4900 Ingrao: «È mancata ogni unità a sinistra. Nella falla è passata l’ondata xenofoba della destra»

20080502 13:23:00 redazione-IT

di Bruno Gravagnuolo (da l’Unità)

«Che dite a l’Unità e tu che pensi della sconfitta?». Comincia così, questa intervista con Pietro Ingrao sul «day after», con lui che chiede «lumi» all’intervistatore prima di iniziare. Ha le idee chiare in realtà, il vecchio leader. Infatti, appena arrivati in casa sua, troviamo sul tavolo giornali spiegati e sottolineati, e un foglio con gli appunti su quel che vuole dirci. Gli diciamo la «nostra», ma solo per farlo partire e concordare una «scaletta». E lui parte, dopo la prima domanda. Senza disperdersi e attorno a tre chiodi fissi. La xenofobia, gli sbagli di Veltroni e quelli della Sinistra Arcobaleno. Sentiamo.

Ingrao, perché il centrosinistra ha perso Roma dopo 15 anni, e come è potuto accadere che una destra ex missina abbia conquistato il Campidoglio?

«A mio avviso la ragione di fondo è stata l’ondata di paura e di insicurezza alimentata dalla presenza degli immigrati nel nostro Paese: e dunque prima di tutto un’ondata xenofoba, che ha aperto la strada ad Alemanno. La gente lo ha votato, sperando che espellerà “gli stranieri” dall’Italia. Il limite politico e di civiltà di questo atteggiamento mi sembra evidente. Nasce dal provincialismo e dal nazionalismo, anche localistico e leghista, di questa destra che grida: “fuori gli stranieri criminali e fuori quelli che li hanno fatti entrare!”. Tale mi sembra la fonte, l’impronta della vittoria della destra. L’altro aspetto che mi sembra evidente è la frantumazione delle forze di sinistra: sia sul fronte dell’Arcobaleno, sia su quello prodiano. Il soggetto che doveva sconfiggere quella destra reazionaria si è rotto in più pezzi: tra liti interne e partitini rissosi».

Veltroni però ha detto: noi siamo il partito maggioritario e andremo da soli. Eppure la sua non si definiva come una proposta «unitaria»?

«Non è stata così: la sua azione non ha saputo e voluto trovare il giusto raccordo con il mondo articolato e plurimo della sinistra che doveva sostenerlo e con cui doveva realizzare un accordo. Qui ha fallito».

Il Pd ha sostenuto che un accordo con la Sinistra Arcobaleno sarebbe stato oneroso e impopolare.

«Eppure da solo il Pd non poteva bastare: per l’entità delle forze che riusciva a mobilitare e per la debolezza della sua azione unitaria. Ai miei tempi avevamo l’ossessione dell’unità a sinistra per reggere lo scontro. Stavolta invece non c’è stata alcuna colleganza tra i moderati del Partito Democratico (perché tali sono) e le forze, seppure limitate, della sinistra classista. E alla fine è passata una confusa moltiplicazione dei soggetti, e Veltroni ha accentuato ancora di più la divaricazione. Persino lasciando intravedere un accordo bipartitico con Berlusconi. È mancata insomma la costruzione forte e articolata del soggetto alternativo. Lo si è visto in modo clamoroso a Roma, dove difatti Rutelli da solo non ce la ha fatta: non è riuscito a far fronte alla ondata xenofoba, tesa alla cacciata degli “stranieri” visti da tanta parte del popolo romano come una messa a rischio delle proprie condizioni di vita».

Ma non c’è stata anche l’insicurezza legata al disagio economico e alle politiche fiscali e rigoriste del governo Prodi?

«Sì, anche questo ha pesato. Ma più che politiche rigoriste, preferirei dire politiche di compressione della domanda e del salario. Padoa Schioppa non era un ciarlatano, e non mi pare sia stato il rigore di bilancio il vero problema. Semmai, fermo restando che il punto cruciale è stata la xenofobia, va riconosciuto che non c’è stato un terreno di incontro col sindacato sui salari. Va bene il rigore, ma andava conquistata l’adesione dei lavoratori a quella politica, con contrappesi adeguati che non ci sono stati. Il che ha messo in crisi l’asse tra lavoro, risanamento e sviluppo. Un’alleanza che invece era fondamentale, per l’intesa con la classe operaia e col lavoro dipendente. E così Prodi s’è trovato sotto l’attacco della destra xenofoba senza avere il sostegno della forze classiche del movimento operaio. In Italia fino agli anni 80 c’è sempre stato un soggetto plurale di sinistra, ben articolato nella sua faccia politica e in quella sindacale. Questo rapporto è saltato. Non si è realizzata e forse non è stata nemmeno tentata una intesa corposa tra Prodi e il sindacato. E in questa falla, sotto il peso della xenofobia, è passata la destra».

Oltre al Pd, la tua critica tocca dunque anche la Sinistra Arcobaleno. Dove ha sbagliato? E qual è il suo deficit di identità?

«A sinistra si sono spaccati in troppe sigle, in risse di gruppo, invece di realizzare la necessaria compattezza per incalzare l’ala moderata della coalizione. Dunque: da un lato i “moderati” di Veltroni e del PD hanno ammiccato a Berlusconi, dall’altro la sinistra radicale s’è smarrita nei suoi molti rivoli, senza trovare un baricentro programmatico e culturale chiaro».

Ma allora, da dove ricominciare dopo una sconfitta di queste dimensioni?

«Immagino dal realizzare l’unità sul programma, dinanzi a questioni che oggi chiaramente sono inscritte in una vicenda mondiale che ha travolto molti argini. È il ciclo del capitalismo mondiale dopo il 1989 che va ancora decifrato, con tutte le conseguenze che ne sono seguite: dal crollo dell’Est europeo, alla globalizzazione, alla guerra in Medioriente e oggi – temo – dinanzi a un probabile ritorno della recessione nel mondo. Sono sviluppi pesanti che dobbiamo guardare in faccia con chiarezza. È in questo quadro corrusco che Pd e Sinistra Arcobaleno devono ritrovare il loro ruolo. E penso innanzitutto alla riconquista di una tutela di classe per i ceti subalterni e diseredati; alla urgenza di rimettere al centro il tema della pace e della guerra, di cui non parla più nessuno. E invece la guerra, come sai, continua in zone cruciali del globo…».

E per il domani del Partito Democratico che strada, che sviluppi vedi?

«Tu mi chiedi del Pd. Ebbene il Pd è ormai una forza chiaramente centrista e moderata. E sia; ma dovrebbe evitare di civettare con Berlusconi, come mi pare abbia provato a fare Veltroni. In ogni modo non credo oggi che una tale forza tenda a spostarsi a sinistra. Forse è più realistico lavorare a costruire un rapporto attivo e fruttuoso con la sinistra radicale, essendo consapevoli della differenza netta che corre tra i due soggetti…».

Non potrebbero, almeno nella sinistra radicale, cominciare una buona volta a definirsi socialisti?

«Non tocca a me dare consigli del genere. Né mi interessa molto un discorso sui nomi, sulle sigle, e tantomeno dare giudizi su vicende che conosco limitatamente. Semmai io direi: a ciascuno il suo. L’Arcobaleno tenga fede alla sua connotazione di sinistra di classe. Il Pd faccia la sua parte "moderata", ma in chiave coerente e non compromissoria. E soprattutto, però, la sinistra in senso lato la smetta di dilaniarsi e ritrovi un minimo di unità».

www.unita.it

 

 

4900-ingrao-e-mancata-ogni-unita-a-sinistra-nella-falla-e-passata-londata-xenofoba-della-destra

5646

EmiNews 2008

Views: 0

AIUTACI AD INFORMARE I CITTADINI EMIGRATI E IMMIGRATI

Lascia il primo commento

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*


Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.