4905 Compagni, s'è chiusa un'epoca: l'egemonia culturale della TV (privata e non)

20080503 11:12:00 redazione-IT

di Antonio Ruggieri – da Megachip

La televisione ha modificato (e sta modificando) radicalmente ilrapporto fra politica e società. Quella commerciale ha portato a terminela sua "rivoluzione culturale" ch’è stata anche la causa profonda deldisastroso risultato elettorale del 13 e 14 aprile. La sinistra non hacompreso quello che è accaduto nel Paese negli ultimi trent’anni eadesso, autolesionisticamente, rischia di rinchiudersi al suo internoalla ricerca di un capro espiatorio.Lo ha certificato senza possibilità d’equivoco il risultato elettoraledel 13 e 14 aprile. La democrazia di rappresentanza fondata su partitiideologizzati (dalla culla alla bara), capaci di organizzare il consensoin ragione del loro radicamento territoriale, è finita.La politica delle riunioni in sezione, del volantinaggio, dei comizi edella diffusione militante del giornale, è diventata la "turbopolitica"sottoposta all’irruzione della televisione nel suo spazio d’agibilità.

Il mezzo è stato il messaggio fino a cambiare, in meno di trent’anni, lagrammatica dell’organizzazione del consenso, fondamentale per qualsiasiconsorzio civile che voglia vivere in democrazia.La televisione (quella privata e commerciale), ha portato a termine lasua "rivoluzione culturale" di soppiatto, senza proclami; facendoaffidamento sull’incapacità della sinistra a comprendere lo scenarioinedito che si profilava.In un gioco al massacro senza regole, l’idea che la comunicazione fosseun bene comune dei cittadini e che la televisione dovesse servire allaloro formazione e alla loro crescita, è stata cannibalizzata da un’altrache metteva il mercato e la concorrenza al primo posto e che metteva ilpalinsesto in mano all’inserzionista pubblicitario, addiritturamanovrato da un’auditel taroccato.Sparisce il maestro Manzi e con lui tramonta la televisione pedagogica e"scritta", soppiantata da quella in diretta, d’effetto e sempre piùvolgare. Dalla pedagogia all’antipedagogia e senza ritorno.Berlusconi prepara la sua offensiva facendo leva su "Pubblitalia ’80",che gli assicura la dominanza organizzativa e finanziaria in unasituazione in trasformazione repentina.La sua strategia politica si dichiara all’epilogo della cosidetta primaRepubblica, spazzata via da "mani pulite"; solo quindici anni fa esembra passato un secolo.E’ che la sua "discesa in campo" era stata preparata culturalmente daiprogrammi che in qualche modo subdolamente l’annunciavano.I suoi profeti ridanciani e insinuanti erano (erano?) Raimondo Vianello,Jerry Scotti, Iva Zanicchi, Antonio Ricci ecc., prima ancora che Fede,Mentana, e addirittura che Letta, Previti e Dell’Utri.Se la morale pubblica si elabora senza sosta alla televisione e in primaserata, l’ideologia e la cultura di quella commerciale hannorivoluzionato la nostra, mettendola nelle mani degli inserzionisti.La politica, per niente attrezzata al confronto, subisceinconsapevolmente l’ingiuria del tempo, senza farsi (e farci) mancare nulla.Dalle torte in faccia a suoi rappresentanti di spicco al giro di valzerdi Luxuria e Gasparri ad Bagaglino, fino al chiacchiericciod’intrattenimento circolare che va da "Porta a porta" a "Ballarò" erimbalzo.Senz’assalti e dichiarazioni, la televisione privata (l’aggettivo faaggio pesantemente sulla natura del nome) ha devastato l’assettovaloriale della nostra modernità e ne ha introdotto uno nuovo di zecca,in cui si lascia intendere che scegliendo il pacco giusto si risolve lapropria vita e che per i giovani il futuro passa dal video, aprescindere addirittura da ogni competenza (dalla televisone dellarealtà alla realtà della televisione).Le trasmissioni del pomeriggio di Mediaset, tutte quelle della DeFilippi, esercitano una radicale e pervasiva egemonia, colpevolmentesottovalutata dalla scuola, dalla famiglia e naturalmente dalla politica.Al 13 e 14 di aprile ci siamo arrivati con Berlusconi che aveva già"berlusconizzato" il Paese.I partiti della sinistra avevano perso ben prima del risultatoelettorale lo scontro fondamentale sull’egemonia culturale e sembra chenon vogliano ravvedersi nemmeno al cospetto del disastro.E’ operazione stolida e infingarda quella di buttare la croce dellaresponsabilità della sconfitta sulle spalle di uno solo.Denuncia un difetto d’analisi che potrebbe essere davvero il colpo digrazia per la sinistra (addirittura nel caso della sconfitta di Rutellia Roma).Se il mondo è cambiato radicalmente, non lo si può comprendere egovernare con le idee del passato.Non abbiamo perso, compagni, perché non avevamo la falce e il martellosui nostri simboli, ma perché la nostra base sociale è stata portataaltrove da una strategia mediatica di organizzazione del consenso cheabbiamo sottovalutato e che continuiamo a sottovalutare.Il (sotto) proletariato urbano e i ceti medi "riflessivi" che ci avevanosostenuto sono cambiati in profondità.Il primo è diventato una comunità indistinta e consumista vittima delmainstream mediatico e i secondi, minacciati sotto diversi profili,riflettono sempre meno, soggiogati da differenti metafore securitarie.S’è chiusa un’epoca e l’errore maggiormente irreparabile sarebbe quellodi non comprenderlo.C’è una sinistra che va da Grillo a Don Ciotti e Zanotelli (passando perGino Strada e quel che resta dell’Arcobaleno) che ha bisogno di esserefondata prima di tutto analiticamente, ma poi anche nel metodo e nellaprassi.A questa sfida di civiltà e di democrazia siamo tutti chiamati con iquindici milioni di cittadini che non hanno rappresentanza nel nostroPaese, ma anche con tutti quelli che hanno votato altrove, in mancanzadi una seria e chiara alternativa di programma e di governo.Bisogna costruire una proposta per un’Italia laica e socialista, in cuiil rispetto dell’ambiente costituisca la base fondamentale per losviluppo, la pace e la redistribuzione della ricchezza.Questo Paese allo stremo ha bisogno di una rivoluzione etica e culturale.E’ naturalmente più facile a dirsi che a farsi; ma ognuno spazzi davantialla propria porta, solo così potremo sperare che tutta la città saràpulita.

da www.megachip.info,

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EmiNews 2008

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