n°41 – 14/10/23 – RASSEGNA DI NEWS NAZIONALI E INTERNAZIONALI. NEWS DAI PARLAMENTARI ELETTI ALL’ESTERO

01 – Massimo Franchi*: in 200mila per la costituzione Landini: basta rassegnazione «la nostra forza è aver unito realtà diverse, non ci fermeremo finché il paese non cambia». i due cortei riempiono piazza san Giovanni «come non accadeva da dieci anni» ben oltre le previsioni.
02 – USA. A PROPOSITO DI DEMOCRAZIA. LA VERGOGNA NON BASTA PIU’. (ndr)
Roberto Livi*, L’AVANA: Energia e cibo, la crisi peggiore. Cuba può solo resistere.
03 – Barbara Weisz*: FMI: sulla Legge di Bilancio pesa il rallentamento dell’economia. Il FMI taglia le stime di crescita mondiale e dell’Italia, Giorgetti in audizione sulla NaDEF segnala le difficoltà macroeconomiche in vista della Manovra
04 – Care(Pd)*: camera di commercio di Perth porta di accesso all’Asia
05 – La Senatrice La Marca*: incontra il viceministro degli esteri cubano, ELIO RODRÍGUEZ ù
06 – Sabato Angieri*, BEIT KAMA: «CON NETANYAHU qui tutto è marcito». senza ritorno. reportage da tel aviv e dal campo di beit kama, fra i volontari di Brother and Sisters in arms, è iniziata? sono le 21 quando a tel aviv i cellulari dei giornalisti iniziano a squillare e ognuno si chiede se le forze armate israeliane abbiano dato il via all’invasione via terra della striscia di Gaza
07 – Chris Hedges*: i palestinesi parlano il linguaggio della violenza che Israele gli ha insegnato.
08 – Chiara Zennaro*: SCIENZA – Il buco nell’ozono sopra l’Antartide è cresciuto e ora è grande tre volte il Brasile. Secondo le rilevazioni dell’Esa, l’assottigliamento dello strato del gas presente nella stratosfera avrebbe raggiunto i 26 milioni di chilometri quadrati
09 – Amanda Hoover *: La legge anti-Airbnb sta gettando New York nel caos
A poco più di un mese dall’entrata in vigore, le nuove norme della città hanno già portato alla nascita di un mercato nero degli affitti brevi
10 – Che cos’è e che cosa fa l’Unione europea . L’Ue è un’unione politica ed economica cui appartengono 27 paesi europei. Un’organizzazione sui generis, distinta dalle organizzazioni internazionali e tuttavia non assimilabile a una confederazione o a una federazione

 

 

01 – Massimo Franchi*: IN 200MILA PER LA COSTITUZIONE LANDINI: BASTA RASSEGNAZIONE «LA NOSTRA FORZA È AVER UNITO REALTÀ DIVERSE, NON CI FERMEREMO FINCHÉ IL PAESE NON CAMBIA». I DUE CORTEI RIEMPIONO PIAZZA SAN GIOVANNI «COME NON ACCADEVA DA DIECI ANNI» BEN OLTRE LE PREVISIONI.

Due lunghissimi serpentoni rossi con qualche chiazza di altro colore che hanno fatto fatica ad entrare a piazza San Giovanni. La «Via maestra» ha tracciato la strada per «cambiare il paese in nome della Costituzione». La manifestazione della Cgil e di altre 200 associazioni e reti sociali e territoriali è stata un successo che è andato oltre le migliori previsioni degli organizzatori. Le 200 mila persone stimate – 35 mila per la Questura di Roma – sono un segnale di vitalità e speranza per il futuro tutt’altro che scontato: «Una piazza così non si vedeva da almeno dieci anni», si sente dal palco.

Alle 15 piazza San Giovanni era già piena mentre c’erano migliaia di persone ancora ferme a piazzale dei Partigiani, partenza del corteo dalla stazione Ostiense.
Nei tanti interventi dal palco sono risuonati tanti accenti diversi ma una sola voce, riassunta nella chiusura di un commosso Maurizio Landini: «L’emozione e la felicità di valore una piazza così è enorme».

LA CGIL MOVIMENTISTA, capofila dell’associazionismo laico e cattolico, chiama tutto il paese a reagire: «È il momento di uscire dalla rassegnazione, dall’idea che non si può cambiare, che bisogna subire». Consapevole della forza che viene «dall’aver messo assieme tante realtà diverse in nome della Costituzione». «Una Costituzione – sottolinea Landini nel passaggio più applaudito dalla piazza – conquistata dai nostri padri e nostri nonni sconfiggendo il fascismo».

MAURIZIO LANDINI
«A nome di tutte le associazioni prendiamo l’impegno di batterci ogni giorno e in ogni luogo fino a quando lavoro e diritti non saranno tornati al centro della vita sociale e politica»
Un Landini ecumenico – «non è possibile che in 18 mesi di guerra l’unico che ha lavorato per la pace sia il papa» – che ricorda «la casa dei rider aperta a Palermo» e «il parco aperto dalla società civile a Caserta» come modelli «per ricostruire le comunità e la solidarietà tra le persone che si ottiene non fra eguali ma quando chi ha di più aiuta chi ha di meno ad avere più diritti perché il nostro nemico non è il migrante o chi ha un lavoro più sicuro del mio ma quello da battere è chi sfrutta tutti», sottolinea il segretario Cgil.

QUI ARRIVA L’ATTACCO A MELONI: «Dopo un anno in carica il governo ha deciso di manomettere la Costituzione, noi che l’abbiamo difesa da Berlusconi e da Renzi lo continueremo a fare a partire dal no all’autonomia differenziata».

Il passaggio sulla necessità di «un salario minimo orario contro salari da 5-6 euro che sono da fame» è molto duro: «Il governo ha subappaltato al Cnel il suo ruolo e il suo professore (Brunetta, Ndr) ha deciso che del salario minimo non c’è bisogno grazie anche ai voti di sindacati che non hanno rappresentanza e hanno firmato contratti pirata: è un attacco ai lavoratori che invece devono avere il diritto di votare sui loro contratti e avere una legge sulla rappresentanza».

Due sassolini il leader della Cgil se li toglie parlando di «CRISI CLIMATICA E CONSEGUENZE SUL LAVORO». L’attacco è diretto a Sergio Marchionne e Carlo Calenda, entrambi solo evocati. «La chiusura della Marelli è figlia dei mancati investimenti di 15 anni fa quando l’allora Fiat invece attaccava i diritti dei lavoratori e chi oggi ci attacca, chiedendoci dove eravamo, lavorava per loro e poi è diventato ministro senza fare nulla su questo argomento».

ARRIVA POI UN ALTRO MOMENTO di commozione nel ricordo di Stefano Rodotà e Carla Carlassare: «Dieci anni fa eravamo insieme per una manifestazione dallo stesso titolo – la via maestra – un pensiero va a loro che non hanno mai rinunciato alle loro idee, non hanno mai delegato. Rodotà diceva sempre che esistono due idee di società: una democratica che spinge alla partecipazione e una autoritaria che restringe gli spazi di democrazia. Ebbene – insiste Landini – siamo di nuovo lì, davanti all’idea che serva un qualcuno di forte. E allora davanti alla crisi della democrazia che riguarda non solo i partiti ma anche il sindacato dobbiamo impegnarci perché la politica tutta torni ad occuparsi delle persone e del lavoro, non c’è niente da inventare, basta tornare ai valori base dei nostri costituenti». Ecco infine «l’impegno» con cui Landini chiude la manifestazione: «Credo che a nome di tutte le associazioni prendiamo l’impegno di batterci, non ci fermeremo finché lavoro e diritti non saranno tornati al centro della vita sociale e politica».

PRIMA DI LUI SUL PALCO si erano alternate tante realtà sociali e personalità diverse, a partire da quel Gustavo Zagrebelsky che era presente anche dieci anni fa alla prima «Via maestra». Se Peppe De marzo, coordinatore della Rete dei numeri pari, ha chiesto «il ritiro del ddl Calderoli sulla autonomia differenziata», Gianfranco Pagliarulo dell’Anpi ha ricordato come «l’antifascismo mai come oggi vuol dire pace e lavoro» e Simona Abate di Greenpeace ha sostenuto come «ambientalismo e giustizia sociale debbano viaggiare di pari passo». Dieci anni fa c’era anche don Ciotti, sicuramente stato il più applaudito e molto meno moderato di allora: «Siamo davanti alla prostituzione della Costituzione e non possiamo tacere. La Costituzione è il primo testo antimafia, è carta ma anche carne, lo sa bene la magistrata Iolanda Apostolico che ha solo applicato la legge e il diritto europeo e subito ha subito un massacro: uniamo le nostre forze costruiamo una nuova forza sociale e politica», ha concluso il fondatore di Libera. Qualcuno dunque ci sta pensando. Non certo Landini. Che deve preparare lo sciopero generale, sebbene ieri non l’abbia evocato
*(Fonte: Il Manifesto. Massimo Franchi. Professor of Econometrics. Dipartimento di Scienze Statistiche · Sapienza Università di Roma.)

 

02 – USA. A PROPOSITO DI DEMOCRAZIA. LA VERGOGNA NON BASTA PIU’. (ndr)
Roberto Livi*, L’AVANA: Energia e cibo, la crisi peggiore. Cuba può solo resistere.

L’AVANA. Lo stop delle forniture di greggio dei paesi «amici», gli alimentari che scarseggiano, i dubbi sulle riforme. L’isola nella tormenta
Sono tornate le lunghe code ai distributori e le altrettante lunghe interruzioni giornaliere della luce. Sono tornate per restare in un prossimo futuro. Lo ha detto chiaro il vice premier e ministro dell’Economia e delle Finanze, Alejandro Gil, in una tavola rotonda la settimana scorsa.

Cuba attraversa una grave crisi energetica, scarseggia la benzina e ancora peggio va per il diesel che alimenta le centrali elettriche. E le casse del governo sono in riserva. Tanto che l’unico rimedio è tirare la cinghia, energetica come alimentare. «Non arriveremo al punto di zero carburante, perché abbiamo programmato le prossime due settimane di razionamento», più o meno severo. Poi, si spera, la situazione migliorerà, ha affermato Gil.
LE CAUSE ESPOSTE dal vicepremier sono in gran parte un dejà vu per il cittadino comune. L’embargo Usa, la crisi internazionale, il caro petrolio che ne è un seguito, e il fatto che «alcuni fornitori non hanno rispettato» i rifornimenti garantiti.
Chi siano i fornitori è noto: il Messico, la Russia e il Venezuela bolivariano. Le ragioni sono altrettanto note. Con il barile che scala i 100 dollari per il Messico diventa troppo oneroso rinunciare a una consistente entrata per favorire Cuba con greggio pagato in compensazione all’operato dei medici cubani nella nazione azteca o in regalo. Inoltre gli Usa hanno annunciato una multa di 800 milioni di dollari alla messicana Pemex per aver fornito greggio a Cuba. Un brutto colpo: si calcola (Università del Texas) che il Messico dall’inizio dell’anno abbia inviato greggio all’isola per un valore attorno ai 200 milioni di dollari.
IL VENEZUELA GIÀ DA TEMPO ha dimezzato i circa 100mila barili giorno inviati degli anni passati e si trova nelle stesse condizioni del Messico. Però uno sforzo del governo Maduro c’è stato: in settembre sono stati inviati circa 860mila barili/giorno, ma una parte di essi deve ancora arrivare nell’isola.
La russa Rosneft ha da tempo messo in chiaro che non può/vuole mettere l’invio di greggio a Cuba in conto perdita. E dunque che riprenderà i rifornimenti all’isola solo «con la garanzia (di copertura del credito) del Cremlino».
In questo quadro dunque vi è una sola alternativa: resistere. Ma in condizioni economiche – e dunque sociali – che sono drammatiche. I prezzi sono saliti – l’inflazione alimentaria inter annuale supera il 70% e per alcuni generi è il doppio – a livelli difficilmente sostenibili per il cubano de a pie. L’euro al mercato nero ha raggiunto quota 260 pesos, più del doppio del cambio ufficiale. Mettere qualcosa in tavola tre volte al giorno è diventato impossibile per una parte della popolazione che riesce a mangiare una sola volta al giorno.
LA RINNOVATA CRISI energetica manda in tilt buona parte dei trasporti e dunque anche la distribuzione della libreta, mediante la quale vengono assicurati generi di prima necessità con prezzi calmierati. Già oggi i generi forniti dalla libreta sono ridotti all’osso e durano una decina di giorni. Solo chi può – o deve – tirare la cinghia al massimo è capace di estenderli fino a una ventina di giorni. Anche in questo settore il vicepremier Gil ha annunciato tempi duri: il governo non ha soldi per comprare più cibo sui mercati esteri.
La coda della stagione ciclonica ci mette di suo: due giorni fa per le piogge è crollato un edificio nell’Avana vieja, con un bilancio di tre vittime, due delle quali pompieri. A ricordare che anche il settore abitativo è in crisi, con solo un terzo delle case giudicate in buon stato.

In questa allarmante situazione in cui si sommano crisi economica, energetica, alimentare e sociale è incorso un dibattito su quali riforme siano necessarie e urgenti per tentare di uscire da quella che ormai è riconosciuta – anche ufficialmente – come la peggiore crisi. Un generale accordo vi è sull’applicazione della riforma sugli investimenti esteri.
UN ALTRO TEMA CALDO riguarda il ruolo degli imprenditori privati nel «processo di trasformazione che l’economia (cubana) necessita». Il micro, piccole e medie imprese, in sigla cubana Mipymes, e le cooperative «con le regolazioni pertinenti il loro funzionamento sono componente e complemento imprescindibile dell’economia cubana in diversi settori chiaramente definiti, tanto nei servizi che nella produzione, soprattutto in agricoltura», sostiene l’economista Julio Carranza.
Ma avverte: «Il settore fondamentale dell’economia, che deve guidare lo sviluppo e mantenere il controllo dei principali mezzi di produzione, è il settore pubblico. Senza di esso non vi è opzione socialista, nè progresso di giustizia sociale in Cuba». Però «è imprescindibile una visione oggettiva di quello che può o deve essere il socialismo in Cuba nelle attuali condizioni storiche, senza dogmi, pregiudizi o paralisi».
LA FOTOGRAFIA DI OGGI è che il socialismo cubano non riesce a produrre i beni necessari al paese. Dunque il problema non è se le imprese debbano o no essere statali, «ma che devono essere efficienti». Solo in questo caso il privato può essere una componente positiva.
*(Fonte: Il Manifesto, corrispondente dall’Avana)

 

03 – Barbara Weisz*: FMI: SULLA LEGGE DI BILANCIO PESA IL RALLENTAMENTO DELL’ECONOMIA. IL FMI TAGLIA LE STIME DI CRESCITA MONDIALE E DELL’ITALIA, GIORGETTI IN AUDIZIONE SULLA NADEF SEGNALA LE DIFFICOLTÀ MACROECONOMICHE IN VISTA DELLA MANOVRA.
Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha ridotto di 0,4 punti le previsioni sull’Italia, portando la stima del PIL 2023 allo 0,7%. Si tratta di una proiezione vicina a quella contenuta nella NaDEF, che vede la crescita di quest’anno pari allo 0,8% (anche in questo caso, con revisione al ribasso).
In audizione davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha sottolineato la difficoltà di predisporre politiche di bilancio in un quadro di incertezza aggravata dalla situazione in Medio Oriente.
Detto questo, Giorgetti conferma le anticipazioni sulla Manovra contenute nella NaDEF (a partire da taglio del cuneo fiscale alla riforma IRPEF) e la richiesta al Parlamento di approvare lo scostamento di bilancio per finanziare la Legge di Bilancio.
• Confermate le misure chiave in Legge di Bilancio
• Le previsioni 2023 e 2024
• Stime FMI sul PIL riviste al ribasso
Il taglio del cuneo fiscale assorbe le risorse dello scostamento di bilancio (pari a 15,7 miliardi di euro). «È’ un intervento che riteniamo doveroso, anche a alla luce dei dati Istat, che mostrano il peggioramento delle condizioni economiche di alcune fasce della popolazione», ha spiegato Giorgetti
La proroga rappresenta quindi un valido sostegno ai redditi e ai consumi delle famiglie con redditi più bassi, che potrà anche contribuire al contenimento delle aspettative di inflazione.
Sull’intervento di riforma fiscale, il ministro si limita a confermare che sarà una riduzione a tre aliquote IRPEF, con un alleggerimento della pressione fiscale per i redditi bassi.
Sempre in sede di audizione sulla NaDEF, il presidente del CNEL Renato Brunetta ha parlato di accorpamento dei primi due scaglioni, con l’aliquota del 23% applicata ai redditi fino a 28mila euro.
LE PREVISIONI 2023 E 2024
Per quanto riguarda i numeri contenuti nella NaDEF, la crescita è rivista al ribasso nel 2023, 0,8%, e 2024, 1%. La riduzione dell’inflazione dovrebbe comunque favorire la ripresa dei consumi, anche grazie ai segnali positivi che arrivano dal mercato del lavoro (tasso di occupazione in agosto al massimo storico, al 61,5%, e disoccupazione al 7,3%). La situazione patrimoniale della famiglia continua a essere solida, secondo Giorgetti, così come i bilanci delle imprese.
Sulla crescita pesano però diversi fattori: politiche restrittive delle banche centrali, difficoltà di finanziamento, tensioni geopolitiche, prezzi delle materie prime, soprattutto energetiche. Non sono elementi che riguardano solo l’Italia: a risentirne è la crescita a livello internazionale. L’OCSE stima un rallentamento del PIL mondiale al 2,7%, come ha ricordato Giorgetti.
STIME FMI SUL PIL RIVISTE AL RIBASSO
E qui si inserisce la nuova revisione al ribasso del FMI. A livello internazionale, si prevede un PIL 2023 al 3% e al 2,9% nel 2024. Per quanto riguarda l’Italia, invece, la stima scende allo 0,7% sia per il 2023 sia per il 2024, con un taglio rispettivamente dello 0,4% e dello 0,2% sulle precedenti stime.
Il Paese sconta un indebolimento del settore industriale, un calo dell’edilizia e un indebolimento della domanda interna nel secondo trimestre dell’anno.
*(Fonte: PMI.it. Barbara Weisz, Giornalista professionista, esperta di questioni economiche, politiche e finanziarie, collabora da anni con numerose testate)

 

04 – Care(Pd)*: camera di commercio di Perth porta di accesso all’Asia

Ho incontrato il consiglio il consiglio di amministrazione del ICCI Perth convocato per un incontro, negli uffici di Perth di Grant Thornton Australia, uno dei principali partner. Il Presidente Raffaele Iannizzotto ha sottolineato la vitale sinergia tra Assocamerestero, ambasciata dell’Italia in Australia, Consolato d’Italia a Perth, ITA – Italian Trade Agency – Sydney e Camere dell’Area. Durante l’incontro abbiamo individuato le priorità che il governo italiano deve affrontare in materia di settori vitali per lo sviluppo industriale, come le energie rinnovabili, lo spazio, la sicurezza informatica, la difesa e l’internazionalizzazione delle imprese italiane in questi settori.
Le Camere di Commercio italiane nel mondo hanno un ruolo inestimabile e la Camera di Perth, ha opportunità uniche nell’Australia occidentale grazie alla sua forza economica e al posizionamento geografico strategico come porta d’accesso all’Asia. Questa posizione strategica è ulteriormente rafforzata dai collegamenti diretti con l’Italia forniti da Qantas.” Così Nicola Carè deputato del Pd eletto all’estero.
*(On./Hon. Nicola Carè – Camera dei Deputati – Chamber of Deputies – IV Commissione Difesa – Defence Committee – Circoscrizione Estero, Ripartizione Africa, Asia, Oceania e Antartide)

 

05 – La Senatrice La Marca*: INCONTRA IL VICEMINISTRO DEGLI ESTERI CUBANO, ELIO RODRÍGUEZ PERDOMO. IERI, 12 OTTOBRE 2023, SI È TENUTO NELL’AULA BUSTI DELLA CAMERA DEI DEPUTATI UN INCONTRO CON IL VICEMINISTRO DEGLI ESTERI CUBANO, ELIO RODRÍGUEZ PERDOMO E SUA ECCELLENZA, L’AMBASCIATRICE MIRTA GRANDA AVERHOFF, ORGANIZZATO DALLA SEZIONE BILATERALE DI AMICIZIA ITALIA-CUBA DEL GRUPPO ITALIANO DELL’UNIONE INTERPARLAMENTARE.
L’incontro ha rappresentato l’occasione per ribadire la profonda amicizia fra i due Paesi e confrontarsi sulla situazione socio-economica di Cuba. Il viceministro Perdomo, intervenendo, ha evidenziato le difficoltà nella situazione socio-economica cubana degli ultimi anni a causa anche delle politiche di embargo emanate dall’amministrazione Trump durante i suoi anni di presidenza e ha sottolineato i disagi procurati dalla pandemia di COVID-19.
La Senatrice La Marca ha preso la parola per ribadire la forte amicizia e vicinanza al popolo cubano e per sottoporre alcune questioni agli ospiti. “Ringrazio la Presidente Gadda per aver voluto organizzare un momento di confronto come questo che conferma il rapporto di amicizia e collaborazione tra i nostri due Paesi. In una mia recente visita a Cuba ho avuto modo di riscontrare un peggioramento della situazione socio-economica del Paese. Vorrei sottoporre ai gentili interlocutori due questioni”.
“La prima – l’accesso al cibo nel Paese è oramai ai minimi storici anche a causa delle politiche restrittive dell’amministrazione Trump. Vorrei dunque invitarvi a riflettere sulla possibilità di adottare una nuova politica agricola mirata al rilancio dell’intera filiera agroalimentare e soddisfare le esigenze della popolazione”.
“La seconda – attualmente risiedono sul territorio cubano oltre 4000 cittadini italiani iscritti all’AIRE che finora non hanno potuto esercitare il loro diritto di voto perché non consentito dal Vostro Governo. Vi chiedo in questa sede di voler prendere l’impegno ad affrontare la questione insieme”.
Il viceministro Perdomo e l’Ambasciatrice Mirta Granda Averhoff hanno preso atto delle questioni sollevate dalla Senatrice, fissando un incontro nelle prossime settimane all’interno del quale confrontarsi su questi argomenti.
*(Sen. Francesca La Marca – 3ª Commissione – Affari Esteri e Difesa – Electoral College – North and Central America)

 

06 – Sabato Angieri*, BEIT KAMA: «CON NETANYAHU QUI TUTTO È MARCITO». SENZA RITORNO. REPORTAGE DA TEL AVIV E DAL CAMPO DI BEIT KAMA, FRA I VOLONTARI DI BROTHERS AND SISTERS IN ARMS. È INIZIATA? SONO LE 21 QUANDO A TEL AVIV I CELLULARI DEI GIORNALISTI INIZIANO A SQUILLAREA E OGNUNO SI CHIEDE SE LE FORZE ARMATE ISRAELIANE ABBIANO DATO IL VIA ALL’INVASIONE VIA TERRA DELLA STRISCIA DI Gaza. «Non ne resterà neanche uno vivo» aveva dichiarato ieri il premier Netanyahu dopo aver intimato ai residenti della parte settentrionale della Striscia si spostarsi al sud, verso il confine con l’Egitto.
Alle 22 la città trema, dei razzi esplodono vicino al centro. «E quanti degli ostaggi ritenete siano ancora vivi?» chiediamo a Shoshanna, l’addetta alle relazioni con la stampa delle forze armate israeliane (Idf). «Non posso commentare oltre» risponde lei. Nel messaggio prima aveva scritto che al momento l’Idf ritiene che ci siano 120 persone nei bunker di Hamas «alcune provenienti da paesi stranieri, come confermato dai governi coinvolti». La maggior parte degli analisti concorda che siano ancora vivi e che Hamas intenda usarli come merce di scambio, ma il fatto è che nessuno può saperlo. In Israele, a parte Shoshanna e i vertici politici e militari, sembrano tutti convinti che questi ostaggi siano già morti. O, perlomeno, che un’eventuale azione militare non influirà sulla loro vita. Per le strade di Tel Aviv sono in molti a camminare con un cartello «riportateli a casa», «vogliamo sapere dove sono», «agite, ora!». Ad alcuni incroci del centro si organizzano sit-in. Le bandiere di Israele sono dovunque: sulle biciclette dei rider che fanno le consegne, sulle macchine ferme ai semafori, sulle schiene di chi passeggia, proiettate sui palazzi o sui cavalcavia.
«STAVOLTA dobbiamo farla finita» dice Oren, uno dei portavoce dell’associazione «Brothers and sisters in arms». Il gruppo è nato tempo fa ma in seguito alla riforma della giustizia voluta da Netanyahu ha cambiato il suo obiettivo e si è schierato a fianco dei manifestanti. «Netanyahu ha rovinato questo Paese, ha provato a trasformarlo in una ‘democrazia vuota’ e nel frattempo ha lasciato che tutto andasse alla deriva».

Nel campo di Beit Kama, a poca distanza dalla striscia, ci sono centinaia di «volontari» che lavorano alacremente. «Siamo tutti ex-soldati, anche se tecnicamente in Israele hanno tutti fatto la leva quindi non è una gran distinzione, io però sono un effettivo, un tenente colonnello delle forze speciali. Comunque, all’inizio eravamo in sette a scambiarci messaggi su una chat, abbiamo pensato che ciò che Netanyahu stava facendo era sbagliato e che andava fermato e abbiamo organizzato una manifestazione. Non ce l’aspettavamo ma quella volta hanno partecipato in 300. Due settimane dopo eravamo in 5mila e siamo cresciuti sempre più. Ora nel gruppo di whatsapp ci sono 70 mila persone».

COSA LI TIENE insieme? «La voglia che Israele non diventi ciò che Netanyahu vuole, che non si trasformi nell’Ungheria o nella Russia, ma che resti un Paese accogliente». Parole che non ci si immagina di sentire da un uomo con un mitra a tracolla. Ci passa accanto un ragazzo con una maglia simile alla sua e la scritta «Brothers in Arms» inscritta in un cuore arcobaleno, gli chiediamo cosa rappresenta. «All’inizio ne abbiamo discusso: la comunità Lgbtq era tra gli obiettivi delle politiche repressive di Netanyahu che vuole togliere diritti a tutti e perciò abbiamo deciso di accoglierli tra di noi, ora sono parte della nostra lotta». Quindi si considerano un movimento di sinistra? «Più liberale direi, anche se non facciamo politica». E su ciò che è successo sabato qual è la loro posizione, anche gli attacchi di Hamas sono conseguenze della politica di Netanyahu? «Certamente, non ha fatto nulla per difenderci, com’è possibile che non fossimo pronti?». Se lo chiede tutto il mondo. E ora? «Ora bisogna entrare a Gaza e abbatterli tutti». La pacatezza con cui pronuncia l’ultima frase, come se parlasse ancora di tolleranza, è spiazzante. «Ma i palestinesi?» chiediamo a David, membro della stessa associazione, mentre ci spostiamo in macchina verso Re’im, dove i miliziani di Hamas hanno sferrato il primo attacco contro i ragazzi che erano lì per un rave. «Sono sicuro che il 95% dei palestinesi siano brave persone, ma Hamas è Isis, va fermata». Quest’ultima è una tesi già storicizzata qui in Israele. Se Hamas è come Isis va trattata come l’Occidente ha trattato i jihadisti. Dunque: distrutta. «D’altronde gli americani l’hanno fatto, no?». Obiettiamo che non è finita bene. David riflette e poi aggiunge: «Non possiamo lasciare che succeda di nuovo».
SUL SEDILE anteriore Nihr, cileno in Israele da 8 anni, dice in spagnolo: «Tutto marcio. Con Netanyahu è tutto marcito qui. Non possiamo essere sicuri di niente. Ma non è solo lui, anche i vertici dell’esercito e dei Servizi, cosa facevano? Ti rendi conto che un gruppo di mille duemila persone», «400 lo interrompe David, dicono 400», «va bene, 400, hanno occupato una parte del nostro Paese?». Ma forse a Netanyahu faceva comodo, forse voleva che Hamas prendesse tutto questo potere quando ha ostacolato Al Fatah e l’Anp. E allora che c’entrano i palestinesi? «Da dove viene Hamas secondo te? Sono loro che l’hanno eletto è loro che lo coprono. Comunque, ci sarà tempo per capire cosa fare con Gaza dopo, ora però dobbiamo vincere la guerra». Sapete tutti che sarà un massacro di civili, insistiamo. «Il massacro già c’è stato, sabato scorso, ora devono pagarla».
*(Sabato Angieri – Giornalista freelance – Fonte; il manifesto. Giornalista, scrittore, traduttore e autore teatrale. Dodici anni di esperienza come reporter per la carta stampata e per diverse pubblicazioni on-line.)

 

07 – Chris Hedges*: I PALESTINESI PARLANO IL LINGUAGGIO DELLA VIOLENZA CHE ISRAELE GLI HA INSEGNATO.
GLI SPARI INDISCRIMINATI CONTRO GLI ISRAELIANI DA PARTE DI HAMAS E DI ALTRE ORGANIZZAZIONI DI RESISTENZA PALESTINESE, IL RAPIMENTO DI CIVILI, LA RAFFICA DI RAZZI CONTRO ISRAELE, GLI ATTACCHI DEI DRONI CONTRO UNA VARIETÀ DI OBIETTIVI, DAI CARRI ARMATI AI NIDI DI MITRAGLIATRICI AUTOMATICHE, SONO IL LINGUAGGIO FAMILIARE DELL’OCCUPANTE ISRAELIANO. ISRAELE PARLA QUESTO LINGUAGGIO DI VIOLENZA INTRISO DI SANGUE AI PALESTINESI DA QUANDO LE MILIZIE SIONISTE SI SONO IMPADRONITE DI OLTRE IL 78% DELLA PALESTINA STORICA, HANNO DISTRUTTO CIRCA 530 VILLAGGI E CITTÀ PALESTINESI E HANNO UCCISO CIRCA 15.000 PALESTINESI IN PIÙ DI 70 MASSACRI. CIRCA 750.000 PALESTINESI SONO STATI RIPULITI ETNICAMENTE TRA IL 1947 E IL 1949 PER CREARE LO STATO DI ISRAELE NEL 1948.
La risposta di Israele a queste incursioni armate sarà un assalto genocida a Gaza. Israele ucciderà decine di palestinesi per ogni israeliano ucciso. Centinaia di palestinesi sono già morti negli assalti aerei di Israele dal lancio dell'”Operazione Al-Aqsa Flood” di sabato mattina, che ha causato 700 morti israeliani.
IL PRIMO MINISTRO NETANYAHU HA AVVERTITO DOMENICA I PALESTINESI A GAZA DI “ANDARSENE SUBITO”, PERCHÉ ISRAELE “TRASFORMERÀ IN MACERIE TUTTI I NASCONDIGLI DI HAMAS”.
Ma dove dovrebbero andare i palestinesi di Gaza? Israele e l’Egitto bloccano i confini terrestri. Non c’è uscita per via aerea o marittima, che sono controllate da Israele.
La punizione collettiva contro gli innocenti è una tattica familiare utilizzata dai governanti coloniali. L’abbiamo usata contro i nativi americani e successivamente nelle Filippine e in Vietnam. I tedeschi l’hanno usata contro gli Herero e i Namaqua in Namibia. Gli inglesi in Kenya e in Malesia. I nazisti l’hanno usata nelle aree occupate in Unione Sovietica, nell’Europa orientale e centrale. Israele segue lo stesso schema. Morte per morte. Atrocità per atrocità. Ma è sempre l’occupante a dare inizio a questa danza macabra e a scambiare mucchi di cadaveri con altri mucchi di cadaveri.
Non si tratta di difendere i crimini di guerra dell’una o dell’altra parte. Non si tratta di rallegrarsi degli attacchi. Ho visto abbastanza violenza nei territori occupati da Israele, dove ho seguito il conflitto per sette anni, da detestare la violenza. Ma questo è l’epilogo familiare di tutti i progetti coloniali. I regimi impiantati e mantenuti dalla violenza generano violenza. La guerra di liberazione di Haiti. I Mau Mau in Kenya. Il Congresso nazionale africano in Sudafrica. Queste rivolte non sempre hanno successo, ma seguono schemi familiari. I palestinesi, come tutti i popoli colonizzati, hanno il diritto alla resistenza armata secondo il diritto internazionale.
Israele non ha mai avuto alcun interesse a una soluzione equa con i palestinesi. Ha costruito uno Stato di apartheid e ha costantemente assorbito porzioni sempre più ampie di terra palestinese in una campagna di pulizia etnica al rallentatore. Nel 2007 ha trasformato Gaza nella più grande prigione a cielo aperto del mondo.
Cosa si aspetta Israele o la comunità mondiale? Come si possono intrappolare 2,3 milioni di persone a Gaza, metà delle quali disoccupate, in uno dei luoghi più densamente popolati del pianeta per 16 anni, ridurre la vita dei suoi residenti, metà dei quali sono bambini, a un livello di sussistenza, privarli delle forniture mediche di base, del cibo, dell’acqua e dell’elettricità, usare aerei d’attacco, artiglieria, unità meccanizzate, missili, cannoni navali e unità di fanteria per massacrare a caso civili disarmati e non aspettarsi una risposta violenta? Israele sta attualmente effettuando ondate di assalti aerei su Gaza, sta preparando un’invasione di terra e ha tagliato la corrente elettrica a Gaza, che di solito funziona solo per due o quattro ore al giorno.
Molti dei combattenti della resistenza che si sono infiltrati in Israele sapevano senza dubbio che sarebbero stati uccisi. Ma come i combattenti della resistenza in altre guerre di liberazione, hanno deciso che, se non potevano scegliere come vivere, avrebbero scelto come morire.
Ero un amico intimo di Alina Margolis-Edelman, che faceva parte della resistenza armata nella rivolta del ghetto di Varsavia durante la Seconda guerra mondiale. Suo marito, Marek Edelman, era il vicecomandante della rivolta e l’unico leader sopravvissuto alla guerra. I nazisti avevano sigillato 400.000 ebrei polacchi nel ghetto di Varsavia. Gli ebrei intrappolati morirono a migliaia, per fame, malattie e violenza indiscriminata. Quando i nazisti iniziarono a trasportare gli ebrei rimasti nei campi di sterminio, i combattenti della resistenza si opposero. Nessuno si aspettava di sopravvivere.
Dopo la guerra, Edelman condannò il sionismo come ideologia razzista usata per giustificare il furto della terra palestinese. Si schierò con i palestinesi, sostenne la loro resistenza armata e si incontrò spesso con i leader palestinesi. Ha tuonato contro l’appropriazione dell’Olocausto da parte di Israele per giustificare la repressione del popolo palestinese. Mentre Israele si nutriva della mitologia della rivolta del ghetto, trattava l’unico leader sopravvissuto della rivolta, che si rifiutava di lasciare la Polonia, come un paria. Edelman ha capito che la lezione dell’Olocausto e della rivolta del ghetto è che gli ebrei non sono moralmente superiori o vittime eterne. La storia, diceva Edelman, appartiene a tutti. Gli oppressi, compresi i palestinesi, avevano il diritto di lottare per l’uguaglianza, la dignità e la libertà.

“ESSERE EBREO SIGNIFICA STARE SEMPRE CON GLI OPPRESSI E MAI CON GLI OPPRESSORI”, disse Edelman.

La rivolta di Varsavia ha ispirato a lungo i palestinesi. I rappresentanti dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) sono soliti deporre una corona di fiori in occasione della commemorazione annuale della rivolta in Polonia presso il monumento del Ghetto di Varsavia.
Più il colonizzatore spende violenza per sottomettere l’occupato, più si trasforma in un mostro. L’attuale governo di Israele è popolato da estremisti ebrei, sionisti fanatici e bigotti religiosi che stanno smantellando la democrazia israeliana e chiedono l’espulsione o l’uccisione di massa dei palestinesi, compresi quelli che vivono in Israele.
Il filosofo israeliano Yeshayahu Leibowitz, che Isiah Berlin definì “la coscienza di Israele”, avvertì che, se Israele non avesse separato la Chiesa dallo Stato avrebbe dato origine a un rabbinato corrotto che avrebbe trasformato l’ebraismo in un culto fascista.

“Il nazionalismo religioso è per la religione ciò che il nazionalsocialismo è stato per il socialismo”, disse Leibowitz, morto nel 1994.

Aveva capito che la cieca venerazione dei militari, soprattutto dopo la guerra del 1967 che aveva conquistato il Sinai egiziano, Gaza, la Cisgiordania (compresa Gerusalemme Est) e le alture del Golan siriano, era pericolosa e avrebbe portato alla distruzione definitiva di Israele, insieme a qualsiasi speranza di democrazia.

“LA NOSTRA SITUAZIONE SI DETERIORERÀ FINO A DIVENTARE QUELLA DI UN SECONDO VIETNAM, UNA GUERRA IN COSTANTE ESCALATION SENZA PROSPETTIVE DI RISOLUZIONE FINALE”, AVEVA AVVERTITO.

Prevedeva che “gli arabi sarebbero stati il popolo lavoratore e gli ebrei gli amministratori, gli ispettori, i funzionari e la polizia – soprattutto la polizia segreta”. Uno Stato che governa una popolazione ostile di 1,5-2 milioni di stranieri diventerebbe necessariamente uno Stato di polizia segreta, con tutto ciò che ne consegue per l’istruzione, la libertà di parola e le istituzioni democratiche. La corruzione caratteristica di ogni regime coloniale prevarrebbe anche nello Stato di Israele. L’amministrazione dovrebbe sopprimere l’insurrezione araba da un lato e acquisire quisling arabi dall’altro. C’è anche una buona ragione per temere che le Forze di Difesa Israeliane, che finora sono state un esercito di popolo, in seguito alla loro trasformazione in un esercito di occupazione, degenerino e che i loro comandanti, diventati governatori militari, assomiglino ai loro colleghi di altre nazioni”.

EGLI VEDEVA CHE UN’OCCUPAZIONE PROLUNGATA DEI PALESTINESI AVREBBE INEVITABILMENTE GENERATO “CAMPI DI CONCENTRAMENTO”.
“ISRAELE”, DISSE, “NON MERITEREBBE DI ESISTERE E NON VARREBBE LA PENA DI CONSERVARLO”.

La prossima fase di questa lotta sarà una massiccia campagna di massacri industriali a Gaza da parte di Israele, che è già iniziata. Israele è convinto che livelli maggiori di violenza schiacceranno definitivamente le aspirazioni palestinesi. Israele si sbaglia. Il terrore che Israele infligge è il terrore che otterrà.

*(Fonte: Sinistrainrete – – Chris Hedges -Giornalista vincitore del Premio Pulitzer che è stato corrispondente estero per quindici anni per The New York Times, dove ha ricoperto il ruolo responsabile dell’ufficio per il Medio Oriente e i Balcani. In precedenza, ha lavorato all’estero per The Dallas Morning News, The Christian Science Monitor e NPR. È il conduttore del programma The Chris Hedges Report. Traduzione de l’Anti Diplomatico)

 

08 – Chiara Zennaro*: SCIENZA – IL BUCO NELL’OZONO SOPRA L’ANTARTIDE È CRESCIUTO E ORA È GRANDE TRE VOLTE IL BRASILE. SECONDO LE RILEVAZIONI DELL’ESA, L’ASSOTTIGLIAMENTO DELLO STRATO DEL GAS PRESENTE NELLA STRATOSFERA AVREBBE RAGGIUNTO I 26 MILIONI DI CHILOMETRI QUADRATI. – IL BUCO NELL’OZONO SOPRA L’ANTARTIDE È CRESCIUTO E HA RAGGIUNTO DIMENSIONI PARI AL TRIPLO DI QUELLE DEL BRASILE.

Le dimensioni del buco nell’ozono sopra l’Antartide sono pari al triplo di quelle del Brasile. A dirlo è l’Agenzia spaziale europea (Esa), che ha rilevato questo nuovo record per il mese di settembre. Non si tratta, però, dell’estensione massima raggiunta: nel 2000, infatti, aveva raggiunto una dimensione di quasi 30 milioni di chilometri quadrati. La rilevazione al 16 settembre 2023 è avvenuta attraverso il satellite Copernicus-5P, che ha visto una misura di 26 milioni di chilometri quadrati. Si tratta della decima maggiore estensione raggiunta dal buco dell’ozono negli anni.

CHE COS’È IL BUCO NELL’OZONO
Con l’espressione buco nell’ozono si indica il fenomeno di assottigliamento dello strato di ozono che si trova tra i 15 e i 35 chilometri dalla superficie terrestre nella stratosfera. La sua importanza deriva dalla funzione di protezione dai raggi ultravioletti che provengono dalla luce del Sole. La prima rilevazione del buco dell’ozono è avvenuta nel 1985 nella parte di atmosfera che si trova sopra l’Antartide. Da allora sono diverse le ricerche che sono state messe in campo per capire le cause del fenomeno e cercare di arginarlo. Quello che è stato scoperto negli anni è che i principali responsabili di questo fenomeno sono i clorofluorocarburi, ovvero i gas Cfc, che provengono dalle bombolette spray, dai circuiti dei frigoriferi e dagli schiumogeni.

QUALI SONO LE MISURE MESSE IN ATTO PER IL BUCO NELL’OZONO?
Ridurre le emissioni di Co2 e utilizzare gas propellenti sono i provvedimenti presi negli anni per contrastare il fenomeno. Nel 1987 è stato introdotto inoltre il Protocollo di Montreal, poi entrato in vigore nel 1989, firmato da 196 Stati. I firmatari del protocollo si impegnano a non utilizzare le sostanze che contribuiscono alla riduzione dello strato di ozono nell’atmosfera. Tra le misure previste dal protocollo c’è anche la nebulizzazione delle sostanze dannose e l‘impiego di tecnologie che servono a ridurre l’impatto delle emissioni.

 

09 – Amanda Hoover *: LA LEGGE ANTI-AIRBNB STA GETTANDO NEW YORK NEL CAOS
A POCO PIÙ DI UN MESE DALL’ENTRATA IN VIGORE, LE NUOVE NORME DELLA CITTÀ HANNO GIÀ PORTATO ALLA NASCITA DI UN MERCATO NERO DEGLI AFFITTI BREVI.

Da quando all’inizio di settembre a New York è entrata in vigore una nuova legge che vieta la maggior parte degli annunci su Airbnb, solo il 2 per cento dei 22.000 affitti a breve termine è stato registrato presso la città come previsto dalla norma. Ma molti annunci illegali di affitti a breve termine ora vengono pubblicizzati sui social media e su piattaforme meno conosciute, e in alcuni casi sono sembrano ancora presenti su Airbnb.
A New York il numero di annunci a breve termine su Airbnb è diminuito di oltre l’80 per cento, passando dai 22.434 di agosto a soli 3.227 il primo ottobre, come riportato da Inside Airbnb un gruppo che monitora la piattaforma. Solo 417 proprietà però sono state registrate presso il comune, un aspetto che suggerisce che pochissimi affitti a breve termine sono riusciti a ottenere il permesso di continuare a operare.
Il giro di vite a New York ha creato un “mercato nero” degli affitti a breve termine in città, sostiene Lisa Grossman, portavoce di Restore Homeowner Autonomy and Rights (Rhoar), un gruppo locale che si è opposto alla legge. Grossman racconta di aver visto una crescita del mercato degli affitti a breve termine su siti come Facebook dopo il divieto.
La stretta sugli affitti a breve termine ha rimodellato radicalmente il mercato delle case vacanza in città. Le persone stanno utilizzando siti come Craigslist, Facebook, Houfy e altri ancora, dove possono cercare ospiti o luoghi da prenotare senza i controlli delle piattaforme di prenotazione come Airbnb. Stando alle previsioni, i prezzi degli hotel sono destinati ad aumentare con la crescita della domanda. Cercando un soggiorno breve su Airbnb a New York, si trovano pochi posti sparsi sulla mappa della città. Molti dei vecchi annunci ora offrono solo soggiorni di 30 giorni o più, che non necessitano di registrazione.
AirDNA, una società che analizza gli affitti a breve termine, ha trovato solo 2.300 affitti a breve termine su Airbnb a New York a fine settembre. Il numero di soggiorni pubblicizzati come affitti a lungo termine costituisce ora il 94 per cento degli annunci della piattaforma in città, secondo i dati di AirDNA. Ora gli host devono soddisfare requisiti rigorosi se vogliono che le loro proprietà vengano approvate per gli affitti a breve termine: per esempio, avere solo due ospiti ed essere presenti in casa durante il soggiorno. Questa modifica ha di fatto vietato molti annunci che mettevano a disposizione appartamenti interi (ma non si applica a hotel e pensioni).
Ma le persone stanno trovando il modo di aggirare le regole. Molti annunci su Airbnb ora includono uno spazio nella descrizione della proprietà in cui gli host possono inserire un numero di registrazione o dichiarare di essere esenti. Wired US ha cercato su Airbnb i soggiorni a New York e ha trovato molti affitti a breve termine che si dichiarano esenti dalle regole di registrazione della città, ma ci sono ancora diverse unità intere disponibili per soggiorni brevi che non sembrano essere hotel o strutture esenti. In un annuncio contrassegnato come esente, il proprietario chiede agli ospiti di evitare di interagire con il portiere dell’edificio. In un altro annuncio, l’host afferma di aver vissuto nell’unità, ma di essersi trasferito nel New Jersey e di averla affittata. Un altro annuncio sembra essere riferito a una casa a schiera in un quartiere prevalentemente residenziale di Brooklyn. Airbnb utilizza il sistema di verifica della città per segnalare le unità non registrate. L’azienda non ha fornito commenti su questi annunci specifici segnalati da Wired US. Nathan Rotman, responsabile regionale delle politiche pubbliche di Airbnb, ha dichiarato che l’azienda sta “lavorando a stretto contatto” con la città per applicare la nuova legge.

I dati di Inside Airbnb mostrano che circa 2.300 strutture utilizzate per affitti a breve termine sulla piattaforma si sono dichiarate esenti dall’obbligo di registrazione, mentre altre centinaia non lo specificano. Altre 35mila unità sono usate per affitti a lungo termine. Airbnb non ha confermato i dati raccolti da Inside Airbnb. L’Ufficio del sindaco di New York, che gestisce il programma di registrazione, non ha fornito aggiornamenti sul numero totale di affitti a breve termine che ha registrato, né se ha emesso violazioni per annunci illegali.

La legge di New York è solo un esempio eclatante dei modi in cui le città stanno cercando di contrastare gli affitti a breve termine. I sostenitori sostengono che le nuove norme libereranno appartamenti per i cittadini di New York, che pagano affitti molto elevati e devono far fronte alla carenza di alloggi e all’insicurezza abitativa. Ma altri, tra cui i piccoli proprietari, sostengono che elimineranno una fonte di reddito supplementare e flessibile senza incidere sulla crisi dell’offerta di alloggi. Questi piccoli proprietari continuano a fare pressione sui consiglieri comunali di New York affinché cambino le regole per permettere loro di affittare le loro unità. Rhoar è composto da host che possiedono e occupano case monofamiliari o case con due unità abitative e ritengono di essere stati ingiustamente messi sullo stesso piano dei grandi proprietari.

MERCATI ALTERNATIVI
Al di fuori di Airbnb, a New York le persone pubblicano annunci e cercano affitti a breve termine nei gruppi Facebook. Gli annunci di affitto su Craigslist riportano le tariffe settimanali o giornaliere. Gli annunci di questo tipo comportano rischi sia per gli ospiti che per gli host, che senza le protezioni di aziende più grandi come Airbnb potrebbero essere truffati. Craigslist non ha risposto a una richiesta di commento. Meta, la società madre di Facebook, non ha commentato le inserzioni specifiche segnalate da Wired US, ma le politiche dell’azienda richiedono che gli acquirenti e i venditori di Facebook Marketplace rispettino le leggi locali, e la società proibisce alle persone di promuovere attività illegali nelle pagine e nei gruppi di Facebook.
Poi c’è Houfy, un altro sito web che elenca affitti a breve termine. Wired US ha scoperto che molti degli annunci provengono da ospiti che si sono iscritti al sito a settembre, lo stesso mese in cui sono entrate in vigore le nuove regole a New York. L’intenzione è quella di permettere agli ospiti di prenotare contattando direttamente i padroni di casa, una sorta di Airbnb senza le commissioni. Il sito confronta i prezzi della stessa proprietà su Airbnb e Houfy e sostiene di mostrare quanto si può risparmiare evitando le tariffe di Airbnb. Houfy ha ricevuto un avviso dalla città di New York in merito alla nuova legge e sta “esaminando come conformarsi alle loro regole”, spiega a Wired US Thijs Aaftink, amministratore delegato della società. Aaftink afferma che a differenza di Airbnb e di altri siti di affitti Houfy non prende commissioni sulle transazioni tra host e ospiti e sostiene che l’azienda “non è quindi parte della transazione”, ma che gli host sono responsabili del rispetto delle leggi locali quando inseriscono le proprietà sul sito.
Dopo l’introduzione delle nuove norme, l’attenzione di Airbnb, che un tempo era il suo mercato più grande, si sta spostando da New York. L’amministratore delegato Brian Chesky ha recentemente dichiarato che l’azienda sta valutando la possibilità di offrire affitti più lunghi, noleggiare auto e ristoranti pop-up. L’azienda ha messo gli occhi su Parigi, il suo mercato più grande e sede delle Olimpiadi estive del 2024. “Ho sempre sperato che la città di New York facesse da apripista, che avremmo trovato una soluzione e che la gente avrebbe detto: ‘Se ce la fanno a New York, possono farcela ovunque’ – ha detto Chesky durante un evento organizzato a settembre da Skift, un sito di notizie sul settore dei viaggi –. Credo che, purtroppo, New York non sia più all’avanguardia: probabilmente è un diventata un monito”.
*(Questo articolo è apparso originariamente su Wired US.

 

10 – CHE COS’È E CHE COSA FA L’UNIONE EUROPEA. L’UE È UN’UNIONE POLITICA ED ECONOMICA CUI APPARTENGONO 27 PAESI EUROPEI. UN’ORGANIZZAZIONE SUI GENERIS, DISTINTA DALLE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI E TUTTAVIA NON ASSIMILABILE A UNA CONFEDERAZIONE O A UNA FEDERAZIONE. (*)

DEFINIZIONE
L’Unione europea (Ue) è l’unione politica ed economica che raggruppa 27 paesi europei ed è regolata da due trattati, il trattato sull’Unione europea (Tue) e il trattato sul funzionamento dell’Unione europea (Tfue).
L’articolo 1 del Tue definisce l’Ue come un’organizzazione alla quale gli stati membri conferiscono competenze al fine di raggiungere obiettivi comuni. Questa definizione tuttavia potrebbe descrivere qualsiasi organizzazione internazionale, mentre l’Unione è a tutti gli effetti qualcosa di diverso, pur non rientrando attualmente né nella definizione di confederazione né, tantomeno, in quella di federazione. Eppure il tema della federazione, come direzione verso la quale tendere, è presente sin dagli esordi. Il ministro degli esteri francese Robert Schuman, ad esempio, affrontò la questione già nel 1950, nel corso del dibattito che precedette la nascita della Ceca (comunità economica del carbone e dell’acciaio) ovvero il primo nucleo da cui è sorta prima la Comunità europea e poi l’Unione europea.
La fusione della produzione di carbone e di acciaio assicurerà subito la costituzione di basi comuni per lo sviluppo economico, prima tappa della Federazione europea, e cambierà il destino di queste regioni che per lungo tempo si sono dedicate alla fabbricazione di strumenti bellici di cui più costantemente sono state le vittime.

– DICHIARAZIONE SCHUMAN (1950)
RIFLESSIONI SUL CARATTERE COSTITUZIONALE DEI TRATTATI ISTITUTIVI.

Inoltre, nonostante nel 2005 sia fallito il primo tentativo di adottare una vera e propria costituzione europea, l’idea che i trattati costituiscano una forma di costituzione era stata sostenuta dalla giurisprudenza europea già vent’anni prima.
[…] la comunità economica europea è una comunità di diritto nel senso che né gli stati che ne fanno parte, né le sue istituzioni sono sottratti al controllo della conformità dei loro atti alla carta costituzionale di base costituita dal trattato.

– CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA, CAUSA 294/83 DEL 1986
D’altronde molte delle norme prodotte dall’Unione europea (in particolare i regolamenti) sono direttamente applicabili negli stati membri. E questa è la principale caratteristica, insieme al finanziamento anche attraverso risorse proprie, che la distingue completamente da un’organizzazione internazionale

L’UNIONE PERALTRO HA COMPETENZE ESCLUSIVE IN MATERIE PER NULLA MARGINALI. LA RIPARTIZIONE DI COMPETENZE TRA UE E STATI MEMBRI È DEFINITA GIÀ NEI PRIMI ARTICOLI DEL TFUE (ARTT. 2-6).

RIENTRANO NELLA COMPETENZA ESCLUSIVA UE:
• l’unione doganale;
• la definizione delle norme in materia di concorrenza necessarie al funzionamento del mercato interno;
• la politica monetaria per i paesi dell’area euro;
• la conservazione delle risorse biologiche del mare nel quadro della politica comune della pesca;
• la politica commerciale comune.
• Su queste materie solo l’Unione può legiferare agendo in maniera simile a una vera e propria federazione. Gli stati membri infatti possono intervenire in questi settori solo se autorizzati dall’Ue o per dare concreata attuazione alle sue norme.
• Rientrano invece nella competenza concorrente settori quali:
• il mercato interno;
• le politiche sociali (solo per aspetti specifici);
• la coesione economica, sociale e territoriale (politiche regionali);
• l’agricoltura e la pesca (tranne la conservazione delle risorse biologiche del mare);
• l’ambiente;
• la protezione dei consumatori;
• i trasporti;
• le reti trans europee;
• l’energia;
• lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia;
• i problemi comuni di sicurezza in materia di sanità pubblica (con alcune limitazioni);
• la ricerca, lo sviluppo tecnologico e lo spazio;
• la cooperazione allo sviluppo e gli aiuti umanitari.
• In questi casi possono legiferare sia l’Ue che gli stati membri. Questi ultimi tuttavia esercitano la loro competenza nella misura in cui non l’Ue non abbia esercitato la propria.
• In un’ulteriore categoria rientrano poi le cosiddette competenze di sostegno:
• tutela e miglioramento della salute umana;
• industria;
• cultura;
• turismo;
• istruzione, formazione professionale, gioventù e sport;
• protezione civile;
• cooperazione amministrativa.

In queste materie l’Unione ha solo competenza per sostenere, coordinare o completare l’azione degli stati.
Da menzionare infine che gli stati sono tenuti dai trattati a coordinare le loro politiche economiche nell’ambito dell’unione.
Per esercitare le funzioni che gli sono attribuite dai trattati, l’Unione deve comunque fondare la propria azione sui principi di sussidiarietà e proporzionalità (art. 5 Tue).
L’azione dell’Ue è limitata dai principi di sussidiarietà e proporzionalità.
La sussidiarietà implica che l’Ue eserciti la propria competenza concorrente solo se e quando l’azione dei singoli stati sia ritenuta non sufficiente. Secondo il principio di proporzionalità invece l’Ue limita la propria azione a quanto necessario per raggiungere gli scopi dei trattati.

DATI
Attualmente sono 27 gli stati membri dell’Unione europea.
Dopo una prima fase, quando ancora l’organizzazione era limitata alla Ceca, a cui parteciparono i 6 stati fondatori (Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi), nel 1973 si sono uniti Irlanda, Danimarca e Regno Unito e poi nel 1981 la Grecia.
Nel 1986 invece è stato il turno di Spagna e Portogallo e circa 10 anni più tardi di Austria, Finlandia e Svezia (1995).
Nel 2004 si è verificato il cosiddetto allargamento a est, e altri 10 stati si sono uniti all’Ue (Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia e Ungheria) seguiti nel 2007 da Bulgaria e Romania. Infine la Croazia (2013) che, ad oggi, è l’ultimo paese ad aver completato il processo di integrazione.

IL PROCESSO DI ADESIONE ALL’UNIONE EUROPEA – IL PERCORSO CRONOLOGICO CHE DAI SEI STATI FONDATORI DELLA CECA HA PORTATO ALL’UNIONE EUROPEA COMPOSTA DI 27 STATI MEMBRI

Nel 2020 invece si è verificato un fenomeno nuovo, ovvero la Brexit. Per la prima volta infatti un paese membro, il Regno Unito, ha deciso di uscire dall’Unione, dopo poco meno di cinquant’anni dalla sua adesione.
27 GLI STATI MEMBRI DELL’UNIONE EUROPEA.
Come abbiamo visto in alcune materie l’Unione europea ha una struttura più federale mentre in altre rimane maggiore il peso degli stati. Ma a parte questo un elemento determinante quando si osserva l’equilibrio tra Unione e stati membri è rappresentato dal bilancio. Infatti ad oggi il bilancio dell’Unione rappresenta circa l’1% del suo prodotto interno lordo (Pil), mentre in media il bilancio degli stati membri rappresenta il 50% del loro Pil.
Inizialmente per il periodo 2021-2027 le istituzioni europee avevano previsto una spesa pari a 1.211 miliardi di euro (a prezzi del novembre 2020) per assolvere ai diversi compiti che gli sono attribuiti dai trattati.
Con la crisi da Covid-19 tuttavia la commissione ha deciso di attivare un nuovo strumento finanziario, denominato Next generation Eu, per un valore complessivo di 807 miliardi.

LA PREVISIONE DI SPESA DELL’UNIONE EUROPEA TRA 2021 E 2027
LE PRINCIPALI VOCI DI SPESA DEL QUADRO FINANZIARIO PLURIENNALE EUROPEO 2021-2027 E DEL NEXT GENERATION EU (PREZZI NOVEMBRE 2020)

2.018 miliardi di € la spesa prevista dall’Ue per il periodo 2021-2027 tra Quadro finanziario pluriennale e Next generation Eu.

ANALISI
Gli stati europei riuniti nell’Ue rappresentano un’importante potenza economica.
Dal punto di vista politico, anche se negli anni si è assistito a qualche miglioramento nei processi, i meccanismi decisionali restano piuttosto complessi.
Il motivo è che l’Unione europea ha un sistema istituzionale ibrido, visto che è più strutturata di un’organizzazione internazionale, ma meno di una vera e propria federazione. Come in un’organizzazione internazionale, infatti, molte delle decisioni più importanti passano dalle trattative tra i governi nazionali.
L’influenza degli stati però è, almeno in parte, bilanciata da istituzioni proprie di uno stato vero e proprio. C’è un parlamento eletto direttamente e un organo almeno in parte paragonabile a un governo (la commissione). È su questo equilibrio fragile, tra interesse europeo e interessi nazionali, che si regge l’intera architettura dell’Unione.
*(FONTE: elaborazione openpolis su dati commissione europea consultati: martedì 26 settembre 2023)

 

 

 

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