4854 SINISTRA: Prime riflessioni per andare avanti

20080423 11:52:00 redazione-IT

di Titti di Salvo

Il fatto politico principale del 15 aprile è che gli italiani hanno dato alla coalizione PDL e Lega un larghissimo consenso amplificato dalla legge elettorale.
Questo fatto politico parla dell’Italia e degli italiani e dovrebbe essere il principale terreno di commento di chi si ritiene alternativo allo schieramento di centrodestra: sicuramente La Sinistra L’Arcobaleno.
Anche il PD, almeno dopo il ballottaggio del 27 – 28 aprile di Roma non potrà svicolare, dovrà domandarsi sul perché l’Italia, dopo due anni di governo Prodi, sceglie di consegnare a Berlusconi il suo futuro.

La storica e tragica sconfitta della Sinistra L’Arcobaleno rischia di far velo a questo bruciante scenario. Al contrario è essenziale affrontarlo per ricominciare, cioè per non arrendersi di fronte alla vittoria culturale prima ancora che politica del berlusconismo e del leghismo.

La sconfitta della Sinistra L’Arcobaleno

La grande sconfitta de la Sinistra l’Arcobaleno nelle elezioni politiche ha molte ragioni. Quelle più evidenti sono confermate dall’analisi dei flussi elettorali: l’astensione, molti nostri elettori non sono andati a votare; il voto “utile”, molti nostri elettori hanno dato il voto al PD credendo di fare la cosa più giusta per evitare l’ennesimo governo Berlusconi.
Ma le ragioni più profonde sono meno evidenti e vanno oltre la fotografia scattata dai flussi elettorali.
Perché se il voto “utile” avesse fatto meno presa e fossimo riusciti a contenere la disillusione che sta dietro l’astensione, non berremmo oggi l’amaro calice dell’assenza dal Parlamento, ma non di meno il risultato elettorale sarebbe stato totalmente al di sotto dell’ambizione politica della Sinistra l’Arcobaleno, che registra dunque una sconfitta politica assoluta.
Andando con ordine.
In primo luogo. La distanza tra il dire e il fare e ciò che ha allargato in tanti anni la voragine tra la politica e i cittadini. Tanto si è parlato della crisi della politica come crisi della decisione. La polemica sulla disomogeneità delle coalizioni per il loro superamento e a favore del bipartitismo è stata ampiamente supportata dall’idea che il problema dell’Italia fosse la governabilità e la velocità delle decisioni.
Pur non negando qualche rilievo al tema, pare evidente come la crisi della politica sia soprattutto crisi di rappresentanza. Tra le persone normali un grido solo si levava in campagna elettorale: “la politica si fa i fatti suoi”. Lo slogan della Lega “più lontani da Roma più vicini a voi”, utilizzato a piene mani al nord, sintetizza bene l’accoglienza di questo senso comune e lo trasforma in rappresentanza politica.
Va da sé che le risposte alle domande qualificano la politica e la rappresentanza: ma quelle persone ci accusavano di sordità non di risposte sbagliate.
Dunque crisi di rappresentanza, così evidente davanti alle fabbriche del nord più o meno grandi, tanto acuta quanto drammatica per chi, la Sinistra L’Arcobaleno, sosteneva nel suo programma la rappresentanza politica del lavoro come ragione della propria esistenza.
E qui sta uno dei nodi non risolti: un soggetto politico, che nasce per rappresentare il lavoro, sbaglia se non affronta il nodo del rapporto con il sindacato, che il lavoro lo rappresenta socialmente. Affrontare il tema implica in primo luogo il riconoscimento al sindacato di soggettività, in secondo luogo il riconoscimento della non autosufficienza della politica. Nella concitazione della caduta del governo Prodi e poi dell’avvio della campagna elettorale, abbiamo rinunciato ad affrontare i nodi fondamentali, che forse avremo dovuto affrontare prima.
Significativo in questo senso l’evoluzione della vicenda welfare: il protocollo firmato dal governo Prodi con il sindacato è stato oggetto di un rimpallo di giudizi e accuse tra parte della sinistra e sindacato e viceversa e oggetto di giudizi differenti anche dentro la Sinistra l’Arcobaleno.
Non abbiamo voluto assegnare a quella differenza un significato politico, preoccupati che ostacolasse il cammino dell’unità a sinistra, pensando che l’esigenza principale fosse ricostruire la sinistra di fronte ad un nuovo isolamento delle ragioni del lavoro nella società e nella politica italiana: l’unità a sinistra come antidoto all’isolamento culturale dei lavoratori e dei pensionati.
Eppure il tema del rapporto con il sindacato è un macigno che la sinistra politica deve guardare in faccia.
La sinistra moderna non può prendere in prestito dal sindacato l’analisi sui cambiamenti del lavoro, da cui far scaturire una tesi, cioè una politica, né può competere con il sindacato in rappresentanza dei lavoratori: si deve al contrario dotare di un pensiero autonomo. Condizione necessaria è tornare ad ascoltare le persone che lavorano, non a spot, ma con un lavoro costante, per questo radicato e riconosciuto. Si scoprirebbe così che quelle persone ti parlano del loro lavoro, del loro salario, e poi anche della scuola, dei figli, dei loro libri di testo, del pendolarismo, della loro condizione frustrata di cittadini.
Perché grande è non solo la modifica dei rapporti di lavoro e delle relazioni industriali, grande è la modifica del significato della parola sicurezza, insicurezza.
Così come, se il sindacato propone il fisco come leva per l’aumento dei salari, la politica deve misurarsi sullo stesso tema, offrendo un terreno diverso. Avendo a mente che le tasse segnalano che tipo di patto si stabilisce tra i cittadini e lo stato, tra l’individuo e la collettività, tra le persone e le politiche pubbliche. Per questo la politica non può essere semplicemente il megafono della richiesta dell’abbassamento delle tasse: quella di sinistra per i lavoratori dipendenti pensionati e poi ancora distinguendo tra le tasse sul contratto nazionale, sul contratto di secondo livello e sugli straordinari, quella di destra sulle imprese. Dimenticando come tassazione equa e progressiva, e qualità delle politiche pubbliche siano il nodo fondamentale e distintivo tra modello americano di crescita e modello europeo. Dimenticando ancora che l’aumento dei salari va contrattato tra imprese e sindacato e che la fiscalità, per quanto equa, non può risolvere il tema del gigantesco spostamento di ricchezze che è avvenuto negli ultimi quindici anni da lavoro, a rendite e profitti.
E’ come se un gigantesco terremoto si fosse abbattuto sui caratteri fondamentali distintivi di destra e di sinistra.
In secondo luogo. Il governo Prodi è oggi considerato dai cittadini come il peggiore governo degli ultimi anni. E’ probabile che ciò che induce tale percezione nel giudizio delle persone sia la distanza tra aspettative e risultati.
Durante i 20 mesi di governo le varie forze della sinistra hanno più volte richiamato l’attenzione sul rispetto del programma. Ma c’era un problema di origine: era il programma ad essere inverosimile. Nella sua composizione così prescrittiva da essere ingessata, il collante era l’antiberlusconismo, non l’idea dell’Italia.
Spesso il problema della distanza tra il dire e il fare sta nella facilità con cui si “dice”, narrando di obiettivi non realistici.
Ma di quella distanza a torto o a ragione è stato chiesto conto alla sinistra, sia dal popolo della sinistra (legge 30, conflitto di interessi ecc), perché la sinistra continuava a vantare il programma come giustificazione della sua esistenza in una coalizione traballante; che dal popolo di centro, come ostacolo all’attuazione di altre parti del programma (liberalizzazioni ecc).
Complessivamente dunque noi, indicati come i più equidistanti, i più contorti e i meno credibili: tra dire e il fare c’eravamo noi.
In terzo luogo. Nella tenaglia dell’astensione e del voto utile, la Sinistra l’Arcobaleno è andata senza il sostegno del suo gruppo dirigente più largo; condizione questa minima, necessaria per affrontare una campagna elettorale così difficile nella quale spendere l’ambizione politica del progetto: quella ambizione politica non era condivisa né era stato chiesto a quel gruppo dirigente largo di condividerla.
Era così evidente che pochi in campagna elettorale ci credevano, molti ne subivano la necessità come croce da sopportare per passare le forche caudine della legge elettorale.
Parlo di tutti i soggetti promotori che per ragioni diverse hanno subito la Sinistra l’Arcobaleno, il suo nuovo simbolo, perfino il suo progetto politico. Non solo il PdCI. Se è così, e così è, semplicemente non si può sfuggire dalla constatazione della realtà: la campagna elettorale ha messo a nudo tutti i limiti politici, organizzativi, democratici, di un progetto gracile perché troppo recente, gracile soprattutto per le contraddizioni che lo caratterizzavano.
Si sono sommate le idee di Sinistra Democratica della sinistra di governo, con quelle del PDCI dell’attaccamento ai simboli della tradizione, con quelle di Rifondazione a fatica tenute sotto traccia nelle loro evidenti differenze, con quelle dei Verdi, federazioni di associazioni. Una somma composta alla vecchia maniera, in un programma limato in tutte le sue parole per essere accettabile: non dunque l’espressione di una visione della politica e della società, per il suo cambiamento. A tutto ciò va aggiunta l’immagine di un gruppo dirigente ristretto che predicava il rinnovamento della politica senza riuscire a praticarlo. Per tutto questo siamo stati percepiti come “finti”, perché lo eravamo. Puniti eccessivamente, perché l’intento era generoso.
Diversamente si può dire che la Sinistra L’Arcobaleno non era radicata né nella società, né tra i gruppi dirigenti: era il tentativo “illuminista” di buttare il cuore oltre l’ostacolo. La domanda sull’esistenza di alternative non è fuori luogo, ma è fuori tempo.
Sicuramente eludere i problemi e le differenze e confinarle sotto il tappeto non è servito. Ma oggi qui siamo.

Andare avanti.

La Sinistra Arcobaleno non c’è più. Rimane irrisolta drammaticamente la necessità di costruire in Italia una sinistra moderna, di governo e una nuova cultura politica che semplicemente non contenga cultura socialista, comunista, pacifista, femminista ecologista, cosa che già sarebbe un risultato, ma le faccia interagire.
Una sinistra che di fronte al crescere delle disuguaglianze declini il tema delle uguaglianze. Quando si dice che la globalizzazione pone domande nuove per la stessa interdipendenza dei popoli e delle società, i flussi migratori sono una di queste, si dice una cosa che scombina tutti gli schemi di ragionamento e mostra l’insufficiente delle vecchie ricette.
Il 15 aprile ha mostrato che Berlusconi e la Lega hanno un consenso grande nel paese e che soltanto un’alleanza di centro sinistra può avere l’ambizione numerica e politica di competere con essa.
Che il Partito Democratico non avesse il sentore della distanza di consenso così ampia con il centrodestra, se risponde al vero, segnala un grande problema nell’analisi dei cambiamenti della società italiana ed europea.
Anche per questo sentiamo la responsabilità di continuare nella strada della ricostruzione in Italia di una grande sinistra, unita, che punta strategicamente ad un nuovo centrosinistra per governare il paese. Quando si perde le analisi delle sconfitte possono essere perfino peggiori della sconfitta stessa. E nella sinistra, la storia insegna, come sia più facile divedersi che unire.
Ed è pur vero che le sconfitte non consentono di lasciare sotto traccia i nodi rimandando a tempi futuri.
Ora Sinistra Democratica deve avere grande rispetto per il dibattito politico dentro Rifondazione, dentro PDCI e Verdi. Ma questo rispetto, a mio avviso, non può tradursi semplicemente in una attesa: apriamolo noi il cantiere della sinistra, proponendo una grande discussione in tutto il paese, nella quale mettere a disposizione le nostre idee, senza presunzione. E con qualche punto fermo.
Il primo dei quali è che la discussione non possa essere sequestrata in nessuna stanza. Il direttivo di Sinistra Democratica dovrà decidere quali iniziative politiche proporre in tutti i territori.
Naturalmente ancora più impietosamente potremmo descrivere la vita di Sinistra Democratica in questi mesi e le tante cose che avremmo potuto fare di più e meglio, le difficoltà del gruppo dirigente e anche i suoi errori: ma oggi forse non è questa la discussione principale anche se non può essere elusa all’infinito.

* della Presidenza di Sinistra Democratica

 

 

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EmiNews 2008

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