19 10 19 RASSEGNA NEWS

00 – Emergenza climatica: non potrà essere la solita legge di bilancio. Davvero stavolta non potrà essere la solita Legge di Bilancio per i temi energetici e ambientali.
01 – Il taglio dei parlamentari è stato approvato dal parlamento, a questo punto si chieda ai cittadini cosa ne pensano.
02 – Il lungo tradimento americano (e non solo) dei curdi. Dagli anni 70 al Rojava. L’Italia ora fa la voce grossa ma quando nel 2016 venne in Italia il capo del partito filo-curdo Hdp, oggi in carcere, non fu ricevuto da nessuno del governo Gentiloni.
03 – Fratoianni: «Subito una rete con chi crede nelle alleanze» Intervista. Parla il segretario uscente di Sinistra Italiana, impegnato con l’imminente congresso del partito. Che cambia linea
04 – La Marca (PD) A New York alle manifestazioni per il Columbus day e agli incontri delle associazioni dei liguri e dei campani.
05 – Schiavone (Cgie): “La nostra lingua, volano di ricchezza grazie agli italiani all’estero”. Dal 21 al 27 ottobre “L’Italiano sul palcoscenico” è il tema della diciannovesima edizione della Settimana della Lingua Italiana nel Mondo istituita nel 2001

 

 

00 – EMERGENZA CLIMATICA: NON POTRÀ ESSERE LA SOLITA LEGGE DI BILANCIO. DAVVERO STAVOLTA NON POTRÀ ESSERE LA SOLITA LEGGE DI BILANCIO PER I TEMI ENERGETICI E AMBIENTALI. L’EMERGENZA CLIMATICA HA INFATTI SUPERATO OGNI POSSIBILE BARRIERA NEGAZIONISTA, DOPO LA DRAMMATICA ACCELERAZIONE NELLO SCIOGLIMENTO DEI GHIACCIAI E NEGLI IMPATTI SEMPRE PIÙ DEVASTANTI DI FENOMENI METEOROLOGICI ESTREMI. ( di Edoardo Zanchini *Vicepresidente Legambiente)

Ultimi, in ordine di tempo, quelli lasciati dal tifone Hagibis sabato scorso in Giappone. E poi l’enorme mobilitazione internazionale per il «climate strike», che in Italia ha visto protagonisti un milione di ragazzi il 27 settembre nelle piazze a manifestare perché si mettano finalmente in campo azioni concrete e ambiziose.

PER NON DIMENTICARE gli impegni presi dal Presidente del Consiglio Conte alle Nazioni unite e da Pd e Cinque Stelle nelle trattive di governo. Eppure il rischio che finisca tutto in una bolla di sapone è concreto, come si è visto con la deludente proposta di Decreto Clima presentata dal Ministro dell’Ambiente. Delle scelte per smuovere questa situazione si è discusso ieri a Roma in una iniziativa organizzata da Legambiente e Forum Disuguaglianze, nella quale sono state presentate le proposte per un Green new deal capace di rilanciare investimenti e creare opportunità di rilancio industriale e economico, per tutti e in ogni territorio.

IL CONFRONTO, a cui hanno partecipato rappresentanti del Governo, parlamentari e associazioni, sindacati e imprese ha posto in evidenza due questioni di attualità nella fase delicata che sta attraversando il Paese.

La prima riguarda le risorse per dare gambe alla svolta green nel bilancio dello Stato, e per dire basta con le scuse e i rinvii. Dove trovarle? Intervenendo in tre ambiti fondamentali: spostando la fiscalità sulle fonti fossili e abolendo i sussidi contro l’ambiente, riformando le concessioni sui beni comuni e ambientali e spostando gli investimenti verso economia circolare e fonti rinnovabili. Già nel 2020 lo Stato potrebbe recuperare oltre un miliardo di euro da rendite ai danni dell’ambiente e sussidi alle fonti fossili che possono essere investiti in interventi di cui il Paese ha urgente bisogno.

LA REVISIONE della fiscalità legata a obiettivi ambientali, la riconversione dei sussidi alle fossili in incentivi e investimenti green, l’introduzione di una carbon tax, potrebbero permettere di recuperare importanti risorse, crescenti da destinare per metà agli investimenti green e per metà alla riduzione della fiscalità sul lavoro in particolare per chi guadagna di meno.

L’obiettivo è di arrivare a mobilitare al 2030 oltre 50 miliardi di Euro all’anno, tra fondi europei e nazionali, per muovere davvero la transizione energetica. Ma non basteranno nuove risorse, serve anche un cambio delle politiche e delle priorità, perché sono fermi proprio i cantieri più importanti, ossia quelli di metropolitane e tram, impianti solari, riqualificazione energetica degli edifici e messa in sicurezza del territorio.
E fino ad ora dai Ministri De Micheli e Patuanelli abbiamo sentito parlare sopratttto di grandi opere, autostrade e centrali a gas. Per questo motivo sono stati individuati 10 obiettivi per ridefinire le politiche pubbliche, che rappresentano altrettante missioni su cui focalizzare gli investimenti green.
Ma anche la seconda questione su cui si è scelto di concentrare l’attenzione è importante, perché occorre evitare che le opportunità che si andranno ad aprire non riguardino tutti.
Alcuni luoghi e lavoratori rischiano infatti di pagare le conseguenze della chiusura di centrali e di produzioni inquinanti, mentre il taglio dei sussidi alle fossili deve essere accompagnato da incentivi per dare la possibilità a tutti di scegliere alternative sostenibili. Bisogna scongiurare il rischio che si allarghi il divario delle possibilità tra chi si potrà permettere di cambiare – con una casa efficiente, il solare, l’auto elettrica, prodotti biologici, ecc – e chi si troverà a pagare di più per i servizi senza vedere alcun miglioramento e con anche il rischio di perdere il lavoro.
Al Governo chiediamo di fare di questa Legge di Bilancio il primo passo nella direzione di una transizione ecologica guidata da obiettivi di giustizia sociale. Le idee e le proposte non mancano per scegliere questa strada, mentre di sicuro la mobilitazione non si fermerà. Prossima tappa lo sciopero mondiale per il clima indetto per Il 29 Novembre.
*Vicepresidente Legambiente

 

01 – IL TAGLIO DEI PARLAMENTARI È STATO APPROVATO DAL PARLAMENTO, A QUESTO PUNTO SI CHIEDA AI CITTADINI COSA NE PENSANO. ALLA FINE L’APPROVAZIONE DELLA CAMERA C’È STATA. CON LA QUARTA VOTAZIONE, COME PREVISTO DALL’ART. 138, LA CAMERA HA APPROVATO CON 553 VOTI SU 630 IL TAGLIO DI 230 DEPUTATI E 115 SENATORI, A PARTIRE DALLA PROSSIMA LEGISLATURA. QUINDI QUESTA MODIFICA DELLA COSTITUZIONE HA AVUTO L’APPROVAZIONE DEFINITIVA DEL PARLAMENTO.

Ora resta da verificare se ci sarà – entro 3 mesi – la richiesta di referendum costituzionale. Se arriverà la richiesta di referendum il taglio dei parlamentari per diventare effettivo dovrà attendere l’esito del voto degli elettori, che va ricordato, è senza quorum. Nel 2016 il referendum disse no alle modifiche di Renzi e quella “deformazione” della Costituzione finì nel cestino. Invece se il referendum non ci sarà dopo 3 mesi il taglio dei parlamentari entrerà in vigore.
Il referendum popolare su questa modifica della Costituzione è indispensabile per fare esprimere sull’argomento direttamente i cittadini (la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione, art.1 c.2). Come ha ricordato il prof Ainis effettuare il referendum costituzionale nella prossima primavera consentirebbe di allineare i tempi di modifica della Costituzione con l’approvazione di una nuova legge elettorale, di cui per ora si parla poco ma che è assolutamente indispensabile.
Infatti va ricordato che la Lega ha già fatto approvare alla precedente maggioranza verde-gialla una nuova legge elettorale a immagine e somiglianza del rosatellum, che è la legge con cui abbiamo votato il 4 marzo 2018. L’unica differenza tra il rosatellum e la legge già pronta ad entrare in vigore dopo il taglio dei parlamentari è l’adattamento di aspetti come il numero dei collegi, ecc. Adattamento inevitabile con la diminuzione dei deputati e dei senatori.
La nuova legge elettorale portata avanti da Calderoli per conto della Lega ha di fatto blindato il rapporto tra il taglio dei parlamentari e la nuova versione del rosatellum. Per ora siamo esattamente nel percorso ideato dalla precedente maggioranza M5Stelle/Lega, per cambiare scenario occorre almeno una nuova legge elettorale che segni un distacco radicale da quella che potrebbe entrare in vigore senza fare nulla.
La nuova maggioranza dovrà dimostrare di essere in grado di approvare una nuova legge elettorale che sostituisca quella voluta dalla Lega. Non sarà facile perchè nel programma dell’attuale maggioranza ci sono pochi e vaghi cenni ed è difficile dire se ci riuscirà viste le diverse posizioni esistenti al suo interno.
Il rapporto tra la Costituzione, che prevede le modalità di funzionamento della democrazia italiana, e la legge elettorale è molto stretto e quando la legge elettorale è sbagliata ne risente l’intero assetto istituzionale.
Il maggioritario è iniziato con il “mattarellum”. Legge che comunque prevedeva una quota proporzionale per garantire la rappresentanza e consentiva, con collegi di circa 100.000 abitanti, di stabilire un rapporto tra parlamentari ed elettori. Le leggi successive hanno scelto una linea maggioritaria, con parlamentari eletti sulla base della posizione in liste bloccate, quindi nominati dall’alto.
Questo ha portato ad un graduale abbassamento della credibilità dei parlamentari presso i cittadini – che nemmeno li conoscevano più – e quindi dell’autorevolezza del Senato e della Camera, i cui componenti sono diventati sempre più dipendenti dai capi partito, elezione dopo elezione, e si sono gradualmente assuefatti a diventare subalterni al governo, con buona pace di Montesquieu.
Ha ragione Bersani, Renzi ha governato con i voti presi dal Pd quando lui ne era il segretario e va ricordato che il Pd da solo aveva poco più del 25 % dei voti e la maggioranza in parlamento era possibile grazie all’effetto moltiplicatore del porcellum, legge voluta dal centro destra fino alla dichiarazione di incostituzionalità. Governi di fatto minoritari, maggioranze parlamentari artificiose e non corrispondenti ai voti reali ottenuti hanno fatto molto male alla credibilità delle istituzioni del nostro paese e hanno preparato il clima di disaffezione in cui si è inserita l’iniziativa del Movimento 5 Stelle di tagliare i parlamentari con la motivazione incredibile di risparmiare, fino al risultato attuale.

Ancora nel recentissimo dibattito parlamentare i rappresentanti dei 5Stelle hanno insistito sui risparmi, fino a presentare dopo l’approvazione definitiva uno striscione che per ragioni di propaganda ha calcolato i risparmi su 10 anni per arrivare ad ogni costo a sostenere che si risparmierà un miliardo. Eppure è falso anche su 10 anni, ce ne vorranno tra 15 e 20, ma la propaganda facilona ha le sue esigenze.
Il voto alla Camera è stato plebiscitario, con una buona dose di conformismo. Il Pd ha capovolto le posizioni precedenti in nome di alcuni contrappesi costituzionali e di una nuova legge elettorale, della quale non c’è certezza di contenuti e tempi. Un prezzo pagato al varo del governo con i 5 Stelle, certo, ma si poteva cercare di fare un discorso più serio e fondato.
Uno dei contrappesi costituzionali proposti dal Pd è l’equiparazione per età degli eletti e degli elettori tra Camera e Senato, la domanda è: che senso ha avere due camere se i loro componenti sono eletti nello stesso modo ? Così il bicameralismo totalmente paritario diventa difficilmente spiegabile. Non era preferibile, se la pressione dei 5Stelle era proprio irresistibile, proporre una sola Camera con poteri legislativi, risolvendo così il problema di mantenere una rappresentanza parlamentare adeguata nel territorio e semmai trasformando il Senato in camera delle regioni ? Il Senato delle regioni potrebbe essere una scelta utile in questa fase per gestire l’autonomia regionale differenziata che la Lega ha cercato di trasformare in vera e propria libertà di secessione delle regioni più ricche.
Una sede collegiale di decisione delle regioni (ad esempio un nuovo senato sulla falsariga del bundesrat tedesco) avrebbe reso tutto più trasparente e contribuito a rintuzzare le spinte secessioniste.
In questo scenario alternativo il risultato di riduzione di parlamentari sarebbe stato sostanzialmente lo stesso, con la differenza che la Camera sarebbe rimasta integra e si poteva stabilizzare il rapporto tra stato e regioni.
Bastavano sei mesi di tempo per approvare una modifica radicale di pari risultato ma con una forte valenza di coerenza istituzionale, mentre ha prevalso la sforbiciata alle due camere nata nel periodo verdegiallo, ha prevalso il continuismo.
C’è da augurarsi che la maggioranza avverta il bisogno di chiedere il parere degli elettori e convochi il referendum. In questa eventualità non tutti saranno tormentati dal timore di stare sul versante perdente identificato con la contrarietà a questo taglio dei parlamentari. Ci sono tante persone che non hanno timore, né ragione per essere accusate di avere interessi propri e che potrebbero con equilibrio spiegare perchè questo taglio dei parlamentari non va bene e perchè rischia seriamente di innescare un percorso che ci porterà ad avere meno rappresentanti e senza una nuova legge elettorale continuerà ad impedire agli elettori di scegliere chi li deve rappresentare, lasciando per di più irrisolto il rapporto tra stato e regioni.
Alla fine di questo tunnel c’è il presidenzialismo. Come del resto esplicita la proposta depositata da Lega e Fdi, che parlano apertamente di elezione diretta del Presidente nel 2029. Il M5Stelle è prigioniero della piattaforma Rousseau che forse gli impedisce di vedere con chiarezza il rischio di lavorare per il re di Prussia, come ha già fatto nella precedente esperienza di governo con la Lega. Purtroppo la linea forte è quella della destra che vuole un capo di tutto e tutti, eletto direttamente. Del resto Salvini non aveva detto che voleva le elezioni anticipate per ottenere pieni poteri ?
Quando in passato ho cercato di mettere sull’avviso che il taglio dei parlamentari preludeva al presidenzialismo mi hanno risposto in tanti che era una preoccupazione eccessiva. Purtroppo non è così e trattative politiche condotte all’insegna dell’incertezza politica hanno portato ad un accordo che ricorda semmai la (pessima) riforma delle provincie.
Vedremo se ci sarà il referendum sul taglio dei parlamentari. Un referendum sarebbe l’occasione per una discussione di massa sulla Costituzione e sull’assetto istituzionale del nostro paese. Se non dovesse esserci tutte le aspettative si concentreranno sulla legge elettorale, decisiva naturalmente, ma da sola non in grado di reggere un intero impianto costituzionale. ( di Alfiero Grandi)

 

02 – IL LUNGO TRADIMENTO AMERICANO (E NON SOLO) DEI CURDI. DAGLI ANNI 70 AL ROJAVA. L’ITALIA ORA FA LA VOCE GROSSA MA QUANDO NEL 2016 VENNE IN ITALIA IL CAPO DEL PARTITO FILO-CURDO HDP, OGGI IN CARCERE, NON FU RICEVUTO DA NESSUNO DEL GOVERNO GENTILONI.

(di Alberto Negri )
Il lungo tradimento dei curdi da parte degli americani comincia negli anni Settanta e oggi nel Nord della Siria, il Rojava curdo, si è aperto il capitolo più devastante: il massacro di un popolo e dei princìpi più basilari di giustizia, diritto internazionale e democrazia, l’umiliazione degli Stati uniti, incapaci di fermare il Califfo Erdogan, un’Europa sotto ricatto e la virtuale disarticolazione della Nato – a 70 anni dalla sua fondazione – non a opera di un attore esterno ma di uno stato membro come la Turchia dal 1953.
Erdogan, che in Turchia ha dozzine di basi e missili Nato puntati su Teheran e Mosca, dell’Alleanza si fa beffe. Dopo il golpe fallito del 15 luglio 2016 chiuse Incirlik e fece circondare il quartiere generale Nato di Istanbul: ero lì, davanti ai cancelli, con i militari occidentali consegnati e guardati a vista, ma nessuno disse una parola. Poi non a caso Erdogan ha comprato gli S-400 da Putin. Ricatta tutti, non con machiavellica abilità ma perché sa di affondare il coltello in un ventre molle.
O Erdogan viene fermato militarmente in Rojava, dove sta creando un nuovo stato islamico, e lì colpito, in qualunque maniera, oppure il ricatto proseguirà all’infinito, anche sotto sanzioni o embargo.
È una situazione che abbiamo voluto e agevolato con l’inettitudine dell’Occidente, Italia compresa. Anche aiutare la Turchia democratica, come scrive Michele Serra su Repubblica, suona drammaticamente ironico: a piazza Taksim abbiamo abbandonato nel 2013 la «Turchia democratica». Il governo italiano che adesso fa la voce grossa quando nel 2016 venne in Italia il capo del partito filo-curdo Hdp, Selahettin Demirtas, oggi in carcere, non fu ricevuto da nessun rappresentante del governo Gentiloni per non irritare Ankara.
E l’ambasciatore turco Salim Esenli, appena convocato alla Farnesina, ha dato in escandescenze urlando che: «L’Italia dal terrorismo delle Br non ha imparato nulla, perché i curdi sono terroristi».
Ma ecco come il passato si ripete e come si occulta da anni una versione della storia. Chi l’ha vissuta non dimentica. Nel 1972 lo Shah di Persia sosteneva la resistenza curda contro l’Iraq ma i curdi non si fidavano: temevano che se avesse raggiunto un accordo con l’Iraq sul petrolio e il confine dello Shatt el Arab nel Golfo li avrebbe poi abbandonati. Il leader curdo Mustafa Barzani chiese allora a Reza Palhevi, che si atteggiava a guardiano del Golfo per conto degli Usa, di coinvolgere Washington come garanzia del suo impegno.
Lo Shah ottenne l’intervento di Nixon durante un viaggio a Teheran. La supervisione delle operazioni anti-irachene fu affidata a Henry Kissinger che, come segretario di Stato, rimase al suo posto anche dopo il 1974 quando il repubblicano Nixon fu costretto alle dimissioni dallo scandalo Watergate (le intercettazioni illegali di danni del partito democratico). Il clima politico e il contesto di allora ricordano in qualche modo quello di oggi, con Trump nel mirino dell’impeachment per il Russiagate e l’Ucraina.
Ecco quello che accadde. Nell’ottobre 1973 esplode la guerra dello Yom Kippur tra arabi e israeliani con un attacco a sorpresa egiziano e siriano. I curdi, con l’Iraq impegnato a inviare battaglioni sul fronte, intravedono l’opportunità di attaccare. Ma da Kissinger viene un «no» deciso all’operazione. Oggi sappiamo perché: gli arabi avevano decretato l’embargo petrolifero, con un aumento del 400% dei prezzi del greggio, ma gli americani avevano continuato segretamente a rifornirsi dalla saudita Aramco e non volevano irritare troppo i nemici di Israele in un conflitto che terminò senza esiti risolutivi
Israele comunque annotò sul taccuino che i curdi potevano essere potenziali alleati contro gli arabi, tanto è vero che un paio di anni fa Netanyahu, alla vigilia del referendum curdo iracheno sull’indipendenza, ha dichiarato che «Israele supporta il legittimo sforzo del popolo curdo nel costruire un proprio Stato».
I curdi allora obbedirono all’ordine di Kissinger ma poco dopo pagarono amaramente la loro fiducia negli americani. Nel 1975 Iraq e Iran raggiunsero l’accordo di Algeri sul confine dello Shhat el Arab e furono abbandonati al loro destino: senza armi, munizioni, rifornimenti e migliaia di profughi, più o meno come avviene in queste ore.
Gli Usa oggi come allora hanno lasciato i curdi senza anti-aerea e rischiano una disfatta epocale dopo avere contributo alla sconfitta dell’Isis. Non è proprio una esclusiva di Kissinger e Trump. Nel 2011 Obama ritira le truppe lasciando l’Iraq senza aviazione: quando nel 2014 l’Isis avanza, l’esercito iracheno si sfalda e dopo avere catturato Mosul sarebbe entrato a Baghdad se non ci fossero state le milizie sciite guidate dal generale iraniano Qassem Soleimani.
Ma oggi nel Rojava, rispetto al Kurdistan iracheno del 1975, c’è una miscela ancora più esplosiva: i turchi metteranno i jihadisti nella «fascia di sicurezza» a fare da antemurale ai curdi. Uno stato islamico protetto dal Califfo Erdogan.
Il lungo tradimento dei curdi da parte degli Usa si prolungò durante la guerra Iran-Iraq quando i curdi iracheni, il 16 marzo 1988, furono attaccati con le armi chimiche dall’esercito iracheno: 5mila morti, in un campagna militare che fece tra i curdi 100mila vittime su un milione di caduti in tutto il conflitto. Ma nessuno condannò mai l’attacco chimico di Halabja e Saddam restò un alleato dell’Occidente e delle monarchie del Golfo fino all’invasione del Kuwait nel ’90. Eppure l’amministrazione Reagan sapeva perfettamente che erano state usate armi chimiche (gas nervino) e da dove provenivano.
Cosa era accaduto ce lo raccontarono allora i superstiti in fuga da Halabja ricoverati negli ospedali iraniani. E il cronista ora è costretto a riaprire di nuovo il taccuino sulle conseguenze di questo ennesimo tradimento occidentale: una bella stretta di mano al Califfo Erdogan alla Casa bianca e tutto sarà finito.

 

03 – FRATOIANNI: «SUBITO UNA RETE CON CHI CREDE NELLE ALLEANZE» INTERVISTA. PARLA IL SEGRETARIO USCENTE DI SINISTRA ITALIANA, IMPEGNATO CON L’IMMINENTE CONGRESSO DEL PARTITO. CHE CAMBIA LINEA

(di Daniela Preziosi)

«Siamo in una fase politica del tutto nuova, impensabile fino a poco tempo fa, il cui esito è aperto. Far nascere il governo era necessario e giusto. Ma la dimensione del governo non è l’unica». Nicola Fratoianni, segretario uscente di Sinistra italiana, nei prossimi giorni sarà impegnato con l’inizio del congresso del suo partito. Che sembra cambiare direzione rispetto alle politiche 2018, con la lista Leu, ma anche rispetto alle disastrose europee 2019 con la lista La sinistra. «La nascita del governo ha innescato una dinamica politica che produce la novità che alcuni di noi auspicavano da tempo: una relazione fra M5S, Pd e la sinistra per provare a costruire uno spazio alternativo alle destre».

CHIEDE CHE L’ALLEANZA DIVENTI STABILE?
Sì. Ma non basta. Vorrei che riflettessimo sul nostro ruolo: faccio una proposta a tutte le sinistre e alle forze ecologiste, dentro e fuori dal parlamento, a tutti coloro che pensano che in questa dinamica si debba investire senza chiusure. Fin qui siamo sempre partiti dall’estenuante ricerca del soggetto politico. Stavolta partiamo dall’oggetto, definiamo alcuni temi su cui costruire iniziativa nel paese. Costruiamo una rete, stabiliamo un coordinamento.

QUESTA RETE PASSA PER LA ROTTAMAZIONE DELLA PREGIUDIZIALE ANTI PD?
Passa anche per la rimozione di ogni veto sulla politica delle alleanze.

Vi rimangiate quel “mai con il Pd” che ha aleggiato su tutte le vostre liste dopo il 2013, cioè tutte quelle dopo Sel, il partito che si era scisso dal Prc per allearsi con il Pd di Bersani?
Noi di Si abbiamo sempre posto questioni di merito e valutato il contesto.

CHIEDERETE AL PRC, VOSTRO ALLEATO ALLE EUROPEE, DI SCEGLIERE FRA VOI – E IL PD – O RIDIVIDERE PER L’ENNESIMA VOLTA LE VOSTRE STRADE?
Chiediamo a tutti e tutte di fare insieme questo passaggio. Non si può più far finta di non vedere che la frammentazione è la prima condizione della nostra scarsa credibilità. Questo nodo va posto, è un dato di chiarezza. Ci rivolgiamo a tutti quelli che, di fronte a queste destre, sono disponibili a discutere di come costruire una alternativa. Senza pregiudiziali. Dobbiamo decidere se ci accontentiamo di resistere o se possiamo costruire una sinistra articolata con l’ambizione di giocare un ruolo attivo.

VOI SIETE PER IL PROPORZIONALE. IL PD PUNTA AL MAGGIORITARIO PER COSTRUIRE IL CAMPO ALTERNATIVO ALLE DESTRE.
Una legge proporzionale è la condizione essenziale, serve un contrappeso al taglio dei parlamentari, come da accordi. Risolvere per via elettorale quello che va risolto per la via politica sarebbe un errore. E pure riproporre il vecchio centrosinistra con l’ingresso dei 5 Stelle al posto dei rami mancanti. La destra è forte. Per contenderne l’egemonia non serve un vecchio arnese. Il proporzionale aiuta a ricostruire una relazione fra programmi e corpi sociali.

Se i 5 Stelle non saranno costretti a un’alleanza stabile resteranno il partito “né di sinistra né di destra” pronto ad allearsi a seconda delle convenienze.
Dipende anche da noi. Sono certo che una rete di soggettività di sinistra rinnovata, ecosocialista, che parli alle lotte dei giovani contro i cambiamenti climatici, che abbia in testa il lavoro e il welfare universale possa giocare un ruolo importante.

LEI DICEVA: STAVOLTA A SINISTRA NON PARTIAMO DALLA RICERCA DEL SOGGETTO POLITICO, SEMPRE FALLITA, MA DALL’OGGETTO. CHE VUOL DIRE?
Propongo di decidere insieme quando incontrarci, ma presto, e come costruire uno spazio nel quale mettere in rete risorse esperienze e competenze, dalla cultura al sociale, dalla sinistra politica, alle tante esperienze amministrative. Mettiamo al centro tre o quattro questioni: la questione ecologica, il lavoro e il reddito, la scuola e l’enorme questione dei diritti, che non riguarda solo i migranti. Costruiamo iniziativa nel Paese e incrociamola con tutti quelli che sono disponibili a lavorarci al governo, in parlamento, a Bruxelles, nei comuni come nelle regioni.

Magari iniziando dal governo, dove siete, e dove in questi primi mesi non si vede una svolta smagliante.
Sui migranti una discontinuità c’è già stata. Assicurare, come si è fatto, per due volte il “porto sicuro” alla nave Ocean Viking le assicuro che non è poco: per chi sta giorni e giorni in mare fa la differenza. Non ci siamo invece sul discorso pubblico: ancora balbettìì per non “provocare” la reazione di Salvini, manca una discontinuità sui rapporti con la Libia. Sulla Nadef non c’è nulla di smagliante, è vero. Ma la direzione è positiva: attenzione alla scuole, invertite le dinamiche di questi anni, compresa la progressività fiscale contro la flat tax.

Questo governo è nato perché europeista, contro quello precedente sovranista. Ma l’Europa in queste ore di guerra turca contro i curdi dimostra tutto il suo opportunismo verso un popolo che ha combattuto e vinto l’Isis. Con buona pace dei valori europei e “occidentali”.
L’Europa mantiene tutta la sua incapacità di svolgere un ruolo efficace. Occorre stracciare subito ogni accordo con la Turchia e mettere in piedi un’iniziativa diplomatica che impedisca a Erdogan di massacrare i curdi. Martedì il ministro Di Maio riferirà alla Camera. Mi auguro che l’Italia e l’Europa mettano in campo iniziative forti. A partire dalla sospensione del commercio delle armi con la Turchia. L’Italia decida con chi vuole allearsi: con un regime che incarcera migliaia di oppositori politici o con un popolo che oltre ad aver combattuto per noi l’Isis ha costruito nella regione del Rojava uno straordinario esperimento di democrazia.

«Siamo in una fase politica del tutto nuova, impensabile fino a poco tempo fa, il cui esito è aperto. Far nascere il governo era necessario e giusto. Ma la dimensione del governo non è l’unica». Nicola Fratoianni, segretario uscente di Sinistra italiana, nei prossimi giorni sarà impegnato con l’inizio del congresso del suo partito. Che sembra cambiare direzione rispetto alle politiche 2018, con la lista Leu, ma anche rispetto alle disastrose europee 2019 con la lista La sinistra. «La nascita del governo ha innescato una dinamica politica che produce la novità che alcuni di noi auspicavano da tempo: una relazione fra M5S, Pd e la sinistra per provare a costruire uno spazio alternativo alle destre».

CHIEDE CHE L’ALLEANZA DIVENTI STABILE?
Sì. Ma non basta. Vorrei che riflettessimo sul nostro ruolo: faccio una proposta a tutte le sinistre e alle forze ecologiste, dentro e fuori dal parlamento, a tutti coloro che pensano che in questa dinamica si debba investire senza chiusure. Fin qui siamo sempre partiti dall’estenuante ricerca del soggetto politico. Stavolta partiamo dall’oggetto, definiamo alcuni temi su cui costruire iniziativa nel paese. Costruiamo una rete, stabiliamo un coordinamento.

QUESTA RETE PASSA PER LA ROTTAMAZIONE DELLA PREGIUDIZIALE ANTI PD?
Passa anche per la rimozione di ogni veto sulla politica delle alleanze.

Vi rimangiate quel “mai con il Pd” che ha aleggiato su tutte le vostre liste dopo il 2013, cioè tutte quelle dopo Sel, il partito che si era scisso dal Prc per allearsi con il Pd di Bersani?
Noi di Si abbiamo sempre posto questioni di merito e valutato il contesto.

CHIEDERETE AL PRC, VOSTRO ALLEATO ALLE EUROPEE, DI SCEGLIERE FRA VOI – E IL PD – O RIDIVIDERE PER L’ENNESIMA VOLTA LE VOSTRE STRADE?
Chiediamo a tutti e tutte di fare insieme questo passaggio. Non si può più far finta di non vedere che la frammentazione è la prima condizione della nostra scarsa credibilità. Questo nodo va posto, è un dato di chiarezza. Ci rivolgiamo a tutti quelli che, di fronte a queste destre, sono disponibili a discutere di come costruire una alternativa. Senza pregiudiziali. Dobbiamo decidere se ci accontentiamo di resistere o se possiamo costruire una sinistra articolata con l’ambizione di giocare un ruolo attivo.

VOI SIETE PER IL PROPORZIONALE. IL PD PUNTA AL MAGGIORITARIO PER COSTRUIRE IL CAMPO ALTERNATIVO ALLE DESTRE.
Una legge proporzionale è la condizione essenziale, serve un contrappeso al taglio dei parlamentari, come da accordi. Risolvere per via elettorale quello che va risolto per la via politica sarebbe un errore. E pure riproporre il vecchio centrosinistra con l’ingresso dei 5 Stelle al posto dei rami mancanti. La destra è forte. Per contenderne l’egemonia non serve un vecchio arnese. Il proporzionale aiuta a ricostruire una relazione fra programmi e corpi sociali.

Se i 5 Stelle non saranno costretti a un’alleanza stabile resteranno il partito “né di sinistra né di destra” pronto ad allearsi a seconda delle convenienze.
Dipende anche da noi. Sono certo che una rete di soggettività di sinistra rinnovata, ecosocialista, che parli alle lotte dei giovani contro i cambiamenti climatici, che abbia in testa il lavoro e il welfare universale possa giocare un ruolo importante.

LEI DICEVA: STAVOLTA A SINISTRA NON PARTIAMO DALLA RICERCA DEL SOGGETTO POLITICO, SEMPRE FALLITA, MA DALL’OGGETTO. CHE VUOL DIRE?
Propongo di decidere insieme quando incontrarci, ma presto, e come costruire uno spazio nel quale mettere in rete risorse esperienze e competenze, dalla cultura al sociale, dalla sinistra politica, alle tante esperienze amministrative. Mettiamo al centro tre o quattro questioni: la questione ecologica, il lavoro e il reddito, la scuola e l’enorme questione dei diritti, che non riguarda solo i migranti. Costruiamo iniziativa nel Paese e incrociamola con tutti quelli che sono disponibili a lavorarci al governo, in parlamento, a Bruxelles, nei comuni come nelle regioni.

MAGARI INIZIANDO DAL GOVERNO, DOVE SIETE, E DOVE IN QUESTI PRIMI MESI NON SI VEDE UNA SVOLTA SMAGLIANTE.
Sui migranti una discontinuità c’è già stata. Assicurare, come si è fatto, per due volte il “porto sicuro” alla nave Ocean Viking le assicuro che non è poco: per chi sta giorni e giorni in mare fa la differenza. Non ci siamo invece sul discorso pubblico: ancora balbettìì per non “provocare” la reazione di Salvini, manca una discontinuità sui rapporti con la Libia. Sulla Nadef non c’è nulla di smagliante, è vero. Ma la direzione è positiva: attenzione alla scuole, invertite le dinamiche di questi anni, compresa la progressività fiscale contro la flat tax.

Questo governo è nato perché europeista, contro quello precedente sovranista. Ma l’Europa in queste ore di guerra turca contro i curdi dimostra tutto il suo opportunismo verso un popolo che ha combattuto e vinto l’Isis. Con buona pace dei valori europei e “occidentali”.
L’Europa mantiene tutta la sua incapacità di svolgere un ruolo efficace. Occorre stracciare subito ogni accordo con la Turchia e mettere in piedi un’iniziativa diplomatica che impedisca a Erdogan di massacrare i curdi. Martedì il ministro Di Maio riferirà alla Camera. Mi auguro che l’Italia e l’Europa mettano in campo iniziative forti. A partire dalla sospensione del commercio delle armi con la Turchia. L’Italia decida con chi vuole allearsi: con un regime che incarcera migliaia di oppositori politici o con un popolo che oltre ad aver combattuto per noi l’Isis ha costruito nella regione del Rojava uno straordinario esperimento di democrazia.

 

04 – LA MARCA (PD) A NEW YORK ALLE MANIFESTAZIONI PER IL COLUMBUS DAY E AGLI INCONTRI DELLE ASSOCIAZIONI DEI LIGURI E DEI CAMPANI.

“Kick Off Ceremony Event for Columbus Day 2019” . “Lo scorso fine settimana, nella mia permanenza a New York in occasione delle manifestazioni legate al Columbus Day, ho potuto toccare alcune corde profonde della nostra comunità negli USA e condividere riflessioni ed emozioni che hanno animato i numerosi incontri ai quali ho partecipato.
Venerdì 11 ottobre sono intervenuta al “Kick Off Ceremony Event for Columbus Day 2019” presso il consolato generale di New York, alla presenza del Sindaco di NY Bill de Blasio, che nell’occasione ha premiato con il “Leonardo da Vinci Award 2019” il Presidente e Ceo della Fondazione Statua della Libertà Stephen A. Briganti, per altro cugino dello stesso de Blasio. Un modo misurato e convinto di riaffermare i valori di solidarietà legati al Columbus Day, al di là di ogni ingiustificata polemica.
Sabato 12 ottobre ho partecipato all’annuale serata di gala in occasione della più tipica e sentita ricorrenza italiana. Il Gala si svolge ininterrottamente da 75 anni ed è la più significativa testimonianza dei legami e dello spirito di coesione che caratterizzano la comunità italiana. È stata anche l’occasione per celebrare l’amicizia tra Italia e Stati Uniti e per raccogliere fondi da destinare a scopi benefici.
Il 13 ottobre, domenica, l’ho dedicato ad un altro pilastro della presenza italiana in USA, il movimento associativo.
A State Island, infatti, ho incontrato l’Associazione Liguri nel mondo e, in compagnia del suo responsabile PR Robert Barletta, ho visitato il centro culturale Casa Belvedere, dedicato agli studi italiani.
Subito dopo ho potuto rinnovare la visita, per me consueta, all’Associazione dei Campani, riuniti nell’annuale festa promossa dal fervido impegno del Presidente Cav. Rocco Manzillo e del Cav. Nicola Trombetta. Nel corso della manifestazione è stata premiata l’On. Rosetta D’Amelio, Presidente del Consiglio Regionale, e festeggiato il Maestro Domenico Cozzolino, che ancora una volta ha allietato l’incontro dirigendo l’acclamata esibizione della Corale Vesuviana.
Durante i miei interventi presso i sodalizi italiani, ho tenuto a sottolineare il valore non solo simbolico del Columbus Day e l’importanza della preservazione delle nostre tradizioni in un contesto multiculturale come quello attuale. In più, soprattutto con i Campani, ricordando la mia mozione sul contributo degli italiani all’estero alla ripresa del sud dell’Italia, ho richiamato l’esigenza di unire le forze per la ripresa del Mezzogiorno affinché soprattutto i giovani possano avere una speranza e un futuro nella propria terra”.
On./Hon. Francesca La Marca, Ph.D.
Circoscrizione Estero, Ripartizione Nord e Centro America
Electoral College of North and Central America

 

05 – SCHIAVONE (CGIE): “LA NOSTRA LINGUA, VOLANO DI RICCHEZZA GRAZIE AGLI ITALIANI ALL’ESTERO”. DAL 21 AL 27 OTTOBRE “L’ITALIANO SUL PALCOSCENICO” È IL TEMA DELLA DICIANNOVESIMA EDIZIONE DELLA SETTIMANA DELLA LINGUA ITALIANA NEL MONDO ISTITUITA NEL 2001.

Diciannovesima edizione di un appuntamento annuale pensato per promuovere l’Italiano come grande lingua di cultura classica e contemporanea. Come ogni anno è organizzata dal Ministero degli Esteri e della Cooperazione Internazionale, insieme a MIUR, MiBACT, RAI, Accademia della Crusca, Consiglio Generale per gli Italiani all’Estero, Società Dante Alighieri, Istituti di cultura,
Confederazione Elvetica e numerose associazioni italiane all’estero. Oltre mille eventi che si svolgono intorno a un tema che viene declinato tramite la realizzazione di conferenze, mostre e spettacoli, incontri con artisti, scrittori e personalità del mondo della cultura italiana. Negli anni il successo di queste iniziative si è spesso esteso oltre i canoni temporali della settimana ufficiale e dura più a lungo, com’è il caso dei programmi proposti a Berlino, Parigi, Zurigo e altre metropoli nelle quali, con il concorso delle camere di commercio italiane, i Comites e il CGIE l’offerta culturale è diversificata e amplificata.

L’ITALIANO SUL PALCOSCENICO

Quest’anno il tema scelto per la XIX edizione della settimana della lingua italiana nel mondo, che si svolgerà dal 21 al 27 ottobre, è “l’italiano sul palcoscenico”. Ampia è la produzione di opere italiane presentate sui palcoscenici in tutto il mondo, come enorme sono le professioni che sostengono questo mondo ideale, artificioso, immaginario e reale attorno al quale sono state create scuole e si sono stratificati indotti produttivi.
Il mondo del palcoscenico per molti è un luogo magico, in quanto è percepito per i suoi risvolti artistici, ma è anche fucina di idee e divulgazione di ideali che da una parte riescono ad affermare quei tratti distintivi di quella cultura italica invidiata da tanti paesi, dall’altra pongono la nostra proposta culturale all’avanguardia dei modelli di riferimento, facendola diventare protagonista e difficilmente imitabile.

I PROTAGONISTI DEGLI EVENTI
E’ proprio la partecipazione all’organizzazione di questi eventi delle associazioni culturali, della rete delle Camere di commercio italiane e dei Comites ad aggiungere un quid di popolarità ad una proposta culturale che nel mondo raggiunge variegati interessi e strati sociali italiani e stranieri interessati alla conoscenza della lingua e della cultura italiana.
L’integrazione dei numerosi soggetti italiani presenti all’estero nella promozione della lingua e della cultura italiana, che passa anche attraverso la settimana, vuole certificare le potenzialità di un sistema paese capace di creare ricchezza materiale ed immateriale, sul quale il nostro paese deve appoggiarsi per affrontare a testa alta non solo le sfide economiche ma anche quelle umanistiche, che fanno dell’Italia una miniera di simpatia e di stile di vita.
Perfezionare questo sistema di relazioni e di interventi continua ad essere uno degli obiettivi del nuovo millennio, nel quale i successi si costruiranno sulla conoscenza e sul sapere.
Michele Schiavone
Segretario Generale del Cgie

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