577 LE VIOLENZE URBANE FRANCESI HANNO QUALCOSA DA INSEGNARE ALL’ITALIA?

20051206 14:54:00 rod

TORINO (Migranti-press) – Tanti si sono posti questa domanda e vi hanno dato risposte diverse, molto diverse. Ha fatto una “riflessione ad alta voce” anche don Fredo Olivero, Direttore diocesano Migrantes a Torino e regionale nel Piemonte. Ne riportiamo, con qualche adattamento, la seconda parte che appare bene articolata e di una certa originalità riguardante la prima e seconda generazione in Italia.

In sintesi: noi siamo peggio, e siamo meglio, siamo diversi; ma questo non ci garantisce nulla.
Siamo peggio:
§ perché abbiamo una legge che punisce tutti, vede l’immigrato come un problema, (e non un uomo), non un cittadino;
§ peggiora le condizioni degli immigrati già inseriti, regolari, che progettano qui il loro futuro a causa di (soggiorni brevi, burocrazie pazzesche per il soggiorno, o il ricongiungimento con la famiglia);
§ ti chiude nel CPT e ti espelle o peggio ancora, ti mette in carcere se per 2 volte ti trova privo di soggiorno;
§ non dà la cittadinanza, non ne hai diritto dopo 10 anni ne puoi fare richiesta,
§ si investe quattro volte di più in repressione che in integrazione da parte dello Stato, come sottolinea la Corte dei Conti.
Siamo meglio:
§ una società in gran parte più aperta all’accoglienza: quel che non fa lo Stato lo fa la società civile e le chiese con un esercito di volontari;
§ l’imprenditoria italiana ha bisogno di braccia (magari solo da operai, da contadino, da “badante”), ma per oggi è sufficiente ed è favorevole all’immigrazione;
§ si riflette sulla prima e seconda generazione, ma non a sufficienza.
Siamo diversi:
§ non pensiamo di “italianizzarli”, ma di inserirli nel tessuto produttivo/sociale/culturale;
§ quello che lo Stato non fa, lo fanno le istituzioni locali (Comuni/Provincie/Regioni) e il volontariato;
§ è trasversale questa apertura e forse più presente nei ceti medio/alti che nei vecchi immigrati;
§ la scuola garantisce forte attenzione e la classe docente è positiva.
Prospettive:
Oggi non corriamo gli stessi rischi, ma se continua l’irresponsabilità dell’attuale “politica centrale” fra 10 anni i rischi ci sono tutti.
Quando avremo 2 milioni di immigrati tra i 18 e 35 anni regolari, residenti con un 20% di disoccupati e un altro 20% di occupati saltuari ma secolarizzati e di una certa cultura, si potranno avere di diverso tipo rivolte ma ugualmente “incendiarie”.
E ogni forma di repressione senza alternative positive sarà la lunga e diversificata nicchia di un possibile incendio; e sarà sufficiente un fatto scatenante, tipo Lampedusa, perché le nostre città diventino le periferie parigine o lionesi di domani.
Serve una nuova cultura che vede l’immigrato come risorsa umana e si comporta di conseguenza, dal politico centrale al volontario di periferia. Oggi è possibile la prevenzione miscelata all’accoglienza, alla comprensione dell’identikit di questi nuovi cittadini: giovani, figli di famiglie colte o di classe media, inseriti nella scuola e nel lavoro, accolti negli oratori e nelle Chiese, altre strutture ecclesiali (anche se non cattolici), visti come cittadini e portatori di valori diversi.

 

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