4879 Fine di un compromesso sociale

20080429 22:15:00 redazione-IT

di Giulietto Chiesa (da Megachip.info)

Metabolizzare la batosta, davvero storica, del 13-14 aprile 2008, sarà complicato per la sinistra, anche per quelli che hanno votato PD credendo di votare a sinistra. “Vi ricordate quel 18 aprile?”- suonava una canzone per ricordare altri momenti infausti (il 1948) – “d’aver votato democristiani/ senza pensare all’indomani / a rovinare la gioventù”.

Questa volta è andata addirittura peggio. Sparita la sinistra dal Parlamento italiano. Sparita la sinistra in generale? Non mi pare. L’operazione è stata una cospicua stratificazione di trucchi. Il risultato dice che sei o sette milioni di italiani non hanno più una loro rappresentanza in Parlamento.

Metabolizzare sarà difficile anche perché c’è già molta gente, appunto a sinistra, e in modo particolare tra gli inetti che hanno costruito la sconfitta con le loro mani, che pensa di riprendersi il maltolto in tempi brevi, che anela alla rivincita, e che sta già imboccando scorciatoie nelle quali sarà facile graffiarsi le ginocchia, se non rompersi le gambe.

Questo aprile epocale ha una data di nascita lontana, anzi ne ha tante che è perfino difficile metterle tutte in fila. E’ necessario ricominciare con fatica e fare analisi che non si facevano da una ventina d’anni. Dal fatidico 1989, per esempio, quando cadde l’ancor più fatidico “muro di Berlino”. Di cui, per altro, i giovani che hanno votato in questo aprile non sanno un bel niente.

Si è rotto il compromesso sociale che, bene o male, aveva retto gli equilibri della società italiana dal dopoguerra. E’ il primo segnale di una rottura che diventerà assai presto molto più grande. Sono state le classi dominanti italiane che hanno rotto questo compromesso. E stavano provando a imporre la loro interpretazione della modernizzazione attraverso Veltroni e il Partito Democratico. Ma l’operazione è fallita. Gli è scappata di mano, e dal loro cappello a cilindro è venuto fuori di nuovo Berlusconi. E la Lega, che è componente essenziale e una delle cose più inquietantemente interessanti tra le molte che stanno accadendo.

Hanno rotto il compromesso perché pensavano di poter far pagare ai lavoratori e ai ceti medi la modernizzazione, per tenere alta la competitività e mantenere il livello altissimo di profitti e rendite su cui hanno prosperato in questi anni. La sinistra, divisa e in disarmo, ha offerto poca resistenza o nulla a quell’operazione.

Anche la sinistra non aveva capito dove stava andando la globalizzazione. Né ha capito l’11 settembre e i suoi molteplici significati. E quindi, insieme al pacifismo, non ha capito le ragioni della grande guerra in corso. Ha pensato – mentre è in corso una lotta mortale per la sopravvivenza – di potersi limitare a condurre con successo qualche ritirata tattica. Di ritirata in ritirata si è visto che milioni di persone – la maggioranza – stavano perdendo fette consistenti di potere d’acquisto, cioè di tenore di vita.

Le scaramucce si sono svolte tutte “dentro” la logica del mercato, come se il mercato fosse un campo di calcio dove si rispettano le regole. Invece il mercato finanziario, globale e italiano, era diventato sempre più gaglioffo e canagliesco. E ad esso si sono aggiunte due crisi, entrambe epocali, quella energetica e quella ambientale, che avrebbero dovuto sollevare la loro attenzione, e che sono state ignorate.

E’ stato un accavallarsi di errori. Anche le classi dominanti hanno sbagliato. Pensavano, con ingenuità imperdonabile, che il buonismo veltroniano potesse tenere le briglie di un cavallo a tal punto impazzito. E pensavano che il moderato riformismo compassionevole del PD potesse reggere un progettino di ripresa della crescita, proprio nel momento in cui cominciava a vedersi con chiarezza che nessuna crescita sarà più possibile. Certamente non lo sarà più nei termini e con le modalità con cui vi è stata fino al 2001: gestione dell’esistente, proprio nel momento in cui l’esistente diventa insopportabile.

La sinistra avrebbe avuto margine di azione, se fosse stata capace di proporre qualche cosa di diverso. In mancanza di una proposta alternativa, e in presenza di un mugolio riformista indistinto e palesemente poco credibile, ampie masse popolari – non solo e non tanto “operaie”, ma grandi masse di individui, molto differenziate, di cui la classe operaia è solo parte, includenti artigiani, commercianti, piccoli imprenditori etc – sono andate a cercare protezione altrove.

Cioè non in bocca al nemico – perché il nemico era ed è proprio chi tentava l’operazione cosiddetta “modernizzatrice”, l’ideatore del precariato della crescita a oltranza, dell’accelerazione dei consumi – ma da un’altra parte. Hanno fatto la mossa del cavallo, spiazzando tutti. E votando Berlusconi e Lega. La gente sta peggio di prima, sebbene consumi ancora di più (ma indebitandosi), e quando comincia a essere costretta anche a consumare di meno – esattamente l’opposto dell’unico “valore” che le è stato inculcato – ecco che l’equilibrio si incrina. La mandria dei consumatori non sa più dove andare. Quasi nessuno capisce bene perché, quali sono le cause, chi sono i responsabili – il sistema dei media glielo nasconde accuratamente e li inganna sistematicamente – ma l’inquietudine cresce, per cento motivi, di cui si vedono solo quelli superficiali, l’ordine pubblico, la corruzione, la casta politica.

La giungla è bello vederla al cinema, non viverci dentro. Il mercato, tanto magnificato tutti i giorni dai media dei padroni del vapore, e dalle televisioni degli stessi, è diventato ringhioso, e morde troppa gente. A chi piace la competizione quando non sai se vincerai domani, e nemmeno se potrai mai più vincere?

Qui ci sarebbe voluta una sinistra capace di parlare alla gente dicendo la verità: cioè che il tipo di sviluppo conosciuto in questi ultimi cinquant’anni non è più riproducibile perché sono apparsi i “limiti”, e non se ne andranno più. Il picco avviene una sola volta nella storia dell’Umanità, e finite le riserve fossili, non ce ne sarà più.

Ma questa sinistra non c’è più. Perché per fare questo sarebbe stata necessaria una nuova sintesi, una nuova idea della transizione a “un’altra società umana”, non solo a un altro sistema sociale. E per fare queste sintesi bisogna avere organizzato lo studio, la ricerca, un livello alto dell’analisi della complessità moderna. La sinistra si è anch’essa imbolsita nel provincialismo ottuso della casta italiana, ed ecco che si è aperto un baratro.

E’ avvenuta una specie di regressione collettiva: una fuga dalla realtà, a metà strada tra l’imbambolamento di chi chiede di poter continuare a divertirsi – a imitazione dei ricchi, ma accettando che sia in tono minore, una specie di voyeurismo anch’esso molto televisivo, come tutto il resto – e nello stesso tempo si rifugia impaurito nel proprio territorio, tra le cose che conosce e riconosce, tra i simili, tra quelli che parlano il tuo dialetto e che fanno le stesse cose che fai tu. Anche come difesa istintiva contro gli “alieni”, che pregano un altro dio e che ti rubano il lavoro. Anche perché è meno alieno il tuo datore di lavoro, che ti fa fare lo straordinario, i soldi te li da anche se ti fa lavorare come una bestia, e poi è bene tenerselo buono perché non si sa mai con quest’aria che tira…

Per questo hanno votato Berlusconi e Lega.

Non modernizzazione ma regressione: un salto indietro rispetto alla globalizzazione, che è diventata cinese e non piace più. Un salto indietro anche rispetto all’Europa, anch’essa troppo amante della competitività. Una fuga al quadrato, insomma. E a grande maggioranza. Che è anch’essa la ricerca di un nuovo compromesso sociale: del tutto subalterno e illusorio, naturalmente, ma è l’unico che hanno potuto vedere, perché i loro occhi erano puntati sullo schermo televisivo, dove non si può vedere, almeno in Italia, altro che quello, racchiuso tra le tette delle soubrettes del Bagaglino.

Questo non era quello che volevano i banchieri italiani che hanno appoggiato Veltroni. Volevano ridurre i costi della modernizzazione, e farli pagare ai lavoratori. Dimostrando così di essere la padella, alternativa alla brace berlusconiana. Invece i costi della modernizzazione aumenteranno, invece che ridursi.

Il compromesso che loro hanno rotto la gente lo ha cercato, al ribasso, con la regressione leghista-berlusconiana. Questo nuovo compromesso passa attraverso la fine della democrazia, anche dal punto di vista delle forme. Questo blocco sociale vincitore non ha un disegno che non sia la frantumazione del paese e l’illusione – che lo distingue non di molto da quello di Montezemolo – di poter contare sulla fortuna di una qualche “ripresina”. E poiché le “perturbazioni sociali” della transizione sono destinate ad aumentare, la cosa più probabile è che ricorreranno alla forza per comprimerle. Insieme alla delimitazione di tutti i diritti e libertà che l’attuale Costituzione ancora per poco tutela.
Lo scenario a sinistra è ancora polveroso. Come un’esplosione vista al ralenti, quando i frammenti e le schegge si allontanano caoticamente e lentamente gli uni dagli altri. Poi si dovrà costruire le casematte per la difesa, prima della tempesta.

www.megachip.info

 

 

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EmiNews 2008

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