque Stelle e della Lega partino e che il governo sia costretto a tagliare le risorse per soddisfare un’austerità che ora non intende osservare.

SIAMO IN TERRITORI inesplorati. Come incerta è la modalità della procedura di infrazione. Al momentoi tempi non sono ancora stati definiti, ma fonti europee indicano che il percorso potrebbe arrivare a conclusione entro la fine dell’anno oppure all’inizio del prossimo.

5 – UNA, DUE, TRE CAROVANE. AUMENTA LA PRESSIONE SUL CONFINE AMERICANO. IN MESSICO CAMBIA IL CLIMA. MIGRANTI SEMPRE PIÙ TRA DUE FUOCHI: «IL TRUMP DI TIJUANA» ATTACCA, QUELLO DELLA CASA BIANCA ESULTA. NELLA CAPITALE IL COMUNE HA CHIUSO LA CITTÀ SPORTIVA CHE OSPITAVA LA TERZA CAROVANA. L’INVITO DEL GOVERNO A NON PROSEGUIRE E A CHIEDERE ASILO. MA IN TANTI SONO GIÀ IN VIAGGIO VERSO NORD. IL DURO CONFRONTO TRA I MIGRANTI DELLA CAROVANA E LA POLIZIA MESSICANA A TIJUANA. Di Andrea Cegna, Città del Messico
Bandiere del Messico e molti cori hanno scandito il tempo della manifestazione anti-migranti di Tijuana di domenica scorsa. Cartelli di solidarietà con la carovana e segni d’umanità invece erano ben visibili dall’altra parte della città. Tijuana è spaccata in due. La polizia in mezzo con scudi e caschi ha evitato che la marcia anti-migranti attaccasse nuovamente la carovana migrante, già oggetto di sassaiole; ma prima ha messo nuovi pannelli divisori vicino alla palizzata di metallo che segna il confine tra Messico e Stati uniti.

CRONACA di una difficilissima giornata a Tijuana, dove l’arrivo di oltre 2500 membri della prima carovana ha diviso gli abitanti. Una parte, anziché provare a capire le ragioni d’oppressione che hanno generato l’autoproclamato esodo, ha preferito innescare la più classica delle guerre tra poveri.
Intanto la parte di carovana bloccata a Mexicali ha deciso di partire anche senza autobus, e proseguire. Vogliono raggiungere gli altri, come del resto era stato deciso nell’assemblea alla città sportiva di Città del Messico.

NEL GIRO DI POCHE ORE e nei prossimi giorni potrebbero arrivare al confine altre diverse migliaia di persone, anche quelle ferme nello stato di Sonora e quelle che sono partite dalla capitale dopo la pausa di riposo. Quanto basta all’amministrazione Trump per chiudere per ore il valico di San Ysidro, così da installare una nuova barriera di sicurezza anche dal lato stelle-e-strisce.

Gli Stati uniti hanno chiuso anche uno dei due attraversamenti pedonali del varco. Nella più classica delle strategie divisive, lavori e chiusura del valico dove ogni giorno passano circa 110 mila persone e circa 40 mila veicoli, complicherà la vita dei frontalieri. E la colpa verrà data ai migranti.

LA PAURA di un tentativo di sfondamento di massa agita le notti di Trump, la sua retorica anti immigrati si scioglierebbe come neve al sole se ciò accadesse e gli ultimi anni di mandato sarebbero debolissimi. The Donald alla situazione tijuanese ha dedicato anche un tweet in cui ribadisce l’allarme sulla pericolosità dei “caravanisti”, esprime solidarietà al sindaco della città Juan Manuel Gastelum, detto «il Trump di Tijuana» e chiude con un go home, «andate a casa». Lo sfondamento però, vista la logistica di Tijuana – anche alla luce degli ultimi interventi – non sembra essere contemplato, ma l’anomalia di oltre 7 mila persone che premono simultaneamente al confine potrebbe creare scenari inediti. E soprattutto ingovernabili. In molti e in molte delle tre carovane ricordano di avere parenti e amici già negli Stati uniti: che succederà se Trump e l’esercito decidessero di sparare, come è stato minacciato?

IL CLIMA COMUNQUE È CAMBIATO in tutto il paese. A Città del Messico il comune ha chiuso la Città Sportiva che, dopo aver dato ricovero alle prime due ondate migratorie, stava ospitando la terza carovana. In tanti sono in viaggio verso nord e hanno già superato Querétaro. Gli oltre 600 migranti restati in città sono stati spostati con autobus alla Casa del Pellegrino, e saranno in carico alla diocesi fino a venerdì. Prima e dopo lo spostamento messi governativi invitano a chiedere asilo in Messico e a non proseguire il viaggio verso gli Usa.

A Hermosillo, stato di Sonora, la Commissione di gestione e dialogo dell’esodo centro americano ha denunciato il fermo di due autobus pieni di uomini, donne e bambini da parte della polizia migratoria. Sono ancora in stato di fermo. Davanti alla determinazione dei migranti le pressioni Usa si fanno sentire sempre più.

6 – DAL 1945 AD OGGI 20-30 MILIONI GLI UCCISI DAGLI USA. L’ARTE DELLA GUERRA. GLOBAL RESEARCH PUBBLICA UN DOCUMENTATO STUDIO DI JAMES A. LUCAS SUL NUMERO DI PERSONE UCCISE DALLA ININTERROTTA SERIE DI GUERRE, COLPI DI STATO E ALTRE OPERAZIONI SOVVERSIVE EFFETTUATA DAGLI STATI UNITI DAL 1945 AD OGGI: ESSO VIENE STIMATO IN 20-30 MILIONI. CIRCA IL DOPPIO DEI CADUTI DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE , di Manlio Dinucci.
Nel riassunto del suo ultimo documento strategico – 2018 National Defense Strategy of the United States of America (il cui testo integrale è segretato) – il Pentagono sostiene che «dopo la Seconda guerra mondiale gli Stati uniti e i loro alleati hanno instaurato un ordine internazionale libero e aperto per salvaguardare la libertà e i popoli dall’aggressione e coercizione», ma che «tale ordine viene ora minato dall’interno da Russia e Cina, le quali violano i principi e le regole dei rapporti internazionali». Completo ribaltamento della realtà storica.

Il prof. Michel Chossudovsky, direttore del Centre for Research on Globalization, ricorda che questi due paesi, classificati oggi come nemici, sono quelli che, quando erano alleati degli Stati uniti durante la Seconda guerra mondiale, pagarono la vittoria sull’Asse nazi-fascista Berlino-Roma-Tokyo con il più alto prezzo in vite umane: circa 26 milioni l’Unione Sovietica e 20 milioni la Cina, in confronto a poco più di 400 mila degli Stati uniti. Con questa premessa Chossudovsky introduce su Global Research un documentato studio di James A. Lucas sul numero di persone uccise dalla ininterrotta serie di guerre, colpi di stato e altre operazioni sovversive effettuata dagli Stati uniti dalla fine della guerra nel 1945 ad oggi: esso viene stimato in 20-30 milioni. Circa il doppio dei caduti della Prima guerra mondiale, di cui si è appena celebrato a Parigi il centenario della fine con un «Forum della pace».

Oltre ai morti ci sono i feriti, che spesso restano menomati: alcuni esperti calcolano che, per ogni persona morta in guerra, altre 10 restino ferite. Ciò significa che i feriti provocati dalle guerre Usa ammontano a centinaia di milioni. A quello stimato nello studio si aggiunge un numero inquantificato di morti, probabilmente centinaia di milioni, provocati dal 1945 ad oggi dagli effetti indiretti delle guerre: carestie, epidemie, migrazioni forzate, schiavismo e sfruttamento, danni ambientali, sottrazione di risorse ai bisogni vitali per coprire le spese militari.

Lo studio documenta le guerre e i colpi di stato effettuati dagli Stati uniti in oltre 30 paesi asiatici, africani, europei e latino-americani. Esso rivela che le forze militari Usa sono direttamente responsabili di 10-15 milioni di morti, provocati dalle maggiori guerre: quelle di Corea e del Vietnam e le due contro l’Iraq. Altri 10-14 milioni di morti sono stati provocati dalle guerre per procura condotte da forze alleate armate, addestrate e comandate dagli Usa, in Afghanistan, Angola, Congo, Sudan, Guatemala e altri paesi.

La guerra del Vietnam, estesasi a Cambogia e Laos, provocò un numero di morti stimato in 7,8 milioni (più un enorme numero di feriti e danni genetici generazionali dovuti alla diossina sparsa dagli aerei Usa). La guerra per procura negli anni Ottanta in Afghanistan fu organizzata dalla Cia che addestrò e armò, con la collaborazione di Osama bin Laden e del Pakistan, oltre 100 mila mujaidin per combattere le truppe sovietiche cadute nella «trappola afghana» (come dopo la definì Zbigniew Brzezinski, precisando che l’addestramento dei mujaidin era iniziato nel luglio 1979, cinque mesi prima dell’invasione sovietica dell’Afghanistan). Il colpo di stato più sanguinoso fu organizzato nel 1965 in Indonesia dalla Cia: essa fornì agli squadroni della morte indonesiani la lista dei primi 5 mila comunisti e altri da uccidere. Il numero dei trucidati viene stimato tra mezzo milione e 3 milioni. Questo è «l’ordine internazionale libero e aperto» che gli Stati uniti, indipendentemente da chi siede alla Casa Bianca, perseguono per «salvaguardare i popoli dalla aggressione e coercizione».

7 – LA MARCA (PD): HO CHIESTO AL MINISTRO DEGLI ESTERI DI APRIRE UNA TRATTATIVA CON LE AUTORITÀ CANADESI SUI PERMESSI DI RESIDENZA PERMANENTE E SUI VISTI DI VACANZE-LAVORO PER GLI ITALIANI . Comunicato – Roma, 21 Novembre 2018

I dati sui permessi di residenza permanente concessi agli stranieri dal Governo canadese confermano la troppo scarsa incidenza che gli italiani da tempo hanno nella ripartizione di queste insostituibili chiavi di ingresso nel Paese.
Su poco meno di 3,8 milioni di autorizzazioni concesse negli ultimi tredici anni, quelle di cui i nostri connazionali hanno potuto beneficiare sono poco più di 7.500, nemmeno lo 0,20% del totale.
È una situazione che va decisamente affrontata, soprattutto alla luce del peso che la comunità italiana ha nella vita canadese e del contributo che ha dato allo sviluppo del Paese e, nello stesso tempo, alla luce della consistente richiesta di ingresso legale in Canada che proviene da molti giovani italiani in questa fase di forte ripresa dei flussi in uscita. A questo si aggiunga il limitato numero di visti di vacanze-lavoro concordato tra i due Paesi, anch’esso insufficiente a soddisfare la domanda.
Naturalmente, per modificare tale situazione, nessuno pensa che si possa intervenire nella legislazione e nelle scelte di un altro Paese, che sono e devono restare libere e autonome. Tra l’Italia e il Canada, tuttavia, vi sono eccellenti rapporti reciproci e non si capisce perché, nel reciproco rispetto dei rispettivi ordinamenti e della rispettiva autonomia decisionale, non si possa attivare un tavolo di trattative bilaterali volto a trovare soluzioni soddisfacenti per tutti.
Con questo intento, ho presentato un’interrogazione al Ministro degli affari esteri affinché valuti l’opportunità e l’urgenza di avviare con le autorità canadesi una trattativa su queste questioni, una trattativa che possa tradurre gli ottimi rapporti tra Italia e Canada in una parola di speranza per chi cerca formazione e lavoro nell’ospitale società canadese. Coerentemente con quello che è accaduto quando lo stesso Canada ha avuto bisogno delle energie e dell’intelligenza degli italiani per progredire.
On./Hon. Francesca La Marca, Ph.D.
Circoscrizione Estero, Ripartizione Nord e Centro America

8 – PARLAMENTARI PD ESTERO: LA RIDUZIONE DEGLI ELETTI ALL’ESTERO È INIQUA E DANNOSA PER IL PAESE . Sulle proposte di legge costituzionali di riduzione del numero dei parlamentari, presentate dal Movimento 5Stelle, dalla Lega e da Forza Italia, sono in corso le consultazioni presso la Commissione affari costituzionali del Senato. Per quanto riguarda gli italiani all’estero le proposte sono univoche: riduzione da 18 a 12 parlamentari (8 alla Camera, 4 al Senato). ROMA, 23 NOVEMBRE 2018

Anche se esse provengono da forze che si sono sempre dichiarate contrarie ad una rappresentanza autonoma degli italiani all’estero (la Lega votò contro l’inclusione in Costituzione della circoscrizione Estero), il proposito è grave e lesivo prima di tutto sotto un profilo costituzionale. Il rapporto di rappresentanza degli italiani all’estero rispetto a quello dei residenti in Italia è stato fin dalla sua origine squilibrato, a danno degli iscritti all’AIRE. Nel 2006, quando si votò per la prima volta, in Italia un parlamentare corrispondeva a 50.600 elettori, all’estero a 150.000 elettori: tre volte di più.

Nei 12 anni trascorsi, il corpo elettorale in Italia è restato stazionario, mentre all’estero è cresciuto del 56%. Nelle ultime elezioni, ad ogni deputato in Italia corrispondevano mediamente 96.000 abitanti, all’estero 400.000, 4 volte di più; per ogni senatore in Italia 192.000 abitanti, all’estero 800.000.

Se passassero le modifiche proposte, la cosa si aggraverebbe. Infatti, in Italia alla Camera il quoziente di rappresentanza sarebbe di 151.000 elettori, all’estero di 687.500 (+4,5), mentre al Senato in Italia di 302.000 elettori, all’estero di 1.375.000. Eppure, in nessuna parte della Costituzione sta scritto che i cittadini italiani sono diversi sulla base della residenza territoriale.

Un rapporto così squilibrato tra eletto ed elettori all’estero significherebbe rendere puramente simbolica la partecipazione dei cittadini all’estero alla vita democratica del Paese, alla faccia dell’”effettività” voluta dalla Costituzione.

In realtà, dietro queste proposte, qual è l’idea dell’Italia nel mondo che traspare? Da anni, soprattutto per limitare l’impatto della crisi e della stagnazione, si sta facendo uno sforzo per proiettarsi nel mercato globale con una strategia di promozione integrata del nostro sistema, attraverso l’internazionalizzazione economica, l’offerta culturale e – risorse delle risorse – la rete delle comunità e delle nuove emigrazioni.

Dare un significato di negatività e di marginalizzazione ai cittadini all’estero, per altro in un momento di scarsa attrattività del Paese sul piano internazionale, a chi conviene? Non certo all’Italia, ai suoi interessi e alla risoluzione dei suoi problemi.
I Parlamentari PD eletti all’estero: Garavini, Giacobbe, Carè, La Marca, Schirò, Ungaro

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