6328 Bombe al fosforo, vietate, lanciate da Israele su Gaza

20090105 16:35:00 redazione-IT

Sembrano un macabro fuoco d’artificio ma sono le bombe al fosforo di cui Israele sta facendo largo uso durante l’avanzata terrestre. Sono vietate dalla Convenzione di Ginevra, come le cluster bombs utilizzate da Tshal nel Sud del Libano. Anche questa volta Tel Aviv nega di aver usato munizioni illegali contro la popolazione. Per il Libano alla fine lo ha ammesso.

di RACHELE GONNELLI (da l’Unità)

Arriva a 523 l’ultimo bilancio dei morti
Via alla missione Ue in Medioriente, Israele: non trattiamo

Israele usa le bombe al fosforo a Gaza
di RACHELE GONNELLI

Israele usa bombe a grappolo al fosforo bianco. Si tratta di armi che in base alla Convenzione di Ginevra e ai relativi protocolli internazionali del 1980 non possono essere utilizzate contro la popolazione civile e in aree densamente popolate.

Dell’impiego massiccio di queste bombe, con il loro caratteristico effetto tracciante simile a un fuoco d’artificio, se viste da lontano, esiste una vasta documentazione fotografica nei reportage delle principali agenzie del mondo che arrivano in questi giorni dalla Striscia di Gaza.

A parlarne, a denunciarne l’uso durante l’avanzata terrestre dell’esercito israeliano dopo aver visto queste foto, sono stati soprattutto i blogger. Una denuncia che corre sul web da un capo all’altro del mondo ma che finora non ha trovato finora molto spazio sulle pagine dei giornali cartacei. Se ne parla però su alcuni forum di quotidiani inglesi, da "The Guardian" al "Times" di Londra.

Il capitano Ishai David, portavoce dell’esercito israeliano, si è comunque preoccupato di rispondere ai dubbi, affermando che «Israele usa munizioni che sono accettate dalle leggi internazionali». Lo stesso "Times" ha ricordato che le bombe a grappolo – a conchiglia, shells, si chiamano in inglese – al fosforo bianco non sono illegali se usate solo come proiettili traccianti per indicare la direzione e coprire l’avanzata delle truppe terrestri. Gli inglesi lo sanno bene perché le hanno utilizzate con questo escamotage in Iraq.

I dubbi sulla liceità di questi bombardamenti al fosforo però restano tutti. Anche in considerazione del fatto che Tel Aviv ha dapprima negato ma alla fine ammesso di aver usato armi illegali come le cluster bombs durante la guerra nel Sud del Libano, nell’estate di tre anni fa.

Alcuni esperti militari britannici intervistati in forma anonima dal "Daily Mail" sostengono che sia assai dubbia la liceità dell’impiego di queste armi anche come «cortina fumogena» in una zona tra le più densamente popolate del pianeta qual è la Striscia di Gaza. E sostengono che ci troveremmo di fronte ad un pesante crimine di guerra.

«Se fosse provato l’utilizzo di bombe al fosforo verso postazioni civili densamente popolate Israele potrebbe essere chiamata risponderne davanti al tribunale dell’Aja», ha detto al "Times" Clarles Heyman, tenente colonnello dell’esercito britannico.

Poi ci sono le foto che circolano in Rete di bambini uccisi nei bombardamenti su Gaza. Foto raccapriccianti che vengono da siti arabi, probabilmente legati ad Hamas. I bambini morti hanno i volti, la testa completamente nera, sembrano ustionati ma hanno i lineamenti ancora visibili e il resto del corpo quasi intatto. Cadaveri simili a quelli che si sono visti durante la guerra in Libano.

Nei blog circola poi la denuncia di un operatore sanitario di un ospedale della Striscia di Gaza. Si chiama Jawad Najem. E dice di essersi trovato di fronte a centinaia di persone con ferite da bombe al fosforo. «Sono arrivati tutti domenica», il giorno dell’attacco terrestre dei soldati di Tshal.

Ahmed Al Dabba, un ragazzo di 26 anni che vive nella parte orientale della Striscia ha postato il suo racconto delle prime ore dell’attacco, quando ancora funzionavano le reti telefoniche e telematiche ora tagliate. Racconta di essere salito sul tetto della sua casa non lontano dal valico di Karni e di aver visto centinaia di bombe a conchiglia al fosforo bianco lanciate nella notte. «Ne ho contate almeno duecento in un’ora, purtroppo non sono riuscito a vedere bene gli obiettivi che venivano colpiti».

05 gennaio 2009

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Via alla missione Ue in Medioriente, Israele: non trattiamo

Tutti in Egitto. Il presidente francese Nicolas Sarkozy da una parte e la troika europea dall’altra, con la delegazione guidata dall’Alto rappresentante della politica estera Xavier Solana, sbarcano in Medioriente in missione di pace. Con la delegazione c’è in verità il ministro francese Kouchner, la commissaria europea Ferrero-Waldner, il ministro svedese Carl Bildt e quello ceco Karel Schwarzenberg (nella foto con il ministro egiziano Aboul Gheit).

La presenza del presidente francese Sarkozy nelle stesse ore in Medioriente – dopo aver preso contatti con la cancelliera tedesca Angela Merkel, il capo del governo spagnolo Josè Luis Zapatero, il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan e il primo ministro israeliano Ehud Olmert – è solo una iniziativa di contorno, anche se rafforzativa, si spera. Anche lui però partirà dall’Egitto per recarsi poi in Cisgiordania e in Israele, e martedì in Siria e in Libano.

E lunedì anche una delegazione di Hamas si dirige verso il Cairo. È l’Egitto infatti che ha maggiori possibilità – e necessità – di fermare il conflitto alle sue frontiere, ha anche i migliori rapporti con Israele e una lunga tradizione di mediazione tra palestinesi e israeliani. È in Egitto inoltre che si sono interrotte le trattative, poco prima della rottura della tregua unilaterale da parte di Hamas, tra i vari attori della contesa nella Striscia di Gaza. Mentre il segretario di Stato Usa Condoleezza Rice ha rinunciato alla fine ad una visita a Pechino per seguire la situazione di Gaza da Washington.

Hamas – e la cosa è stata confermata dai servizi segreti di Tel Aviv e ribadita lunedì – ora vorrebbe trattare. Ma Israele si rifiuta di intessere qualsiasi tipo di negoziato con i suoi nemici. E ha respinto l’offerta di intermediazione che gli è arrivata da Mosca.

Il sito web di Haaretz, secondo il quale Livni ha chiarito a Alexander Saltanov, inviato speciale del presidente russo Dmitry Medvedev, che Israele è «seriamente intenzionato a fare male a Hamas e non abbiano nessuna intenzione di offrire loro una legittimazione facendogli arrivare messaggi. Noi – ha ribadito – non abbiamo nulla da discutere con Hamas». Intervistata dalla Cnn, la Livni ha sottolineato che è stata Hamas a prendere di mira scuole e obiettivi civili con i propri razzi: «Noi non stiamo mirando ad alcun obiettivo civile», ha affermato la Livni. «Stiamo cercando di far loro capire – ha aggiunto il ministro degli Esteri israeliano – che devono fermarsi. Stiamo esercitando il nostro diritto all’autodifesa», ha concluso.

In un collegamento dal Cairo con la rete televisiva France 2, il ministro degli esteri francese impegnato nella delegazione europea in Medioriente per trovare le condizioni di una tregua, Bernard Kouchner ha ammesso che già esistono intermediari per i contatti con Hamas. «Sono in tanti a parlare con Hamas e noi abbiamo intermediari come Russia, Norvegia, Egitto e, naturalmente, ci sono anche i turchi e i siriani», ha risposto a chi gli chiedeva il suo pensiero riguardo il rifiuto dell’Occidente di dialogare con gli integralisti islamici che governano Gaza.

Il ministro della Sanità di Hamas, Bassem Naeem, ha ordinato ieri al personale sanitario di proibire ai combattenti armati di salire sulle ambulanze in modo «da non dare agli israeliani una scusa per attaccare i veicoli»,riferisce il sito israeliano Ynetnews citando fonti a Gaza. Nei giorni scorsi una ambulanza era stata centrata da una bomba e tutto il personale medico a bordo è morto. Così come alcuni funzionari delle Nazioni Unite di stanza a Gaza sono stati uccisi dalle bombe israeliane e alcuni giornalisti e fotoreporter palestinesi.

Secondo il ministro degli esteri italiano Franco Frattini la colpa di Hamas, per la quale sarebbe giustificato l’intervento militare israeliano, non sarebbe solo quella di aver violato una tregua con i razzi Qassam ma anche quella di aver «violato il principio “pace in cambio di territori”». Un principio che ha ispirato tutta la politica degli accordi in Medioriente fino alla conferenza di Oslo ma che in effetti è stato sempre imposto da Israele e che comunque Hamas non ha mai accettato considerandola una politica perdente e subalterna agli interessi israeliani. Per Hamas infatti il suolo della Palestina resta «sacro», tramandato dai «padri» e quindi non cedibile né in cambio di denaro né di altro. Questo è uno dei principi fondanti del Movimento di Resistenza islamico fondato dallo sceicco Yassin sul modello dei Fratelli Musulmani egiziani –poi ucciso in un omicidio mirato dagli israeliani -, inserito nello statuto di Hamas.

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Colonna di aiuti autorizzata ma prosegue l’attacco, 537 le vittime

Sono 537 adesso i morti. È questo il conto aggiornato a lunedì pomeriggio, decimo giorno dell’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza. Una famiglia intera è stata spazzata via a Beit Lahiya e un’altra ha subito la stessa fine a Gaza, nel sobborgo di Zietoun, altri due bambini sono rimasti uccisi nel sobborgo di Shati, colpito dall’artiglieria navale. Negli ospedali sono arrivati altri 12 i civili caduti sotto il fuoco israeliano.

L’avanzata di terra, dopo aver spezzato in due il territorio un tempo controllato dalle milizie di Hamas e accerchiato Gaza City, ora si intensifica. Sono oltre trenta gli obiettivi colpiti nella notte dai raid aerei e dal bombardamento dei carri armati. Il ministro della Difesa, Ehud Barak, ha avvertito che la campagna militare non finirà tanto presto perché «non è ancora stato raggiunto l’obiettivo fondamentale», cioè porre al sicuro gli abitanti del sud del Paese dagli attacchi con i razzi, lancio che è proseguito anche con una trentina di granate anche lunedì mattina.

Nel frattempo Israele ha accettato di riaprire i valichi per far passare nella Striscia di Gaza una auto-colonna di aiuti internazionali alla popolazione ormai senza cibo, energia né medicine.

Lo Stato ebraico comunica di aver autorizzato il transito di «ottanta camion», attraverso il valico di confine di Kerem Shalom, non lontano dall’ex aeroporto internazionale situato nei pressi della frontiera egiziana. Si tratta dell’unico scalo di cui la Striscia è teoricamente dotata, chiuso peraltro ormai da molti anni. Gli aiuti che stanno affluendo a Gaza comprenderebbero anche farmaci eoltre a generi alimentari, inviati dalla Grecia, dalla Giordania, dallo stesso Egitto e da alcune agenzie assistenziali delle Nazioni Unite.

Anche nel settore settentrionale dell’enclave è stato aperto un varco, quello di Nahal Oz, per consentire la fornitura di 200.000 litri di carburante destinati alla centrale elettrica locale, sull’orlo del collasso, oltre che di 120 tonnellate di gas per uso domestico. Più a nord è stato parzialmente sbloccato il valico di Erez, per consentire l’espatrio a circa duecento palestinesi muniti di passaporti di Stati terzi. Finora peraltro vane le richieste di Hamas alle autorità del Cairo affinchè sia riaperto il varco di Rafah, al sud: è l’unico che non immette in Israele, e grazie al quale l’enclave potrebbe dunque essere di nuovo collegata al resto del mondo esterno. La questione sarà riaffrontata in giornata dalla delegazione di Hamas composta da due esponenti che sarebbero già in Egitto per colloqui.

Negato invece dal ministero israeliano della Difesa il visto per Gaza ai giornalisti stranieri malgrado una sentenza della Corte Suprema che autorizzava gli inviati a raggiungere la linea del fronte. Il ministro degli Esteri israeliano Tzipi Livni, candidata premier alle elezioni del prossimo 10 febbraio, ha intanto respinto la proposta europea di inviare osservatori internazionali a Gaza. «Non vedo come questo potrebbe aiutare», è stata la secca risposta.

La città di Gaza è sempre più isolata anche dal resto del territorio che era controllato dalle milizie di Hamas dopo che domenica sera Tshal ha spaccato in due la Striscia di Gaza e interrotto i collegamenti telefonici, mentre proseguono anche i bombardamenti da terra, dal cielo e dal mare. E se non aumentano gli sfollati a premere sulla frontiera egiziana è solo per la paura di essere colpiti dalle bombe. Hamas però continua con i suoi proclami di battaglia, minacciando di avere in riserbo altre e più micidiali armi per rispondere a Israele.

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EmiNews 2009

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