11706 Le elezioni dei Comites sono finite, ed ora?

20150506 18:00:00 redazione-IT

[b]di Claudio Sorrentino*[/b]
Sono passate solo due settimane dal voto del 17 aprile per il rinnovo delle rappresentanze degli italiani all’estero (Comites) e, a parte alcune critiche nel merito della limitata partecipazione e della sostanziale non rappresentatività degli organismi eletti, sembra sia passato un secolo e sia già stato tutto archiviato.
Il voto avrebbe dovuto dimostrare quanto fosse forte il bisogno di un livello di rappresentanza di base/territorio per i nostri cittadini emigrati ed anche che erano maturi i tempi per aprire una riflessione, tardiva ma non inutile, su quali dovessero essere le funzioni, strategiche ed organizzative, degli organismi che si andavano ad eleggere.

L’attenzione che i risultati, scarsi, hanno determinato è la logica conseguenza di un percorso le cui difficoltà molti, noi tra i tanti, avevano segnalato e del quale nessuno che abbia responsabilità e potere decisionale ha in alcun modo ascoltato.

La Cgil ha il diritto di ascriversi tra quelli che potrebbero dire: << l'avevamo detto>>! Questo diritto deriva dal fatto che, in tempi non sospetti, abbiamo sollecitato e sostenuto con chiarezza, pur non condividendone le modalità, la necessità di partecipare al voto.

Anche le informazioni sul quanto si prevede per il rinnovo del Cgie (Consiglio generale degli italiani all’estero), anch’esse per soli addetti ai lavori, vanno nella direzione di una scarsa e/o inutile rappresentanza delle nostre comunità emigrate.

Forse non ci si rende conto che l’emigrazione italiana non è solo un fenomeno del passato? Forse non ci si rende conto che le migliaia di giovani che lasciano il nostro paese in cerca di “fortuna” in territori che percepiscono più interessanti per il loro futuro, hanno necessità che il loro paese, il paese di provenienza, non si dimentichi di loro?

Non è mai troppo tardi, diceva il maestro Manzi. Anche noi, insieme a lui, diciamo che il tempo per poter correggere il tiro rispetto ai risultati avuti non è scaduto. Non è ancora troppo tardi.

Certo, bisognerà mettersi di buona lena per riportare l’attenzione ai livelli che questa questione merita e, a nostro giudizio, bisognerà farlo con quella umiltà che spesso è stata la condizione prima per poter raggiungere risultati di qualità.

Non sentiamo la necessità di criticare i risultati, sentiamo forte il bisogno di leggere, in questi risultati, la voglia di essere presi in considerazione che i nostri emigrati hanno espresso.

E’ la necessità di definire il come prenderli in considerazione che ci fa dire che il percorso potrebbe essere più semplice di quanto si possa immaginare. La condizione, necessaria ma non sufficiente per raggiungere tale scopo, è che tutti i soggetti interessati si convincano che questa partita va rigiocata, va giocata meglio ed in tempi da non rischiare davvero che tutto passi all’oblio.

Il percorso organizzativo potrebbe, ma questa è solo una pro-posta/vocazione, svolgersi in tre fasi:

una prima fase di discussione che veda in prima fila, oltre al Governo, alle forze politiche e sociali, gli organismi eletti (Comites e Cgie) e che abbia come obbiettivo quello di definire le forme ed i contenuti (compiti e funzioni) della nuova rappresentanza che si vuole costituire.

La seconda fase dovrebbe essere quella della costruzione di una anagrafe elettorale così come previsto da molte ipotesi già fatte nel passato e delle quali si è tenuto poco conto. Nella stessa fase bisognerebbe definire, in modo più appropriato, le forme attraverso le quali si possono esprimere i voti, anche attraverso un sistema misto plichi/seggi.

La terza ed ultima fase, quella sulla quale veramente la classe dirigente del nostro paese deve dimostrare tutta la determinazione di cui è capace, è quella di indire nuove elezioni per le rappresentanze degli italiani all’estero.
I tempi di questo processo potrebbero essere brevi se si paragonano ad una legislatura od essere lunghi se si prende in considerazione il fatto che da dieci anni non si facevano elezioni e che quelle che si sono appena concluse non hanno dato i risultati sperati.

Due anni, questo è il tempo presumibile che ci vorrebbe per poter tornare a forme di rappresentanza che, come abbiamo detto nel passato, non dimentichino chi ha da tempo lasciato il proprio paese ed invece si faccia carico di chi si è appena apprestato a lasciarlo e di chi ancora lo farà nei prossimi anni.

Due anni, perché il periodo di discussione non dovrebbe superare i sei mesi al quale va aggiunto un anno, almeno, per poter permettere alle nostre comunità di iscriversi all’albo di quelli che sentono la necessità di esprimere il loro voto e sei mesi ancora per poter indire nuove elezioni.

Non ci sembra una cosa molto complicata. Noi ci crediamo ed è per questo continueremo a batterci perché questo si possa realizzare pronti, come lo siamo sempre stati, a confrontare le nostre idee con tutti ed anche a cambiarle, quando ci si dimostra che esse non sono proprio le migliori.

* Area delle Politiche Europee ed Internazionali – Responsabile Italiani nel mondo.
Corso d’Italia, 25 – Roma

 

Visits: 38

AIUTACI AD INFORMARE I CITTADINI EMIGRATI E IMMIGRATI

Lascia il primo commento

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*


Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.