5368 PECHINO 2008: Aperte le 29° Olimpiadi. Grandezza e umiltà della Cina nella cerimonia di apertura

20080808 19:18:00 redazione-IT

Il calendario dei giochi
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OCCIDENTE IPOCRITA
Marco d’Eramo (da il Manifsto)

Oggi si apre la XXIX edizione delle olimpiadi moderne che ha introdotto una nuova, prestigiosa disciplina sportiva. La nuova competizione disputata quest’anno a Pechino è il concorso d’ipocrisia (semplice, doppia, a ostacoli), che già dà luogo a emozionanti eliminatorie, con tantissimi pretendenti alla vittoria finale. In forma smagliante si sono presentati la ministra Giorgia Meloni e il senatore Maurizio Gasparri che solo l’altro ieri si sono accorti che la Cina non rispetta i diritti umani. C’è da chiedersi dove fossero vissuti fino a 72 ore fa. Se è per questo, Nicholas Sarkozy, pur da decenni sulla scena politica, è stato illuminato solo qualche mese fa sulla via di Pechino, minacciando la propria assenza alla cerimonia inaugurale, solo per poi rimangiarsi la minaccia e volare allo stadio.
Bella partenza degli europei, però magnifica reazione del concorrente Usa: George Bush parteciperà sì alla cerimonia, restando ben quattro giorni in Cina, ma si salva la faccia bacchettando i cinesi (e non con le bacchette da tavola) sui diritti umani.
Sia chiaro: che la Cina non rispetta i diritti umani è segreto di Pulcinella. Ed è vero che la Cina post-denghista unisce in sé i più tragici esiti delle due grandi utopie del moderno: iniquità, crimini, sfruttamenti del capitalismo, e cupezze, censure, deportazioni del socialismo reale. Forse è questa mirabile sintesi di stalinismo e liberismo selvaggio che manda in estasi i commentatori di fronte al «miracolo cinese». Ma non bisognava aspettare certo le Olimpiadi per vederla. Chi voleva, poteva parlare quando fu presentata (e accettata) la candidatura di Pechino. Ma allora tutti tacquero, pur mugugnando sui diritti umani. Proprio allora prese il via la gara di (duplice) ipocrisia. La prima riguarda la potenza di chi offende la democrazia. Al contrario che in Cina, in Iran siedono in parlamento anche deputati dell’opposizione; giornali dissidenti sopravvivono persino per anni; la censura su Internet è più lasca, la tv satellitare meno controllata. Ma della Cina l’Iran non ha né forza militare, né strapotere economico: ecco perché non vedremo mai Bush andare in uno stadio a Tehran. «Non si può irritare la potenza nascente», «Mica vuoi perdere affari col nuovo gigante economico»: i diritti umani sono a profilo variabile: dipendono da…
Ma vi è una seconda, più profonda ipocrisia. Solo dopo la fine della guerra fredda, a molti (a troppi) è apparso chiaro che quando l’occidente si ergeva a «paladino del mondo libero», con «libero» intendeva «libero mercato». Solo con le pagliacciate autocratiche di Eltsin e con la sanguinosa repressione di Tienanmen, si è visto che libertà di stampa, di pensiero, di associazione, di difesa del lavoro, sono «optionals» e che l’unica libertà che per l’occidente conta è quella di proprietà privata. Putin e Hu Jintao non saranno sinceri democratici, ma finché garantiscono il diritto di proprietà privata e libertà ai mercati, sono comunque dalla nostra parte. Que la fête commence!

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Giochi, esibita la fierezza di un Paese che vuole occultare i suoi problemi
Roberto Cotroneo (da l’Unità)

Più i paesi sono totalitari, più si impegnano in operazioni di propaganda assolutamente sorprendenti. Più i paesi sono totalitari più cercano la propaganda.

La Repubblica popolare cinese ieri ha messo in scena uno spettacolo propagandistico migliore di quello delle Olimpiadi di Berlino del 1936: la storia è diversa, ma gli scopi sembrano gli stesso. Ovvero: mostrare un volto diverso, distrarre il mondo, ma soprattutto spiegare con chiarezza di quanta potenza sia capace la Cina che si affaccia al mondo attraverso questi giochi olimpici.

Lo sport aiuta molto da questo punto di vista, perché lo sport è portatore sano di una retorica grandiosa e stentorea assieme, alla quale è difficile resistere. Bisogna sfilare, gli atleti si giocano in un attimo sacrifici di una vita, teniamo fuori lo sport dalle polemiche della politica o dei diritti umani.

Tutte belle amenità che sono certamente vere e che hanno una loro logica e una loro spiegazione, ma che non spostano il discorso. Ieri, le immagini trasmesse in tutto il mondo erano spettacolari ed eloquenti assieme. I percussionisti con il count down facevano impressione, come facevano impressione le onde dei caratteri mobili fatte da più di ottocento cinesi, ed era tutto costruito non per stupire il mondo, divertirlo o emozionarlo, ma semmai per spiegare che la Cina è qualcosa di molto più potente di quanto si possa immaginare. Ed è potente perché sono in grado di mettere in gioco uomini, persone, masse vere e proprie.

È curioso come nell’era delle tecnologie più sofisticate i giochi di ieri siano stati aperti dal lavoro incessante e sorprendente di giovani cinesi, che hanno studiato in centinaia le decine di scenografie messe in campo.

È curioso come tutti i regimi totalitari amino mostrare con fierezza la loro storia, il loro passato, la loro tradizione. E lo fanno perché questo possa perlomeno un po’ spiegare, se non addirittura giustificare, quello che viene fatto ogni giorno in un paese che non rispetta i diritti e le libertà individuali.

Allora ieri tutto finiva per diventare un elemento di contrasto. Un elemento di contrasto il trionfo della tradizione. Un elemento di contrasto i 56 bambini, i soliti bambini usati per queste cose, di tutte le etnie cinesi riconosciute, che sfilavano sorridenti ma non troppo. Un elemento di contrasto gli artisti che disegnavano con il corpo e con i pennelli. Con quei colori leggeri, tutti sul verde, placidi e delicati, in un paese per nulla delicato, dove il livello di inquinamento è paragonabile alla Londra della prima rivoluzione industriale.

Un paese con una crescita industriale impressionante che ieri ha messo sul tappeto tutta la sua competitività e soprattutto tutta la sua aggressività.

Bastava un dettaglio: il pianista Lang Lang, soprannominato con ironia Bang Bang dai critici musicali di mezzo mondo, davanti a uno smisurato e pacchiano pianoforte bianco, che suonava con quell’enfasi inutile e sconsiderata che lo ha reso famoso in tutto il mondo. Oppure il globo di non so quante tonnellate, che in cima vedeva esibirsi un cantante pop cinese e una inglese, in quei brani privi di senso e di emozione. E poi la celebrazione retorica non dei valori dello sport, ma di una tradizione millenaria, che non ha nulla a che fare con la Cina di oggi. Ma anzi: in un certo senso la nega.

E ancora: la solita retorica sportiva. In una sorta di decoubertismo rovesciato i cinesi vogliono vincere più ori di quelli che porteranno a casa gli Stati Uniti d’America. Una sfida che però di sportivo ha assai poco, e di rivalsa e di volontà di potenza ha tutto. Forse si potevano vedere dei giochi meno ossessionati dalla forza, dall’aggressività, dalla dimostrazione del ruolo e dello status. E non ci sono discorsi finti, occhi chiusi e politiche dello struzzo che tengano. Perché la realtà delle olimpiadi di Pechino ormai è chiara già dalla cerimonia di apertura. La realtà di un governo che utilizza un mezzo nobile per nascondere problemi assai meno nobili.

Capisco la gioia degli atleti nel vincere da domani in poi le medaglie d’oro, la gioia di salire sul podio e alzare la mano in segno di vittoria.

Ma ci sono podi e podi, e olimpiadi e olimpiadi, ci sono paesi democratici, e paesi totalitari che condannano a morte gli oppositori, impediscono la libera circolazione delle idee, schiacciano e reprimono le ragioni di popoli pacifici.

Curiosamente ieri, nella diretta televisiva, la Rai ha trasmesso lo spot della Lancia Delta girato dal testimonial Richard Gere, con il bimbo tibetano. Come tutti sanno Gere ha devoluto alla causa del popolo tibetano i guadagni che gli provengono da quello spot.

Ma «the show must go on» anche questa volta. E francamente non se ne sentiva davvero il bisogno. Abbiamo tenuto il fiato sospeso fino a ieri. Perché, e questo si sa, la forma, sempre, è sostanza. L’apertura dei giochi poteva essere, e mi si perdoni il gioco di parole addirittura doppio: giocosa, allegra, fraterna, entusiasta. Poteva essere un segnale per il futuro, come recitano troppo spesso molti ipocriti fingendo di non ascoltare – in nome di ipotetici valori dello sport che non dovrebbero essere dissimili dai valori con cui conduciamo abitualmente le nostre esistenze – le grida di dolore delle organizzazioni internazionali, ultima quella di Reporters sans Frontières.

Da domani la Cina non sarà più aperta di prima. E questi giochi non saranno un punto di partenza. Da quel che si è visto, e si è letto tra le righe di questa cerimonia di apertura, da domani la Cina sarà più forte e sicura. E anche più tranquilla.

Dalla fine dei giochi si ricomincerà a protestare per il popolo tibetano, e per i ragazzi cinesi condannati a 20 anni di carcere per aver visitato un sito internet? Si potrà ancora fare dopo essersi meravigliati da tanta potenza? Dopo aver gareggiato, esultato, sospeso il giudizio, per il tempo che basta, per il tempo di questi giochi olimpici.

A questi atleti, bravi, rigorosi, che sono lì con i nostri colori, per cui facciamo il tifo e di cui andiamo fieri, vogliamo umilmente ricordare, soprattutto dopo l’apertura di questi giochi, che non ci sono due morali, e che i diritti umani, in ogni caso e comunque, non possono attendere.

www.robertocotroneo.net

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Pechino 2008: volto di una Grande Potenza
Aly Baba Faye

Dunque ci siamo. Alle 08:08 di venerdi 08-08-08 è partito il via ai giochi olimpici di Pechino. Pare che in Cina l’8 è il numero fortunato. Intanto, la cerimonia di inaugurazione è stata grande. Potenza e eleganza sono il segnale che la Cina manda al mondo. L’unica nota dolente sono le contestazioni della vigilia. Ma su questo mi permetto di dire, da attivista dei diritti umani, che la Cina non ha il monopolio della violazione dei diritti umani. Avranno anche loro i lati oscuri della loro civiltà, i loro guantanamo, la loro mafia, le segregazioni delle minoranze etniche, oppure tante violazioni quotidiane dei diritti e della dignità umana come nella fortezza europa. Come si dice chi non ha peccato scagli la prima pietra. Intanto loro non c’entrano nel Guiness degli orrori che sono Hiroshima e Nagazaki, l’Olocausto, la Tratta dei neri. Non sono loro che hanno scatenato due guerre mondiali. Dico questo non tanto per sminuire le gravi violazioni dei diritti umani oppure la dominazione del Tibet ma giusto per relativizzare le prediche moralistiche che vengono da paesi o governi che ogni giorno mortificano la dignità della persona umana. Forse il vero male del mondo sta nella doppia morale di coloro che sanno solo predicare bene razzolando male. Pensate a Bush che predica il rispetto dei diritti umani. Non c’è più religione! Ma si sa, in molte civiltà, l’inferno sono gli altri. Si preferisce guardare i difetti altrui per non vedere i propri. E poi se nei confronti degli altri si nutre invidia allora il gioco è fatto. La Cina quanto meno non predica ciò che non fa. Anzi spesso gli si può accusare di chiudere un occhio sui mali degli altri. Basta pensare al fatto che la penetrazione cinese in Africa resta un fatto prettamente economico. Loro non voglino sindacare sulla moralità dei loro partners. Business is business. E spesso gli appalti che hanno in concessione sono un win to win. Tanto meglio! Curioso il fatto che i governi africani alleati con la cina sono subito tacciati di dittatura o mali peggiori per il solo fatto di aver scelto la cina come partner commerciale. Mi si consente una piccola digressione che rigurada il caso Mugabe. Era il pupillo della Gran Bretagna fino a qualche anno fa. Ma quando ha deciso di nazionalizzare le proprietà coloniali e ha stabilito rapporti commerciali con la Cina è diventato il dittatore sanguinario. E giù con la diabolizzazione di Mugabe, accusato di non rispetto dei principi della democrazia, delle libertà politiche, con tanto di violenze orchestrata per fargli la guerra. L’altro giorno in una conversazione sull’Africa sollevavo polemicamente la questione di sapere come mai nei due decenni antecedenti nessuno avesse mosso critica a Mugabe? Chissà se era un leader democratico? Insomma ritornando alla Cina, Pechino 2008 è già stata il volto di una Grande Potenza che forse è già pronta per dominare il mondo. Chi sa se sarà un male minore? Questione di prospettiva!

http://alybabafaye.wordpress.com

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EmiNews 2008

 

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