12167 Comunicato Filef su articolo del 25 ottobre su Il Fatto Quotidiano

20161025 17:04:00 redazione-IT

[b]Comunicato stampa Filef[/b]

In relaziona all’articolo pubblicato sul Fatto Quotidiano di oggi, 25 ottobre 2016, a firma di Gianluca Roselli, “Tutti i modi per truccare il voto all’estero: in palio c’è oltre un milione di Sì”, nel rispetto della libera funzione giornalistica, ma onde evitare spiacevoli incomprensioni e ambiguità che potrebbero ingenerarsi dalla lettura dell’articolo, preciso quanto segue:

Nel corso del colloquio telefonico durato circa 10 minuti, ho esposto le preoccupazioni ampiamente condivise che di volta in volta emergono in relazione al voto per corrispondenza all’estero, sottolineando, in particolare, i rischi di brogli derivanti dalla potenzialmente possibile sottrazione e incetta di plichi che possono essere manomessi e votati da parte, non tanto di singoli, ma, eventualmente, da organizzazioni messe all’uopo a punto per questo scopo e che dispongano di consistenti mezzi e informazioni; ho poi sottolineato la delicatezza dell’affidamento delle operazioni di stampa delle schede elettorali e dell’affidamento della spedizione e del reinvio dei plichi ai Consolati, facendo presente che, ove i locali sistemi postali pubblici funzionano bene, questo rischio è abbastanza irrisorio, mentre può diventare più alto nei paesi in cui si deve ricorrere a contratti con spedizionieri privati, come in passato è avvenuto in America Latina e altrove.

A questo proposito – ho sostenuto- è importante che le autorità consolari siano in grado di stipulare contratti locali tali da garantire il controllo e la tracciabilità di queste operazioni. Il voto per corrispondenza è praticato da molti paesi non solo per i rispettivi emigrati, ma anche per cittadini residenti che sono provvisoriamente assenti dal territorio nazionale in occasione di consultazioni elettorali. Dunque non è il voto per corrispondenza in sé che è problematico, ma come lo si gestisce.

Ho anche affermato che, in ogni caso, in tutte le precedenti consultazioni referendarie dove hanno potuto esprimersi gli italiani all’estero tramite voto per corrispondenza, le percentuali dei risultati non si discostano in linea di massima, da quelle nazionali e ciò costituisce un dato rasserenante.

Quanto alle associazioni e ai patronati, questione citata velocemente a conclusione della parte riguardante la mia intervista, ho sottolineato che, a mio modesto parere, il ruolo di informazione al voto che può essere svolto da operatori di queste organizzazioni è pienamente legittimo, anche perché all’estero, per specifici settori di popolazione è difficile acquisire informazioni in altro modo; ciò accade, tra l’altro, da sempre anche in Italia; per quanto riguarda in particolare il Referendum Costituzionale, facendo presente che la Filef nazionale è ufficialmente schierata per il NO, pur nel rispetto delle diversificate posizioni come accade in ogni organizzazione, ho affermato che, a mio parere, vi è piena legittimità di ciascuna organizzazione della società civile di esprimere pubblicamente e in modo trasparente la propria posizione e di contribuire all’orientamento di un voto informato e consapevole. Altrimenti ci troveremmo nella paradossale situazione in cui la legittimità di orientamento al voto sarebbe solo di pertinenza di comitati elettorali (più che di partiti) e di organizzazioni del settore mediatico o economico (con incursioni anche di soggetti istituzionali esterni), particolarmente attive nelle ultime settimane. Il referendum costituzionale è stato indetto perché in parlamento non si è raggiunta la maggioranza qualificata del 75% sull’ipotesi di riforma. Quindi sono adesso i cittadini singoli o associati, organizzati o meno, che sono chiamati a prendere una decisione nel rispetto delle regole di trasparenza, sia in Italia che all’estero. Ciò, in tutta evidenza, non solo non ha niente a che fare con una potenziale distorsione del voto, ma anzi costituisce garanzia di informazione democratica e plurale. Di questo passaggio per me fondamentale del colloquio, purtroppo, non trovo traccia nell’esposizione dell’articolo.

Fin qui le precisazioni dovute.

Colgo anche l’occasione per ricordare che, come reso noto recentemente al C.d.p. del Cgie e pubblicato su alcune agenzie, il MEF ha dotato il MAECI della somma di 19,7 milioni di Euro per l’organizzazione di questa consultazione referendaria all’estero, di cui 6,7 milioni per l’Argentina; sarebbe utile conoscere nello specifico, la ripartizione di questi fondi paese per paese, i parametri adottati per questa suddivisione e le funzioni specifiche che saranno assolte con tali fondi, in modo da contribuire anche ad evitare il proliferare di approcci scandalistici al voto degli italiani all’estero, una consuetudine, dal mio punto di vista, non accettabile.

Rodolfo Ricci

(coordinatore nazionale Filef)

25 ottobre 2016

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Testo dell’articolo citato:

"Precedenti, Schede stampate in soprannumero o tornate “votate” ai Consolati senza che gli elettori le avessero viste. Le frodi in Sudamerica. Il ruolo di associazioni e patronati.

Innanzitutto c’è il problema dei plichi con la scheda elettorale. Che arrivano a casa per posta, ma in realtà è impossibile certificare chi vota. In alcune zone, specie in Sudamerica, i plichi vengono smistati in maniera del tutto irregolare. Per non parlare delle schede stampate in numero superiore ai votanti…”. Rodolfo Ricci, coordinatore di Filef (Federazione italiana lavoratori emigranti e famiglie), dall’alto della sua esperienza racconta ciò che ha visto nelle precedenti elezioni estere, introdotte dalla legge Tremaglia del 2001.

Una platea, quella degli italiani oltre confine, che al momento è composta da circa quattro milioni di elettori, di cui 2,1 in Europa e 1,3 in Sudamerica. Considerando che alle ultime Politiche ha votato circa il 30% degli aventi diritto, parliamo di circa 1 milione e 200 mila persone. Che al referendum costituzionale potrebbero essere di più visto che quest’anno voteranno anche i residenti temporanei all’estero (chi è fuori per almeno tre mesi).

Insomma, a grandi linee, i votanti “esteri” al referendum potrebbero raggiungere il milione e mezzo: una bella fetta elettorale che fa gola alle forze in campo, specialmente alla luce dei sondaggi che danno il Sì e il No quasi appaiati. Così, da almeno un mese, i comitati per il Sì e per il No si danno battaglia anche in confronti all’estero, in Europa e non solo.

Il governo ha dato vita addirittura a tour promozionali, come quello di Maria Elena Boschi in Sudamerica, che ha scatenato polemiche per la presenza di consoli e ambasciatori italiani. Anche il referente politico del comitato BastaunSì, Roberto Cociancich, da settimane gira come una trottola ed è stato attaccato per l’invito, a un incontro elettorale a Toronto, all’ambasciatore italiano in Canada (che poi non è andato).

Il problema, però, è che sul voto all’estero il rischio di frodi o brogli è molto alto. Soprattutto in luoghi lontani, come il Sudamerica, dove in passato si è assistito a scene da mercato delle vacche, con i plichi che venivano acquistati da personaggi locali e poi rispediti ai consolati con le schede votate. Oppure è capitato che siano state stampate più schede degli aventi diritto. O casi in cui i plichi non sono mai arrivati al destinatario, ma risultavano regolarmente consegnati al consolato, con tanto di voto. Insomma, se si vuole imbrogliare, le maglie larghe di certe zone del mondo lo consentono. E questo può andare a scapito di tutti. “In passato in Argentina e Venezuela si sono verificate delle vere frodi elettorali, con voti falsificati. Uno dei problemi è il recapito delle schede, perché si usano operatori privati che non sempre consegnano i plichi agli elettori”, racconta Ricci.

Oltre alle possibilità irregolarità, c’è poi il ruolo che giocano le associazioni e i patronati. Specialmente questi ultimi (che fanno capo a Cgil, Cisl, Uil e Acli) svolgono una funzione essenziale perché spesso si sostituiscono ai consolati per le questioni burocratiche e amministrative.

La loro capacità d’influenza – racconta Aldo Di Biagio, senatore di Ap eletto in Svizzera – “è enorme, specialmente in questo referendum dove gli italiani all’estero si rivolgono a loro per farsi spiegare i contenuti della riforma di cui sanno poco o nulla”. Di Biagio ammette anche che “il quesito sulla scheda, così com’è posto, spingerà molti nostri connazionali a votare Sì”.

Per ingraziarsi ancora di più le associazioni di italiani all’estero, il governo ha annunciato pure lo stanziamento nella legge di Stabilità di 50 milioni di euro “per la promozione e lo sviluppo della cultura e della scienza italiana nel mondo”, un piano di promozione del brand “Italia” di cui non si sa nulla, se non la cifra messa sul tavolo.

Denaro che andrebbe a sovvenzionare anche il mondo dell’associazionismo, parte del quale si sta spendendo per il Sì. “Il voto all’estero è tutto fuorché trasparente. E il problema maggiore, a mio avviso, è la mancanza di garanzia sul voto personale certificato. Quando arriva il plico a casa è impossibile sapere chi davvero segna la scheda…”, osserva Mario Mauro, senatore di Gal ed ex ministro della Difesa.

I plichi elettorali arriveranno entro il 14 novembre (c’è stato uno slittamento per consentire il voto ai “temporanei”): entro il 24 i nostri connazionali dovranno rispedirlo con il proprio voto al consolato di competenza."

Articolo intero su Il Fatto Quotidiano del 25/10/2016.

 

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