6024 Integrazione diritti doveri. La partecipazione democratica dei migranti strumento di integrazione

20081108 10:21:00 redazione-IT

[b]Il convegno internazionale FCLIS e FIEI del 7 novembre nei servizi della stampa.

Un convegno partecipatissimo fino alla fine della giornata. Oltre 150 i partecipanti e oltre 50 relatori delle rappresentanze sociali dell’emigrazione italiana e dell’immigrazione in Italia. Un’occasione significativa per offrire un contributo di riflessione sulle questioni dell’immigrazione del nostro paese a partire dall’esperienza vissuta dai nostri connazionali emigrati in tanti paesi del mondo.[/b]

Servizi da Aise, Newsitaliapress, Inform,

[b]"INTEGRAZIONE: DIRITTI, DOVERI": MICHELONI (PD- FCLIS) E RICCI (FIEI) APRONO IN SENATO IL CONVEGNO DELLA FCLIS/ GLI INTERVENTI DEL PRESIDENTE SCHIFANI E DELLA SEN. FINOCCHIARO (PD)[/b]
ROMA aise – "L’integrazione non è un obiettivo fermo, stabile, sempre uguale a se stesso, è piuttosto uno "stato d’animo", come dicono i francesi, un modo di vivere. Integrazione significa "conoscersi": è per questo che per raggiungerla non esistono ricette. Al contrario, occorre un impegno costante". Così il senatore del Pd e presidente della Fclis Claudio Micheloni ha aperto questa mattina a Roma il convegno "Integrazione: diritti e doveri. La partecipazione democratica dei migranti, strumento di integrazione" svolto sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica.
Promosso dalla Federazione delle Colonie Libere Italiane in Svizzera in collaborazione con la Fiei, al convegno, ospitato dalla Biblioteca del Senato, partecipano dirigenti delle Cli svizzere, esponenti del mondo dell’associazionismo italiano all’estero, autorità italiane ed elvetiche e rappresentanti delle istituzioni. Tra questi il Presidente del Senato, Renato Schifani, la capogruppo dei senatori del Pd, Anna Finocchiaro, e, a rappresentare la Farnesina, Carla Zuppetti, Capo della Direzione Generale Italiani all’Estero e Politiche Migratorie.
Obiettivo del convegno, ha proseguito Micheloni, non è certo quello di "dare lezioni a nessuno", quanto quello di "far sentire la nostra voce e dare il nostro contributo alla politica migratoria italiana, senza essere rinchiusi in una sorta di riserva indiana, ma, al contrario, parte di questa Repubblica. Per questo – ha ribadito – vogliamo contribuire alla crescita del Paese" così da "valorizzare la presenza dei parlamentari eletti all’estero e dare un senso al nostro voto".
Primo obiettivo del convegno, ha ricordato il senatore, quello di presentare l’esperienza svizzera che, ha detto, "vive momenti contraddittori: da un lato ci sono Cantoni che hanno riconosciuto nuovi diritti democratici agli stranieri, ma dall’altro il processo di integrazione è stato in qualche modo frenato dal rigetto della cosiddetta cittadinanza facilitata per i migranti di seconda e terza generazione e, al contempo, è stata "indurita" la legge sugli stranieri. Con questo convegno, quindi, vogliamo rilanciare il dibattito anche in Svizzera".
Secondo obiettivo quello di "portare le nostre esperienze in Italia", un Paese, ha ribadito Micheloni, "in cui i migranti sono considerati un oggetto politico più che un soggetto. Noi dobbiamo fare in modo che il migrante diventi un soggetto politico perché solo così si arriverà a quello "stato d’animo" che è l’integrazione. Certo – ha riconosciuto il senatore – il Paese non sta andando proprio in questa direzione, ma do atto e merito al Presidente del senato Schifani per sue iniziative quali la mostra sulla Shoah e la sua visita all’adolescente aggredito a Roma per motivi razziali".
"Si dice – ha proseguito il parlamentare e presidente Fclis – che l’emigrazione sia una risorsa. Ma si dice e basta: quello che succede in questi giorni con la finanziaria ci fa dubitare della convinzione con cui in Italia viene fatta questa affermazione. L’emigrazione è davvero una risorsa soprattutto oggi, con la globalizzazione che non è più solo una parola politica, ma una realtà" che "l’economia sta pagando" e che porta alla "frattura sociale". Una realtà che si concretizza in una "nuova cultura di un mondo che si muove, che viaggia, che si sposta per lavorare" e che, con le politiche giuste, "si può unire in modo solidale".
Micheloni ha quindi dato la parola al Presidente Schifani che si è detto "lieto" di partecipare ad un incontro che dimostra come "i nostri italiani all’estero, già rappresentanti in Parlamento, possano parlare direttamente al loro Paese con iniziative come queste, nel cuore delle Istituzioni".
"Rilevante", ha proseguito il Presidente del Senato, il lavoro della Fclis da sempre affianco dei connazionali emigrati, una federazione, ha ricordato Schifani, che ha avuto tra i suoi membri fondatori persone importanti quali Fernando Schiavetti ed Egidio Reale e rilevante ancora oggi che promuove un confronto su un tema "dibattuto in Italia da 25 anni a questa parte, da quando cioè siamo diventati un Paese di immigrazione". Un dibattito, ha osservato, su cui "ha influito negativamente la contrapposizione di due concetti, legalità e accoglienza, che invece non possono prescindere l’uno dall’altro", perché in un caso il Paese si troverebbe con una massa di persone ingovernabili e, dall’altro, si parlerebbe solo di sicurezza. Per questo, ha aggiunto, "è importante guardare al’esperienza di quei Paesi che nel passato hanno accolto i nostri connazionali, non senza difficoltà o discriminazioni, ora quasi ovunque superate" per mettere in atto il processo di integrazione sociale che "consente a persone di culture diverse di cooperare alla costruzione della stessa civiltà. Il pluralismo, però, diventa ricchezza se chi arriva è convinto della bontà della "way of life" del Paese che lo ospita, come accade da sempre in America". Insomma, l’integrazione dei migranti è occasione di sviluppo per tutta la società a patto che "si condividano i caratteri del modello sociale".
Dopo aver richiamato l’esempio della sua Sicilia che "ha avuto il suo momento più alto al tempo dei Normanni, quando diverse culture collaborarono insieme lasciando frutti visibili ancora oggi", Schifani ha ribadito l’importanza che scuola e formazione rivestono nel processo di integrazione. "La scuola – ha detto in proposito – è il luogo dove si compiono i primi passi verso la conoscenza dell’altro" e verso una sorta di cittadinanza consapevole, da veicolare anche con il "rafforzamento dello studio dell’educazione civica nei primi due cicli scolastici". Quindi, il Presidente del Senato ha richiamato il passo del messaggio per la Giornata del Migrante 2008 in cui Benedetto XVI sottolineava l’importanza della integrazione come "strumento per dare risposta alla duplice appartenenza dei giovani migranti".
Concludendo, Schifani si è detto certo che il convegno della Fclis darà un "prezioso contributo di conoscenza e riflessione al dibattito e allo sviluppo delle politiche migratorie" auspicando infine che "occasioni come questa diventino periodiche. Da parte mia – ha concluso – vi assicuro fin da ora l’ospitalità del Senato ad accoglierle tutte".
Giornata "particolare" quella di oggi per Anna Finocchiaro, capogruppo dei senatori del Pd a Palazzo Madama, perché "il tema di questo convegno si coniuga con quanto accaduto in America in questi giorni, con l’elezione di Obama alla Presidenza Usa e con la straordinaria partecipazione al voto degli americani. E questo convegno intende richiamare proprio la forza della partecipazione democratica come strumento intelligente di integrazione politico-sociale". Una "questione aperta" in Italia, Paese in cui del voto agli immigrati si sono occupate, anno dopo anno, tutte le forze politiche, anche in modo trasversale.
"Anni fa – ha proseguito la Finocchiaro – con l’approvazione della Legge 459/2001, al di là degli intenti, anche diversi, di chi ci ha lavorato, l’Italia ha avuto lungimiranza. Il risultato è che oggi abbiamo uno strumento che è quasi un archetipo di un modello da applicare anche al voto amministrativo degli immigrati". Ma, ha aggiunto la senatrice, "la legge non basta, la presenza dei parlamentari eletti all’estero non basta se non facciamo in modo che essi rappresentino al meglio i loro elettori e allo stesso tempo possano determinare le scelte politiche del Paese". La Finocchiaro ha quindi richiamato l’importanza di modificare i tempi dei lavori parlamentari (tre settimane tra Aula e commissioni, la quarta libera da dedicare all’elettorato sul territorio) e quella di "trasformare" il Comitato – per altro ancora non istituito al Senato – in una Giunta che sarebbe un "organismo specializzato che faccia da battistrada anche per le politiche di integrazione" e un modo efficace per "mettere a frutto il patrimonio rappresentato dai 18 eletti all’estero per il bene del Paese".
Quindi la Finocchiaro ha ringraziato i "suoi" senatori eletti all’estero che, ha detto concludendo, "non hanno mai mollato né smarrito il senso della loro presenza in Parlamento. Sanno che non godono di un privilegio ma che sono qui per rappresentare i connazionali e lavorano con passione per loro e per il loro Paese".
Segretario generale dalla Fiei anche Rodolfo Ricci ha salutato i presenti richiamando l’elezione di Obama, "il figlio di un migrante africano", alla guida del Paese più importante del mondo.
"Come migranti italiani – ha proseguito Ricci – riflettiamo sulla sfasatura tra ciò che viviamo e il livello della riflessione qui in Italia; un disagio che mette in luce un certo ritardo del nostro Paese rispetto a quanto acquisito da altri".
"Mi chiedo – ha aggiunto il segretario generale della Fiei – se non pagheremo questo ritardo nell’affrontare la questione-integrazione. Per questo è indispensabile che si comprenda la portata formidabile del patrimonio che tutte le collettività migranti rappresentano nel mondo".
Ma prima della comprensione viene la conoscenza: "essere consapevoli di diritti e doveri è importante per tutte le parti in causa, per chi emigra e per quanti risiedono nei Paesi di accoglienza. È per questo – ha sottolineato Ricci – è importante recuperare una memoria condivisa della storia della nostra emigrazione. Gli italiani hanno il diritto, ma anche il dovere di informarsi. Senza questo passo – ha concluso – è difficile anche solo ipotizzare un serio modello di integrazione". (m.cipolloneaise)

[b]"INTEGRAZIONE: DIRITTI E DOVERI": I MESSAGGI DEL PRESIDENTE DELLA CAMERA FINI E DEL VICE PRESIDENTE DEL SENATO CHITI PER IL CONVEGNO PROMOSSO DA FCLIS E FIEI OGGI A ROMA[/b]
ROMA aise – "Integrazione: diritti, doveri. La partecipazione democratica dei migranti, strumento d’integrazione" è il tema del convegno in corso alla Biblioteca del Senato a Roma. Promosso dalla Fclis, di cui è presidente il senatore Micheloni, e co-organizzato dalla Fiei, il convegno vede riuniti i dirigenti Cli, autorità svizzere ed italiane, e rappresentanti delle Istituzioni (vedi Aise del 7 novembre h.13.01).
Impossibilitato a partecipare, il Presidente della Camera, Gianfranco Fini ha inviato un messaggio al sen. Micheloni in cui si dice "certo" che "questo convegno, mettendo a confronto l’esperienza della Svizzera e del nostro Paese, possa dare un contributo di grande rilievo al dibattito su questo importante tema".
"I processi di integrazione – osserva Fini – richiedono l’impegno dello Stato e delle sue Istituzioni affinché siano garantite reali condizioni di accoglienza e di partecipazione civica a coloro che vogliano sentirsi veramente parte di una comunità e che vogliano condividerne un destino valoriale comune. Le società europee – si legge ancora nel messaggio – si devono porre l’obiettivo di divenire sempre più aperte ed inclusive rispetto ai cittadini provenienti da altri Paesi, in modo da essere luogo di incontro tra culture diverse che dialogano e si rispettano entro una cornice comune, ed irrinunciabile, di valori di libertà, di democrazia e – conclude Fini – di rispetto della dignità dell’individuo".
Assente per motivi familiari, anche il Vice Presidente del Senato Vannino Chiti ha inviato un messaggio a Claudio Micheloni. "Avrei voluto partecipare a questa importante iniziativa – vi si legge – che attraverso le esperienze di partecipazione democratica degli italiani emigrati in Svizzera, può fornire contributi utili al nostro Paese".
"L’Italia – scrive Chiti – oggi è diventata terra di immigrazione. L’uguaglianza dei diritti e dei doveri è l’asse fondamentale di una convivenza degna di questo nome. Non si può essere ben accetti nei lavori – specie nei più umili, faticosi e meno desiderati – purché si scompaia dalla vita delle città, si viva come cittadini di serie b. Come recita il titolo del Convegno la partecipazione democratica è strumento essenziale di integrazione. Per affrontare il nostro presente e la sfida di una società multi etnica, ma fortemente coesa, civile, democratica – sottolinea Chiti – è giusto e necessario recuperare nella memoria storica condivisa il messaggio della emigrazione italiana".
"Se possibile, ti chiedo di poter avere copia della relazione e dei documenti. Nel ringraziarti per il cortese invito – conclude – l’occasione mi è gradita per inviarti i miei più cordiali saluti, con amicizia". (aise)

[b]IL DIRITTO DI VOTO AGLI IMMIGRATI: L’ESPERIENZA SVIZZERA AL CONVEGNO SULL’INTEGRAZIONE PROMOSSO A ROMA DA FCLIS E FIEI[/b]
ROMA aise – "Nel canton Neuchâtel gli stranieri hanno diritto di voto a livello comunale, in base al principio che chi paga le tasse comanda", ad affermarlo è il consigliere di Stato del canton svizzero di Neuchâtel, Bernard Soguel, intervenuto al convegno "Integrazione: diritti e doveri. La partecipazione democratica dei migranti, strumento di integrazione", in corso a Roma presso la Biblioteca del Senato. (vedi AISE del 7 novembre h. 13.01)
L’incontro, che si avvale dell’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, è promosso dalla Federazione delle Colonie Libere Italiane in Svizzera, presieduta dal senatore Claudio Micheloni, in collaborazione con la Fiei.
Soguel, che ha relazionato sulla questione della concessione dei diritti civili alle persone immigrate, ha aggiunto: "questo diritto di voto concesso agli stranieri che risiedono stabilmente nel cantone è stato esteso nel 2000 al diritto di voto cantonale, per decisione popolare. Nel 2007 il diritto di voto è stato esteso al diritto d’essere eletti a livello comunale".
"Neuchâtel è in testa ai cantoni svizzeri con il più altro grado di integrazione. – ha spiegato – Gli stranieri che sono attivi tra le autorità lavorano molto bene e sono regolarmente ben eletti". Il consigliere di Stato ha così portato l’esempio dell’elezione nel cantone di Thomas Facchinetti, italiano con nazionalità svizzera e di Amina Benkais, franco-marocchina e musulmana.
"Oltre all’apporto diretto degli stranieri tra le autorità – ha commentato – la concessione dei diritti civili favorisce anche l’integrazione e la buona armonia tra le culture. L’esperienza di Neuchâtel ha inoltre dimostrato che le persone di nazionalità straniera votano in maniera simile agli elettori svizzeri". "Spero che con l’integrazione europea le esperienze positive si moltiplichino – ha concluso Soguel – e che presto gli svizzeri risiedono in Italia possano presentarsi alle elezioni locali o regionali".
A rappresentare l’Ambasciata svizzera a Roma è stato Stefano Lazzarotto, che nel suo intervento ha richiamato l’importanza che riveste – anche per la Confederazione elvetica – il fatto che 4 dei 18 parlamentari eletti all’estero provengano dalla Svizzera.
Lui, come "svizzero di origine italiana", figlio di italiani emigrati nel 900 (quarta generazione), ha voluto ringraziare "tutti gli stranieri che hanno contribuito negli anni al benessere della Confederazione".
Dopo aver accennato alla presenza svizzera in Italia – 46.000 gli elvetici che risiedono nel nostro Paese – Lazzarotto ha ricordato che "in Svizzera i diritti politici sono disciplinati dall’articolo 38 della Costituzione che ne attribuisce la competenza ai cantoni". Per questo, la situazione non è affatto omogenea. "Ad oggi sono 8 i cantoni che riconoscono il diritto di voto, soprattutto quelli di tradizione romanda", ma la situazione, come detto, varia di cantone in cantone: c’è quello che riconosce il diritto di voto, ma non l’eleggibilità, quello che prevede entrambe, quello che limita il voto alle elezioni comunali e quello che le estende alle cantonali. Insomma, un bel puzzle su cui a livello federale ancora non si interviene perché, ha detto Lazzarotto, "i tempi ancora non sono maturi".
Concludendo, il diplomatico ha annunciato un’importante iniziativa promossa dall’Ambasciata svizzera insieme al Comune di Roma l’11 e 12 dicembre prossimi: si tratta, ha spiegato, di "una tavola rotonda per confrontarsi sulle politiche sociali e di integrazione, cui seguirà anche una visita alle strutture che si occupano a Roma dell’integrazione degli stranieri".
Raffaele Mariotti, presidente onorario della Fclis, ha sostenuto che "la Federazione concorda con il principio che nel mondo si dovrebbero realizzare situazioni tali per cui nessun individuo dovrebbe essere costretto a migrare per necessità, ma se consideriamo diversità, sperequazioni e le tensioni esistenti tra continenti e stati questo traguardo è un’utopia". Mariotti ha poi evidenziato che ogni immigrato è un "essere umano e come tale gli vanno riconosciuti i diritti umani fondamentali e non chiedere loro dei doveri per prima cosa". Bisogna quindi coinvolgere l’immigrato nel processo integrativo facendolo interagire. "Non è compito dell’immigrato integrarsi – ha osservato – ma della società che lo ospita". A proposito della scuola e dell’integrazione dei figli di immigrati, Mariotti ha ricordato come "35 anni fa per i figli degli italiani presenti in Svizzera sia nato il Centro di documentazione scolastica della Colonie libere italiane, ancora oggi funzionante". Il presidente onorario della Fclis ha infine paragonato l’emigrazione italiana e tutte le affermazioni che venivano dette nei confronti dei nostri connazionali con il trattamento riservato agli stranieri che arrivano in Italia e con le frasi non cordiali che spesso gli vengono rivolte.
"Nella Svizzera tedesca ci sono solo due cantoni che riconoscono la possibilità di voto amministrativo agli stranieri – ha detto Fiammetta Jahreiss-Montagnani, presidente del consiglio comunale di Zurigo e membro della commissione federale per gli stranieri in Svizzera, – nel cantone di Zurigo questa realtà non esiste, inoltre l’iter legislativo è una cosa molto complessa. Nel 2004 il mio cantone si è dato una nuova costituzione che purtroppo non prevede voto agli stranieri a livello comunale". Jahreiss-Montagnani, fiorentina di nascita, ha inoltre spiegato come è avvenuta la sua elezione al comune di Zurigo, precisando che nel cantone di Zurigo non è possibile agli stranieri residenti di partecipare alla vita politica. "Ho avuto la fortuna di sposarmi – ha raccontato – quando c’era ancora la vecchia legge sulle naturalizzazioni, quindi sono diventata automaticamente svizzera. La naturalizzazione non è il coronamento di un processo di integrazione ma è solo l’inizio, la democrazia si basa sulla partecipazione".
"Alla politica – ha concluso – sono arrivata attraverso l’associazionismo che in Svizzera è un fattore di grande integrazione sociale. Dopo essere stata eletta al Comitato genitori di quartiere ed essere stata membro del consiglio scolastico, sono entrata a far parte del partito socialdemocratico svizzero, mi sono candidata al consiglio comunale e sono stata eletta. Dal maggio scorso sono presidente del consiglio comunale di Zurigo".
Nel suo intervento Maurizio Chiocchetti, responsabile del Pd per gli italiani nel mondo (vedi AISE del 7 novembre h. 16.37), ha evidenziato l’atteggiamento del Governo di fronte alla situazione dell’immigrazione. "I diverbi portati avanti in questo periodo da chi ha vinto le elezioni – ha detto – credo sia stata un’immagine di affrontare i problemi dell’immigrazione nel nostro paese solo come una questione di pubblica sicurezza. Su questo si è cercata la paura nella popolazione verso il diverso e chi ha fede, colori e culture diverse. Non possiamo permettere che questo passi nel nostro Paese. La criminalità riguarda tutti e non solo gli immigrati, senza distinzione tra chi è italiano e chi vive in un altro paese. L’immigrazione, i volti e i problemi legati ad essa sono una delle due facce della stessa medaglia, l’altra faccia è la nostra emigrazione, le storie delle nostre emigrazioni".
Di integrazione e di diritto di voto agli immigrati che risiedono a Montreux ha parlato il sindaco della cittadina, Pierre Salvi, che ha raccontato l’esperienza vissuta nel suo comune. Un racconto particolare è stato quello del sindaco di Boudry, Raoul Lembwadio, primo sindaco di colore, arrivato in Svizzera nel ’79, periodo in cui non era possibile per gli immigrati esprimere il voto o candidarsi. La sua elezione a sindaco avvenuta qualche anno fa dimostra, come lo stesso ha evidenziato, che quando "la società ospitante vuole aprirsi all’integrazione c’è la possibilità e i risultati sono positivi". "La popolazione della mia cittadina non disprezza – ha precisato – il colore della mia pelle ma valuta le mie qualità".
I consiglieri comunali ad Aigle, Carlo Carrieri e Mario Merotto hanno raccontato il loro arrivo in Svizzera e la loro battaglia insieme alla Fclis per il riconoscimento dei diritti civili, sostenendo come sia giusto riconoscere il diritto di voto ai tanti stranieri che arrivano in Italia così come è stato riconosciuto agli italiani che risiedono in Svizzera, i quali hanno anche la possibilità di candidarsi".
Carla Zuppetti, Capo della Direzione Generale Italiani all’Estero e Politiche Migratorie, ha raccontato la sua prima esperienza al Consolato di Basilea, che ha forgiato il suo approccio con il lavoro che svolto all’estero e al Mae. "Sono originaria della Ciociaria, molti italiani all’estero hanno questa origine, – ha raccontato – e questo legame con la mia terra, questa realtà, l’ho trasferita nel mio lavoro all’estero. Faccio notare che la mia direzione generale ha una denominazione che porta tutte e due le radici: quelle degli italiani all’estero e quelle degli stranieri che vengono in Italia. È una sensibilità che il Ministero ha utilizzato sulla base della sua esperienza e per affinità di situazioni che accomunano emigrati ed immigrati". "La parola emigrato non è diversa da quella di immigrato – ha evidenziato Zuppetti – perché se guardiamo dall’Italia i nostri connazionali che vanno all’estero sono emigrati, ma se guardiamo dalla parte del paese ospitante i connazionali che arrivano sono degli immigrati".
Nel corso dell’incontro è stata ribadita dalla Federazione delle Colonie Libere Italiane in Svizzera la dura presa di posizione nei confronti dei tagli previsti dalla Finanziaria 2009, la FCLIS, "facendosi interprete del generale malessere diffuso nell’emigrazione", ha rinnovato la "sua forte critica" contro i sostanziosi tagli relativi ai capitoli di bilancio riservati agli italiani all’estero. (vedi AISE del 27 ottobre h. 16.35)
"Integrazione vuol dire cultura e conoscenza" ha commentato nel suo intervento Paolo Tebaldi, membro esecutivo della Fclis, "è indispensabile che ogni cittadino possa esercitare i propri diritti. In questo la Federazione ha svolto un cammino di conoscenza e di difesa della dignità umana".
Anna Maria Cimini ha relazionato sul diritto di voto agli immigrati di paesi terzi nei paesi europei, distinguendo i paesi dove gli stranieri possono partecipare alla vita delle istituzioni e i paesi dove questo non è ancora possibile. (clara salpietroaise)

[b]IL VOTO DEGLI IMMIGRATI IN ITALIA NEGLI INTERVENTI DI PARTITI SINDACATI E ASSOCIAZIONI AL CONVEGNO DELLA FCLIS[/b]
ROMA aise – "L’Italia è diventato strutturalmente un paese di immigrazione e resterà così per almeno una generazione". Ha esordito così il senatore Massimo Livi Bacci, studioso delle migrazioni, intervenendo al convegno "Integrazione: diritti e doveri. La partecipazione democratica dei migranti, strumento di integrazione", tenutosi a Roma presso la Biblioteca del Senato, promosso dalla Federazione delle Colonie Libere Italiane in Svizzera in collaborazione con la Fiei. (vedi AISE del 7 novembre h. 17.41)
"La dimostrazione è semplice, – ha spiegato – se chiudessimo le porte all’immigrazione nei prossimi vent’anni e ci accontentassimo delle forze demografiche del nostro paese, ogni anno la popolazione giovane nata in Italia diminuirebbe di un quarto di milione all’anno. Questo dimostra che nei prossimi 20 anni noi continueremo ad avere estremo bisogno di immigrazione. Un paese che ha strutturalmente bisogno di immigrati deve darsi una politica dell’accoglienza e dell’integrazione in tutta la sua complessità. Qualunque sia il regime migratorio, chi arriva finisce per diventare pezzo della società nella quale si inserisce, gli immigrati che oggi sono considerati dal Governo una protesi, un oggetto, devono diventare un trapianto. Sono un pezzo di società che si integra, che arriva e che resta nel paese che li ospita".
"Bisogna dare una politica affinchè questi immigrati possano restare. – ha commentato – L’attuale maggioranza rivolge i segnali peggiori alla comunità immigrata, niente diritti politici, aggravamento delle pene per qualsiasi reato, di un terzo se si è immigrati regolari, reato di immigrazione clandestina, classi separate, tutti segnali che dicono all’immigrato: tu hai uno spazio ridotto, stai attento che la tua presenza in Italia è precaria".
"Questo non è il messaggio degno di un paese civile, le forze politiche, non solo quelle che siedono in Parlamento, e tutte le forze della società civile devono capire – ha concluso Livi Bacci – che il destino del nostro paese è di essere di immigrazione, con tanti immigrati a cui bisogna dare il percorso di accesso ai diritti politici e sociali. Se questo non si capisce l’Italia andrà verso una situazione in cui si avranno due Italie, quella maggiore, dei cittadini, e quella subalterna che sarà fatta di immigrati e dei loro figli".
La segretaria nazionale di Spi-Cgil, Renata Bagatin, ha ricordato come tra i connazionali all’estero vi sono anche gli anziani e le persone che vivono in modo indigente. "Il sindacato italiano – ha precisato – ha presentato al Governo delle richieste di aiuto per i connazionali che vivono in situazioni di difficoltà". Proprio su questo tema il 10 dicembre Spi – Cgil ha indetto una giornata di mobilitazione mondiale, durante la quale i nostri connazionali consegneranno un documento alle ambasciate, ai consolati, alle sedi Comites e Cgie, da far pervenire al Governo italiano. "Bisogna ricordare sempre la nostra storia – ha aggiunto – ricordare chi eravamo, ricordare per poi essere protagonisti di cambiamento e di integrazione, che vuol dire partecipazione democratica. La forza dei pensionati, lavoratori e cittadini deve essere unica".
"Senza gli immigrati l’Italia si ferma", è stato il commento di Kurosh Danesh, coordinatore del comitato nazionale immigrazione della Cgil, "gli immigrati sono trattati come oggetto, c’è una disparità di trattamento. Invece gli amministratori devono capire che gli immigrati sono una grande opportunità per l’Italia".
Altra voce che ha chiesto che "l’Italia conceda il diritto di voto agli stranieri che vi abitano" è stata Delia Del Pilar Saravia Alvarez, dell’ufficio immigrazione della Uil di Roma e presidente dell’Associazione No.Di, che ha evidenziato come gli immigrati partecipano alla vita politica del paese tramite le Consulte.
"Da immigrata dico che in Italia ci sono ostacoli che limitano l’integrazione", ha sottolineato Hamdi Dahir Warsame, del servizio rifugiati ed immigrati della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, "I limiti sono legati all’immagine che si ha degli immigrati che hanno scelto di vivere qui e considerano l’Italia il proprio paese. Non c’è il riconoscimento come cittadini e questo comporta problemi di ghettizzazione, veniamo considerati extracomunitari che possono svolgere i lavori che gli italiani ormai non fanno più. È grave che non ci sia un riconoscimento a livello del legislatore. Gli immigrati si sentono insicuri per il fatto che non sono tutelati e non appartengono a nessun territorio". Hamdi ha anche spiegato come "molti immigrati che si formano in Italia preferiscono emigrare nei Paesi confinanti, come Francia o Germania, per sperimentare e mettere a frutto le loro qualità".
"Per gli immigrati questo è un momento buio", ha osservato Carlo Cartocci del partito della Rifondazione Comunista, "Le parole solidarietà ed uguaglianza sono divenute indicibili". Dei milioni di italiani che lavorano oltre confine ma ogni sera rientrano in Italia, i cosiddetti "frontalieri", ha parlato Claudio Pozzetti, Responsabile nazionale CGIL frontalieri e Consigliere del Cgie, ricordando che i frontalieri italiani "sono 65 mila e la maggior parte lavora in Svizzera". "Risiedono in un paese e lavorano in un altro – ha detto – e quindi devono essere tutelati due volte".
"L’Italia da paese di emigrazione è diventato anche paese di immigrazione – ha sostenuto Enrico Pugliese, direttore dell’Istituto ricerche popolazione e politiche sociali del Cnr – C’è una congrua presenza di italiani all’estero e di immigrati in Italia. Esistono delle analogie tra l’emigrazione di ieri e quella di oggi e bisogna capire quali sono queste analogie". "L’immigrazione – ha precisato – è regolata dal Testo Unico Del Turco- Napolitano, poi modificato in alcuni punti da vari emendamenti, come quelli presentati da Bossi e Fini, quindi è errato parlare di una legge Bossi-Fini".
"Bisogna proteggere gli individui", è stato il monito di Mohamed Saady, copresidente dell’associazione Anolf-Cisl, che ha poi aggiunto "a giocare un ruolo importante sono i diritti sociali, come essenziale è l’impegno politico. Bisogna che il Governo italiano conceda il diritto di voto amministrativo agli immigrati". "Se si vuole partecipare al dibattito politico e cambiare qualcosa – ha concluso Saady – bisogna far parte della gente".
Carlo Palanti, mediatore socio-culturale della Caritas di Roma, ha raccontato la sua esperienza di figlio di un italiano emigrato in Brasile e di una brasiliana emigrante. Tornato in Italia dopo la morte del padre insieme ai tre fratelli e alla madre, è sempre stato considerato un "immigrato", Palanti è sposato con una italiana, ha due figli nati in Italia e quindi considerati "italiani". "Abito in Italia da 25 anni – ha detto – ma sono considerato uno straniero, però penso ai miei figli che tra molti anni avranno la fortuna di poter votare e di candidarsi". (clara salpietroaise)

[b]L’ITALIA VERSO LA LUNGA STRADA DELL’INTEGRAZIONE: CONCLUSO A ROMA IL CONVEGNO FCLIS-FIEI[/b]
ROMA aise – Con una tavola rotonda, che ha visto intervenire numerosi relatori in un confronto assai serrato, si è concluso questo pomeriggio il convegno internazionale "Integrazione. Diritti. Doveri. La partecipazione democratica dei migranti strumento d’integrazione", che si è aperto questa mattina presso la sala Capitolare del Senato, a Roma (vedi aise del 7 novembre 2008 h.13.01).
A moderare l’incontro, organizzato da Fclis e Fiei, Giangi Cretti, membro dell’Esecutivo Fclis, che ha subito introdotto il tema dell’integrazione. "Uno stato d’animo" difficilmente misurabile secondo il senatore Claudio Micheloni. Integrazione non vuol dire "assimilazione" né tanto meno "convivenza" parallela di diverse comunità che si tollerano. Integrazione è "un modo di vivere" che va poi "recitato" nella vita quotidiana, ovvero nel lavoro, nella cultura, nel rispetto e nei diritti e doveri che devono impegnare tanto chi arriva quanto chi accoglie.
E, parlando di lavoro come strumento attraverso il quale favorire l’integrazione, ha preso la parola Fosco Corradini, direttore generale del Cna-Epasa, il quale ha subito riportato alcuni dati dell’ultimo Rapporto Caritas Migrantes: gli immigrati in Italia sono attualmente circa 4 milioni e producono 3.700 milioni di euro di entrate fiscali e 1.200 milioni di entrate previdenziali l’anno. Per non parlare del loro contributo alla crescita demografica. L’immigrazione è dunque un fenomeno che va colto come "opportunità" per il nostro Paese e non come "disgrazia". L’integrazione è l’unico modo per rendere gli immigrati legittimamente "costruttori della nuova Italia", ha osservato Corradini, che, viceversa, ha puntato il dito contro "pericolose" derive quali "la marcatura del soggetto" e la decisione di rendere la clandestinità un reato. Quindi ha lanciato una provocazione e, rivolgendosi in particolare all’opposizione, ha suggerito di impugnare nuovamente quella legge Bressa che nella passata legislatura propose di concedere la cittadinanza dopo cinque anni.
Una provocazione accolta dal deputato del PD Jean Leonard Touadi, che ai presenti ha portato i saluti di Walter Veltroni, assente perché sottoposto proprio oggi ad un "piccolo intervento". Touadi ha subito messo le cose in chiaro. L’immigrazione va considerata come una questione politica e non elettorale, ha detto, e va affrontata con "grande pragmatismo" politico e culturale, lasciando da parte ogni tentazione propagandistica. Quanto all’integrazione, il deputato del PD preferisce la parola "interazione", che sottende la volontà di "conferire soggettività e protagonismo all’immigrato e alla sua comunità". Quest’ultima può essere "un’interessante cinghia di trasmissione con le istituzioni locali", per un dialogo necessario se si vogliono evitare la "chiusura autarchica" e la "ghettizzazione" degli immigrati. Non si tratta dunque di puntare ad una "co-presenza spazio-temporale", bensì di creare "spazi di conoscenza e contaminazione reciproca", ossia "spazi di crescita per chi, in questo caso, è accolto". Allo stesso tempo, ha sottolineato Touadi, non bisogna avere paura della parola "legalità" e ciò vuol dire creare uno "spazio di diritti e doveri", laddove i diritti appartengono ad una persona in quanto tale e i doveri a quella stessa persona in quanto parte di una comunità. Attenzione, però, ha precisato: "la vera sicurezza parte dall’inclusione sociale ed economica" e dalla "partecipazione alla vita politica ed amministrativa", ovvero alla vita quotidiana. Un’ultima riflessione il deputato del PD l’ha voluta riservare ad una questione assai delicata, quella del diritto di cittadinanza, ed al paradosso che, per via del non riconoscimento nella nostra legislazione dello ius soli, vede oggi i figli di immigrati nati in Italia crescere in un "limbo" che poi, con la maggiore età, sfocia in un vero e proprio "scandalo": essere "clandestini in Patria".
A questo punto è stato chiamato in causa l’unico esponente del governo presente questo pomeriggio al convegno, il sottosegretario agli Affari Esteri, Alfredo Mantica, il quale pur dicendosi favorevole all’introduzione della norma dello ius soli, ha ricordato che "la nostra cultura giuridica è costruita su parametri diversi", lo ius sanguinis, che "coinvolge anche gli italiani nel mondo". Occorre allora "aprire un confronto", che tenga conto di quanto complesso sia aprire il "meccanismo di revisione di un criterio" già in atto. Prima ancora, però, il sottosegretario Mantica ha voluto aprire il proprio intervento prendendo spunto dalle recenti elezioni in Usa, un Paese in cui il nuovo presidente Obama è figlio di un immigrato kenyota e di una cittadina americana, sua moglie è afro-americana, il candidato McCain ha adottato una bambina pakistana e la sua vice Palin è sposata con un eschimese. Questa, ha detto Mantica, è "la rappresentazione di una nazione in cui l’integrazione è in corso", ma arrivare ad un sistema come questo, in cui "le differenze non sono un problema", ha richiesto "una storia lunga 200 anni", che per di più è ancora in fase di compimento. "In Italia il processo di integrazione è iniziato da circa 10 anni" e "non si può chiedere a tutti gli italiani di avere la stessa sensibilità ed apertura", la stessa "maturità" – alla stampa però, sì, a quella che ancora non ha imparato, quando si parla di immigrati, ad usare "norme di linguaggio più rispettose -. Se si guarda poi ai sistemi d’integrazione sinora adottati in Europa, non ve n’è alcuno che possa costituire per noi un "punto di riferimento": è fallito quello anglosassone, così come quello francese, che hanno puntato troppo sull’assimilazione di stampo "neocolonialista". E allora "la strada dobbiamo trovarla da soli". In che modo? Intanto "con molto realismo" e poi assicurando, "come la storia americana insegna", i primi fondamentali stadi dell’integrazione: "scuola", "riconoscimento del merito" al di là di ogni differenza – cosa peraltro assai difficile anche per i cittadini italiani – ed un "sogno comune", che però non può esistere senza partecipazione e cittadinanza. Una questione su cui tanto ha da insegnare la nostra emigrazione. Mantica si è riferito in particolare alla battaglia per concedere il voto agli italiani nel mondo, battaglia che è stata "assai politicizzata". Un errore, questo, da evitare, tanto a destra quanto a sinistra, nel momento in cui si affronterà il dibattito per il voto agli immigrati. E su quest’ultimo punto il sottosegretario Mantica ha dichiarato di non volere la "scissione" tra voto politico e amministrativo, perché, ha detto, "l’integrazione deve essere totale".
Dividere destra e sinistra per slogan – legalità o diritti – è una "tendenza sbagliata" anche per il senatore Giovanni Russo Spena di Rifondazione Comunista, il quale tuttavia non ha mancato di rivolgere aspre critiche al governo che cavalca l’onda dell’insicurezza ed ancora peggio alla "vergogna razzista delle classi differenziate". Classi che, è intervenuto subito Mantica, intendono porsi come "classi ponte" non definitive. D’accordo, invece, Russo Spena e Mantica si sono trovati sulla "bancarotta dei sistemi europei d’integrazione" e sull’opportunità per l’Italia di porsi come "laboratorio per la costruzione di un nuovo patto civico di reciprocità", a partire dalla scuola per arrivare alla cittadinanza. Secondo il senatore "non possiamo che andare verso la rottura dell’idea di cittadinanza basata sullo ius sanguinis", perché "tutta l’Europa va verso lo ius soli". Anche l’Italia dovrà seguire il corso e, ha aggiunto Russo Spena, "portare avanti un complesso di altre norme" che diano attuazione pure al "diritto di asilo e di voto", entrambi sanciti dalla nostra Costituzione. "La statualità inclusiva", quella appunto del diritto di cittadinanza, di voto e di asilo, ha concluso, "sono il primo passo verso l’integrazione".
Ha preso poi la parola Andrea Amaro, responsabile del dipartimento internazionale della Cgil nonché consigliere del Cgie, il quale non ha usato mezze parole. In Italia "viviamo una situazione di emergenza democratica", ha detto Amaro, biasimando "l’atteggiamento sciovinista e perfino razzista di una grossa parte della società", come pure della politica. L’esperienza della nostra emigrazione dovrebbe aver insegnato al nostro Paese per lo meno il "diritto all’accoglienza", ma non è così ed oggi "gli immigrati in Italia sono accolti peggio" di quanto non avvenisse nel secolo scorso ai nostri connazionali costretti ad emigrare e a vivere nei "ghetti" di altri Paesi. Quegli stessi che venivano considerati "sporchi e ladri" solo per "ragioni di politica interna". Come avviene ora in Italia dove non solo l’immigrazione è una "realtà ignorata e non affrontata", ma "se ne cavalca la parte peggiore", individuando il pericolo nel "diverso". Ed invece "l’accoglienza è una questione di emergenza", che investe la scuola, come la sanità e il diritto alla casa. "Dovere" della politica è dunque quello di "organizzare l’accoglienza" e poi di avviare "processi di integrazione". Ma questo, ha ammonito Amato, "non è un tema da Accademia", bensì una questione concreta. "L’integrazione non va intesa come assimilazione", ha proseguito, "ma come equilibrio che, non negando la multiculturalità, la multireligiosità e la multietnia, crea una società in cui tutti hanno gli stessi diritti e le stesse potenzialità". Secondo il consigliere del Cgie, ancora un sogno in Italia, dove "sinora abbiamo fatto soli passi indietro. E la crisi economica non aiuta". Il Cgie, ha ricordato Amaro, ha proposto di sospendere "per un paio d’anni" la Bossi-Fini, così da limitare la clandestinità, ma occorrono anche leggi sulla cittadinanza, che dovrebbe essere data "in tempi ragionevoli", cioé "meno di dieci anni", il diritto di voto amministrativo "per chi risiede in Italia e paga le tasse" e, non ultimo, il riconoscimento dello ius soli, perché "è impensabile che un giovane italiano" non debba essere riconosciuto come tale.
Il punto di vista di chi l’immigrazione la vive e con essa lavora per realizzare concreti passi avanti è stato portato oggi in Senato da Abdou Faye, coordinatore Alef, che ha voluto portare all’attenzione dei presenti le "condizioni reali" di molti immigrati che vivono in Italia da oltre dieci anni e che "da un anno e mezzo attendono il rinnovo del permesso di soggiorno". Un’assurdità, se si considera che proprio il permesso di soggiorno "definisce la condizione giuridica" dell’immigrato, poiché gli consente di lavorare. Questo "è il primo e più semplice passaggio", se non si risolve il quale è inutile pensare all’integrazione. "Destra e sinistra in Italia devono avere coscienza che l’immigrazione non è un problema che riguarda l’una o l’altra", ha invocato Faye, "ma è un problema che aspetta risposte" e se non lo si fa "correttamente" non si "fa l’interesse dei propri cittadini". I sistemi d’integrazione in Europa sono falliti perché non hanno puntato sul "protagonismo" e sul "coinvolgimento degli immigrati", ha continuato: "l’Italia impari da queste esperienze per creare un suo modello" che ascolti le "voci" degli immigrati, anche attraverso l’associazionismo, per "trovare insieme gli strumenti adeguati". Come nel caso della clandestinità, per combattere la quale, ha detto Faye, "non servono le forze armate", ma politiche di cooperazione che favoriscano gli ingressi regolari. O delle seconde generazioni di clandestini in patria che "sono italiani a tutti gli effetti e devono avere la stessa dignità dei loro coetanei". Perché, ha concluso Faye citando le parole del senatore Micheloni, l’integrazione è "un modo di vivere", è "sentirsi italiano".
Lo ha ribadito anche Leonardo Zanier, presidente onorario delle Fclis, nelle sue conclusioni. "L’identità", ha detto, "è un fatto nobile che cresce con te e dento di te". Ma oggi, salutando gli intervenuti, il senatore Micheloni, dopo i tanti ringraziamenti e la promessa di un impegno "per l’allargamento dei diritti" che continuerà in Italia come in Svizzera, ha concluso: "certe volte mi sento più emigrato qui che a Neuchatel. E non sto scherzando". (raffaella aronicaaise)

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Da NewsItaliaPress:

[b]L’integrazione come "etat d’esprit"
Lavoro, scuola, diritto di cittadinanza e di voto. Questi i temi principali del convegno organizzato dalla Fclis in collaborazione con la Fiei[/b]

Cosa si pensa quando si parla di migrazione? Viene in mente l’emigrante italiano, che valigia in mano, lascia il paese alla ricerca di una vita più dignitosa o l’immigrato che a rischio della propria vita attraversa il Mediterraneo per raggiungere le coste dello Stivale? L’errore forse più comune al giorno d’oggi è quello di separare i due concetti, i due fenomeni, immaginandoli come elementi a sé stanti e da affrontare in contesti e momenti diversi. Ed è proprio perché l’immigrazione e l’emigrazione sono un concetto unico e inscindibile che oggi a Roma la Federazione delle Colonie Libere Italiane in Svizzera in collaborazione con la Federazione Italiana Emigrazione Immigrazione ha organizzato il convegno dal titolo "Intergrazione diritti doveri. La partecipazione democratica dei migranti strumento di integrazione" a cui ha preso parte una folta schiera di relatori provenienti da diverse realtà della migrazione vecchia e nuova per confrontarsi sui temi più vecchi e più attuali legati alla quotidianità di chi vive in un paese straniero, qualunque esso sia.

Il convegno si è aperto con la definizione stessa del termine integrazione, un concetto "difficile da definire", ha affermato il presidente FCLIS, il senatore Claudio Micheloni. "L’integrazione – ha dichiarato – non è un obiettivo fermo, stabile, sempre uguale a se stesso, è piuttosto un ‘etat d’esprit’, uno stato d’animo, un modo di vivere. Integrazione significa conoscersi: è per questo che per raggiungerla non esistono ricette. Al contrario, occorre un impegno costante". "E’ insensato pretendere che l’immigrato si integri nella società in cui vive – ha affermato Raffaele Mariotti, presidente onorario della Fclis -. E’ la società che deve dare all’immigrato questa possibilità". Per dare la possibilità di integrarsi, la società deve prima inquadrare nel modo corretto il migrante che attualmente viene considerato un oggetto politico e non un soggetto, ha spiegato il senatore Micheloni.

Lavoro, scuola, cittadinanza, voto attivo e passivo. Questi gli elementi fondanti del processo di integrazione del migrante nel paese che lo ospita e nel quale produce ricchezza con il proprio lavoro e con i propri contributi fiscali. Questi anche i principali temi toccati dai relatori che si sono succeduti in questa intensa giornata di lavori presso la sala Capitolare del Senato della Repubblica. Dopo l’intervento di Micheloni, si è espresso sul tema anche il presidente del Senato Renato Schifani secondo cui accoglienza e legalità vanno di pari passo nelle corrette politiche per l’immigrazione. Di "partecipazione" ha parlato invece la capogruppo del Pd al Senato, Anna Finocchiaro: "La possibilità di partecipazione dei migranti è il cuore della questione che interessa tutti i paesi occidentali oggetto di movimenti migratori consistenti".

Come si stanno muovendo i paesi europei circa i temi dell’integrazione e della partecipazione dei migranti alla vita sociale e politica? In termini di diritto di voto, confrontando i diversi paesi dell’Ue, ciò che emerge dai dati forniti dal membro esecutivo Fclis Anna-Maria Cimini non è incoraggiante: la Svizzera e l’Italia applicano solo parzialmente questo diritto, mentre stati in cui c’è un’alta immigrazione come Germania, Francia, Austria e Grecia, agli stranieri non è concesso di votare. L’Italia in particolare è "in ritardo notevole rispetto ai paesi scandinavi e a quelli di lingua tedesca", ha affermato Rodolfo Ricci parlando di integrazione. "Ritardo che pagheremo – ha aggiunto – per non aver affrontato in maniera logica la questione delle collettività immigrate".

"Un lavoro regolare, regolato e protetto è un elemento di integrazione – ha spiegato Claudio Micheloni a di News ITALIA PRESS -, perché lì si creano i contatti con i cittadini del paese si creano rapporti umani che fanno sì che l’integrazione diventi una realtà, perché l’integrazione è una cosa che le persone vivono individualmente, non si crea solo con le leggi, ma anche con il vivere tutti i giorni. Però noi sappiamo benissimo che ogni volta che ci sono crisi economiche che portano ai licenziamenti, in un giorno scompaiono decenni di sforzi di integrazione e questo prezzo non lo pagano solo gli immigrati ma la società intera".

Anche la realtà della Svizzera è stata ben messa a fuoco nel corso del convegno. La Confederazione elvetica, strutturata in comuni e cantoni, dà una grande libertà decisionale a livello regionale e comunale in materia di diritti civili concessi agli stranieri. Ruolo da pioniere lo gioca Neuchatel, dove "dalla creazione della Repubblica nel 1848, 150 anni fa – ha detto Bernard Soguel consigliere dello Stato di Neuchatel -, gli stranieri hanno diritto di voto a livello comunale, in base al principio che ‘chi paga le tasse comanda’". Questo diritto è stato esteso nel 2000 al diritto di voto cantonale e poi nel 2007 al voto passivo. "Ciò colloca Neuchatel in testa ai cantoni svizzeri tra i più aperti e con più alto grado di integrazione", ha aggiunto il consigliere. I migliori tra tutti gli eletti comunali del cantone di Neuchatel sono l’italiano Thomas Facchinetti, la franco-marocchina Amina Benkais e il sindaco di Boudry Raoul Lembwadio, naturalizzato svizzero, ma figlio di madre angolana e padre congolese.

E’ ormai dimostrato che la maggioranza dei migranti partono per non tornare più a vivere nel proprio paese d’origine. E questa è una fortuna per un paese come l’Italia la cui demografia dipende pesantemente dall’immigrazione: "Se chiudessimo le porte all’immigrazione – ha dichiarato Massimo Livi-Bacci, senatore e studioso delle migrazioni – e ci accontentassimo delle forze demografiche del nostro paese, ogni anno la popolazione giovane nata in Italia diminuirebbe di un quarto di milione all’anno. Questo dimostra che nei prossimi 20 anni noi continueremo ad avere estremo bisogno di immigrazione. Un paese che ha strutturalmente bisogno di immigrati deve darsi una politica dell’accoglienza e dell’integrazione in tutta la sua complessità". Tutto il contrario della politica dell’attuale governo, accusa Livi-Bacci: "L’attuale maggioranza rivolge i segnali peggiori alla comunità immigrata, niente diritti politici, aggravamento delle pene per qualsiasi reato, di un terzo se si è immigrati regolari, reato di immigrazione clandestina, classi separate, tutti segnali che dicono all’immigrato: tu hai uno spazio ridotto, stai attento che la tua presenza in Italia è precaria".

La politica del governo e alcune proposte presentate dalla maggioranza sono state spesso al centro dei discorsi dei diversi relatori intervenuti nel corso della giornata. Dure critiche sono state avanzate soprattutto nei riguardi delle proposte politiche riguardanti le impronte digitali ai bambini rom e la mozione del deputato leghista Cota che introduce nelle scuole italiane "classi d’inserimento", le cosiddette "classi ponte" per i figli degli immigrati.

"Sappiamo da decenni del fallimento delle classi ponte in Germania, Francia e Svizzera – ha dichiarato Claudio Micheloni a News ITALIA PRESS -. Questa è una visione legata al passato. I giovani immigrati vanno invece inseriti immediatamente nelle classi normali e devono avere all’interno dei programmi scolastici il sostegno necessario unicamente per la questione linguistica. Per il resto – ha proseguito il presidente della Fclis -, devono vivere immediatamente la realtà degli altri bambini. Questo lo dimostrano decenni di esperienza nei paesi europei. Non possiamo accettare giochi di parole come ‘classi ponte’, perché è un problema di fondo e lo abbiamo provato sulla nostra pelle come emigrati. E quello che in modo incosciente i politici propongono senza capirne la portata devastante: è ormai dimostrato che i giovani che hanno seguito queste classi ponte, quando arriva alle classi normali, resta comunque uno straniero, non ha un rapporto con i suo compagni e trasmette questo anche ai suo figli da adulto. E’ quindi un’azione di una gravità sociale assoluta".

"Senza l’immigrazione – ha fatto eco Kurosh Danesh, coordinatore immigrazione Cgil – l’Italia si ferma: è un dato di fatto". "Non siamo soggetti, ma oggetti – ha aggiunto citando l’intervento di Micheloni – perché c’è un quadro giuridico che considera gli immigrati come persone con minori diritti, con diritti differenziati".

"L’immigrazione non è considerata come un’immigrazione di qualità. Non si tiene conto di tutti quei soggetti formati e istruiti e che contribuiscono non solo dal punto di vista economico, ma anche culturale", ha evidenziato Hamdi Dahir Warsame del servizio rifugiati e immigrati Fcei. "Gli immigrati si sentono insicuri, perché non appartengono a niente e nessuno e non si sentono tutelati". Il contributo dell’immigrato è invece fondamentale per la società ospitante, ha proseguito Warsame, perché possiede "uno strumento in più: l’esperienza pregressa del suo paese".

Dopo le critiche al governo, un’altra "frecciatina" questa volta al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi è arrivata dal deputato del Partito democratico Jean Leonard Touadi che ha aperto il suo discorso nella seconda parte del convegno dicendo "non sono Veltroni abbronzato", facendo riferimento alla frase del premier "Obama è giovane, bello e anche abbronzato". Il deputato è intervenuto nel pomeriggio alla tavola rotonda moderata dal giornalista e membro esecutivo Fclis Giangi Cretti. "Non mi piace la parola integrazione, almeno nel senso che ha assunto in questi anni – ha affermato Touadi -. Preferisco il termine interazione che significa dare soggettività e protagonismo all’immigrato".

Secondo il sottosegretario agli Affari Esteri Alfredo Mantica si può chiedere all’Italia un comportamento maturo e aperto nei confronti dell’immigrazione", dal momento che nemmeno paesi con un’immigrazione più antica riescono ad averlo. "Non esiste un paese europeo che possa valere come punto di riferimento", afferma il sottosegretario che ritiene indispensabile creare da zero un nuovo modello di integrazione, magari partendo, anziché dalla lotta alla clandestinità, dalla lotta alla criminalità organizzata che gestisce quello che è il nuovo schiavismo e che lucra sull’immigrazione clandestina.

"Il tema della partecipazione politica – ha detto al termine dei lavori il presidente Micheloni a NIP – è un tema per cui dagli anni Sessanta si battono i nostri padri fondatori: abbiamo ottenuto dei risultati significativi negli ultimi anni nella Svizzera francese, abbiamo avuto delle sonore sconfitte nella Svizzera tedesca, dove abbiamo comunque intenzione di riprendere l’attività politica e abbiamo deciso di lanciare da Roma questa campagna di azione politica in Svizzera per poter dare allo stesso momento un contributo al dibattito italiano sul tema dell’immigrazione. Le testimonianze portate oggi dai politici svizzeri che hanno nei loro cantoni degli stranieri che sono oggi consiglieri o amministratori comunali hanno dimostrato la positività di questa strada, cambiando in positivo la storia dell’integrazione e dell’emigrazione. Questo è un messaggio che, con molta umiltà, vogliamo lanciare all’Italia".

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[b]A Roma, il Convegno internazionale “Integrazione, diritti, doveri. La partecipazione democratica dei migranti strumento di integrazione”
Dibattito sull’integrazione in Italia e Svizzera promosso dalla Federazione delle Colonie Libere Italiane in Svizzera. e dalla FIEI[/b]

Micheloni: “Un contributo di esperienza, che dobbiamo anche in quanto parlamentari italiani eletti all’estero, alle questioni di attualità in Italia”

ROMA –Presso la Sala Capitolare del Senato della Repubblica si è temuto oggi il Convegno internazionale “Integrazione, diritti, doveri” curato dalla Federazione delle Colonie Libere Italiane in Svizzera (Fclis). Un contributo al dibattito sul tema dell’integrazione dei migranti sia in ambito italiano che svizzero a cui hanno partecipato, oltre ad esponenti della Federazione, cariche istituzionali, personalità del mondo politico, dell’associazionismo, del sindacato, imprenditori e associazioni religiose.

“L’integrazione non è un obiettivo stabile, raggiunto una volte per tutte – ha detto il sen. Claudio Micheloni, presidente della Fclis, spiegando le ragioni del Convegno – ma piuttosto un modo di vita, attraverso cui stabilire relazioni. Il nostro appuntamento pertanto non si propone di dare lezioni di integrazione, ma un ben più modesto contributo frutto alla nostra esperienza sia nei confronti della situazione svizzera, che negli ultimi anni sta vivendo alcune incertezze nel rapporto con i migranti, sia sul versante italiano”. Proprio in Italia l’apporto più innovativo sulle tematiche del convegno può essere dato dalla componente parlamentare eletta all’estero, ha rilevato il sen. Micheloni. “Se vogliamo valorizzare la nostra presenza in Parlamento – egli ha aggiunto – possiamo farlo recando esperienze esemplari di ciò che abbiamo vissuto come emigrati; l’integrazione è una tema su cui possiamo fare la differenza, recare un valore aggiunto nella consapevolezza di quanto i migranti debbano cominciare a contare come soggetto politico e non più solo come oggetto delle diverse strategie politiche”.

“Non solo i parlamentari, ma gli stessi italiani residenti all’estero possono interloquire direttamente con il Paese attraverso l’organizzazione di questo tipo di iniziative – ha detto Renato Schifani, presidente del Senato – che offre un contributo decisivo per la gestione dei flussi migratori e le politiche di integrazione”. Per Schifani non bisogna contrapporre la cultura dell’accoglienza a quella della legalità: “In altri Paesi europei che si sono trovati a gestire come noi ingenti flussi migratori – ha aggiunto – l’integrazione è stata determinata proprio da una spiccata cultura della legalità che ha reso tutti i cittadini consapevoli dei propri diritti e doveri, evitando derive xenofobe”.

“Il pluralismo culturale – ha affermato il presidente del Senato – può costituire una grande ricchezza solo se gli immigrati riconoscono come valido e fanno proprio il modello democratico e il progetto della civiltà che li accoglie. In questo processo il ruolo della formazione e delle scuola è fondamentale, specie l’introduzione dello studio di quelli che sono i principi costituzionali che regolano il nostro vivere associato così come è previsto nei recenti provvedimenti approvati in materia”.

Angela Finocchiaro, capogruppo del Pd al Senato ha ricordato la forza della partecipazione democratica dei migranti al contesto politico di accoglienza: “uno degli strumenti più intelligenti – ha detto – per l’integrazione politica e sociale. In quest’ambito la modalità dell’esercizio di voto degli italiani all’estero può essere un archetipo di un modello da esportare anche in altri contesti”. “Questa intuizione così importante però – ha aggiunto – deve ancora trovare un compimento nella creazione delle condizioni migliori affinché i parlamentari eletti possano esercitare a pieno la loro funzione di rappresentanza delle collettività all’estero e di determinazione delle scelte politiche del nostro Paese”. Angela Finocchiaro propone quindi un ripensamento del calendario delle attività parlamentari che consenta ai deputati e senatori della circoscrizione Estero di mantenere il contatto diretto con la collettività da cui sono stati scelti.

Ritorna sulle ragioni del Convegno Rodolfo Ricci, segretario generale della Federazione Italiana Emigrazione Immigrazione (Fiei) che registra “una sfasatura tra ciò che in tema integrazione viene vissuto in altri Paesi e qui in Italia. Il nostro ritardo deve essere colmato velocemente e con pragmatismo, se non vogliamo che sia troppo tardi”.

“C’è urgenza di colmare quel diritto all’informazione che mi sembra oggi ancora molto lacunoso – prosegue Ricci – e che riguarda da un lato la conoscenza delle diverse realtà migranti presenti in Italia e dall’altro la costruzione di una memoria condivisa di quella che è stata la storia della nostra emigrazione, affinché l’accoglienza dei migranti avvenga attraverso uno sguardo più consapevole e solidale”.

Raffaele Mariotti, presidente onorario delle Fclis, è intervenuto ricordando che l’integrazione non è una strada a senso unico: “è insensata la pretesa che spetti solo all’emigrato integrarsi – ha detto; – deve essere la società a metterlo in condizioni di poterlo fare, nella consapevolezza che egli è un essere umano come tutti, a cui vanno riconosciuti i diritti fondamentali inalienabili delle persone. Anche se fossero i diritti di una sola persona a venir calpestati – ha concluso Mariotti – è tutta la società a risentirne”.

Ha segnato l’avvio degli interventi da parte svizzera, Stefano Lazzarotto, dell’Ambasciata svizzera in Italia, introducendo il tema del riconoscimento dei diritti politici ai migranti nell’esperienza della Confederazione. Ogni cantone, in Svizzera, ha la competenza di decidere se concedere o meno tale diritto e questo ha generato una pluralità di esperienze sociali e politiche che sono state riportate dagli interlocutori presenti. Bernard Soguel, consigliere di Stato ha tratteggiato le caratteristiche del cantone di Neuchatel, ricordando il riconoscimento avvenuto nel 2007 del diritto di elezione attivo e passivo agli stranieri residenti a livello comunale, che ha arricchito la realtà sociale e politica locale; Fiammetta Jahreiss- Montagnani, presidente del consiglio comunale di Zurigo è intervenuta sul tema naturalizzazione e diritto di voto ai migranti (non riconosciuto in quest’area); esperienze diverse sono state raccontate da Pierre Salvi, sindaco di Montreux; Raoul Lembwadio, sindaco di Boudry; Mario Merotto e Carlo Carrieri, consiglieri comunali a Aigle.

Tra gli esponenti istituzionali e politici, hanno portato il loro contributo di esperienza e professionalità Carla Zuppetti, direttore generale per le politiche migratorie del Mae, che ha ricordato come immigrazione ed emigrazione siano due aspetti di un medesima situazione di vita; per il Pd, anche Maurizio Chiocchetti, responsabile per gli italiani nel mondo, ha rilevato come la valorizzazione dei connazionali all’estero sia necessariamente legata con l’idea di integrazione sociale che si intende proporre a livello politico; Tra gli altri interventi quello del sen. Massimo Livi Bacci, ha ricordato come la realtà migratoria sia indispensabile oggi all’Italia.

(Viviana Pansa – Inform)

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[b]Le conclusioni del Convegno sull’integrazione dei migranti in Italia e in Svizzera[/b]

Micheloni: “L’integrazione è un modo di vivere, è lavoro e rispetto per la cultura dell’altro”. Mantica: “In Europa non esiste un modello di riferimento che abbia dato i risultati sperati, quindi la strada per l’integrazione la dovremo trovare da soli”

ROMA – La sessione conclusiva del Convegno internazionale “Integrazione, diritti e doveri”, realizzato dalla Federazione delle Colonie Libere Italiane in Svizzera (FCLIS) e dalla Federazione Italiana Emigrazione Immigrazione (FIEI) presso la Sala Capitolare del Senato, si è aperto con l’intervento del senatore Claudio Micheloni (Pd), presidente della FCLIS, che ha sottolineato come a tutt’oggi, a differenza di altri fenomeni come la povertà e la ricchezza, sia molto difficile misurare l’integrazione che in realtà si presenta come un “modo di vivere” e “uno stato d’animo” dei singoli migranti. “L’integrazione nella vita di tutti i giorni – ha aggiunto Micheloni – vuol dire lavoro e rispetto per la cultura dell’altro. A questo devono tendere gli stranieri che arrivano e le persone che accolgono”.

Durante il dibattito, coordinato dal giornalista e membro dell’esecutivo FCLIS Giangi Cretti, ha preso la parola Fosco Corradini, direttore generale della Cna Epasa che ha evidenziato la necessità di fare degli immigrati dei cittadini della nuova Italia. Una tematica, l’integrazione degli stranieri in Italia che, secondo Corradini, va affrontata sia con la riduzione ad 10 a 5 anni del termine minimo di residenza nel nostro paese per la richiesta della cittadinanza, sia attraverso la non introduzione del reato di clandestinità.

Il deputato del Partito Democratico Jean Leonard Touadi ha sottolineato la necessità di considerare l’immigrazione come una questione politica da non strumentalizzare ai fini elettorali. Secondo Tuadi, al fine di conferire centralità alla figura dell’immigrato con tutte le sue sfaccettature lavorative e culturali, sarebbe inoltre opportuno sostituire il termine integrazione con quello di interazione. Tuadi, dopo aver ricordato che la vera sicurezza parte dall’inclusione sociale, ha auspicato la partecipazione degli immigrati al voto amministrativo e l’introduzione, per quanto riguarda l’acquisizione della cittadinanza, del principio dello “ius soli”. Una modifica legislativa che consentirebbe di non lasciare in un limbo giuridico i tanti ragazzi, nati in Italia da genitori stranieri, che al compimento dei 19 anni di età rischiano di divenire clandestini.

“La strada per l’integrazione degli stranieri in Italia – ha affermato il sottosegretario agli Esteri Alfredo Mantica – è ancora molto lunga. Negli Stati Uniti le battaglie per l’integrazione razziale durano da 200 anni e ancora oggi in profonde fasce di quel paese questo principio è poco conosciuto. In Italia, dove la presenza degli immigrati risale a circa 15 anni, non si può dunque pensare che tutti siano pronti, abbiano la medesima sensibilità ed un comportamento così maturo ed aperto che nemmeno negli Stati Uniti è dato per scontato. I sistemi d’integrazione dell’Inghilterra e della Francia – ha proseguito il sottosegretario – non hanno dato i risultati sperati, quindi, visto che in Europa

 

 

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EmiNews 2008

 

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