Un milione e trecentomila firme contro l’autonomia

In Cassazione le firme dei cittadini che hanno sottoscritto il referendum contro la legge Calderoli. Ferrari, Cgil: “Una festa di partecipazione”

In soli due mesi si è più che raddoppiata la soglia minima prevista per la richiesta di referendum, precisamente 1.291.488 firme tra cartacee e online. Due mesi che hanno attraversato l’estate e la giusta voglia di vacanza, eppure in tanti e tante si sono fermati ai banchetti o hanno aperto il pc per esprimere la propria contrarietà al disegno di Calderoli e della Lega, sostenuto dalla maggioranza di destra, di spaccare il Paese, dare più risorse alle regioni del Nord e lasciare quelle del Sud al proprio destino, dimenticando la Costituzione che afferma: L’Italia è una Repubblica indivisibile, tutti i cittadini e le cittadine hanno diritto alla sanità all’istruzione, alla mobilità, nello stesso modo in tutto il Paese.

Quanti hanno sottoscritto il quesito non si sono espressi soltanto contro l’autonomia di Calderoli, ma hanno contemporaneamente espresso uno straordinario bisogno e volontà di partecipazione. Vogliamo essere noi cittadini e cittadini a esprimerci sulle cose fondamentali che ci riguardano. Ne parliamo con Christian Ferrari, segretario nazionale della Cgil.

Ben oltre il milione di firme in Cassazione in calce al quesito referendario per abolire la legge sull’autonomia differenziata. Il doppio di quelle necessarie in meno di due mesi. Un successo?
Si tratta, indubbiamente, di un successo, che in pochi prevedevano. Va anche sottolineato che il risultato è stato raggiunto non solo sulla piattaforma online, ma anche grazie alle firme cartacee raccolte nelle migliaia di banchetti che abbiamo organizzato capillarmente in tutto il Paese: dalle grandi città ai piccoli comuni, dalle feste di partito ai luoghi di vacanza, in un periodo per nulla favorevole a questo genere di iniziative come quello estivo, con il “generale agosto” che solitamente addormenta completamente il dibattito pubblico. Vanno ringraziate, per questo, i nostri militanti, tutte le compagne e i compagni che hanno reso possibile un esito inaspettato.

Perché, secondo te, tanta partecipazione contro la legge Calderoli?
C’è stata una partecipazione trasversale, sia geograficamente che politicamente. Hanno sicuramente firmato il quesito molti elettori dei partiti di opposizione, ma abbiamo registrato la condivisione anche di cittadine e cittadini che alle ultime elezioni hanno votato per le forze di maggioranza. Del resto, sono tanti gli amministratori di centrodestra che hanno espresso perplessità, se non aperta contrarietà alla Legge Calderoli. Va sottolineato, in particolare, il protagonismo dei sindaci sia delle realtà urbane più importanti che di quelle interne. Evidentemente hanno capito benissimo che questo progetto ha l’obiettivo di sostituire a un presunto neocentralismo statale, un neocentralismo regionale, che marginalizza i territori. E che questo sia l’indirizzo del governo lo dimostra, senza tema di smentita, il ritorno dei tagli lineari agli Enti locali già in corso e che rischiano di peggiorare con la prossima manovra di bilancio.

Tante le firme al Sud, ma anche il Nord non si è tirato indietro. Quale il messaggio che comincia a passare?
Il messaggio che noi abbiamo provato a far passare è che le persone che rappresentiamo, lavoratori e pensionati, non hanno nulla da guadagnare dall’Autonomia differenziata, ovunque risiedano. Perché mette in discussione il contratto collettivo nazionale (hanno rispolverato perfino le gabbie salariali); frammenta la legislazione su salute e sicurezza sul lavoro, favorendo il dumping anche su questo terreno, sulla pelle dei lavoratori; regionalizza l’Istruzione pubblica, un pilastro dell’identità culturale nazionale; lasciando il residuo fiscale nelle Regioni più ricche, rende praticamente impossibili le politiche industriali di cui abbiamo urgente bisogno per contrastare il declino che sta subendo il nostro sistema economico; accelera la privatizzazione della sanità, assestando un colpo definitivo al Ssn, che è ormai sull’orlo dell’implosione; e potrei proseguire. È evidente che a pagare il prezzo più salato sarebbe il Meridione, ma questa deriva non conviene neppure al sistema produttivo settentrionale che, a quanto pare, se ne sta rendendo conto. Cominciano a comprendere che venti regimi giuridici diversi su materie cruciali costituirebbero una giungla burocratica inestricabile per le stesse imprese. Il dato di fondo è che, senza rilanciare la domanda interna, a partire da dove è più bassa, l’Italia – con le crisi geopolitiche in corso e le loro inevitabili ricadute sulle esportazioni – non avrebbe alcuna possibilità di agganciare una crescita solida e duratura.

Un obiettivo concreto e si materializza il desiderio forte di partecipazione. È così? E se sì come non disperdere questa voglia?
È la dimostrazione che quando si mette al centro la condizione materiale di vita delle persone in carne e ossa si raccoglie un interesse e si risveglia la voglia di partecipare. Dobbiamo insistere, continuare a spiegare che non è vero che non ci siano alternative alle politiche economiche e sociali che svalorizzano il lavoro, riducono il welfare pubblico e universalistico, aumentano le diseguaglianze e i divari territoriali, sacrificano sull’altare del profitto i diritti fondamentali sanciti dalla nostra Costituzione. Collettivamente, anche utilizzando gli strumenti di democrazia diretta, le cose possono cambiare.

Il valore di questa esperienza è anche nella composizione del comitato promotore: tantissime organizzazioni, dal sindacato ad alcuni partiti politici, e soprattutto tante associazioni. È l’onda lunga della via maestra? E quale eredità?
Con la “Via Maestra”, in tempi non sospetti, abbiamo fatto un investimento politico che sta dando i suoi frutti: mettere insieme un largo arco di forze sindacali e della società civile per difendere la Costituzione da quello che, per noi, era chiaro fin dall’inizio di questa legislatura: il tentativo della destra di sovvertire la Carta e di snaturare la nostra democrazia, facendola sempre più somigliare a una democratura, con il superamento della centralità del Parlamento, l’indebolimento dei corpi intermedi, una verticalizzazione del potere che non ha precedenti né paragoni in nessun altro paese occidentale. E tra i valori che abbiamo difeso con grandi e partecipatissime manifestazioni di piazza c’è stato anche quello della pace, che per noi rappresenta il prerequisito di tutte le altre nostre battaglie. È il caso di ribadirlo, in un momento in cui i conflitti anziché risolversi si moltiplicano, con il rischio di escalation addirittura nucleare sempre più dietro l’angolo. Sull’Autonomia differenziata il fronte è diventato ancora più largo e questo non è solo positivo, ma indispensabile per raggiungere il quorum. E nemmeno basta, perché dobbiamo saper parlare – come dicevo all’inizio – anche agli elettori dei partiti di governo, molti dei quali sono sensibili al tema dell’unità nazionale e della coesione sociale.

Se così è il filo che lega è quello della difesa e della attuazione della Costituzione
Qualcuno vorrebbe far passare l’idea che il problema dell’Italia sia la sua Costituzione, che sarebbe superata dai tempi e dagli eventi. Noi pensiamo esattamente il contrario: il problema è la distanza che separa quanto vi è previsto dalla condizione materiale, di vita e di lavoro delle cittadine e dei cittadini italiani. Per questo, la nostra difesa della Costituzione non ha nulla di conservativo o di astratto, ma equivale ad esigere l’attuazione del diritto a un lavoro libero e dignitoso; del diritto alla salute da garantire a tutte e tutti a prescindere dal luogo di residenza e dalla condizione economica; del diritto a un’Istruzione pubblica di qualità il tutto il territorio nazionale; del diritto a un fisco progressivo e tutto il resto che sappiamo.

Sì all’abolizione dell’autonomia differenzia e sì all’abolizione delle leggi che rendono precario e insicuro il lavoro. Questo l’appuntamento di primavera, ancora una volta nella cornice della Costituzione.
Abbiamo raccolto quattro milioni di firme sui nostri quesiti per cambiare la legislazione sul lavoro. Per le ragioni sociali che dicevo prima, i nostri referendum sono perfettamente complementari con quello per l’abolizione della Legge Calderoli. La nostra sarà una campagna unica e coerente: cinque Sì per cambiare per davvero le cose. Abbiamo un’occasione straordinaria, sconfiggere per la prima volta una precarietà che, da lavorativa, sempre più spesso si trasforma in precarietà esistenziale, soprattutto per i giovani e le donne, e contemporaneamente fermare il tentativo di dividere l’Italia in tante piccole patrie, tenute insieme dall’uomo o dalla donna soli al comando: un modello in cui il popolo verrebbe trasformato in un’entità indistinta, chiamato a firmare una delega in bianco ogni cinque anni a chi concentrerebbe nelle sue mani tutto il potere, senza dover rendere conto a nessuno delle sue scelte. Noi coltiviamo l’ambizione opposta: far partecipare le persone che rappresentiamo alla vita democratica per incidere sulle politiche economiche e sociali da cui dipenderà il loro futuro e quello del Paese. Stiamo provando a creare le condizioni perché le cittadine e i cittadini possano esprimersi direttamente su questioni di enorme rilevanza, da cui dipenderà la qualità stessa della nostra democrazia.

Oggi la consegna delle firme, da domani?
È solo il primo passo. Dobbiamo continuare a portare le nostre buone ragioni nelle piazze, nei luoghi di lavoro, tra le persone. Tenere sempre insieme la questione democratica e la questione sociale, che sono indissolubilmente legate, perché la disaffezione al voto dipende innanzitutto dalla convinzione diffusa che qualunque sia l’esito elettorale le ricette messe in pratica rimangano le stesse, a danno delle fasce popolari. Non stancarci di spiegare che il nostro obbiettivo di fondo non è quello di lasciare la situazione com’è, ma cambiare in profondità un modello sociale e di sviluppo ormai insostenibile sia socialmente che ambientalmente. Insieme, possiamo favorire la svolta di cui il Paese ha assoluto bisogno.

 

FONTE: https://www.collettiva.it/speciali/spacca-italia/un-milione-di-firme-per-il-si-contro-lautonomia-xm6qfuiz

 

 

 

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