4881 FELICE BESOSTRI: ANALISI RISULTATI ELETTORALI

20080429 10:59:00 redazione-IT

Ecco come Berlusconi ha vinto e Veltroni ha perso
Pubblichiamo le riflessioni dall’on. Besostri sui recenti risultati elettorali. Queste analisi sono divise in due parti. La prima è dedicata alle coalizioni "Berlusconi" e "Veltroni". La seconda parte è imperniata sui risultati della Sinistra.

di Felice Besostri

L’analisi, se fosse un sintetico commento, potrebbe esaurirsi in poche righe: Berlusconi ha vinto, Veltroni ha perso, Casini ha tenuto e la sinistra (la minuscola è d’obbligo ) è stata, in tutte le sue espressioni, disfatta, o, meglio detto con uno spagnolismo, derrotada. Nelle coalizioni il partito coalizzato è andato molto meglio della lista del coalizzatore: la Lega Nord nella coalizione Berlusconi e l’Italia dei Valori (immobiliari) nella coalizione Veltroni.
Ma, al di là delle facili sintesi giornalistiche, occorre anzitutto dire che l’andamento non è stato omogeneo nel territorio nazionale. Il PdL, per esempio, ha più voti rispetto alle somme FI-AN nelle politiche 2008 rispetto alla somma FI-AN in quelle del 2006: in Valle d’Aosta (17,3>15,6), Liguria (37,5>35,3), Toscana (32,5>30), Umbria (35,1>33,5), Emilia Romagna (29,4>29,1), Marche (36,3>34), Abruzzo (42,4>37,4), Lazio (43,9>40,1), Campania (48,7>40), Puglia (46>40,3), Basilicata (36,5>31), Calabria (42,1>31,7), Sardegna (43,2>35,6), Sicilia (46,7>39,2).
Il PdL ha avuto aumenti in 14 regioni, in sei delle quali l’aumento è stato di almeno cinque punti percentuali (Abruzzo, Campania, Puglia, Basilicata, Sardegna e Sicilia) e di altri dieci punti in Calabria.
Soltanto in Sicilia il PdL era al Governo, in tutte le altre i Presidenti delle Regioni appartenevano all’Unione, senza distinzioni tra Presidenti di provenienza DS, Margherita o Rifondazione.
Il PdL ha meno voti rispetto alla somma FI – AN nelle politiche 2008 rispetto al 2006:
Lombardia (34,4<37,5), Friuli (35,5<39,21), Veneto (28,3<36,1), Piemonte (35,2<35,8), Molise (37<47,3). La presenza di un Presidente di Regione del PdL non ha aiutato, clamorosamente nel Molise con una perdita di dieci punti percentuali e nel Veneto con quasi otto punti in meno. Queste eccezioni non sono di nessun conforto, perché dove il PdL ha perso, le perdite sono state più che compensate dai guadagni della Lega Nord, che ha assorbito tutte le perdite degli alleati e preso voti all’ex Unione. Altro motivo di seria riflessione è il fatto che nel 2006 l’Unione vinse per 24.000 voti mentre la coalizione intorno al PdL nel 2008 ha avuto 3.000.000 di voti in più. Il trasferimento di voti dal centro-sinistra al centro ed al centro-destra è però stata ancora più importante se si considerano i circa 2 milioni di voti della UCD: quindi in due anni da più ventiquattromila voti a meno di cinque milioni di voti, che diventano quasi sei, se si calcolano i voti della Destra di Storace. Il PD migliora di un’unghia il risultato dell’Ulivo alla Camera, ma bisogna aggiungere parte dei voti della Rosa nel Pugno, in quanto nel PD c’erano autorevoli candidature radicali ed in qualche caso socialiste. Il PD ha, quindi, risucchiato voti alla sua sinistra, compensando le perdite verso il centro e la Lega Nord. Senza il voto utile e l’anti-berlusconismo viscerale il PD avrebbe raggiunto a stento il 25%. L’effetto collaterale dello sfondamento a sinistra è che al Senato sono stati più i seggi regalati al PdL, di quanti ne abbia guadagnati il PD. Il PdL ha, quindi, beneficiato in termini di seggi senatoriali e nella Camera dei Deputati dei voti ottenuti da Sinistra Arcobaleno, Socialisti, Sinistra Critica e Partito Comunista dei Lavoratori: un paradosso della legge di dubbia costituzionalità con la quale abbiamo votato. I socialisti sono andati male, ma nel panorama disastroso della sinistra non sono andati peggio di altre formazioni di sinistra, poiché hanno più voti di Sinistra Critica e PCL e come singola formazione competono con le quattro formazioni della Sinistra Arcobaleno e superano, quantomeno, tre delle sue formazioni PdCI, Verdi e SD, valutando Rifondazione come la formazione, comunque, più consistente. Il proverbio tradizionale recita “mal comune, mezzo gaudio”, ma respinte le inclinazioni masochiste dovremmo, invece, dire “mal comune, tragedia totale”, insomma se Atene piange, Sparta non ride. Esaminando i voti in assoluto nel confronto tra 2006 e 2008 si ottiene che la coalizione con a capo Berlusconi al Senato ha un saldo negativo pari a 1.646.429 voti. Alla Camera il saldo è ugualmente negativo pari a 1.913.969 voti. Il consenso in assoluto degli italiani in Berlusconi è quindi diminuito, peraltro occorre rettificare i risultati alla luce degli spostamenti tra le coalizioni e, pertanto, è più corretto diminuire il dato 2006 dei voti ottenuti da UCD (2.050.189) e DESTRA (885.129) nel 2008 e aumentarlo di quello dei Pensionati del 2006 (333.278), nonché diminuirlo del 50% dei voti 2006 della lista DC-NUOVO PSI (142.737) e, quindi il totale diventa per la Camera 16.233.066 e quindi vi è un saldo positivo di 830.808 voti. Tale risultato positivo per la coalizione va peraltro accreditato alla Lega Nord, che è passata da 1.747.730 voti nel 2006 a 3.024.522 voti con un aumento di 1.276.792 voti. Passando dalla coalizione di singoli partiti, il PdL ha avuto 13.628.865 (2008) mentre FI e AN avevano ottenuto nelle precedenti elezioni 13.755.102 voti. Bisogna peraltro considerare che per un confronto più puntuale occorre estendere il confronto, includendo nel dato 2006 i partiti confluiti nel 2008 nel PdL e, perciò, il dato 2006 va aumentato dei voti di Pensionati (333.178), della Lista Mussolini (255.354) e del 50% della lista DC-Nuovo PS di 142.737, e diminuito dei voti ottenuti dalla Destra nel 2008, pari a 885.129 voti, quindi a 13.601.242, il confronto tra i due risultati porta ad una miserabile differenza positiva di 27.623 voti, come segno dinamico di una grande novità politica è molto debole. Al Senato i Democratici di Sinistra e la Margherita si erano presentati nel 2006 con liste distinte ottenendo rispettivamente 5.977.347 voti, pari al 17,5% e 3.664.903 voti, pari al 10,73%. L’Ulivo alla Camera era una formazione più ampia di DS e Margherita al Senato, ma anche in tal caso dobbiamo tenere conto che dai DS si è separata Sinistra Democratica e che di converso nel PD sono confluiti parte dei voti radicali e socialisti della Rosa nel Pugno, che aveva ottenuto 851.604 voti, pari al 2,49% e che era presente una lista “I socialisti” di 126.431 voti (0,37%), i repubblicani europei con 51.219 (0,15) ed il PSDI con 57.343 voti (0,17%) ed una lista L’Ulivo con 59.498 voti (0,17%). Analogamente si deve procedere per un confronto tra il risultato di Veltroni del 2008 e quello di Prodi nel 2006, anche se gli elementi di discontinuità sono maggiori: è cambiato il capo-politico della coalizione. Inoltre il terremoto del centro-sinistra è stato maggiore rispetto a quello del centro-destra. Nella coalizione per Prodi i partiti politici erano alla Camera ben 13, mentre la coalizione di Veltroni era composta di due sole liste. L’Ulivo ottenne, alla Camera, 11.930.983 voti, pari al 31,27% nel 2006, mentre l’Italia dei Valori si era attestata a 877.052 voti, pari al 2,32%. DS più Margherita, PSDI, Repubblicani Europei e l’Ulivo, con il 50% dei voti della Rosa nel Pugno e dei Socialisti avevano ottenuto complessivamente 10.299.327 voti al Senato. Nella Camera 2008 Veltroni ha ottenuto 13.686.673 voti pari al 37,546%, di cui 12.092.990 del PD, pari al 33,174%, mentre al Senato 12.456.443 voti pari al 38,01%, dei quali 11.042.325 pari al 33,695% del PD. Il confronto per la Camera va fatto tra l’Ulivo 2006, più le formazioni 2006 confluite successivamente nel PD, con il PD 2008, quindi 12.483.863 e 12.092.990 con una differenza negativa di 390.873: il modesto incremento percentuale del 2008, rispetto al 2006, dipende, pertanto dalla diminuzione della percentuale dei votanti. La percentuale di voti della coalizione Veltroni è aumentata rispetto alla somma di Ulivo più Italia dei Valori del 2006 soltanto grazie al partito di Di Pietro, passato dal 2,49 % al 4,373%, praticamente quasi il doppio. Un clamoroso insuccesso del progetto politico del PD è stato evitato soltanto grazie al dissanguamento della Sinistra Arcobaleno, sempre che il progetto politico fosse quello di competere con il PdL con teoriche uguali possibilità, ovvero di Veltroni con Berlusconi. Il successo, invece, è stato pieno se lo scopo fosse stato quello di non avere più competitori a sinistra. La scomparsa della sinistra, da quella socialista a quella rosso-verde dal Parlamento, è la novità più eclatante di queste elezioni, perché sottolineano l’anormalità italiana rispetto al panorama politico di tutti gli altri paesi europei, compresa Andorra, eccettuati i Principati di Monaco e del Lichtenstein, peculiari per la loro caratteristica di paradisi fiscali. L’analisi di tale fenomeno merita una trattazione a parte, che sarà oggetto delle considerazioni che pubblicheremo sull'ADL dui domani. (1/2 - Continua) __________________ ANALISI RISULTATI ELETTORALI - II Le cifre di una sinistra con la esse minuscola La seconda parte di questo studio, è dedicata alla Sinistra, con un appendice sui flussi elettorali tra Destra (D) CentroDestra (CD) Sinistra (S) CentroSinistra (CS) dei partiti Regionali (R), distiguendo tra essi quelli alleati al CentroDestra (CD-R) rispetto agli altri. Ci sono poi liste di difficile collocazione che si è dovuto ragguppare nerlla categoria Altri (A). La circoscrizione Estero merita a sua volta un'analisi differenziata. di Felice Besostri Il rapporto tra Sinistra e Centro-sinistra e centristi all'interno dell'Unione del 2006 e dopo la sua rottura nel 2008, si racchiude nel confronto che segue. Nel 2006 (Senato) la Sinistra era composta da DS, Rifondazione Comunista, Insieme per l'Unione (Verdi, PdC), Rosa nel Pugno ed i Socialisti e una parte delle liste L'Ulivo. Tutte queste formazioni totalizzarono 10.927.918 voti pari al 31.985%. Il Centro-Sinistra era rappresentato dalla Margherita, dallo PSDI e dai Repubblicani Europei e la restante quota dell'Ulivo. Il totale dei voti era di 3.803.214, pari al 11,485%. La componente centrista era rappresentata dalla sola Italia dei Valori con 986.191 voti, pari al 2,89%. Nel 2008 il drammatico rovesciamento dei rapporti di forza, tutta la sinistra (Sinistra Arcobaleno, Partito Socialista, Partito Comunista dei Lavoratori e Sinistra Critica) ottiene 1.654.432 voti, pari al 5,046%. Il Centro-sinistra rappresentato dal solo PD ha 11.042.325 voti pari al 33,695% e l'Italia dei Valori da sola con 1.414.118 voti e il 4,315% rappresenta un centrismo di poco inferiore al complesso della sinistra, uno 0,7% in meno, ma con il vantaggio di essere forza omogenea. Per le Camere il raffronto tra sinistra e centro-sinistra nel 2006 e nel 2008 è più complicato perché DS, Margherita e Repubblicani Europei più altre formazioni minori si presentavano in una sola lista, quella dell'Ulivo, che per di più presentava candidati di altre formazioni presenti autonomamente al Senato, come i Pensionati, il PSDI ed i Repubblicani Europei e i Socialisti. Tale fatto, tra l'altro, smentisce la leggenda che l'Ulivo alla Camera, inteso come somma DS e Margherita, fosse andata meglio che al Senato. Infatti i voti dell'Ulivo Camera 11.930.983, pari al 31,27%, non vanno confrontati al Senato con la sola somma di DS e Margherita (5.977.347 e 3.664.903 pari rispettivamente al 17,5% e al 10,73%), bensì a quella somma più i Pensionati (477.226 pari al 1,40%), PSDI (57.343 e 0,17%), Repubblicani Europei (51.219 e 0,15%) e l'Ulivo (59.498 e 0,17%) e, quindi, con il totale di 10.287.536 voti, pari al 30,12%, un modestissimo 1,15% in più, che è altra cosa del +3,04% comunemente accreditato. La modesta differenza del corpo elettorale più numeroso della Camera, che comprende per 7 classi di età in più di giovani elettori, fascia di elettorato che nel 2006, a differenza che nel 2008, votò in maggioranza per il centro-sinistra dell'Unione. La sola estrapolazione possibile è quella allora di attribuire alla Sinistra la stessa percentuale dei voti dell'Ulivo pari a quella dei DS al Senato, che perciò sottostima il voto disgiunto Camera Senato all'interno della Sinistra: al Senato, infatti, Rifondazione ottenne il 7,37% rispetto al 5,84% della Camera. L'ex presidente della Camera, Fausto Bertinotti con Bruno Vespa Nel 2006, quindi, la Sinistra ottenne la somma di DS 6.676.835 (17,5%), Rifondazione 2.229.464 (5,84%), Rosa nel Pugno 884.127 (2,60%), Comunisti Italiani 877.052 (2,32%), Verdi 784.803 (2,3%) e Socialisti 115.066 (0,30%) pari a complessivi 11.567.347 voti, pari al 30,86%. Nel 2008 Sinistra Arcobaleno 1.124.418 (3,084%), PS 355.581 (0,975%), PCL (208.394 (0,571%) e Sinistra Critica 167.673 (0,459%) hanno totalizzato 1.856.066 voti, pari al 5,845%. Si tratta di una perdita secca di 9.711.281 voti e di 25,01 punti percentuali, determinata dalla dislocazione di DS da sinistra al centro-sinistra e del dissolvimento della Rosa nel Pugno, le cui componenti radicali e socialiste dissenzienti si sono ugualmente trasferite nel PD. La perdita di influenza della Sinistra Arcobaleno è ugualmente forte limitando il confronto ai voti di Rifondazione, Comunisti Italiani e Federazione dei Verdi nel 2006, che complessivamente avevano ottenuto (2.229.464 + 874.052 + 784.803) 3.888.319 voti e il 10,46%, mentre nel 2008 1.124.418 voti ed il 3,084%, una perdita secca di 2.763.901 voti. Le formazioni a sinistra di SA, come il Partito Comunista dei Lavoratori e Sinistra Critica, ne hanno raccolto le briciole, cioè rispettivamente 208.394 e 167.673 voti, per un totale di 376.067 voti pari al 1,03%. Tra le elezioni del 2006 e quelle del 2008 vi è stato un 3% di astenuti in più, ma ciò consente di recuperare dal centro delle perdite, con la presunzione di attribuirle tutte alla sinistra radicale, 1.511.443. Non sono ancora noti i dati di aumento rispetto al 2006 delle schede invalide (bianche e nulle). Se vogliamo consolarci, potremmo dire che le perdite della Sinistra Arcobaleno sono tutte confluite in diverse espressioni di non voto, dall'astensione al voto invalido, ma non ci sono elementi obiettivi per suffragare una tale ipotesi. Da una serie di rilevazioni sui flussi elettorali appare chiaro, o quantomeno fortemente probabile che vi è stato uno spostamento dalla sinistra al centro-sinistra ed addirittura al centro-destra con il voto di strati popolari e di giovani alla Lega Nord. Ricollegando queste considerazioni a quelle svolte nella prima parte di questa analisi del voto, risulta un generale spostamento verso il centro e la destra di quasi 6 milioni di voti, che comprendono quote di voto della Sinistra Arcobaleno e dei socialisti, se si raffrontano i voti del PS con quelli della Rosa nel Pugno. Quindi, non è vero che a sinistra, o perlomeno nel suo elettorato, vi sia stata una condanna di un presunto moderatismo della sinistra: è molto più probabile che l'elettorato di sinistra abbia dato allo stesso tempo un giudizio negativo del governo Prodi, ma ancor di più dell'apertura della crisi. Se la protesta contro i gruppi dirigenti dei partiti di sinistra ha avuto questo segno, vi è semmai l'insoddisfazione per l'inesistenza di una sinistra di governo o, comunque, in grado di occupare lo spazio politico già dei DS. La convinzione che lo scioglimento dei DS nel PD lasciasse liberi spazi a sinistra si è rivelata errata. Certamente a ciò ha contribuito la legge elettorale ed il meccanismo del voto utile per contrastare Berlusconi, di cui ha massicciamente approfittato il PD senza, peraltro, che Veltroni riuscisse ad impedire il massiccio spostamento verso il centro-destra di consistenti quote anche del suo elettorato potenziale. L'insuccesso del PD sarebbe stato ancora più evidente senza il recupero di voti della sinistra. La posizione del PD appare meno tragica di quella della sinistra, in quanto ha pur sempre una consistenza del 33% e, perciò, è in grado di esercitare una attuazione sia per ragioni politiche, sia, parliamoci chiaro, per ragioni di collocazione personale di settori di quella casta presente nei partiti, che di politica ha sempre vissuto, e che non ha le competenze professionali di riciclarsi altrove. Il condizionamento dei gruppi dirigenti e dell'apparato che li circonda è uno dei nodi da sciogliere, insieme a quelli politici, per ogni serio rinnovamento della sinistra. L'urgenza di essere rieletti ha condizionato sia la formazione della Sinistra Arcobaleno che le modalità dell'operazione, basta guardare alla formazione delle liste bloccate per capire. Tuttavia sarebbe un errore addebitare tutto alla legge elettorale e a Veltroni l'insuccesso delle sinistre. Con la stessa legge elettorale l'UDC di Casini ha superato il 5% e la Destra di Storace ha raccolto il 2,43%, cioè neanche uno 0,70% meno della sinistra e 500.000 voti più dei socialisti. Fabio Mussi e Ugo Intini Con queste considerazioni non si vuole togliere nulla all'entusiasmo di militanti e cittadini che hanno partecipato alle fasi costitutive della Sinistra Arcobaleno da un lato, che al progetto di Costituente socialista dall'altro. Gli scenari politici futuri non possono prescindere dalla legge elettorale e delle possibili riforme della stessa per via parlamentare o referendaria. Sia in un caso come nell'altro lo scenario sarà ancora più cupo. Il referendum, a questo punto, apparirà come una manna per il PdL e il PD, specie se i rapporti interni alle coalizioni dovessero tendersi. La Lega Nord scalpita nel fronte berlusconiano e Di Pietro, con la sua Italia dei Valori (quali?) già ha annunciato la prima rottura, con la formazione di suoi gruppi parlamentari autonomi. La tentazione di abolire le coalizioni sarà forte perché il condizionamento degli alleati, sia che si chiamino Bossi o Di Pietro, disturba la concezione personalistica del capo, della sua onnipotenza, prodotto e causa dell'investitura carismatica e plebiscitaria della legge elettorale e della mediatizzazione della politica. A fronte delle prime intemperanze di Bossi da AN gli hanno ricordato che il PdL avrebbe vinto anche senza la Lega Nord. Se passa la riforma referendaria della legge elettorale la lista unica diventa obbligatoria, ma ciò significherebbe la perdita di identità per la Lega e l'Italia dei Valori, cioè la perdita della ragione del loro successo, migliore di quello delle rispettive coalizioni. Nelle contestuali elezioni amministrative il peso della Sinistra Arcobaleno e del PS si è rivelato maggiore delle politiche: l'elettorato è sempre meno ideologico e fedele. Ogni voto è, quindi, come fosse dato in prestito pronto ad essere ritirato in caso di delusione. Nel 2009 ci saranno sia elezioni amministrative che europee. Ogni nuovo appuntamento politico è rimandato all'esito di quelle consultazioni, ma che vanno preparate da subito. La legge elettorale vigente, per le europee proporzionale e senza soglia di sbarramento, consentirà a forze politiche escluse dal Parlamento nazionale di essere presenti in quello europeo. Colpi di coda non sono esclusi, sia introducendo una soglia di sbarramento, sia regionalizzando la circoscrizione, con ciò elevando di fatto il quoziente elettorale. Il PD al di là dell'ottimismo di facciata dovrà imparare presto a far di conto: se vuole vincere, deve riannodare un rapporto a sinistra. Soltanto un'alleanza riformatrice può sconfiggere la destra intorno a Berlusconi. Una tale alleanza deve fare i conti col passato e dimostrare al proprio elettorato di aver capito la lezione. Non si può improvvisare un passo avanti per volta è meglio che correre verso il baratro o l'ignoto. L'appuntamento europeo dovrebbe favorire aggregazioni europee, la prima delle quali, nell'Unione Europea, è quella socialista. Tuttavia non basta riunire i socialisti, occorre anche innovare con un forte segno di discontinuità, non rispetto alla storia ed ai valori del socialismo, bensì alla struttura chiusa ed autoreferenziale, non superata dalla fase costituente affrettata ed incompiuta. Il raggruppamento di tutta l'area socialista del PS e di SD dovrebbe essere il primo passo per la costituzione di un partito federale e federativo del Lavoro e del Socialismo interlocutore di un movimento sindacale autonomo ed unito. Un partito federativo, cioè non esclusivamente territoriale, ma tematico ed aperto ai soggetti più diversi, che siano espressione della società civile. Un partito federale, cioè dotato di una forte autonomia delle istanze sub statuali: l'attuale struttura, che privilegia le aggregazione provinciali in diretto rapporto con l'organismo direttivo ed esecutivo nazionale, si è rivelata perdente. Un tale partito non ha l'autorità per influire sull'attività di governo e normativa delle Regioni, che dopo la riforma del Titolo V della Costituzione sono depositarie di poteri consistenti, paragonabili, al pari delle comunità autonome spagnole, a quelli di articolazioni territoriali (Laender tedeschi o Cantoni svizzeri) di uno stato federale. Le articolazioni sub regionali hanno una funzione interna di organizzare il consenso congressuale o di funzionare come terminali elettorali: non raccolgono e rielaborano più le istanze, che provengono dalla società, nel migliore dei casi sono canali di una propaganda elaborata al centro. È inconcepibile come una articolazione istituzionale, come la Provincia che dovrebbe sparire per far posto a Città Metropolitana ed Unioni di Comuni, costituisca tuttora l'ambito privilegiato dell'organizzazione partitica. Non c'è democrazia senza controllo democratico. Tale controllo, espressione del pluralismo della pubblica opinione, quasi non esiste a livello regionale ed europeo. Guardiamo fuori dai nostri confini: d'altro canto dall'estero sono giunti anche segnali positivi in queste elezioni. La percentuale dei Socialisti e della Sinistra Arcobaleno è alla Camera del 6,934% e della sinistra nel suo complesso del 7,5%. Al Senato Socialisti e Sinistra Arcobaleno hanno il 5,81% e il 6,43% con Sinistra Critica. Sempre poco ma meglio del 4,06% dell'Italia di PS e SA alla Camera, che arriva al 5,12% con PCL e SC. Certamente potremmo passare il tempo a discutere di falce e martello sì o falce e martello no, per aggrapparsi ad un simbolo identitario, che nelle circostanze attuali assomiglierebbe sempre più ad un'insegna da stele funeraria, lasciando perdere l'individuazione di concrete azioni e punti programmatici su ambiente, diritti civili, pace, laicità, occupazione, costo della vita, mobilità, difesa del potere d'acquisto di salari, stipendi, pensioni e compensi professionali, sicurezza pubblica e sociale, nel territorio e nei luoghi di lavoro, fiscalità e livello, quantitativo e qualitativo, dei servizi pubblici. http://www.avvenirelavoratori.eu/     4881-felice-besostri-analisi-risultati-elettorali 5627 EmiNews 2008

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