4853 SINISTRA: NON E’ CON IL RITORNO ALLE PROPRIE IDENTITA’ CHE RISOLVEREMO LA CRISI CHE CI HA INVESTITO

20080423 11:36:00 redazione-IT

di Tino Magni*

Quando si perde nel modo in cui abbiamo perso, occorre prima di tutto guardare in casa propria e chiedersi perché questo disastro, che nessuno di noi aveva percepito, intellettuali compresi, è potuto accadere. Tutto il resto sono delle concause che hanno accentuato la sconfitta. Il voto utile, l’astensionismo, la dispersione a sinistra, la mancanza di visibilità sulla stampa, ecc., sono dettagli e non le cause vere della nostra disfatta.
So bene che, in questi anni dove abbiamo dovuto continuamente difenderci dall’attacco del pensiero unico capitalistico, la cultura liberista ha inciso profondamente sia sui comportamenti politici dei singoli individui, sia su quelli collettivi, ma quanto è avvenuto è certamente il frutto dei nostri ritardi e dei nostri limiti di elaborazione.

La conseguenza di un modo di agire da ceto politico, non migliore, né peggiore di altri, ma incapace di interpretare una richiesta di rinnovamento profondo che viene dal paese reale. Per questo siamo apparsi vecchi nel linguaggio, prevedibili e confusi nelle proposte, a tratti autoreferenziali.
Vorrei sottolineare che al Nord la Lega ha avuto un consenso senza precedenti tra i lavoratori, le lavoratrici e i ceti popolari meno abbienti, ciò è avvenuto perché noi in questi anni ci siamo allontanati dai problemi concreti e reali della gente, che chiedeva: sicurezza sia del e sul posto di lavoro, ma non in modo indistinto; di avere un salario o una pensione adeguata per arrivare alla fine del mese; di valorizzare la propria professionalità e il proprio sapere; di avere un mutuo equo per la casa; di avere una pubblica amministrazione, una scuola e dei servizi efficienti; il rispetto delle regole da parte degli emigranti; una corretta applicazione della pena e non un indulto senza criteri; un fisco meno oppressivo; un intervento per ridurre i costi della politica… e potrei continuare.
Dico tutto questo, perché durante la campagna elettorale che ho svolto, distribuendo volantini fuori dalle fabbriche e ai mercati, la gente mi rinfacciava che non ci avrebbe votato, perché anche noi siamo uguali agli altri, anzi peggio, perché avevano investito su di noi e sulla nostra capacità di risolvere i loro problemi, ma li avevamo delusi, con motivazioni diverse tra loro. Una parte della gente ci rimprovera che col nostro agire, nei due anni di Governo Prodi, abbiamo di fatto impedito al governo di governare, maturando un giudizio di inaffidabilità, un’altra parte, che aveva sperato nella nostra presenza al governo per cambiare qualcosa in positivo e per il miglioramento delle condizioni di vita, dal momento che ciò non è avvenuto si è sentita tradita.
Oltre al fallimento dell’esperienza di governo, dobbiamo aggiungere che come sinistra abbiamo perso l’egemonia politica e culturale sia nei posti di lavoro, che nella società e nella scuola, su temi importanti quali quelli dell’uguaglianza, della solidarietà e dei diritti collettivi. A supporto di questa tesi posso portare l’esempio della Lombardia, dove il monopolio di cosa sia la “solidarietà” è in mano a “Comunione Liberazione”, sia nel sociale che nella scuola, mentre nei luoghi di lavoro le persone tendono a darsi le risposte in modo individuale, accettando il concetto non tanto della meritocrazia, ma della disponibilità aziendale con lo straordinario e non solo.
Liquidare questi comportamenti, con affermazioni come quelle che ho sentito dire in campagna elettorale (chi vota Lega è razzista, o peggio accecato dall’egoismo), è una semplificazione che ci porta a non capire cos’è avvenuto tra questi lavoratori.
Io credo che dietro questi comportamenti che ritengo sbagliati, si nasconda la paura che sia la globalizzazione sia le persone straniere possano mettere in discussione il posto di lavoro le condizioni acquisite. Non è rimuovendo il problema che lo risolvi, ma cercando di capire, correggendo e proponendo un’altra soluzione, cioè in poche parole sporcandoci le mani! Questo è quello che ci hanno insegnato i nostri padri del novecento, come Di Vittorio, mentre troppe volte come sinistra abbiamo dato l’impressione di comportarci in modo burocratico ed elitario.
Condivido quanto hanno scritto altri: siamo arrivati all’appuntamento delle elezioni anticipate, con una lista elettorale senza un progetto chiaro e credibile, puntando tutto sul fatto che la sinistra rischiava di scomparire. Per ricominciare bisogna, perciò, avere chiare le ragioni della sconfitta, dire con chiarezza qual è la proposta politica e il progetto di paese che vogliamo a partire da una pratica democratica che è venuta meno in tutta questa fase, compreso la costituzione delle liste, per questo penso che dobbiamo aprire una fase di discussione che coinvolga tutti i territori in modo unitario. Pertanto ritengo che la prima cosa da evitare, sia quella di chiudersi dentro i singoli partiti, a discutere e a fare la resa dei conti tra gruppi dirigenti.
Occorre un processo di democrazia dal basso, nel quale tutti partecipano con pari dignità. Un percorso costituente per una sinistra plurale, in grado di rinnovarsi, favorendo la partecipazione attraverso il coinvolgimento di una sinistra diffusa, che esiste e che ha scelto di non votarci, come dice Claudio Fava, non per aver abbandonato i nostri simboli, ma perché siamo stati troppo autoreferenziali e rinchiusi nelle nostre stanze. Questa sinistra sociale va rimotivata, offrendole responsabilità e sovranità sul processo. Costruendo insieme ad essa un percorso inedito nelle pratiche, fortemente democratico, solido nei contenuti, capace di parlare al paese reale e di farsi ascoltare.
Concludendo sottolineo nuovamente quanto sia profondamente sbagliato chiudersi nelle proprie identità, perché sarebbe una risposta miope e di corto respiro politico, che condannerebbe la sinistra ad un ruolo minoritario e subalterno, per un lungo periodo al pensiero dominante. Inoltre sarebbe un messaggio di ulteriore frustrazione, per quei militanti che si sono spesi con convinzione, in questa campagna elettorale, per la costruzione di una sinistra “radicale” nei contenuti, ma nello stesso tempo capace di governare in campo economico e sociale il cambiamento di cui il paese ha bisogno.

*Coordinatore Regionale di Sinistra Democratica in Lombardia.

 

 

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EmiNews 2008

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