7291 I G8 dei bluf

20090528 10:25:00 redazione-IT

di Valerio Calzolaio

Mancano 40 giorni! Lavoro, Agricoltura, Ambiente, Università, Sviluppo, Energia si sono già svolti, G8 di settore. Ora Giustizia, Finanze, altri settori e poi il vero e proprio G8 dei capi di governo dei più ricchi del mondo, di fatto fra Roma e L’Aquila (una visita ai terremotati sarebbe stata un’ottima idea, la propaganda invece finirà per mortificarli di più), dall’8 al 10 luglio.
Il G8 non è un appuntamento ufficiale, è un club autogestito; non ha una agenda certificata, ognuno è responsabile solo di se stesso; non coinvolge istituzioni globali (come l’ONU) e procedure democratiche (l’invito è discrezionale).

Ogni anno uno degli otto presiede, otto anni dopo il 2001, in questo 2009 tocca ancora all’Italia. Ogni anno tutti si accorgono che è difficile stabilire chi è più ricco e potente sulla Terra, vi sono tante possibili graduatorie, il pil ma anche il debito, le riserve ma anche le risorse, il territorio ma anche gli abitanti, l’esercito ma anche la sicurezza. E le dinamiche globali, la finanza come il clima, travalicano confini, modificano gerarchie, producono conflitti incerti negli esiti (anche di ricchezza e potenza).
Finora l’Italia non ha fatto bella figura. Nessun vertice settoriale è passato alla storia, anche contingente; i ministri hanno quasi sempre accettato la costosa tentazione di organizzarlo nella propria residenza privata (Zaia in Veneto come Prestigiacomo in Sicilia); non vi è stato alcun coordinamento (a parte lo stentato ordine pubblico), né alcun suggerimento di questioni trasversali; non sono emerse tematiche nuove o proposte originali. E anche l’appuntamento finale non si presenta di particolare richiamo.
Sulla finanza l’unico problema del nostro governo era che non si decidesse niente al G20 di Londra e che i riflettori fossero puntati sull’Italia. Ora i riflettori sono puntati, sulla scena la crisi c’è, le risposte concertate latitano. Sul clima l’Italia parla sentendosi Bush: il riscaldamento del pianeta non sarebbe provato, le emissioni andrebbero ridotte solo volontariamente, nulla si potrebbe decidere se chi non ha inquinato nel novecento non prende impegni sul futuro. Ora Obama comincia a proferire strategie diverse, ha chiesto al nostro paese di assecondarlo, cerca altri interlocutori verso la Conferenza di Copenaghen.
L’Italia sarà costretta ad invitare l’Africa (non solo la Libia), ma Berlusconi ha indirizzato altrove l’aiuto allo sviluppo, non capisce nulla di migrazioni forzate (solo di rimpatri forzati), non ci mette un euro in più (la percentuale per la cooperazione è scesa al minimo storico dello 0,10%), quindi fame, sete, povertà, esodi (crescenti soprattutto sotto il Sahara) non troveranno antidoti equi e solidali.
Aguzziamo lo sguardo, stappiamo l’udito, rizziamo la pelle, tocca anche a noi denunciare lo stato di cose presenti. Se vogliamo costruire davvero il futuro della sinistra ambientalista e libertaria, prima e dopo le delicate elezioni europee.

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