11597 6. NOTIZIE dall’ITALIA e dal MONDO 12 febbraio 2014

20150213 17:13:00 guglielmoz

ITALIA – "Il Ttip è un minaccia ai diritti di cittadinanza". Blitz a Bruxelles contro l’Ottavo round negoziale./ E’ morto a 95 anni il partigiano Rendina, "Max il giornalista". / ROMA. Le Camere raddoppiano in 10 anni. PRIMATI ITALIANI L’Italia, rispetto agli altri paesi europei, spende il 30% in più per mantenere l’apparato politico. /
EUROPA – Grecia. "Cambia la Grecia, cambia L’Europa. Dichiarazione della rete degli Attac Europei dopo le elezioni greche. In Grecia ha vinto la speranza – manteniamola viva e diffondiamola in tutta Europa. / GRECIA. Alexis il rosso rilancia: "Vogliamo i debiti di guerra". E Varoufakis attacca Renzi. Grexit tema al G20/. GERMANIA/LAMPEDUSA. Europa ipocrita su Lampedusa. Oggi è di nuovo lecito provare orrore, almeno per un paio di giorni. Per l’ennesima volta Lampedusa si è trasformata nell’obitorio dell’Europa./ BELGIO. False vittorie sull’evasione fiscale. I politici europei sono straordinari. / REGNO UNITO. Il voto negato . Il 10 febbraio la Corte europea dei diritti umani ha stabilito che Londra si è resa colpevole di violazione dei diritti umani. / BELGIO . L’11 febbraio il leader e una quarantina di affiliati del gruppo jihadista Sharia BELGIO – L’11 febbraio il leader e una quarantina di affiliati del gruppo jihadista Sharia4 Belgium) sono stati riconosciuti colpevoli 4 Belgium) sono stati riconosciuti colpevoli. /
AFRICA & MEDIO ORIENTE – SIRIA. IL BILANCIO DI DAMASCO. "Nel 2010 il pil siriano superava i 100 miliardi di dollari. / IRAQ.. Un’offensiva imminente Il coordinatore statunitense della coalizione contro il gruppo Stato islamico./ NIGERIA. Una forza africana contro Boko haram. /
ASIA & PACIFICO – CINA . Senza acqua corrente. / INDIA. Sorpresa elettorale. In fila a un seggio per il rinnovo del parlamento del Territorio della capitale./ INDONESIA. Vergini alla maturità. "Il governo indonesiano non deve più tollerare i test della verginità nel paese"/
AMERICA CENTROMERIDIONALE – ARGENTINA. IL GOVERNO DEVE FARE CHIAREZZA.. La presidente argentina Cristina Fernández deve capire che lo scandalo originato dalla morte del magistrato Alberto Nisman,/
AMERICA SETTENTRIONALE – WASHINGTON /GUANTANAMO. "A Guantanamo tre casi di tortura fino alla morte". La denuncia di un ex sergente dei Marines.

ITALIA
BOLOGNA
E’ morto a 95 anni il partigiano Rendina, "Max il giornalista". " Un abbraccio affettuoso e commosso"
E’ morto Massimo Rendina, storico partigiano, vice-presidente dell’Anpi Nazionale, che a gennaio aveva compiuto 95 anni. A darne notizia, in una nota, è l’assessore alla Scuola con delega alla Memoria di Roma Capitale Paolo Masini. "Partigiano nella lotta di Liberazione – ricorda l’assessore-, custode e testimone di memoria nel dopoguerra, grande amico. Ha rappresentato una voce libera per Roma e per l’Italia, e l’esempio di come ai nostri giorni sia ancora possibile mettere in pratica e trasmettere in modo alto e nobile i valori di quella grande pagina della nostra Storia che fu la Resistenza. Il nostro abbraccio ai familiari e all’Anpi.
Rendina abitava a Bologna. Tenente di Fanteria, al momento dell’armistizio era subito passato con la Resistenza al comando, in Piemonte, di una formazione autonoma alla cui guida, col nome di battaglia di "Max il giornalista", aveva combattuto sino al luglio del 1944. Diventato capo di stato maggiore della I Divisione Garibaldi, aveva preso parte alla liberazione di Torino e nel capoluogo piemontese aveva ripreso la professione a l’Unità. Dal quotidiano del PCI, Massimo Rendina è poi passato alla Rai, come direttore del telegiornale. Docente di Storia della Comunicazione, Rendina, che viveva a Roma, era diventato il presidente della locale Associazione degli ex partigiani e membro del Comitato scientifico dell’Istituto Luigi Sturzo per le ricerche storiche sulla Resistenza. Tra i suoi ultimi lavori il Dizionario della Resistenza. In questo intervento per le celebrazioni del 25 aprile nel 2011 Rendina parlò della crisi economica e della involuzione democratica.
Il commento di Paolo Ferrero, segretario del Prc: "Con lui se ne va un pezzo della storia democratica e antifascista di questo paese. Massimo Rendina è una di quelle persone che con le loro azioni pratiche hanno di fatto gettato le basi della nostra Carta Costituzionale. La sua vita, il suo impegno civile e politico sono e resteranno per noi un ineludibile punto di riferimento. Alla moglie e ai figli l’abbraccio affettuoso e commosso di tutto il nostro Partito, della nostra comunità".

ROMA/BRUXELLES
"Il Ttip è un minaccia ai diritti di cittadinanza". Blitz a Bruxelles contro l’Ottavo round negoziale.
Blitz di protesta a Bruxelles l’altro giorno contro il Ttip. Centinaia di persone si sono radunate alla rotonda . Schuman davanti al palazzo Berlaymont con un cavallo di Troia gonfiabile di 8 metri per simbolizzare i pericoli ‘nascosti’ nell’accordo commerciale con gli Stati Uniti. "Stop Ttip", la richiesta che si leggeva sulle bandierine e i cartelli dei manifestanti. "Avremo meno possibilità di ridurre le energie più inquinanti", mentre "per la salute e l’agricoltura gli standard saranno abbassati".
Oltre cento organizzazioni della società civile hanno firmato e diffuso un documento per denunciare come il meccanismo della Cooperazione regolatoria sia in verità un vero e proprio Cavallo di Troia degli interessi economici a svantaggio dei diritti dei cittadini, del lavoro e dell’ambiente. Nonostante le rassicurazioni della Commissione Europea il capitolo sulla Cooperazione regolatoria mostra come investimenti e commercio avranno la precedenza sull’interesse pubblico, dando un enorme potere a strutture tecniche capaci di bloccare o indebolire regolamentazioni e standard senza che gli organi democraticamente eletti, come i Parlamenti, abbiano il potere di intervenire.
“Il meccanismo proposto è un pericolosissimo precedente” sottolinea Marco Bersani, di Attac e tra i promotori della Campagna Stop TTIP Italia, “che rischia di indebolire ulteriormente i poteri pubblici davanti alle pretese delle lobbies economiche”. “Assieme al negoziato TISA sulla liberalizzazione dei servizi” aggiunge Bersani, “il TTIP è l’altra grande minaccia ai diritti di cittadinanza”.
“Il TTIP rischia di essere un ulteriore grimaldello che può disarticolare le filiere produttive dell’agricoltura familiare, piccola e media” sottolinea Monica Di Sisto, di Fairwatch e tra i promotori della Campagna Stop TTIP Italia, “liberalizzando un mercato come quello agroalimentare dove le aziende più legate al territorio e alla qualità chiudono una dopo l’altra, sembrano non avere vie d’uscita”. “Le mobilitazioni dei produttori di latte di questi giorni” chiarisce Di Sisto, “è una premessa di quello che accadrà con lo smantellamento delle tariffe e soprattutto delle barriere non tariffarie a causa del TTIP. Un’invasione di prodotti a basso prezzo che entreranno nel nostro Paese a tutto vantaggio delle imprese che trasformano prodotto importato a basso costo e che lo esportano, ma che daranno un colpo mortale ai nostri piccoli produttori e alla filiera italiana. La retorica della difesa delle indicazioni geografiche” conclude Di Sisto, “nasconde in verità una pesante ristrutturazione della nostra produzione a vantaggio di pochi. Di quale Made In Italy parla il Ministro Martina se analisi e stime di impatto del Parlamento europeo parlano di un aumento del 118% delle importazioni di agroalimentare americano nel caso che il TTIP fosse approvato? E quali rassicurazioni può dare sul Trattato transatlantico se negli ultimi anni né l’Europa né i nostri Governi sono tati in grado di tutelare le nostre produzioni dalla fine programmata delle quote latte?”.

ROMA
LE CAMERE RADDOPPIANO IN 10 ANNI. PRIMATI ITALIANI L’ITALIA, RISPETTO AGLI ALTRI PAESI EUROPEI, SPENDE IL 30% IN PIÙ PER MANTENERE L’APPARATO POLITICO: ogni contribuente si ritrova circa 646 euro in meno l’anno, di cui 82 vanno agli organi dello Stato centrale (Presidenza della Repubblica, Camera, Senato, Corte costituzionale, Presidenza del Consiglio e ministeri). Per gli organi di regioni, provincie e comuni si spendono 85 euro per contribuente. Analizzando i conti delle due Camere, si scopre che in dieci anni (dati 2011) il bilancio della Camera dei Deputati è salito da 749 milioni di euro ad oltre 1 miliardo e 70 milioni, mentre il bilancio del Senato della Repubblica ha quasi raddoppiato i costi arrivando a 603 milioni. Ogni cittadino italiano spende 27,15 euro l’anno solo per mantenere la Camera a fronte degli 8,11 euro dei francesi (tre volte meno che in Italia), 4,18 euro degli inglesi (quasi sette volte meno) e 2,14 euro per il Congreso de los deputados in Spagna (dieci volte meno).

EUROPA
GRECIA
NON CEDIAMO AL RICATTO. NON ABBIAMO PAURA. Il ricatto BCE alla Grecia è un ricatto contro tutti noi. Proposta manifestazione nazionale sabato 14 febbraio a Roma.
A Piazza Syntagma la Grecia torna in piazza per difendere le proprie scelte, la dignità dei popoli e la democrazia di tutta Europa.
Il ricatto della BCE al nuovo governo greco è un ricatto contro tutti noi.
Il momento è ora, per fare in tutta Europa come hanno fatto i greci: alzare la testa e non avere paura. Siamo tutti in gioco.
La Grecia dimostra che una alternativa democratica e sociale alla austerità e al neoliberismo è possibile e può vincere.
Non siamo costretti a vivere strangolati nella trappola del debito e del pareggio di bilancio. Non sono obbligatorie le privatizzazioni, lo smantellamento dello stato sociale, la precarietà e la disoccupazione. Le sole riforme efficaci sono quelle che fanno pagare i ricchi e non i poveri, che combattono la corruzione, l’evasione fiscale, la fuga dei capitali – come propone il nuovo governo greco.
I prossimi giorni e settimane saranno cruciali. Facciamo la nostra parte. Il braccio di ferro fra la Grecia e la BCE è la prova di forza fra due idee di Europa – diamo forza alla parte giusta, insieme a tanti altri paesi del nostro continente.
Fermiamo i mercati, le banche, la Troika e i governi liberisti. La Grecia con il voto ha scelto la dignità, i diritti e la democrazia. Anche noi.
Domani, venerdì 6 febbraio, il primo appuntamento è alle 18.00 davanti alla sede della Banca d’Italia. Altre iniziative sono previste in altre città italiane, domani è nei prossimi giorni.
Sabato 14 febbraio era già convocata l’assemblea nazionale dell’appello "Cambia la Grecia cambia l’Europa – Brigata Kalimera". Proponiamo di trasformare l’assemblea in una grande manifestazione, in connessione con le altre piazze europee e con la grande manifestazione prevista ad Atene il 16 febbraio.
Chiediamo a tutti di dare la propria disponibilità a condividere questo appuntamento. Ci si rivolge a tutto il mondo amplissimo che si è detto in questi giorni vicino a Tsipras e al popolo greco e a tutti coloro che hanno a cuore la democrazia, la dignità e una nuova Europa.
Grecia
"CAMBIA LA GRECIA, CAMBIA L’EUROPA" WWW.CAMBIALAGRECIACAMBIALEUROPA.EU
DICHIARAZIONE DELLA RETE DEGLI ATTAC EUROPEI DOPO LE ELEZIONI GRECHE.
IN GRECIA HA VINTO LA SPERANZA – MANTENIAMOLA VIVA E DIFFONDIAMOLA IN TUTTA EUROPA
Nelle elezioni greche del 25 Gennaio la speranza ha vinto sulla paura e sulla rassegnazione, dando ai cittadini greci la possibilità di essere governati da un governo di sinistra per la prima volta. Questa vittoria sta facendo rinascere la speranza non solo tra il popolo greco, ma tra i cittadini europei, che hanno espresso la loro solidarietà nella lotta contro le politiche di austerità della Troika.
Questa solidarietà si è manifestata durante la campagna elettorale, non solo attraverso la presenza fisica alle iniziative che si sono tenute in Grecia, ma anche attraverso manifestazioni in tutta Europa. In un certo senso, noi tutti abbiamo partecipato a questa vittoria storica. Il risultato ci incoraggia: con queste elezioni i cittadini hanno rivendicato democraticamente il loro diritto di decidere.
I primi atti e dichiarazioni di questa nuova maggioranza confermano la sua volontà di lottare contro le politiche di austerità in Grecia e in Europa, per sollevare i cittadini dal peso del debito pubblico, utilizzato per imporre politiche neoliberiste che negano i diritti e la giustizia sociale.
La lotta sarà dura e richiederà un continuo supporto. La rete degli attac europei si propone di offrire sostegno a questa lotta, che è anche la nostra lotta per cambiare le politiche europee.
Non sarà facile, e alcune scelte politiche talvolta potranno essere oggetto di critica. La rete degli attac europei guarderà con occhio critico alle scelte del governo Syriza.
Daremo il nostro sostegno a questo difficile esercizio del potere politico, nella misura in cui le politiche attuate contribuiranno a fermare le politiche di austerità, rafforzeranno le istituzioni democratiche, toglieranno dalle grinfie dei mercati i diritti dei cittadini, attueranno la transizione ecologica, e ripristineranno la giustizia sociale in tutta Europa.
Più in particolare, consapevoli che il problema del debito pubblico in Europa ci riguarda tutti e che è di vitale importanza per la Grecia, che è di fronte a un livello insostenibile del debito, ci batteremo a favore di una Conferenza europea sul debito pubblico, analoga alla Conferenza di Londra del 1953 che ha trattato del debito della Germania prima e dopo la guerra. La vogliamo utilizzare per proporre una ridefinizione dei ruoli e del potere delle istituzioni UE. Il nostro obiettivo è un’ Europa solidale che faccia gli interessi della maggioranza dei cittadini, invece di imporre la volontà di pochi su tutti.
(di Marco Bersani marcattac@email.it -" www.cambialagreciacambialeuropa.eu )
GRECIA
Migliaia di persone in piazza ad Atene contro Bce e Merkel. Oggi tocca a Roma: appello del Prc, "davanti a Bankitalia" .Autore: fabio sebastiani
Decine di migliaia di persone si sono radunate oggi pomeriggio davanti al Parlamento greco in piazza Syntagma ad Atene, ma anche in altre città elleniche come Salonicco e Patrasso, per dire no a un prolungamento dell’austerità e in sostegno al nuovo governo Tsipras in coincidenza con l’insediamento del nuovo Parlamento. Ad Atene, molte strade del centro sono state chiuse, e per la prima volta dal 2012 le persone si sono assiepate a pochi metri dall’edificio del Parlamento, dove fino a qualche giorno fa c’erano barriere per tenere distanti i manifestanti.
Domani tocca a Roma. "Contro la dittatura dei banchieri”, Rifondazione Comunista invita tutti e tutte a partecipare domani alle 18 davanti alla sede della Banca d’Italia in via XX Settembre 97, a Roma. “E’ inaccettabile che la democrazia in Europa sia sottomessa alle volonta’ dei banchieri che difendono i loro privilegi e usano la speculazione contro il legittimo governo greco. E’ vergognoso che Renzi appoggi le misure della BCE contro il popolo greco e quindi contro tutti i popoli europei, a partire da quello italiano, mostrandosi ancora una volta per quello che e’: un servo privo di ogni dignita’ che blatera contro l’austerita’ ma e’ fedele esecutore degli ordini della Merkel”, dice Paolo Ferrero, segretario del Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea. All’iniziativa parteciperà anche Sel.
La manifestazione di Atene, convocata alle 17 ora italiana, è stata organizzata a tempo di record proprio sulle reti sociali stamattina, mentre dalle capitali e dalle istituzioni d’Europa arrivavano notizie di ‘chiusura’ nei confronti delle richieste del governo di Alexis Tsipras, che chiede una rinegoziazione del debito. Particolarmente drammatico, a Berlino, il riferimento alla situazione greca ‘in bilicò fatto dal ministro delle Finanze Yanis Varoufakis con accanto il collega tedesco Wolfgang Schaeuble: "Quando stasera tornerò nel mio Paese, troverò un parlamento in cui il terzo partito non è un partito neonazista, ma nazista", ha detto sollecitando la comprensione dei tedeschi e facendo un paragone fra la Grecia depressa di oggi e la Germania degli anni ’30. "Nessuno può capire meglio della Germania", ha aggiunto, le conseguenze cui può andare incontro "un paese depresso, in una crisi deflazionistica" da cui si pretende sempre di più. "Abbiamo bisogno che la Germania sia dalla nostra parte", ha concluso. All’interno del Parlamento, il giovane premier tagliava corto: "La troika è completamente finita…la Grecia non è più il misero partner che ascolta le prediche. Rispetteremo la volontà del popolo greco. Aspettiamo le proposte della Germania dalla quale non abbiamo ancora ascoltato niente di concreto".
Sulla pagina Facebook che stamane chiedeva la mobilitazione lo slogan era "Non ci facciamo ricattare. Non cediamo. Non abbiamo paura. Non arretriamo. Vinciamo" (e molti cartelli e striscioni in piazza riprendevano queste frasi

GRECIA
ALEXIS IL ROSSO RILANCIA: "VOGLIAMO I DEBITI DI GUERRA". E VAROUFAKIS ATTACCA RENZI. GREXIT TEMA AL G20.
"Manterremo le promesse elettorali". Alexis Tsipras oggi ha parlato di fronte al Parlamento della Grecia per quello che può essere considerato il discorso sul programma di Governo. Anche se il deficit supera il 180% e la prima scadenza di pagamento bussa ormai alle porte (poco più di 4 miliardi alla fine di marzo), Alexis il rosso va dritto per la sua strada. E alla vigilia della prima vera prova importante, il faccia a faccia con l’Eurogruppo (preceduto dal G20 di Istanbul dove è tra i temi emergenti), continua a mantenere la posizione di chiusura totale verso la Troika, anche se offre la possibilità di un “programma-ponte”.
Tsipras, in sostanza, chiede agli altri 18 membri nuovi fondi, ma senza negoziarli con la Troika, fino a giugno, abbandonando la dottrina "dell’austerita’ che si e’ rivelata disastrosa". Il premier greco ha detto che vuole rispettare il Patto di Stabilita’ (sottoscritto dai Paesi membri dell’Ue nel 1997 sul controllo delle rispettive politiche di bilancio che rafforzava il trattato di Maastricht del 1992, ma superato dal Fiscal Compact, ndr) sottolineando che "l’austerità’ non fa parte del trattato".
"Vogliamo dire chiaramente a tutti che non negoziamo la nostra sovranità nazionale, non negoziamo il mandato (ricevuto) dal popolo", ha aggiunto Tsipras, riferendosi al voto dato a Syriza che e’ stato un chiaro segnale di rifiuto dell’austerità e di cambio di politica. "Per questo il nuovo governo non ha diritto di chiedere una proroga di questo programma, che vale 240 miliardi, ma solo un programma ponte durante il quale concludere un negoziato per definire insieme un programma di crescita", ha detto il premier ellenico. La Grecia vuole un nuovo ‘contratto’ con l’Ue, quindi, che "rispetterà le regole dell’Eurozona ma non includerà misure irrealizzabili che siano un altro volto dell’austerità".
Nel suo discorso programmatico al Parlamento di Atene, il premier greco Alexis Tsipras poi ha rimesso avanti la questione delle "riparazioni di guerra della Germania", che, ha detto, "e’ un obbligo storico chiedere". Il riferimento e’ al 50% debito che venne abbonato nel 1953 alla Germania Federale per i danni dovuti dalla Germania Nazista (e solo in parte ancor quelli del trattato di Versailles della i guerra mondiale) da tutti i Paesi, inclusa la Grecia. La Grecia ha "un obbligo morale davanti al nostro popolo, quello di reclamare il prestito, che il III Reich obbligò l’allora banca centrale ellenica a versare, e le riparazioni per l’occupazione" tedesca durata 4 anni. Va detto che mentre per le riparazioni fu imposto un forfait valido per tutti i paesi, per il primo la Grecia non ebbe alcuna compensazione.
Intanto Atene, dopo che Roma e Parigi si sono sostanzialmente fatte da parte cedendo la leadership nelle trattative ad Angela Merkel, manda una frecciata rivolta al governo Renzi. "Funzionari italiani mi hanno detto che non possono dire la verità. Anche l’Italia è a rischio bancarotta ma teme ritorsioni da parte della Germania", dice il ministro delle Finanze Yanis Varoufakis dopo il tour europeo che l’ha portato anche a Roma. Sul fronte globale, a favore della Grecia in questo momento giocano alcuni fattori importanti come la crisi Ucraina e il G20 di Istanbul, dove Usa e Gran Bretagna da domani andranno in pressing sull’Eurozona perché trovi una soluzione ed eviti una nuova fase d’instabilità dalle ripercussioni potenzialmente globali.
Alla Casa Bianca non è piaciuta affatto l’apertura di Mosca ad Atene sul fronte finanziario. "Incoraggeremo le due parti a trovare un percorso comune. E’ importante che la Grecia e l’Ue lavorino insieme", dice un funzionario americano senior anticipando i colloqui del G20. E anche Londra torna a farsi sentire, con il ministro delle Finanze George Osborne che punta il dito sulla stallo nei negoziati europei con Atene a causa del quale Londra starebbe preparando un piano di contingenza e a Istanbul "incoraggerà i partner a risolvere la crisi". (Autore: fabio sebastiani)

GERMANIA/LAMPEDUSA
Europa ipocrita su Lampedusa
Oggi è di nuovo lecito provare orrore, almeno per un paio di giorni. Per l’ennesima volta Lampedusa si è trasformata nell’obitorio dell’Europa, per l’ennesima volta il sogno di una vita migliore è stato pagato con la morte. Ma il sentimento di orrore si esaurirà presto, e c’è da temere che non avrà alcuna conseguenza. Fino a qualche mese fa sembrava che nel dibattito sulla politica europea in materia di rifugiati si stesse muovendo qualcosa. Anche in Germania c’era chi chiedeva il prolungamento dell’operazione di salvataggio umanitario Mare nostrum e si parlava di una politica di accoglienza coordinata a livello europeo. Ma poi, senza fare troppo rumore e senza attirare troppa attenzione, a novembre l’Italia ha sospeso l’operazione Mare nostrum. Così il dibattito europeo è tornato al punto di partenza: un ping pong tra i due poli dell’emergenza profughi" e delle "catastrofi dei rifugiati". Le emergenze profughi scoppiano puntualmente quando "ne arrivano troppi", quando sugli schermi televisivi scorrono le immagini dei centri d’accoglienza italiani sovraffollati. Allora il primo riflesso è sempre il rifiuto. Del resto l’interruzione di Mare nostrum ha fatto contenti anche molti governi europei, convinti che un’operazione di salvataggio sistematico faccia in realtà da "calamita", come è stato più volte ripetuto. Ma i naufragi continuano a ripetersi con sconcertante regolarità. L’operazione Mare nostrum era stata un grande passo avanti, perché il suo scopo non era la difesa delle frontiere ma il salvataggio dei migranti. Ma questo cambiamento di prospettiva è durato solo un anno. Ora tutti provano di nuovo orrore, ma è una reazione ipocrita: sono state l’Italia e l’Europa a voltare le spalle ancora una volta ai rifugiati, e a fare in modo che il Mediterraneo continui a essere una fossa comune. ( DI Michael Braun, Die Tageszeitung, Germania)

BELGIO
False vittorie sull’evasione fiscale
I politici europei sono straordinari. Tra il "mai più" pronunciato nel 2009 dall’allora presidente francese Nicolas Sarkozy al termine del vertice del G20 sulla lotta ai paradisi fiscali e le "pratiche inaccettabili" di cui parlava il premier belga Charles Michel nel 2014 dopo lo scandalo Lux-Leaks, ci vogliono far credere di avere sempre sul comodino la guida per la lotta all’evasione fiscale.
Sarebbe bello. Negli ultimi cinque anni non possiamo certo dire che le ingiustizie sociali e le disuguaglianze di reddito in Europa siano diminuite di molto, e nemmeno che gli stati europei in difficoltà abbiano trovato il modo di riempire le loro casse. Ma in questi cinque anni molta acqua è passata sotto i ponti. L’arsenale di misure repressive e preventive destinate alla lotta contro l’evasione è impressionante, sia in Europa sia nei paesi dell’Ocse. Grazie allo scambio automatico di informazioni sui conti correnti adottato nel 2011 dall’Unione europea, gli evasori fiscali sembrerebbero spacciati. Circolare, non c’è più niente da vedere.
Ma c’è un problema, e forse più di uno. Il primo riguarda la definizione stessa di evasione fiscale, che è diversa in Svizzera e in molti paesi dell’Ocse. È una seccatura, perché se non parliamo della stessa cosa è difficile scambiarsi dati e informazioni fiscali appropriate e affidabili. Il bersaglio, insomma, non è ben inquadrato. Finora a subire la furia delle autorità fiscali europee sono stati soprattutto i privati, per caso (grazie a un documento rubato, nella vicenda della filiale svizzera della banca britannica Hsbc) o perché le misure repressive hanno funzionato, spingendoli a regolarizzare la loro posizione.
SILENZIO ASSORDANTE
MA GLI ALTRI, I PESCI GROSSI CHE SI NASCONDONO DIETRO SOCIETÀ DI FACCIATA? Loro continuano a nuotare in acque torbide, e non solo in quelle dei paradisi fiscali dei tropici. Anche all’interno dell’Unione europea ci sono ancora troppe possibilità di sfuggire alle leggi o di aggirarle. È per questo che il silenzio dei leader europei all’indomani delle rivelazioni sullo scandalo della Hsbc svizzera è sconvolgente. Anche se in teoria esistono misure per lottare contro l’evasione fiscale, nella pratica non vengono applicate. C’è ancora moltissimo da fare, anche in termini di organizzazione delle istituzioni fiscali. Tutto questo è inaccettabile( di François Mathieu, Le Soir, Belgio)

FRANCIA
NON PASSA IL FRONT NATIONAL
Il Front national (Fn) non avrà il suo terzo deputato all’assemblea nazionale. Al ballottaggio delle suppletive nel dipartimento del Doubs, Sophie Montel, candidata del partito di Marine Le Pen (nella foto), è stata sconfitta dal socialista Frédéric Barbier. "Una vittoria piccola e complicata", scrive Liberation, "ma pur sempre una vittoria". L’aumento dell’affluenza (il 9 per cento in più rispetto al primo turno) aveva fatto immaginare una mobilitazione contro l’Fn che invece non c’è stata. E la vittoria, che secondo Le Monde "ha un retrogusto amaro", è arrivata per soli 863 voti.

REGNO UNITO
IL VOTO NEGATO . IL 10 FEBBRAIO LA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI UMANI HA STABILITO CHE LONDRA SI È RESA COLPEVOLE DI VIOLAZIONE DEI DIRITTI UMANI NEGANDO IL DIRITTO DI VOTO A 1.015 DETENUTI TRA IL 2009 E IL 2011. Si tratta, ricorda il Daily Telegraph, "dell’ultima di una serie di sen-tenze contro il Regno Unito in una lunga sfilza di casi simili". Secondo il quotidiano, "la Corte deve ancora pronunciarsi su 80 casi relativi alle elezioni europee del 2014 e al referendum sull’indipendenza della Scozia". Da parte sua il premier David Cameron si è più volte detto "fisicamente disturbato" dall’idea di far votare i detenuti e ha regolarmente disobbedito alle richieste del Consiglio d’Europa di modificare la legge britannica per adeguarla alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

BELGIO
L’11 febbraio il leader e una quarantina di affiliati del gruppo jihadista Sharia4 Belgium) sono stati riconosciuti colpevoli di far parte di un’organizzazione terroristica. Il tribunale di Anversa ha condannato il leader Fouad Belkacem a dodici anni di prigione. Molti dei jihadisti condannati si trovano però in Siria, dove alcuni di loro sarebbero stati uccisi.

POLONIA
II 6 febbraio è stata inaugurata la campagna elettorale per le presidenziali del 10 maggio. Il capo di stato uscente Bronislaw Komorowski è considerato il favorito del voto.

RUSIA
IL GIOCO DEL PETROLIO
Vlast, Russia Fin dai suoi albori, il commercio del petrolio non ha mai rispettato le normali regole del mercato. Molto spesso infatti l’andamento dei prezzi del greggio non segue la legge della domanda e dell’offerta. Secondo il settimanale Vlast, un perfetto esempio di queste dinamiche è offerto dalla situazione attuale, "con il prezzo del petrolio che, dopo il picco raggiunto a luglio, è sceso del 60 per cento anche se la domanda continua a crescere, l’offerta è stabile e la situazione nei paesi produttori del Medio Oriente è estremamente precaria". La a situazione è simile a quella del 1986, quando "il prezzo del greggio scese, altrettanto rapidamente, da 30 a circa 10 dollari al barile, nonostante la produzione fosse stata tagliata sensibilmente e il Medio Oriente fosse funestato dalla guerra tra Iraq e Iran". Secondo molti esperti, la crisi dell’Unione Sovietica cominciò proprio allora, con la drastica diminuzione delle esportazioni di gas e petrolio. "Anche in quel periodo, come succede oggi, gli analisti affermavano che l’Arabia Saudita stesse puntando ad aumentare la sua quota di mercato con una politica di prezzi bassi. In realtà nel 1986 calarono anche le esportazioni saudite". Il punto, conclude Vlast, è che il mercato del petrolio funziona secondo una logica che sfugge ai tradizionali criteri economici

SLOVACCHIA
Niente quorum contro i gay.
È fallito in Slovacchia il referendum organizzato il 7 febbraio per rafforzare il divieto dei matrimoni gay e delle adozioni da parte delle coppie omosessuali. Alle urne è andato il 21 per cento degli aventi diritto, ben al di sotto del 50 per cento necessario per rendere valido il voto. Il referendum era stato richiesto dall’organizzazione cattolica conservatrice Alleanza per le famiglie. "La percentuale dei vo¬tanti corrisponde a quella dei cattolici che vanno a messa ogni – domenica", scrive Tyzden. "Certo, nel paese ci sono molti altri cattolici meno osservanti e contrari ai matrimoni gay. Ma evidentemente non erano abbastanza convinti da andare a vo-tare. Nel complesso, quindi, il referendum non comporta grandi cambiamenti politici".

AZERBAIGIAN
L’informazione sotto attacco. Baku inasprisce il controllo sull’informazione. In base ad alcuni emendamenti alla legge attuale voluti dal presidente Ilham Aliev, le autorità potranno chiudere i mezzi d’informazione che ricevono finanziamenti dall’estero e quelli ritenuti colpevoli di diffamazione per due volte in un anno, scrive Radio Free Europe. Le nuove norme confermano la stretta sulla libertà d’espressione seguita alla rivolta di Euromaidan a Kiev. Come spiega Eurasianet, negli ultimi mesi molti giornali e siti indipendenti sono stati costretti a chiudere

MEDIO ORIENTE & AFRICA
SIRIA
IL BILANCIO DI DAMASCO
"Nel 2010 il pil siriano superava i 100 miliardi di dollari. Dopo quasi cinque anni di guerra, si è dimezzato. Il danno economico causato dal conflitto e dalla svalutazione della lira siriana è enorme. Metà della popolazione vive sotto la soglia di povertà", scrive Al Hayat. "In questo contesto il governo ha approva-to una finanziaria da nove miliardi di dollari, la cifra più alta mai spesa nella storia siriana". In un’intervista del 10 febbraio con la tv britannica Bbc il presidente Bashar al Assad ha detto che era stato informato dei raid in territorio siriano del-la coalizione internazionale contro il gruppo Stato islamico e ha negato che i suoi soldati usino i barili esplosivi, nono-stante la pratica sia stata documentata dalle organizzazioni per i diritti umani.

IRAQ.
UN’OFFENSIVA IMMINENTE IL COORDINATORE STATUNITENSE DELLA COALIZIONE CONTRO IL GRUPPO STATO ISLAMICO ha annunciato l’inizio imminente di una grande offensiva terrestre dell’esercito iracheno contro i miliziani jihadisti, scrive Al Jazeera. Tra il 7 e il 9 gennaio una serie di attentati a Baghdad ha causato 47 morti. L’8 gennaio il governo ha tolto il coprifuoco notturno sulla capitale, che durava da 12 anni.

EGITTO
Campionato sospeso. L’Egitto ha sospeso il campionato di calcio dopo che l’8 febbraio 22 tifosi sono morti negli scontri con la polizia davanti a uno stadio del Cairo. Il 10 febbraio, durante la visita del presidente Vladimir Putin, è stato firmato un accordo tra Russia ed Egitto per costruire la prima centrale nucleare egiziana a Dabaa, sul Mediterraneo.

BAHREIN
Hilary Matfess, Al Jazeera America, Stati UnitiII 9 febbraio il governo ha annunciato la chiusura della tv Al Arab, del miliardario saudita Al Walid bin Talal, che pochi giorni prima aveva mandato in onda l’intervista a un leader dell’opposizione sciita.

REP. CENTRAFRICANA
Il 10 febbraio sono ripresi a Bria, nel centro del paese, i combattimenti tra le forze internazionali e i ribelli ex Séléka. Sud Sudan II 10 febbraio il governo ha accusato i ribelli di aver violato il cessate il fuoco nella città di Bentiu.

YEMEN
POTERE AGLI HOUTHI
Dopo che i ribelli houthi hanno conquistato la capitale yemenita Sanaa, molti si sono chiesti quali erano i loro obiettivi e se intendevano governare", scrive Al Akhbar. Il 6 febbraio gli houthi hanno rotto gli indugi: durante una cerimonia al palazzo presidenziale, i rappresentanti di Ansarullah, il partito dei ribelli sciiti, hanno letto una "dichiarazione costituzionale" con cui hanno annunciato lo scioglimento del parlamento e la formazione di un consiglio presidenziale che sostituisce il capo dello stato dimissionario Abd Rabbo Mansur Hadi. Gli houthi si sono assunti l’incarico di guidare il paese in una fase di transizione che durerà due anni. L’annuncio ha scatenato proteste a Sanaa e a Taiz, che sono proseguite l’u febbraio, l’anniversario della rivoluzione yemenita. "Molti parlano di colpo di stato", spiega Al Akhbar. L’8 febbraio l’inviato speciale delle Nazioni Unite Jamal Benomar è tornato nello Yemen per portare avanti i colloqui di pace con le varie fazioni. "Ma ha poche possibilità di successo", commenta il quotidiano saudita Asharq al Awsat. Gli Stati Uniti, il Regno Unito e la Francia hanno chiuso le loro ambasciate a Sanaa per motivi di sicurezza. ( Al Akhbar. Libano)

NIGERIA
Una forza africana contro Boko haram.
CIAD, CAMERUN E NIGER HANNO INVIATO I LORO SOLDATI A COMBATTERE CONTRO I JIHADISTI NEL NORDEST DELLA NIGERIA. MA NON BASTERÀ UN INTERVENTO MILITARE ESTERNO A RISOLVERE IL CONFLITTO.
Dal 4 febbraio i ribelli nigeriani di Boko haram attaccano obiettivi in Niger e in Camerun. L’escalation di violenze è la realizzazione delle minacce lanciate dal gruppo ribelle ai paesi confinanti dopo che l’Unione africana (Ua) ha approvato l’invio di un contingente di 7.500 soldati nigeriani, ciadiani, camerunesi, nigerini e beninesi nel nordest della Nigeria. L’esercito di Abuja finora non è stato in grado di contenere l’insurrezione. Una forza internazionale, invece, potrebbe avere la meglio sui miliziani. Ma il piano africano non tiene conto di due aspetti: innanzitutto rischia di allargare al resto della regione una rivolta che riguarda soprattutto la Nigeria; in secondo luogo, non affronta le condizioni che hanno favorito l’ascesa di Boko haram.
La comunità internazionale ha accolto con favore la creazione di una task force africana. La struttura e il mandato della missione non sono ancora chiari, ma paesi ideologicamente distanti come Iran e Stati Uniti hanno promesso il loro sostegno. L’ambito di un intervento militare straniero però dev’essere definito precisamente per non minare la sovranità nigeriana. I governi dell’Africa occidentale hanno una lunga storia di ingerenze negli affari interni di altri stati, a volte attraverso il sostegno a gruppi ribelli e milizie in lotta tra loro.
LIMITI BEN DEFINITI
I paesi vicini alla Nigeria, che hanno accolto migliaia di profughi, hanno molto da guadagnare da una sconfitta di Boko haram. Ma la risposta dell’Unione africana non dev’essere affrettata. La missione non ha un mandato né una durata temporale ben definiti, e questo potrebbe significare un’espansione dell’insurrezione a livello regionale. Inoltre la creazione di una forza militare internazionale non risponde alle cause che hanno scatenato la rivolta. Fino a pochi anni fa Boko haram agiva solo nel nordest della Nigeria, uccidendo rappresentanti delle élite politiche e religiose locali. Ma con il passare del tempo è diventato un gruppo terroristico che attacca i simboli dello stato. L’Unione africana non dovrebbe sotto-valutare la lezione dell’intervento armato in Somalia, che doveva durare sei mesi ma va avanti ormai da otto anni. Nel corso del tempo il mandato della missione è passato dal mantenimento della pace allo scontro diretto con i ribelli di Al Shabaab. Il numero dei soldati schierati in Somalia è salito da ottomila a più di 20mila. Nonostante i pesanti colpi subiti, Al Shabaab continua a cambiare obiettivi e tattiche, estendendo gli attacchi a Uganda e Tanzania. Le autorità del nordest della Nigeria faticano a risolvere i problemi locali, che van-no dalla povertà all’esclusione politica. La comunità internazionale deve fare pressioni sull’Unione africana affinché il suo inter-vento abbia limiti precisi e non porti a una militarizzazione della regione. Contemporaneamente si dovranno affrontare le cause della crisi: la Nigeria ha bisogno di riforma-re il settore della sicurezza e di lavorare sull’integrazione politica ed economica delle comunità del nordest. In assenza di cambiamenti significativi, la militarizzazione del paese
NOTA
A una settimana dal voto del 14 febbraio, la Nigeria ha annunciato il rinvio delle presidenziali al 28 marzo e delle legislative all’11 aprile, perché non è possibile assicurare il corretto svolgimento delle elezioni nelle aree colpite dalle violenze di Boko haram. Il governo è stato criticato dal partito d’opposizione Ali progressives congress, che denuncia un tentativo del People’s democratic party di prendere tempo per guadagnare consensi. Si teme che l’attesa possa far crescere le tensioni tra i sostenitori dei due principali candidati, il presidente in carica Goodluck Jonathan e l’ex generale Muhammadu Buhari. Africa Check
(Hilary Matfess, Al Jazeera America, Stati Uniti)

ASIA & PACIFICO
TIMOR LESTE
II 9 febbraio si è dimesso il primo ministro Xanana Gusmao, eroe dell’indipendenza.

AUSTRALIA
II primo ministro Tony Abbott è sopravvissuto il 9 febbraio a una mozione di sfiducia interna al Partito liberale, la formazione conservatrice al potere. Abbott ha ottenuto 61 voti a favore e 39 contrari.

GIAPPONE
Tokyo ignora Okinawa. "Tra Okinawa e il governo centrale è in corso una guerra fredda", scrive il Japan Times. Da quando, nel novembre 2014, è stato eletto governatore della provincia più meridionale del Giappone, Takeshi Onaga ha chiesto più volte invano di incontrare il primo ministro Shinzo Abe o il capo di gabinetto Yoshihide Suga. Onaga, che guida la battaglia degli okinawani contro la ricollocazione della base aerea statunitense di Futenma a Henoko, dov’è in corso la costruzione di una nuova base, ha incaricato un comitato di valutare la legalità dell’accordo tra Tokyo e Washington per lo spo-stamento. Ma, nel quadro del nuovo ruolo militare che Abe vuole dare al paese, Okinawa è più che mai strategica.

MALESIA
L’opposizione in carcere. Il 10 febbraio un tribunale malese ha confermato la condanna a cinque anni di reclusione del capo dell’opposizione Anwar Ibrahim, accusato di sodomia. Ibrahim, condannato in primo grado nel marzo del 2014 per aver avuto rapporti sessuali con un suo assistente, ha perso la causa d’appello. Per molti si tratta di una sentenza politica per eliminare l’unico leader in grado di sfidare il potere del primo ministro Najib Razak.

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INDONESIA
Vergini alla maturità
"Il governo indonesiano non deve più tollerare i test della verginità nel paese": il Jakarta Globe riporta le dichiarazioni dell’ong Human rights watch a proposito di un progetto di legge del consiglio comunale di Jember, una città sull’isola di Java. L’amministrazione cittadina vuole introdurre il test obbligatorio per le studentesse (ma non per gli studenti) in vista del diploma. "Un’iniziativa sconcertante che però non sorprende", continua long. Nel paese, infatti, il test è praticato abusivamente da decenni alle aspiranti poliziotte e soldate

BANGLADESH
Battaglia a colpi di ritorsioni
Sono quasi novanta le vittime delle violenze scoppiate all’inizio di gennaio in Bangladesh, dove è in corso una battaglia politica a colpi di ritorsioni tra la Lega awami, guidata dalla prima ministra Sheikh Hasina, al potere dal 2009, e il Partito nazionale bangladese (Bnp), della ex premier Khaleda Zia, che guida l’opposizione. Almeno nove persone sono morte il 7 febbraio a bordo di un pullman a Barisal, nel sud del paese, attaccato con bombe molotov dai sostenitori dell’opposizione. Il giorno prima, in un episodio simile, erano morte altre sette persone. Le proteste dei soste-nitori del Bnp, che chiedono nuove elezioni, sono cominciate a un anno dal voto del 5 gennaio 2014, boicottato dall’opposizione. Finora la polizia ha arrestato più di diecimila attivisti del Bnp e segregato la leader Zia nel suo ufficio, scrive l’Express Tribune. È probabile che l’esercito interverrà per ristabilire l’ordine, ma è difficile che Hasina cederà alle richieste dei manifestanti

CINA
Senza acqua corrente (Caixin, Cina). Sono trascorsi dieci anni dal lancio della campagna per garantire a centinaia di milioni di cinesi l’accesso all’acqua potabile, ma vaste zone rurali del paese devono ancora fare i conti con l’insicurezza idrica. Il 29 gennaio si è tenuta una riunione tra i ministri interessati per fare il punto sul piano quinquennale che terminerà quest’anno. Secondo Jiang Wenlai, dell’Accademia cinese per le scienze agricole, il governo riuscirà a fornire acqua a 298 milioni di persone. Altri studiosi, scrive Caixin, sono meno fiduciosi. Dal 2006 al 2011 il governo ha investito l’equivalente di 11 miliardi di euro, e altri 18 miliardi tra il 2011 e il 2015, per la fornitura di acqua corrente. Tuttavia, un rapporto del 2012 sottolineava come, mentre milioni di cinesi ottenevano finalmente l’accesso all’acqua, almeno 196 milioni cominciavano ad avere problemi causati dalle acque inquinate e da infrastrutture idriche datate. Sono a rischio soprattutto le zone centrali e occidentali del paese, dove si è trasferita parte della produzione industriale.
CINA
II 9 febbraio è stata eseguita la condanna a morte di Liu Han, un magnate dell’industria mineraria accusato di essere a capo di un’organizzazione mafiosa nella provincia dell’Hubei, nel centro del paese.

INDIA
SORPRESA ELETTORALE. In fila a un seggio per il rinnovo del parlamento del Territorio della capitale. I risultati definitivi del voto, arrivati il io febbraio, hanno decretato il trionfo dell’Aam Aadmi party (Aap), il "Partito dell’uomo comune" fondato nel 2012 dall’attivista anticorruzione Arvind Kejriwal. L’Aap si è aggiudicato 67 seggi su 70, battendo il Bharatiya Janata party (Bjp) del primo ministro Narendra Modi, a cui sono andati gli altri tre. È la prima grave sconfitta per il Bjp. Il partito del Congress non ha ottenuto nessun seggio. New Delhi, India 7 febbraio 2015

AMERICA CENTRO-MERIDIONALE
ARGENTINA, CILE, URUGUAY, PARAGUAY, BRASILE e Piano Condor, politici, servizi e militari alla sbarra a Roma: la tragedia dei desaparecidos. Prenderà avvio proprio il 12 Febbraio 2015 nell’Aula Bunker di Rebibbia il primo grado di giudizio del Processo che riguarda il Piano Condor. Alla sbarra gli esponenti di giunte militari e dei servizi di sicurezza dell’America del Sud, accusati a vario titolo della scomparsa e della morte di 23 cittadini di origine italiana avvenuta tra il 1973 e 1978. Processo di portata storica che arriva dopo un’inchiesta durata dieci anni condotta dal Procuratore Giancarlo Capaldo e i cui sviluppi sono molto attesi anche in America del Sud. La lista degli imputati include 21 persone e comprende ex autorità militari e di governo di Bolivia, Cile, Perù e Uruguay. Il Piano Condor è un piano finalizzato all’eliminazione di qualsiasi oppositore politico dei regimi di Argentina, Cile, Uruguay, Paraguay, Brasile e Bolivia e che ha consentito a militari e servizi segreti di agire indisturbati per la cattura, la tortura e l’uccisione sistematica dei sospetti, anche al di là dei confini nazionali.
"Questo processo è importante per noi, che speriamo di ottenere giustizia" ricorda Aurora Meloni "ma è importante anche per l’Italia, che ha bisogno di non perdere la memoria ..ha bisogno di sapere chi siamo, chi siamo stati e chi vogliamo essere domani".
12 Febbraio presso la Sala della Fondazione Basso in Via della Dogana Vecchia, 5 a Roma, dalle 17 alle 19, si terrà un incontro con alcuni familiari e avvocati delle vittime del processo Condor. Dopo i saluti del Prof. Guido Calvi, interverranno Aurora Meloni (parte civile) e gli avvocati di parte civile Arturo Salerni, Giancarlo Maniga, Alicia Mejía, Simona Filippi, Andrea Speranzoni e Fabio Maria Galiani. Il dibattito sarà moderato da Jorge Ithurburu, dell’associazione 24marzo Onlus. (Autore: fabrizio salvatori)

BRASILE
Petrobras si rinnova
Il 6 febbraio Aldemir Bendine, dal 2009 alla guida del Banco do Brasil, è stato nominato presidente dell’azienda petrolifera statale brasiliana Petrobras. Bendine ha preso il posto di Ma¬ria das Gracas Foster, che si è dimessa insieme ad altri cinque dirigenti a causa dello scandalo di corruzione che ha colpito la compagnia. Secondo Istoé, "Bendine assume la direzione di Petrobras proprio quando l’azienda attraversa una delle crisi peggiori della sua storia, ma con la garanzia di poter agire in totale autonomia. Le sfide che ha davanti non sono poche: dovrà rinnovare la gestione dell’azienda, rinnovare il suo valore sul mercato e mettere fine all’ingerenza dei partiti e dei politici nelle sue attività".

ARGENTINA
IL GOVERNO DEVE FARE CHIAREZZA.
La presidente argentina Cristina Fernández deve capire che lo scandalo originato dalla morte del magistrato Alberto Nisman – che accusava il governo di coprire le responsabilità dell’Iran per l’attentato del 1994 contro la sede dell’Asociación mutuai israelita argentina – non è un semplice fatto di politica interna, ma una questione con conseguenze profonde a livello nazionale e internazionale. Il suo governo deve adottare una strategia chiara per fare luce sul caso Nisman e sul più grave attentato terroristico avvenuto in territorio argentino.
Denunciare un complotto contro il governo e smantellare i servizi segreti, come ha fatto Fernández, non aiuta a creare un clima sereno. E non aiuta neanche il comportamento del capo di gabinetto Jorge Capitameli, che il 2 febbraio durante una conferenza stampa ha strappato una copia del Clarín. Qualche giorno prima il quotidiano aveva scritto che Nisman stava per chiedere al parlamento l’autorizzazione all’arresto della presidente e di alcuni suoi collaboratori. Il governo ha accusato il Clarín di mentire ai lettori, ma poche ore dopo è trapelato un documento scritto da Nisman che confermava la versione del giornale.
Gli effetti della morte del magistrato hanno oltrepassato le frontiere argentine. Il congresso degli Stati Uniti ha chiesto un’indagine imparziale, e il giornalista che ha dato per primo la notizia del decesso di Nisman si è rifugiato in Israele. I richiami del governo al rispetto della sovranità sono fondati, ma ora la presidente deve schierarsi dalla parte delle vittime, che sono Nisman e le 85 persone uccise nell’attentato del 1994.
NOTA
Ultime notizie
14 gennaio 2015 II procuratore federale Alberto Nisman accusa la presidente Cristina Fernández di aver cercato di coprire le responsabilità dell’Iran nell’attentato del 1994 contro la sede dell’Asociación mutuai israelita argentina, in cui morirono 85 persone.
19 gennaio Nisman viene trovato morto nel suo appartamento, con un foro di proiettile alla testa. Poche ore dopo doveva esporre al congresso il suo rapporto sulle responsabilità della presidente.
20 gennaio Cristina Fernández dichiara che Nisman si è suicidato e che il procuratore stava mentendo per indebolire il governo.
22 gennaio II governo cambia versione e afferma che Nisman è stato ucciso da una frangia deviata dei servizi segreti. 26 gennaio Damián Pachter, il primo giornalista a dare la notizia della morte di Nisman, lascia l’Argentina e si rifugia in Israele. Cristina Fernández annuncia un progetto di legge per smantellare i servizi segreti nazionali.
1 febbraio II quotidiano Clarín rivela che Nisman stava per chiedere al parlamento l’autorizzazione ad arrestare la presidente. 10 febbraio La squadra di antropologi forensi che si occupa del caso Nisman afferma di aver trovato il dna di una persona non identificata nell’appartamento del procuratore.

HAITI
II 9 febbraio decine di persone sono rimaste ferite negli scontri scoppiati a Port-au-Prin-ce durante una manifestazione per chiedere una riduzione del prezzo della benzina.

CUBA
II 9 febbraio l’azienda statunitense Netflix ha inaugurato il suo servizio di video in streaming. Gli ostacoli principali sono il prezzo elevato e la scarsa diffusione di internet sull’isola.

COLOMBIA
UN PERSONAGGIO CHIAVE
Semana, Colombia . "Maria del Pilar Hurtado, l’ex direttrice del Departamento administrativo de seguridad (Das, l’intelligence colombiana), è il personaggio chiave del più grande scandalo di spionaggio del paese", scrive Semana. Il 31 gennaio Hurtado, che si trovava a Panamá, si è consegnata alle autorità colombiane ed è stata subito portata a Bogotá. È accusata, tra le altre cose, di aver diretto durante il governo di Alvaro Uribe Vélez (2002-2010) una serie d’intercettazioni illegali contro giornalisti, attivisti per i diritti umani, magistrati della corte suprema di giustizia e politici dell’opposizione. "Il suo aspetto semplice e dimesso contrasta con i capi d’accusa che pendono su di lei. Se risultasse colpevole, Hurtado non solo rischierebbe molti anni di carcere, ma potrebbe trascinare con sé anche l’ex presidente Uribe. Infatti il Das, che oggi è stato smantellato, dipendeva direttamente dalla presidenza della repubblica". Uribe ha difeso Hurtado dichiarando che le intercettazioni illegali erano giustificate da motivi di sicurezza nazionale, ma secondo Semana questa tesi non regge. Resta da vedere cosa dirà Hurtado in tribunale e se farà qualche nome

AMERICA SETTENTRIONALE
CANADA
INTERVISTA A NAOMI KLEIN.
SALVARE L’AMBIENTE CI FARÀ USCIRE DALLA CRISI Lo sostiene la scrittrice Naomi Klein nel suo nuovo libro. Come riuscirci? Smettendola di inquinare, riducendo gli sprechi/usando le-energie rinnovabili. «Così creeremo anche nuovi posti di lavoro»
(Vivo in Canada. Ma mio figlio, che ha 2 anni, potrebbe non vedere mai un alce: è in via di estinzione.)
«Ciò che mi spaventa non è solo il clima che cambia, e porta con sé i tifoni, le tempeste, l’innalzamento dei mari. Ma il modo in cui gli esseri umani si stanno comportando nel bel mezzo di queste catastrofi: cerchiamo vantaggi personali, censiamo ai nostri interessi, e ci dimentichiamo degli altri. E colpa del capitalismo, che incoraggia la parte peggiore di noi». Naomi Klein, 44 anni, va dritta al punto. La incontro a Venezia dove, ironia della sorte, oggi c’è acqua alta. L’attivista e scrittrice canadese presenta il suo ultimo libro: Una rivoluzione ci salverà. Perché il capitalismo non è sostenibile (Rizzoli). Un volume di oltre 700 pagine, ricco di documenti e di testimonianze, in cui lei spiega come il nostro sistema economico stia portando alla distruzione del Pianeta.
QUAL È L’EMERGENZA AMBIENTALE PIÙ GRANDE? «Abbiamo solo 2 anni per ridurre le emissioni di anidride carbonica: il 2017, come avvertono i climatologi, è il punto di non ritorno».
NON C’È TANTO MARGINE PER INTERVENIRE.
«In realtà ho scritto questo libro proprio per lanciare un messaggio positivo: cambiare si può, se ci muoviamo tutti insieme».
MA, CONCRETAMENTE, COME POSSIAMO FARLO?
«Per troppo tempo ci siamo accontentati di agire sul piano individuale: consumando meno, riducendo gli sprechi, limitando l’uso della macchina… Buone azioni, certo. Ma se vogliamo davvero cambiare il mondo, e non solo noi stessi, dobbiamo farlo collettivamente. Se sei uno studente, coinvolgi la tua scuola. Se sei cattolico, interpella il Vaticano. Se sei in un sindacato, pretendi di sapere in che modo intende salvare la Terra. Ma, soprattutto, bisogna convincere i politici a far pagare più tasse a chi inquina e a chi trae profitto saccheggiando le risorse naturali. Ricorrere ai carburanti fossili, tipo il petrolio, dovrebbe essere un comportamento da condannare, tanto quanto fare uso di armi o di tabacco».
COSÌ RIUSCIREMO A TRASFORMARE LA SOCIETÀ?
«Sono convinta di sì. Gli esseri umani sono capaci di azioni crudeli, ma anche di gesti di solidarietà, come raccogliere fondi per salvare le specie in via d’estinzione o per far fronte alle emergenze umanitarie».
MOLTI, PERÒ, SEMBRANO NON RENDERSI CONTO CHE IL PIANETA È IN PERICOLO
«Nei Paesi messi a dura prova dalla recessione, e l’Italia è uno di questi, si tende a relegare l’ambiente in fondo alla lista delle priorità. Ma non può esserci una vera ripresa senza una politica di sostenibilità. L’ironia di tutto ciò è che l’economia italiana è basata sulle risorse naturali: pensiamo all’agricoltura, alla pesca, al turismo».
UNA RIVOLUZIONE CI SALVERÀ ARRIVA 15 ANNI DOPO NO LOGO, IN CUI LEI GIÀ DENUNCIAVA LE CONTRADDIZIONI DEL SISTEMA CAPITALISTICO.
«Questo libro è la sua evoluzione. Quando sono venuta in Italia a presentare No Logo, ho scoperto una parola che non avevo mai sentito prima: precarietà. Riassume ciò che stiamo vivendo oggi e l’insicurezza che ne deriva. È diventata un’etichetta: tutto è precario».
LO È SPECIALMENTE IL LAVORO.
«Non credo che le opportunità siano per forza legate al capitalismo né che l’unica alternativa sia la disoccupazione. Anzi, combattere questo tipo di economia, e di ideologia, può creare nuovi impieghi e professioni. Potremmo dare un futuro a tutti, specialmente ai giovani».
UN PO’ UTOPISTICO, NO?
«Affatto. Guardiamo la Germania: dopo aver abbandonato il nucleare, sta attuando un’importante trasformazione. Oggi il 20-25% dell’elettricità tedesca è ricavata da fonti rinnovabili, e questo ha creato posti di lavoro. Si può al tempo stesso affrontare la recessione economica e salvare l’ambiente».
CREDE CHE UN LIBRO SIA IN GRADO DI CAMBIARE LA MENTALITÀ DELLE PERSONE?
«Credo che la gente sia stanca. L’Italia, per esempio, sta attraversando una lunga crisi di cui non scorge la fine. Tuttavia, penso che ci siano lo spazio e la forza per rialzare la testa. Lo abbiamo visto alle elezioni in Grecia, lo stiamo vedendo nelle manifestazioni in Spagna. Un libro può aiutare a dar voce a un problema, a un’esigenza». Qual è il suo prossimo passo? «Un documentario che ho realizzato con mio marito Avi Lewis. Parla dei movimenti sociali e ti spinge a dire: anch’io voglio farne parte. Perché parla di uomini e donne veri, di problemi reali. Non ci sono discorsi da intellettuali».
UN BRANO DEL SUO LIBRO MI HA MOLTO COLPITO: QUELLO IN CUI LEI SPIEGA CHE SUO FIGLIO TOMA, 2 ANNI E MEZZO, FORSE NON RIUSCIRÀ MAI A VEDERE UN ALCE. PERCHÉ LA SPECIE È A RISCHIO ESTINZIONE.
«Di solito non mi piace parlare della mia vita privata, ma in quel caso cercavo qualcosa che riuscisse a toccare il cuore di ognuno. Mi rendevo conto che i dati, pur terrificanti, da soli non erano sufficienti. Alla gente servono immagini da vedere e condividere. Altrimenti continuerà a pensare che siano solo problemi di natura politica, senza alcuna ricaduta sul piano personale».
COSA SOGNA PER TOMA?
(Lungapausa) «Sylvia Earle, una grande oceanografi una volta mi ha detto: "Abbiam D bisogno di un movimento per la pace". Ecco cosa sogno per mio figlio: che possa vivere in un mondo di pace
NAOMI KLEIN. 44 anni, canadese, è attivista e scrittrice Collabora con il Guardian e il New York Times. Il suo libro No Logo. Del’1999. È considerato il manifesto del movimento No Global. Il suo ultimo libro Una rivoluzione ci salverà (Rizzoli). ( da DM di ISABELLA FAVA )

CANADA
LIBERA SCELTA PERI MALATI
Il 6 febbraio la corte suprema del Canada ha consentito i suicidi assistiti, rovesciando un divieto in vigore dal 1993. I giudici hanno stabilito che i medici possono aiutare a morire i pazienti adulti affetti da malattie gravi e incurabili. Il Globe and Mail spiega che la sentenza arriva al termine di una causa portata in tribunale da un gruppo di attivisti per i diritti civili per conto di Kay Carter e Gloria Taylor, due donne con malattie degenerative che nel frattempo sono morte. Il governo ha un anno di tempo per riscrivere la legge sul suicidio assistito. Se entro quel termine il parlamento non ne approverà una nuova, la legge attuale sarà abrogata.

STATI UNITI
POLIZIOTTO INCRIMINATO
Il 10 febbraio vmgrand jury di New York ha rinviato a giudizio Peter Liang, il poliziotto accusato di aver ucciso Akai Gurley, un afroamericano di 28 anni. "Il 20 novembre Gurley, che era disarmato, era andato a trovare la fidanzata nella sua casa di Brooklyn", spiega il New York Times. "Liang, che stava pattugliando l’edificio con un altro agente, ha visto una figura nell’oscurità e ha aperto il fuoco, uccidendo Gurley". L’agente sostiene che il colpo è partito per sbaglio

STATI UNITI
II 10 febbraio il presidente Barack Obama ha confermato la morte di Kayla Mueller, la cooperante statunitense ostaggio del gruppo Stato islamico dall’agosto del 2013.

WASHINGTON /GUANTANAMO
"A Guantanamo tre casi di tortura fino alla morte". La denuncia di un ex sergente dei Marines. Autore: fabrizio salvatori
Torturati a morte dalla Cia e non come dice la versione ufficiale, suicidati. Un ex sergente dei Marines di guardia a Guantanamo è uscito allo scoperto e ha denunciato che tre detenuti della base prigione per sospetti terroristi furono torturati a morte dalla Cia. Joseph Hickman, un veterano che dopo l’11 settembre si era riarruolato nella Guardia Nazionale, fa l’esplosiva denuncia nel suo libro "Assassinio a Camp Delta: un sergente che insegue la verita’ su Guantanamo Bay".
La versione di Hickman contraddice quella ufficiale del Pentagono secondo cui i tre prigionieri – lo yemenita Yasser Talal al-Zahranie i sauditi Salah Ahmed al-Salami e Mani Shaman al-Utaybi – si sarebbero impiccati il 9 giugno 2006 in un patto suicida. All’epoca l’ammiraglio Harry Harris, il comandante della base prigione, aveva definito la morte dei tre uomini "un atto di guerra asimmetrico commesso contro di noi". I tre prigionieri facevano parte del gruppo che faceva lo sciopero della fame per protestare contro la detenzione. "Ero di servizio il 9 giugno 2006 e so che sono stati uccisi", scrive l’ex Marine nel libro, e spiega al Times che il suo obiettivo e’ "ottenere una piena inchiesta da parte del Congresso", pur rendendosi conto delle difficolta’ che cio’ accada. Nel libro Hickman sostiene che i tre sono morti soffocati da stracci che erano stati infilati loro in gola sotto tortura e che gli infermieri della base non erano riusciti a estrarre. L’ex Marine descrive un sinistro "laboratorio di battaglia" per nuove, inventive tecniche sperimentali di tortura.

USA
L’OSTILITÀ DELL’ALABAMA
In Alabama è in corso un conflitto giuridico tra le autorità statali e federali sul diritto al matrimonio tra persone dello stesso sesso. "La disputa è cominciata il 23 gennaio, quando un giudice federale ha dichiarato incostituzionale la legge statale che vietava i matrimoni gay", spiega il Miami Herald. A quel punto Roy S. Moore, capo della corte suprema dell’Alabama e apertamente contrario ai matrimoni gay, ha chiesto di sospendere ogni decisione fino a quando la corte suprema federale non avesse preso una decisione definitiva sui matrimoni tra persone dello stesso sesso. Il 9 febbraio la corte suprema federale ha negato la sospensione e l’Alabama è diventato il trentasettesimo stato a consentire i matrimoni gay. Ma subito dopo il giudice Moore ha ordinato ai tribunali di contea di non riconoscere questo tipo di unioni. Il risultato è che in questo momento le licenze sono concesse solo in alcune contee.

(Le principali fonti di questo numero:
NYC Time USA, Washington Post, Time GB, Guardian The Observer, GB, The Irish Times, Das Magazin A, Der Spiegel D, Folha de Sào Paulo B, Pais, Carta Capital, Clarin Ar, Le Monde, Le Monde Diplomatique ,Gazeta, Pravda, Tokyo Shimbun, Global Time, Nuovo Paese , L’Unità, Internazionale, Il Manifesto, Liberazione, Ansa , AGVNoveColonne, ControLaCrisi e INFORM, AISE, AGI, AgenParle , RAI News e 9COLONNE".)

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