MORTE MARIO PACIOLLA IN COLOMBIA, LE TANTE DOMANDE E IL SILENZIO DELLE NAZIONI UNITE

di Giulia Pozzi (da La Voce di New York)

NEW YORK – “La salma di Mario Paciolla, il volontario ONU trovato senza vita lo scorso 15 luglio nel suo appartamento a San Vicente del Caguán (Colombia), è rientrata in Italia venerdì scorso, 24 luglio. Nessuna chiarezza, però, è stata fatta su che cosa sia accaduto davvero al 33enne napoletano. Chi lo conosceva ha subito escluso l’ipotesi del suicidio, sventolata nelle prime ore dalle autorità locali, ma contraddetta da diversi dettagli che stanno lentamente emergendo sulla vicenda. Pochi, per la verità: perché le ultime ore di Paciolla continuano a essere letteralmente avvolte nel mistero. Ma c’è chi ha provato a ricostruire i rari elementi disponibili: in primis, il rapporto “travagliato” tra Mario e i suoi superiori della Missione delle Nazioni Unite in Colombia”. Ne scrive oggi Giulia Pozzi per “La voce di New York”, quotidiano online diretto da Stefano Vaccara.
“A parlarne è stata la giornalista investigativa Claudia Julieta Duque, corrispondente di Radio Nizkor proprio in Colombia. Le sue inchieste hanno fatto luce, tra le altre cose, su vicende di corruzione e spionaggio e alleanze criminali tra agenti dello Stato e gruppi paramilitari. Duque conosceva bene Mario e ne era amica: così, in un lettera-articolo rivolta al “poeta e giornalista” e pubblicata su El Espectador, allinea sulla pagina alcune informazioni che potrebbero aiutare a ricostruire gli ultimi giorni del cooperante italiano. A partire da quando è stato ritrovato senza vita da una collega, a meno di 24 ore dall’uscita dell’ultimo rapporto della Missione ONU che avrebbe dovuto “raccogliere le tue osservazioni come volontario dell’organizzazione nella regione del Caquetá”, scrive la giornalista: ma “proprio come è successo con la tua morte”, prosegue, “l’Onu è rimasta in silenzio”.
Diverse le criticità che, secondo Duque, sarebbero state individuate da Paciolla rispetto all’operato della Missione delle Nazioni Unite preposta a supervisionare l’attuazione dell’accordo di pace tra il Governo colombiano e le FARC (nelle righe che seguono, citiamo la traduzione italiana dell’articolo della giornalista pubblicata di recente dal Manifesto):
“L’ipotesi del suicidio risulta inverosimile per chi come noi conosce la tua vitalità, il tuo sorriso e anche le tue critiche alla Missione quando un collega si ammalava di dengue e il tempo passava senza che fosse trasferito in un’altra città per ricevere l’attenzione medica adeguata. Ti chiedevi cosa sarebbe successo se ti avesse morso un serpente, se ti fossi ammalato gravemente a San Vicente. Sapevi già a chi ti saresti rivolto se fosse successo qualcosa del genere: non sarebbe stato qualcuno all’interno dell’ONU, perché ti preoccupava che la pachidermica burocrazia ti avrebbe lasciato ancora più esposto a incidenti e malattie”.
Poco prima di morire, riferisce Duque, Mario avrebbe “sbloccato il lucchetto che assicurava la recinzione del tetto che dava sulla terrazza” del piccolo edificio dove viveva, “in ottica preventiva”: è lì, si chiede la giornalista, che lo hanno trovato?
“Nonostante il tuo contratto con la Missione doveva terminare il 20 di agosto, qualcosa è successo quel 10 di luglio. Quel giorno hai avuto un’accesa discussione con i tuoi capi, come hai raccontato il giorno successivo a Anna Motta, tua madre, mentre le dicevi che avresti anticipato il tuo viaggio. Ti sentivi disgustato.
In questi ultimi giorni hai insistito molto sul fatto che per te non fosse più sicuro rimanere in Colombia e nella Missione. Per questo hai sbloccato quel lucchetto e hai preparato la tua partenza. Mercoledì 15 avresti dovuto viaggiare a Bogotá. Dovevi richiedere il permesso per viaggiare nel volo umanitario del 20 luglio, una pratica semplice da sbrigare per un funzionario internazionale”.
Tra le discussioni recenti avvenute con i colleghi dell’ONU, Duque fa riferimento anche all’accusa, che sarebbe stata mossa a Mario da una collega la terza settimana di giugno in occasione di una “riunione informale a Florencia”, di “essere una spia”.
“Lo hai raccontato sorridendo, perché ti sei sempre preso gioco dell’assurdo. Oggi, con il tuo sorriso spento dalla tua violenta e improvvisa dipartita, mi chiedo se quello non fosse un primo segnale del pericolo che stavi correndo. Cos’è successo quel giorno, chi ti ha accusato con toni così pesanti, quali provvedimenti ha preso Sergio Pirabal, responsabile dell’Ufficio Regionale, mio ex collega nella Commissione per la Verità in Guatemala?
Sempre sorridendo hai commentato il recente richiamo da parte dell’ONU per aver manifestato il tuo disaccordo nella forma, per te discriminatoria, con la quale la Missione stava gestendo la pandemia. Mentre ad altri funzionari si offrivano viaggi e telelavoro, la norma per i volontari è stata la solitudine e l’isolamento”.
E ancora:
“Non credo alla tesi del suicidio per solitudine e depressione che diversi tuoi amici vorrebbero accettare per dare un senso al proprio dolore. E non credo che per fare una autopsia si impieghino 10 o 20 giorni. Forse per le analisi tossicologiche, ma gli esami forensi dovrebbero essere già pronti e dovrebbero essere resi pubblici dall’Istituto Nazionale di Medicina Legale.
So dei tuoi malumori interni nei confronti di un’organizzazione che nel 2019 nel suo rapporto ha dedicato soltanto un paragrafo di sei linee al bombardamento militare nel quale sono morti 18 bambini e bambine reclutate dalla dissidenza delle Farc, dove si è infierito su alcuni corpi giá morti, un evento che ha determinato le dimissioni dell’allora ministro della Difesa, Guillermo Botero.
So che hai documentato altri casi del genere, come il dislocamento forzato delle famiglie dei bambini uccisi e dell’assassinio di altre persone. So che ti dava fastidio la leggerezza dei toni dei rapporti dell’ONU, la complessa relazione di alcuni membri della Missione con l’esercito e la polizia, la contrattazione di civili che avevano lavorato per le forze militari, la passività di questa organizzazione di fronte ai bombardamenti contro i civili nel sud del Meta [NdT, regione a nord del Caquetà] e l’aumento degli omicidi selettivi degli ex combattenti delle Farc”.
A sollevare dubbi sulla vicenda, anche il giornalista, corrispondente dell’ANSA a Buenos Aires, Maurizio Salvi: “Il corpo di Mario Paciolla è stato trasferito dalla Colombia in Italia con una consegna di segretezza assoluta. Perché? Di cosa si aveva paura? Si è cercato di far dimenticare la sua morte sapendo che la verità su di essa non sarà mai detta?”, si è chiesto su Twitter. Poi, in risposta ad un utente che gli domandava cosa significasse “consegna di segretezza assoluta” (“chi la chiede? Chi la concede?”), Salvi ha formulato un’accusa molto grave: “Significa che i governi si sono messi d’accordo per impedire ai media di accedere alla documentazione sulla morte di Mario. L’ho provato sulla mia pelle. Silenzio dell’Onu, silenzio della Procura, silenzio dell’ambasciata e quindi silenzio indotto dei media italiani e colombiani”.
La scorsa settimana, la Missione ONU in Colombia ci aveva riferito, a una nostra richiesta di chiarimenti, che stava collaborando con le investigazioni delle autorità colombiane, e, in una nota ufficiale, aveva affermato di aver avviato un’indagine interna.
Alla luce dei nuovi elementi emersi negli ultimi giorni, al consueto press briefing con il portavoce del Segretario Generale ONU, noi della “Voce” abbiamo chiesto con insistenza di quali informazioni è attualmente in possesso la sede centrale delle Nazioni Unite, e quale posizione ha assunto Guterres sul caso. Vaghe, per ora, le risposte che abbiamo ricevuto: “Siamo stati informati dalla Missione il 15 luglio della morte del volontario ONU Mario Paciolla”, ci ha detto il vice portavoce Farhan Haq, aggiungendo che la stessa Missione ha inviato le proprie condoglianze alla famiglia.
Ci è stata quindi confermata l’indagine interna portata avanti dalla Missione e la collaborazione con quella condotta dalle autorità locali. Nessuna informazione, invece, in merito all’autopsia, rispetto alla quale ci hanno rimandato, per avere notizie “di prima mano”, direttamente alle autorità locali.
Alla Missione ONU in Colombia, invece, abbiamo chiesto un commento in merito alla ricostruzione di Claudia Julieta Duque e informazioni più circostanziate riguardo all’autopsia (o autopsie, visto che si parla di due differenti approfondimenti condotti dalle autorità colombiane e italiane). Al momento in cui pubblichiamo questo articolo, siamo in attesa di risposte. Da parte nostra, continueremo a porre domande”.

 

FONTE: aise.it

 


 

As the Mystery Around Paciolla’s Death in Colombia Deepens, the UN Remains Silent

Those who knew the 33-year-old UN volunteer, including the Colombian journalist Claudia Julieta Duque, are skeptical about the suicide theory.

 

The lifeless body of Mario Paciolla, the United Nations volunteer found dead on July 15 at his home in San Vicente de Caguán (Colombia), was brought back to Italy last Friday, July 24. However, it is still unclear what happened to the 33-year-old Neapolitan UN monitor. Those who knew him well immediately ruled out the suicide theory initially claimed by local authorities. As the circumstances surrounding Mr. Paciolla’s death are still literally shrouded by mystery, that theory appears to be contradicted by more than one detail.

Mario Paciolla.

Colombian investigative journalist Claudia Julieta Duque, who also happened to be friends with Mario, shed some light on Paciolla’s last days and his troubled relationship with some of his colleagues from the UN Verification Mission. Ms. Duque is well-known in Colombia for her thorough investigations into corruption, espionage and criminal alliances between State agents and paramilitary groups, a fearless work that earned her countless attacks and persecutions. In a letter to her deceased friend published in El Espectador, Ms. Duque points out how Paciolla was found dead less than 24 hours after the release of the latest UN Mission report, that was supposed to “gather your comments as a volunteer in the Caquetá region.” However, she underlines, “just as it happened with your death,” the UN “has remained silent.”

According to Duque’s account, the 33-year-old volunteer had criticized the UN over some of its methods in supervising the implementation of the 2016 peace agreement between the Colombian government and the Revolutionary Armed Forces of Colombia (Farc).

“The suicide hypothesis is implausible for those of us who know your spirit, your smile, and even your criticism of the Mission, when a colleague fell ill with dengue and time passed without him being transferred to another city to receive adequate medical care. You wondered what would have happened if a snake had bitten you or if you had fallen seriously ill in San Vicente. You already knew where you would have sought help if something like this had happened: It wouldn’t have been from someone inside the UN, because you worried that the pachydermic bureaucracy would have left you even more exposed to accidents and illnesses.”

Shortly before his death, Duque reports, Mario allegedly had “unlocked the padlock that secured the fence of the roof” in the small building where he used to live, “just to be safe.” Was that the place where “they found him?” she asks.

“Although your contract with the Mission was set to end on August 20, something happened on July 10. That day, you got into a heated argument with your bosses, as you would explain the following day to Anna Motta, your mother. You also told her your intention to anticipate your flight [to Italy]. You felt disgusted.

 

Over the last few days, you insisted that it was no longer safe for you to stay in Colombia working in the Mission. That’s why you decided to unlock that padlock and prepare for your departure. On Wednesday 15, you should have traveled to Bogotá. You had to apply for a permit to travel on the July 20 humanitarian flight, a simple arrangement for an international civil servant to attend to.”

According to Duque, Mario was also accused of “being a spy” by a colleague from the UN Mission. It reportedly happened during an “informal meeting in Florencia” in the third week of June.

“You recounted what had happened to you with a smile because you always used to make fun of the nonsense. Today, with your smile extinguished by your violent and sudden passing, I wonder if that was a first sign of the danger you were facing. What happened that day, who accused you with such heavy tones, what steps did Sergio Pirabal, head of the Regional Office, and my former colleague in the Commission for Truth in Guatemala, take?

 

You also commented with a smile on the rebuke you had recently received from the UN, because you had expressed your disagreement about the way—discriminatory in your view—in which the Mission was managing the pandemic. While other officials were offered travel and smart working, the norm for volunteers was solitude and isolation.”

Ms. Duque reiterates her skepticism about the suicide thesis.

“I don’t believe in the thesis of suicide for loneliness and depression that several of your friends would like to embrace to make sense of their pain. And I don’t think it takes 10 or 20 days to perform an autopsy. Perhaps toxicological report takes time, but forensic examinations should be ready and made public by the National Institute of Legal Medicine.

 

I am aware of your discontent with an organization that in 2019 dedicated only a six-line paragraph in its report to the military bombing in which 18 boys and girls recruited by the FARC dissidents died […], an event that led to the resignation of the then Minister of Defense, Guillermo Botero.

 

I know you have documented other such cases, for example when the families of the children killed were forcibly displaced, and other people’s murders. I know you were bothered by the UN reports’ lightness of tone, the complex relationship between some members of the Mission with the local army and the police, the bargaining of civilians who had worked for the military, the passivity of the organization in the face of bombings against civilians in the south of Meta, and the increase in selective murders of former FARC fighters.”

Maurizio Salvi, an ANSA reporter in Buenos Aires, also raised some doubts on Paciolla’s case. “Mario Paciolla’s body was transferred from Colombia to Italy in absolute secrecy. Why?” he asked on Twitter. He wondered, “Did they try and make us forget about his death, knowing that the truth about it will never be told?”  Then, in response to a user who had asked for further clarification, he accused governments of having a “deal to prevent media from accessing the documentation on Mario’s death.” He revealed, “I experienced it myself. Silence from the UN, silence from the Prosecutor’s Office, silence from the embassy and therefore induced silence from Italian and Colombian media.”

Last week, the UN Verification Mission in Colombia informed us that it was cooperating with Colombian authorities’ investigations, and, in an official note, clarified that it had also started an internal investigation.

In light of the new details recently emerged, during the daily press briefing with the UN Secretary-General’s Spokesman, we insistently asked what information the United Nations Headquarters currently has, and what stance Mr. Guterres has taken on the case. To date, they provided us with vague answers. “We were informed by the Mission on July 15 of the death of the UN volunteer, Mr. Mario Paciolla,” Deputy Spokesman for the Secretary-General Farhan Haq told us, adding that the Mission itself has sent its condolences to Mario’s family. Mr. Haq confirmed that the Mission is carrying out an internal investigation, and is collaborating with the one conducted by local authorities.

The UN provided no information at all about the autopsy. Moreover, as we are writing this article, the UN Verification Mission in Colombia has not yet responded to our request for comment on Claudia Julieta Duque’s account.

 

FONTE: https://www.lavocedinewyork.com/en/2020/07/28/as-the-mystery-around-paciollas-death-in-colombia-deepens-the-un-remains-silent/

 

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LINK: https://www.lavocedinewyork.com/onu/2020/07/21/mario-paciolla-lonu-collabora-con-le-indagini-in-corso-cosa-sappiamo-finora/

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