11710 Per un soggetto collettivo che dia voce alle istanze degli italiani all’estero

20150507 09:57:00 redazione-IT

[b]Far valere come associazioni direttamente ed in autonomia i bisogni restati senza rappresentanza, porre in essere un soggetto collettivo che dia voce alle istanze degli italiani all’estero.[/b] [i]di Rino Giuliani *[/i]

Nel mondo reale degli italiani all’estero crescono bisogni che seguitano a non avere rappresentanza. I dati di realtà non impattano da molto tempo sul mondo della rappresentanza politica che persegue la sua traiettoria fissando suoi tempi e sue priorità, più spesso presunte che vere, nelle quali spesso non ci riconosciamo. Gli italiani nel mondo non rientrano tra le priorità e non sono neanche a margine di una delle pagine dell’agenda politica prossima.
Un amico, deputato eletto all’estero, alla fine dell’anno scorso ammoniva a non far coincidere strumentalmente la responsabilità della regressione della situazione con l’ingresso in parlamento degli eletti all’estero. Non v’è dubbio che così non sia accaduto.

Si può anche osservare che gli eletti all’estero non sono stati- e non potevano essere (come da alcuni auspicato) una realtà omogenea nella rappresentanza di interessi e nella rivendicazione.

Quando ci sì è voluti distinguere promuovendo movimenti associativi ci si è rapidamente trasformati, come si è visto, in partito collocato a suo agio nelle mutevoli alleanze della seconda e terza repubblica.

I partiti italiani si sono collocati di fronte alla rete delle associazioni all’estero affermando una visione della rappresentanza politica come sostitutiva delle altre, totalizzante ed in tal senso operando su un terreno di conservazione che ha tolto forza alle associazioni e ne ha bloccato o rallentato, laddove avviato, il processo di rinnovamento. Quel processo lo abbiamo riavviato come associazioni con non poche difficoltà, in autonomia avviando un percorso di rimessa in discussione del nostro modo di essere e di relazionarci, che, via via, è stato sempre più compreso e condiviso.

Gli ultimi lunghi anni del CGIE- in attesa di una riforma mai fatta- sono emblematici di una crescente logica partitica lungo la quale si è consumato un piccolo patrimonio di idee traghettato dalla Conferenza mondiale degli italiani nel mondo e poi implementato. Si sono prodotte divisioni ed intese di schieramento partitico, incongrue se rapportate alla finalità di un organo consultivo che, alcuni, sbagliando, miravano ad affermare come la componente(unitamente agli eletti ed ai comites) di una avvenuta, esclusiva e completa rappresentanza degli italiani all’estero.

I comites, non rinnovati per lunghi anni, hanno visto scomparire molti fra i consolati di riferimento, ridursi il personale dei servizi consolari ed il sostegno economico per le attività. Sono cresciuti nel frattempo i comitati elettorali e le diverse forme di sostegno organizzato dei partiti. In sé non certo un male se contestualmente vi fosse stata la stessa agibilità anche per la rappresentanza sociale.

Tirando i bilanci della stagione parlamentare che è alle spalle, al netto di molti ordini del giorno, interpellanze parlamentari , proposte di legge presentate ma talora non sostenute neanche nelle primissime fasi in commissione, resta poco se si guarda ai risultati. E’ certamente semplicistico ed ingeneroso caricare l’indifferenza e qualche volta l’ostilità verso le questioni degli italiani all’estero sugli eletti che non sono un corpo sociale indistinto ma una somma di identità diverse, di persone che in alcuni casi si sono impegnate nel rappresentare l’elettorato dell’estero, in altri hanno pensato al “primum vivere” nel partito, in altri ancora, purtroppo sono stati esempi di trasformismo, di assenteismo vero e proprio o addirittura di malaffare.

E’ ai partiti in quanto tali, a quelli di governo in primo luogo, che si devono i modi ed i tempi, del recente rinnovo dei comites. Ne conosciamo gli esiti e ne conosciamo le cause d’ordine generale e specifiche. Appare surreale che il responsabile del PD mondo intervenendo a risultati resi noti ne faccia una sua puntigliosa elencazione senza al contempo riconoscere le responsabilità del governo e del partito che in parlamento ne ha votato tutti i provvedimenti. Le motivazioni sociologiche, i dati sull’astensionismo su base planetaria, la critica all”assenza di informazione ecc. sono molto meno indicativi del richiamo che pure lo stesso fa alla “ disaffezione a uno Stato che negli ultimi sette anni è apparso disinteressato nei confronti degli italiani nel mondo”.

Il punto è proprio tutto lì nel giudizio che gli italiani all’estero hanno dato sui governi che si sono succeduti. Facile dire ora che è fatta, che si va avanti, che ci sarà un rilancio mentre il tema della rappresentanza o meno delle nostre comunità nei comites ora eletti, è quello che interroga tutti noi e che c’impone di evitare trionfalismi e appelli sbrigativi ad innovare mettendo mano solo a ritocchi normativi.

Occorre aprire una discussione, occorre far decidere gli italiani all’estero, occorre riallargare la partecipazione e non riproporre la ennesima scorciatoia della delega ai partiti. I risultati li conosciamo. Il mondo della politica dovrebbe democraticamente abituarsi a considerare alla pari la rappresentanza delle associazioni anziché usarle come taxi per consensi al partito, evitando anche di mettersi in concorrenza con le stesse attraverso liste-civetta. Anche gli stessi comites nel passato in non pochi casi sono stati condizionati da logiche elettoralistiche fino, in alcuni casi, alla alterazione del loro effettivo ruolo.

I deputati pd eletti all’estero hanno affermato essere “ opportuno aprire anzi una riflessione franca e onesta, evitando la tentazione di nascondere la polvere sotto il tappeto.” Tale riflessione che ognuno intanto deve iniziare a fare al proprio interno, non si può pensare possa chiudersi, come gli stessi chiedono, “ se a breve, come non ci stanchiamo di sollecitare, si procederà a rinnovare anche il CGIE”.

Ci vogliono i giusti tempi ed i giusti modi se si vuole contribuire a ricostruire dal basso la rappresentanza sociale dei bisogni che oggi non hanno rappresentanza e che il governo seguita ad ignorare.

Affermare che “ si tratta, ora, di risalire la china, approfittando dei primi sintomi di ripresa che il Governo cerca di assecondare con tutte le sue forze e le sue capacità” e dire che “la considerazione della comunità italiana nel mondo deve essere rigenerata e riorientata alla luce della nuova fase che si è aperta.” .serve solo a suscitare attese tanto irrealistiche quanto ininfluenti. Non è la mera propaganda ciò che serve.

La severità del giudizio che si avanza, per chi come noi vuole rinnovare ed innovare, non fa tuttavia velo sul dato che, pur nelle riscontrate difficoltà di diverso ordine, (“ i limiti e le contraddizioni che si sono manifestati nel procedimento elettorale” come hanno sottolineato i deputati pd dell’estero), l’avvenuta costituzione di comites, comunque, è da considerarsi potenzialmente un fatto positivo.

I comites, per il cui rinnovo ci siamo impegnati, ad una prima valutazione, in parte hanno confermato ed in parte hanno innovato, anche in senso generazionale, la loro composizione.

L’emergere di idee nuove, gli accenti critici ed autocritici che sono emersi, prima, durante dopo i risultati elettorali anche da quei contesti nei quali le liste sono state volute, promosse o sostenute con logiche di partito, evidenziano al mondo delle associazioni che si avviano allo svolgimento degli “Stati Generali dell’associazionismo degli italiani bel mondo” un terreno per l’apertura ad un confronto che puo’ andare oltre le tradizionali, spesso fuorvianti tematiche di discussione.

Si intravedono alcuni oggettivi elementi di novità , vengono avanti volontà di confronto alle quali non saranno le associazioni a sottrarsi.

Una prospettiva più larga da condividere può essere definita ad iniziativa di tutti coloro che vogliono essere parte attiva dei cambiamenti dei quali le associazioni si sono fatte e si fanno protagoniste.

In una fase attuale in cui, anche per gli italiani all’estero, sistematicamente si riducono gli spazi della partecipazione democratica non si possono lasciare nei paesi di accoglienza oltre 4 milioni di connazionali e milioni di italodiscendenti ad una lenta discesa carsica nei contesti di vita e di lavoro fino alla loro fisiologica scomparsa come comunità italiane. Proprio per questo, nei cambiamenti in atto, dobbiamo e vogliamo contribuire a far nascere – laddove ci sono le nostre comunità e non solo in Italia- una effettiva rappresentanza sociale, costituendo il Forum delle associazioni degli italiani nel mondo. Lo vogliamo fare in una contesto di rete nella quale associazioni e comites siano in dialogo permanente.

I comites, che le associazioni contribuiscono a far nascere, sono soggetti collettivi essenziali con loro spazi operativi ma anche realtà stimolanti e componente attiva del processo di cambiamento che deve accompagnare quanto di nuovo si muove nella nostra realtà di emigrazione.

Le percentuali di votanti rispetto agli aventi diritto, non registrati e registrati è un dato di cui abbiamo dovuto prendere atto. Ne conosciamo le cause e le responsabilità .
Il nostro sguardo tuttavia è rivolto al futuro.

I limiti attuali nella rappresentanza sono effetto di un disagio tra i giovani e meno giovani per l’effettivo abbandono del mondo dell’emigrazione ma possono anche determinare un forte elemento di spinta per condividere modalità di legittimazione della rappresentanza sociale che siano più forti e credibili.

C’è un disagio da parte di coloro che non si sentono rappresentati dallo Stato- apparato che si ritira, che riduce le diverse forme della sua presenza all’estero, che non ha posto mano ad una riforma del CGIE, che non ha pensato all’associazionismo degli italiani nel mondo nel momento di aprire in parlamento – come è avvenuto- una discussione sul più complessivo riordino delle diverse forme di associazionismo.

E’ il momento di far valere come associazioni direttamente ed in autonomia i bisogni restati senza rappresentanza e di porre in essere un soggetto collettivo che dia voce alle istanze che altri hanno mostrato di non essere in grado di rappresentare in modo adeguato.

[i]*) Rino Giuliani è vicepresidente dell’Istituto Fernando Santi[/i]

 

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