4845 SINISTRA: La sconfitta può essere la nostra occasione. Sapremo coglierla?

20080421 14:15:00 redazione-IT

di Giorgio Parisi (*)

Un famoso slogan del ’68 era “l’immaginazione al potere”. Alla fine abbiamo avuto un po’ di potere, ma abbiamo perso per strada l’immaginazione, che è come il coraggio, se uno non ce l’ha, non se la può dare da solo.
È difficile trovare tracce d’immaginazione nella politica della sinistra di questi ultimi anni. Ma questo non è la sola causa della disfatta elettorale. Abbiamo da tempo perso l’egemonia culturale in questo paese, e non solo perché non abbiamo le televisioni: bene o male, la destra ha una certa visione chiara del mondo, e riesce a trasmetterla, noi no. Inoltre abbiamo fatto vari errori durante il Governo Prodi: siamo stati incapaci di comunicare i successi del Governo e non siamo riusciti a concentrare la nostra azione di governo per ottenere anche pochi risultati, ma decisivi, fortemente simbolici e di effetto immediato.

Abbiamo ripetuto la litania della riduzione dell’evasione fiscale, giustissima, ma quasi fine a se stessa se utilizzata solo per ridurre il deficit.
Abbiamo fatto una campagna elettorale in cui rimproveravamo al PD di cercare di fare terra bruciata alla sua sinistra, non accettandoci nella sua coalizione, ma contemporaneamente ci siamo comportati nello stesso modo con i partiti o I movimenti più piccoli: non abbiamo cercato di fare una coalizione di liste con i Socialisti, con la “Sinistra critica”, con il Pcl, con “Per il bene comune”, liste che hanno totalizzato un 2,4 contro un nostro 3,1 per certo. “La Sinistra, l’Arcobaleno”, che avrebbe dovuto essere la casa comune della sinistra, si è limitata a nascere con un’accordo di vertice, e ha escluso ogni possibile collaborazione con movimenti politicamente vicini, alcuni dei quali stavano assieme a noi fino a poco tempo fa. Abbiamo implorato il PD ad accettarci nella sua coalizione, ma abbiamo tenuto la porta ben chiusa verso le liste minori della sinistra; forse avremmo ricevuto un rifiuto, ma avevamo il dovere (e la convenienza) di aprire la porta. Eravamo convinti che noi avremmo superato di slancio la soglia di sbarramento, mentre gli altri sarebbero rimasti fuori e scomparsi alle prossime elezioni.
Abbiamo chiesto voti per non far sparire la sinistra dal parlamento, ma non abbiamo saputo spiegare a cosa sarebbe servita la sinistra in parlamento, certo non a realizzare il nostro programma elettorale, visto che era matematico che non saremmo stati in grado di andare al governo.
Per capire il significato profondo della sconfitta elettorale dobbiamo ricordarci del monito di Gramsci:
“A un certo punto della loro vita storica i gruppi sociali si staccano dai loro
 partiti tradizionali, cioè i partiti tradizionali (in quella data forma organizzativa
con quei determinati uomini che li costituiscono, li rappresentano e li dirigono)
non sono più riconosciuti come loro espressione dalla loro classe o frazione
 di classe.
 Quando queste crisi si verificano, la situazione immediata diventa delicata e pericolosa,
 perchè il campo è aperto alle soluzioni di forza, all’attività di potenze oscure
rappresentate dagli uomini provvidenziali o carismatici. La burocrazia è la forza consuetudinaria e conservatrice più pericolosa; se essa finisce per costituire un corpo solidale, che sta a sé e si sente indipendente
 dalla massa, il partito finisce col diventare anacronistico, e nei momenti di crisi 
acuta viene svuotato del suo contenuto sociale e rimane come campato in aria.”
La critica dei partiti fatta nell’81 da Berlinguer è ancora attuale:
“I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune. La loro stessa struttura organizzativa si è ormai conformata su questo modello, e non sono più organizzatori del popolo, formazioni che ne promuovono la maturazione civile e l’iniziativa: sono piuttosto federazioni di correnti, di camarille, ciascuna con un "boss" e dei "sotto-boss".”
Non vale dire che le parole di Berlinguer non si applicano adesso alla sinistra, perché questo non è il sentire comune degli italiani. In questi ultimi venti anni c’è stato un distacco progressivo da parte degli italiani da tutti partiti e anche i partiti di sinistra non vengono percepiti come molto diversi dagli altri. Le poche informazioni che sono circolate (o meglio non sono circolate) su come sono state decise le nostre liste elettorali non hanno contribuito a formare una nostra immagine più positiva nell’opinione pubblica.
La cocente ed imprevista sconfitta elettorale è un’occasione eccezionale, da non perdere, per uscire dal lento declino della sinistra. Non tutto il male viene per nuocere. Lo shock che abbiamo ricevuto deve essere un punto di partenza non per continuare il solito tran-tran verticistico, o, peggio ancora, una resa dei conti ai vertici, ma per incominciare un vero processo unitario dal basso. Dobbiamo fin da adesso adoperarci per costituire un’entità politica che sia più legata alla realtà e alla società, che esprima una classe dirigente nuova, che non si rinnovi solo per cooptazione.
In questo modo potremo essere, come vogliamo esserlo, un partito di lotta e di governo; ma sarà possibile solo se riusciremo ad essere diversi dagli altri, ad inserire i giovani a tutti i livelli, a far vedere che vogliamo governare non per sederci sulle poltrone, ma per portare avanti istanze sociali che non sapremmo soddisfare altrimenti.
La Sinistra Arcobaleno (e l’articolo davanti Arcobaleno non l’ho messo apposta) non deve essere una mera confluenza di quattro entità. Deve essere creata dal basso, partendo con assemblee aperte a tutti coloro che, indipendentemente da tessere e appartenenze politiche, si reputano a sinistra del partito democratico, senza esclusioni di sorta. Le assemblee locali dovranno nominare delegati revocabili, con i quali resteranno in rapporto dialettico, e pian piano si costruirà una nuova dirigenza locale e nazionale del movimento, dimenticandosi delle provenienze d’origine, fuori o dentro dagli attuali partiti. Questo processo deve partire subito e le assemblee svolgersi prima dell’estate.
Tutto ciò non implica un ricambio totale della vecchia dirigenza, che in parte dovrà rimanere, anche per trasmettere il suo bagaglio di esperienza. La nuova dirigenza dovrà avere la capacità politica di immaginare, proporre e attuare interventi che andranno incontro ai reali bisogni dei cittadini, bisogni che si possono correttamente identificare solo con un forte coinvolgimento di tutti.
Dobbiamo creare una nuova organizzazione del movimento-partito basata a quasi tutti i livelli non su professionisti della politica, ma su politici part time; deve esserci una grande circolazione di idee dal basso verso l’alto, una fortissima democrazia interna, una vera democrazia che è uno dei pochi elementi che ci può distinguere strutturalmente dagli altri partiti.
Costruire il partito dal basso può spaventare parte della vecchia dirigenza, perché non ci sarà una rete di salvataggio, non si potranno fare a tavolino le spartizioni dei posti di potere, tuttavia dobbiamo renderci conto che se non partiamo subito con qualcosa di nuovo, non rientreremo mai più in Parlamento e i giovani si allontaneranno sempre più dalla vita politica. Serve un ricambio generazionale, ma non fine a se stesso, come in certe candidature elettorali del PD, ma per portare una ventata di aria fresca, perché i giovani sanno parlare con lo stesso linguaggio degli altri giovani e sanno comunicare con tutta la costellazione di coloro che sono impegnati nel volontariato a cui fanno schifo i modi della politica attuale. (A qualcuno è venuto il sospetto che il secondo governo Prodi abbia funzionato molto peggio del primo, anche perché l’età di molti ministri, Prodi per esempio, era di dieci anni superiore della volta scorsa?)
Dobbiamo spalancare le porte e cercare di coinvolgere sul serio, non come nelle primarie del PD, il maggior numero di cittadini nella fondazione di un nuovo movimento su basi diverse da quello di prima e formare una nuova dirigenza, con sensibiltà e attitudini diverse. Per noi resta solo da dare una mano a questo processo, ruolo che, ironia della sorte, nelle canzoni di Bob Dylan assegnavamo ai nostri genitori:
Come mothers and fathers throughout the land and don’t criticize what you can’t understand. Your sons and your daughters are beyond your command. Your old road is rapidly agin’. Please get out of the new one, if you can’t lend your hand, for the times they are a-changin’.
(Venite madri e padri da ogni parte del paese 
e non criticate 
quello che non potete capire. 
I vostri figli e le vostre figlie 
sono al dì là dei vostri comandi. 
La vostra vecchia strada 
sta rapidamente invecchiando. 
Per favore andate via dalla nuova, 
se non potete dare una mano, 
perché i tempi stanno cambiando.)

*docente di fisica e componente il Comitato Promotore di Sinistra Democratica

 

 

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EmiNews 2008

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