12153 Presentata l’XI edizione del Rapporto Italiani nel mondo promosso dalla Fondazione Migrantes

20161007 13:31:00 redazione-IT

Oltre 100mila gli italiani che hanno trasferito la loro residenza all’estero nell’ultimo anno, dato che conferma il trend crescente dell’emigrazione italiana (+6,2% rispetto al 2015). Gli iscritti all’Aire passano da poco più di 3 milioni nel 2006 a 4,8 milioni nel 2016 (+54,9%). Si conferma la prevalenza di giovani e il buon livello di istruzione raggiunto. Segnalata anche l’emigrazione di interi nuclei familiari (anche di nuovi italiani) e degli anziani. Il direttore generale della Fondazione Migrantes, mons. Giancarlo Perego: “Da una parte c’è chi è libero di muoversi, dall’altra chi è costretto a fuggire dal proprio Paese. Tutti però reclamano lo stesso diritto fondamentale: quello di restare nella propria terra”

ROMA – Sono oltre 100mila gli italiani che hanno trasferito la loro residenza all’estero nell’ultimo anno -107.529, – dato che conferma il trend crescente dell’emigrazione italiana registrato dal Rapporto italiani nel mondo della Fondazione Migrantes, la cui XI edizione è stata presentata questa mattina presso la Domus Mariae di Roma.

Rispetto all’anno precedente l’incremento delle partenze è del 6,2%, mentre dal 2006 ad oggi i connazionali residenti all’estero sono cresciuti del 54,9%, facendo lievitare gli iscritti all’Aire (l’anagrafe degli italiani residenti all’estero) dai 3 milioni di iscritti agli oltre 4,8 milioni attuali. Resta l’Europa il continente privilegiato (scelto dal 69,2% degli italiani, quasi 75 mila), con la Germania in testa (16 mila iscrizioni nell’ultimo anno), quasi a pari merito con il Regno Unito, e, a seguire, Svizzera (11 mila), Francia (10mila) e Brasile (6 mila). La prima regione di origine delle partenze è la Lombardia (20 mila partenze), seguita da Veneto (10 mila), Sicilia (9mila), Lazio e Piemonte (circa 8 mila). L’edizione di quest’anno conferma inoltre la giovane età di coloro che lasciano la Penisola (il 36,7% ha tra i 18 e i 34 anni, il 25% tra i 34 e i 49) e il buon livello di istruzione raggiunto, ma anche il flusso relativo alle famiglie (22 mila i minori coinvolti nell’espatrio) e agli anziani italiani (6.500) che spostano la loro residenza all’estero. Segnalata infine la mobilità di cittadini divenuti italiani che decidono poi di emigrare all’estero (comunità bengalesi in Regno Unito, oppure cittadini di madre lingua spagnola, divenuti italiani, che emigrano in Spagna).

A salutare i partecipanti ai lavori, moderati da Carlo Marroni vaticanista de Il Sole 24 ore, è stato il presidente della Fondazione Migrantes, mons. Guerino Di Tora, che segnala come l’Italia non sia solo Paese di immigrazione ma anche di emigrazione, visti i numeri significativi così come le storie raccontate nel volume – una parte è dedicata a come le collettività italiane abbiano mutato anche le caratteristiche dei luoghi in cui si sono stabiliti, con l’analisi di 32 città in cui la loro presenza ha marcato anche il territorio. E storie significative sono anche quelle dei pensionati che decidono di emigrare, fenomeno emerso in particolare in questi anni di crisi – si emigra per Paesi in cui il costo della vita è più basso, ma anche per stare vicino a figli e nipoti trasferitisi all’estero – e a cui la Fondazione – annuncia il presidente – sta dedicando un apposito studio che verrà presentato l’anno prossimo. La mobilità umana sta dunque “generando un cambiamento epocale di cui siamo più o meno consapevoli – afferma mons. Di Tora, rilevando gli effetti su di un’Europa “unita nella moneta ma che si sta frantumando nella solidarietà, dove tornano l’individualismo e il nazionalismo, la paura dell’incontro, dove non si riescono a fare passi avanti in termini di umanità e civiltà”. Per Di Tora lo studio del passato e della nostra emigrazione più illuminare aspetti del presente e alimentare una riflessione che sfoci in proposte concrete per la soluzione dei problemi, così come accaduto con la ricerca sui giovani italiani in Australia, promossa dalla Migrantes lo scorso anno. E alla mobilità giovanile guarda attentamente anche questa nuova edizione del Rapporto che analizza gli spostamenti per studio – 48 mila gli studenti italiani che frequentano università straniere e il 30% di coloro che partecipano al programma europeo Erasmus+ scelgono la Spagna, in particolare Madrid e Barcellona (a tale scelta il volume dedica un approfondimento) – e la percezione dei Millennials in viaggio, che si autodefiniscono, appunto, “viaggiatori” piuttosto che “emigranti”.

Per chi ha terminato un percorso di studi l’emigrazione resta però spesso una “scelta obbligata”, questione ben presente nel messaggio di saluto del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che auspica “equilibrio e circolarità” dei talenti, per evitare che tale scelta resti un percorso a senso unico, configurante un impoverimento del nostro Paese. Mattarella riconosce inoltre al Rapporto la capacità di fornire una sguardo senza pregiudizi sul fenomeno migratorio, e richiama “la storia antica della nostra emigrazione”, fatta di “sofferenze e speranze”, “storie di straordinario riscatto ma anche emarginazione”, che somigliano a quelle di chi oggi continua ad emigrare all’estero o approda in Italia.

Ad illustrare i dati più significativi di questa XI edizione del Rapporto il video presentato da Paolo Ruffini, direttore di Tv2000, e la relazione di Delfina Licata, curatrice del volume, che ha rilevato l’importanza di un’analisi ripetuta nel tempo, multidisciplinare, che attinge a fonti e professionalità diverse – 60 ricercatori, di cui 30 dall’estero, hanno contribuito a questa edizione – che mettono al servizio della società i risultati del loro impegno. Licata evidenzia in particolare come l’espatrio coinvolga 110 province italiane e interessi 199 Paesi nel mondo, e, tra i numerosi dati forniti, segnala i 62 milioni di spostamenti per viaggi di residenti in Italia, cifra che testimonia come si debba guardare anche alla mobilità interna e alle vite “spezzate” di coloro che spesso lavorano in un luogo e tornano nel fine settimana in quello di residenza, con doppi riferimenti affettivi, amicali e relazionali. A proposito di spostamenti di interi nuclei familiari, richiama il caso di circa 20 mila bengalesi emigrati dall’Italia a Manchester e Birmingham, la cui attività è spesso legata al settore dei trasporti o della ristorazione e la sezione dedicata a come i connazionali hanno trasformato la geografia di 32 città del mondo – Madrid, Barcellona, Colonia, Wolfsburg, Porto Alegre, Cracovia, Mar del Plata, solo per citarne alcune. Il volume costituisce dunque una “cassetta degli attrezzi” per comprendere il mondo dell’emigrazione italiana, da cui emerge l’importanza di adoperarsi per favorire la circolarità dei talenti, il dialogo tra persone e culture diverse e il meticciato, inteso come tutela delle proprie radici senza per questo “sentirsi scomodi nel mondo”.

Tra gli interventi sul merito, quello di Pier Ferdinando Casini, presidente della Commissione Esteri del Senato, che ha evidenziato come il fenomeno migratorio sia un tema molto rilevante, anche per lo squilibrio demografico che caratterizza le nostre società. “Si tratta di un tema planetario – ha detto Casini, ricordando poi l’impoverimento arrecato dall’emigrazione di giovani altamente formati nel nostro Paese, ma anche come senza immigrazione avremmo comparti come quello dell’assistenza agli anziani cui non sapremmo provvedere. “Occorre fare un’operazione di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, affinché le paure che esistono non siano amplificate oltre misura – ha proseguito il parlamentare, sostenendo la necessità di “fotografie della realtà” come quelle scattata dal Rapporto anche per “organizzare la presenza di coloro che oggi ci chiedono aiuto e rifugio, per trasformare il fenomeno migratorio in ricchezza e coglierne le potenzialità”. In riferimento al quadro emerso delle nostre collettività all’estero, Casini ricorda anche come il Ministero degli Affari esteri stia provvedendo ad una riorganizzazione della rete consolare per rispondere meglio a tali profili oltre che ad un contesto geopolitico profondamente cambiato.

Si sofferma sui dati demografici, o meglio sul profondo cambiamento che i loro indici rivelano della società italiana dal 1926 ad oggi Sabrina Prati, dirigente Istat del Servizio Registro della popolazione, statistiche demografiche e condizioni di vita. Nell’arco di 3 generazioni è avvenuta una versa e propria “rivoluzione” nella società italiana, con la diminuzione del tasso di natalità e di mortalità e il conseguente invecchiamento della popolazione, associata al configurarsi della mobilità internazionale quale motore della dinamica demografica. Prati si sofferma anche sull’incremento del percorso di integrazione degli stranieri immigrati in Italia, testimoniato dal numero delle acquisizioni di cittadinanza italiana, passate da 56 mila nel 2011 a 129 mila nel 2014. Segnala infine l’atteggiamento dei nuovi italiani, alunni delle nostre scuole, anche con background migratorio, che proiettano il proprio futuro all’estero (circa la metà di un campione intervistato afferma di voler vivere fuori dai confini nazionali), dati che sollecitano l’impegno di rendere questa scelta “un’opportunità” e non una forzatura senza possibilità di ritorno. Si sofferma sulla presenza italiana a Barcellona, don Luigi Usubelli, cappellano per la comunità italiana nella città spagnola, che ne descrive le diverse componenti: dagli studenti erasmus, che spesso vivono in contesti internazionali e dunque non hanno interesse all’inserimento in loco, ai giovani lavoratori anche con famiglie al seguito, che possono riscontrare difficoltà e problemi di solitudine, non potendo contare su nuclei più allargati o legami di vicinato. Rileva anche come il bilinguismo (catalano/castigliano) possa creare difficoltà, così come il profilo di una città a forte impronta turistica (9 milioni di visitatori in un anno in una città che conta poco più di un milione e mezzo di abitanti, la terza città più visitata in Europa), che può tradursi in difficoltà abitative, speculazione, diffidenza. Nonostante questo, i connazionali ne apprezzano affinità culturali e qualità della vita. Usubelli richiama infine le difficoltà dei detenuti italiani – circa 40 – nelle 6 carceri catalane, che spesso lamentano difficoltà nei contatti con le famiglie di origine, o disomogeneità degli iter giudiziari rispetto agli autoctoni.

Parla dell’importanza delle collettività italiane all’estero per la promozione culturale e linguistica del nostro Paese Massimo Riccardo, direttore generale per la Promozione di lingua e cultura italiana del Maeci, che annuncia l’appuntamento con la seconda edizione degli Stati generali della Lingua italiana a Firenze e illustra il percorso intrapreso in questi anni. “Le comunità sono fruitori di cultura italiana ma anche moltiplicatori dell’interesse nei confronti del nostro Paese; la loro presenza è dunque un’opportunità che va colta anche per rafforzare la diffusione della nostra lingua e cultura nel mondo – afferma Riccardo, segnalando come, anche in linea con il profilo degli attuali flussi migratori, sia impegno della Direzione generale puntare sul sostegno del bilinguismo nelle scuole locali, sostenuti anche dall’interesse delle collettività per tale rafforzamento. Richiama il “percorso inclusivo” inaugurato con la prima edizione degli Stati generali e i primi frutti di tale confronto, come il portale della lingua italiana, ideato anche per consentire una mappatura di dove è possibile apprendere la nostra lingua nel mondo. Richiama tra le iniziative promosse anche la Settimana della lingua italiana nel mondo che da alcuni anni lega la promozione linguistica ad una industria culturale – quest’anno il design. Tra i diversi attori chiamati alla riflessione su come promuovere al meglio l’insegnamento della nostra lingua all’estero dunque, anche il Rapporto può offrire spunti preziosi per conoscere meglio caratteristiche e istanze dei connazionali interessati al miglioramento e all’attuazione di tali strategie.

Previsto tra gli interventi anche quello del segretario generale del Consiglio generale degli italiani all’estero, Michele Schiavone, che, impossibilitato a partecipare, ha inviato un messaggio in cui ricorda le funzioni e le caratteristiche del sistema di rappresentanza degli italiani all’estero, sistema interessato ora ad un percorso di riforma cui anche il Cgie è chiamato a contribuire. E proprio questo – ha segnalato Schiavone – sarà il tema della prossima assemblea generale del Cgie annunciata nella seconda settimana di dicembre.

Nelle conclusioni affidate al direttore generale della Fondazione Migrantes, mons. Giancarlo Perego, la riflessione su di un “mondo giovanile in movimento” che include gli italiani che emigrano all’estero e coloro che approdano sulle nostre coste. “Da una parte c’è chi è libero di muoversi, dall’altra chi è costretto a fuggire dal proprio Paese. Tutti però reclamano lo stesso diritto fondamentale: quello di restare nella propria terra – afferma mons. Perego, ricordando come tutti cerchino un’opportunità e un diverso esercizio della cittadinanza. Spesso però uno sguardo non libero dai pregiudizi non consente di tracciare parallelismi, e ai giovani italiani in viaggio forse si dà meno spazio “perchè si vuole nascondere la realtà di crisi del nostro Paese, crisi economica – rileva mons. Perego, – ma anche crisi di cultura e di relazioni”. Una crisi che è ben vedere investe anche la rappresentanza, che “i giovani non vogliono sia solamente formale, ma fatta di associazionismo, relazioni, legami, spazi di incontro”. Esigenze che – come è successo nel passato – modificano la stessa geografia urbana, e che il direttore generale auspica possano oggi “ridisegnare anche l’accompagnamento dei mondi migranti”. (Viviana Pansa – Inform)

 

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