11590 5. NOTIZIE dall’ITALIA e dal MONDO 5 febbraio 2015

20150206 18:05:00 guglielmoz

ITALIA – ROMA. La scommessa del Colle. Chi vorrebbe un Presidente dai caratteri forti è rimasto deluso. Chi auspica un Capo dello stato interventista non si faccia illusioni. Chi crede che possa far ombra a Renzi si può mettere l’anima in pace. / ROMA. Il «prestigio» dell’Italia. L’arte della guerra. Non poteva aprirsi meglio il 2015 per quell’Italia che basa sulle missioni militari «il suo rinnovato prestigio» (come sostenuto dal presidente Napolitano)./
EUROPA – EU. La troika ha i giorni contati / GRECIA. Atene – L’IRIS, organismo istituito dall’ex governo che avrebbe dovuto scoprire gli autori del reato, ha avuto paura del successo di Syriza e si è disfatto dei documenti . Migliaia di pezzi di carta sparsi ovunque, anche sul pavimento della sala riunione, costringono i giornalisti di Hot.Doc. a camminare sulle punte dei piedi, come improbabili ballerine. / Atene/Berlino . Schulz, Forenza: «inaudite dichiarazioni del presidente del parlamento europeo contro TSIPRAS».
AFRICA & MEDIO ORIENTE – GIORDANIA. Amnesty: «Omicidio orribile del pilota giordano, ma le esecuzioni non sono la risposta»/
ASIA & PACIFICO – AUSTRALIA. Abbott nel mirino. Dopo la sconfitta della coalizione liberalnazionale alle elezioni nel Queensland, il primo ministro Tony Abbott è nel mezzo di una crisi politica. / GIAPPONE. PIKETTY IN VENTI MINUTI. Con i30mila copie vendute in sei settimane, Il capitale nel XXI secolo dell’economista francese Thomas Piketty si annuncia come uno dei successi editoriali dell’anno in Giappone.
AMERICA CENTROMERIDIONALE – ARGENTINA. Il vero scandalo del caso Nisman. Alberto Nisman è stato sepolto, ma per la presidente argentina Cristina Fernàndez de Kirchner non sarà facile seppellire anche le prove che il magistrato aveva raccolto sulla complicità del governo nell’attentato su cui stava indagando
AMERICA SETTENTRIONALE – USA/ TEXAS – University of Texas ad Austin. L’INSEDIAMENTO . Cerimonia con delinquente Noi onesti stranieri in patria. / STATI UNITI. Il bilancio di Obama. Barack Obama ha presentato al congresso la legge di bilancio per l’anno fiscale 2016. "La Casa Bianca propone una serie di tagli alle tasse e sussidi a sostegno della classe media e dei poveri", spiega il New York Times. /

ITALIA
ROMA
Editoriale – La scommessa del Colle —  Norma Rangeri, 3.2.2015
Chi vorrebbe un Presidente dai caratteri forti è rimasto deluso. Chi auspica un Capo dello stato interventista non si faccia illusioni. Chi crede che possa far ombra a Renzi si può mettere l’anima in pace. Ma chi voleva ascoltare un perfetto interprete del ruolo di garante della Costituzione come chi sperava di ritrovare una lettura fedele del carattere sociale della nostra Carta fondamentale è stato accontentato. E hanno avuto soddisfazione quanti scommettevano di avere sul Colle più alto un politico sensibile alla natura parlamentare della nostra democrazia, contro le scorciatoie populiste e decisioniste dei premier passati e presenti.
Tra i tanti aspetti che l’ingresso improvviso sulla scena politica di Sergio Mattarella ci presenta, uno è forse predominante: la chiarezza. Perché, con una biografia che ne fa fede, lui crede che la via maestra per difendere la nostra Costituzione significhi innanzitutto applicarla nei suoi principi fondamentali. E ben vengano le riforme di cui c’è bisogno, ma solo se, e solo quelle, capaci di guarire le ferite che «la crisi ha inferto al tessuto sociale», «aumentando le «ingiustizie», creando «nuove povertà», producendo «emarginazione e solitudine». Una crisi che ha acutizzato le divisioni e reso «l’unità difficile, fragile, lontana», una crisi che non rispetta il cuore, i fondamenti della nostra repubblica: il diritto allo studio, al lavoro, a essere curati, a ripudiare la guerra e promuovere la pace, a godere di un’informazione autonoma e plurale, a tutelare la libertà e la sicurezza delle donne.
E’ un elenco lungo, insistito, preciso, ineludibile di quelle “speranze” e “difficoltà” del paese che già il nuovo Presidente della Repubblica aveva indicato nella breve frase di saluto pronunciata nel salone della Consulta subito dopo la sua elezione.
Quelle speranze e difficoltà che Sergio Mattarella, davanti al parlamento, è tornato a indicare con parole molto semplici e dunque inequivocabili. Come quelle riferite al dovere di ciascuno di concorrere «con lealtà» alle spese della comunità nazionale. Un passaggio, tuttavia, stridente se accostato con la presenza del grande evasore Berlusconi nei saloni del Quirinale, ospite di una giornata solenne, felice di aver così riconquistato una immeritata onorabilità. Perché se il Patto del Nazareno era stato affossato proprio dall’elezione di Mattarella, ieri ha ripreso vigore con l’apparire del pregiudicato: una presenza indigesta per quei milioni di cittadini che pagano le tasse, specialmente alla luce del provvedimento, noto come il “decreto del 3%”, a favore degli evasori che il governo si accinge a riproporre.
Mentre il Presidente della Repubblica annoverava con parole appunto semplici e inequivocabili, tutti i problemi sociali e politici che abbiamo di fronte, non ultimo il terrorismo internazionale, la platea gremita applaudiva ripetutamente, irrefrenabilmente come se gli ammonimenti pronunciati da Mattarella non fossero principalmente rivolti proprio a tutti i parlamentari. Per certi versi sembrava di assistere alla replica della rielezione di Napolitano, quando alle sue parole sferzanti rispondeva l’isterico applausometro di deputati e senatori principale oggetto della durissima reprimenda. Del resto lo sappiamo, in politica, rifugio dell’ipocrisia, si fa buon viso a cattivo gioco.
Ma la traduzione della Costituzione nella vita quotidiana, l’accento messo sulle priorità sociali non ha affatto significato eludere i temi politici e istituzionali più spinosi. Il ruolo di arbitro del Presidente nel processo delle riforme istituzionali gli piace, «è un’immagine efficace», però sappia, il premier Renzi, che un garante, un arbitro non potrà accettare la «deroga costante alle forme ordinarie del processo legislativo». In altre parole basta con il governo che fa le leggi con i decreti e basta con il parlamento ridotto a ruolo di passacarte. E «i giocatori lo aiutino con la loro correttezza».
Naturalmente per accorciare le distanze, per colmare il profondo fossato che divide gli eletti dagli elettori bisogna nominare la crisi della rappresentanza, la debolezza dei corpi intermedi che Renzi si è fatto vanto di aver «spianato» a cominciare dai sindacati. Né Mattarella sottovaluta la necessità di un cambiamento della politica, che in parte, dice, è già avvenuto. Non li nomina ma tutti capiscono che si riferisce ai giovani dei 5Stelle che applaudono e apprezzano. Così come è stato apprezzato dai leghisti il riferimento alla Resistenza.
Un particolare in più va annotato. Molte volte abbiamo sentito roboanti frasi di circostanza su mafia e corruzione. Questa volta le parole hanno avuto un sapore diverso, di verità perché ascoltate da un uomo che mentre le pronunciava probabilmente aveva davanti l’immagine del fratello ucciso dai sicari di Cosa Nostra agli ordini dei grandi boss di Palermo. E ogni tanto un po’ di verità basta a respirare un’aria migliore.
Non penso che il nuovo Presidente sia un cavaliere senza macchia e senza paura. E altri commenti che pubblichiamo offrono diversi spunti di riflessione sulle posizioni di Mattarella. Ma il discorso inaugurale del neo­presidente merita rispetto e attenzione. Se le nobili parole pronunciate ieri si trasformeranno in azioni mirate a sostenere i diritti sociali e civili dei cittadini, se riuscirà a interpretare le difficoltà di milioni di italiani lo vedremo presto.
ROMA
Il «prestigio» dell’Italia. L’arte della guerra. La rubrica settimanale di Manlio Dinucci
Non poteva aprirsi meglio il 2015 per quell’Italia che basa sulle missioni militari «il suo rinnovato prestigio» (come sostenuto dal presidente Napolitano). «Grande apprezzamento» per l’impegno italiano sui vari fronti di guerra è stato espresso nientemeno che dal generale Martin Dempsey, la massima autorità militare Usa, negli incontri con il capo di stato maggiore della Difesa, ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, e con il ministro della Difesa Roberta Pinotti. Subito dopo l’ammiraglio Mantelli ha preso parte a Bruxelles agli incontri tra i capi di stato maggiore della Difesa dei 28 paesi Nato, incentrati sulle «situazioni di crisi nei fianchi est e sud dell’Alleanza», sul «futuro della missione Resolute Support in Afghanistan» e sulla messa a punto del «Readiness Action Plan per garantire le capacità di risposta rapida e determinata alle nuove minacce alla sicurezza dell’Alleanza».
L’impegno dell’Italia è a tutto campo. Sul «fianco est», cacciabombardieri italiani Euro­fighter 2000 Typhoon (gli stessi usati nella guerra Nato contro la Iugoslavia), sono stati schierati in Lituania, da dove hanno effettuato la loro prima missione intercettando un aereo russo che volava sul Baltico. Sul «fianco sud», dopo aver partecipato alla guerra Nato contro la Libia, l’Italia partecipa all’intervento militare in Siria, effettuato dalla coalizione internazionale a guida Usa, e a quello in Iraq dove, nel quadro della stessa coalizione, ha inviato aerei, droni, armi e istruttori.
Sempre più presente l’Italia anche nel Golfo persico, in particolare attraverso la partnership militare con il Qatar e il Kuwait, i cui piloti vengono addestrati a Galatina dall’aeronautica italiana. Navi militari italiane partecipano a tutte le operazioni Nato, dal Mediterraneo (per «garantire la sicurezza») all’Oceano Indiano (per «la caccia ai pirati»). Sempre sul «fianco sud», l’Italia si è spinta in profondità nell’Africa subsahariana, partecipando all’esercitazione Flintlock 2015, organizzata dalle Forze speciali del Comando Africa degli Stati uniti, che inizierà in Ciad il 16 febbraio, estendendosi a Niger, Nigeria e Camerun e, a nord, fino in Tunisia.
In Afghanistan, dove la missione Nato «Isaf» è stata trasformata in missione Nato «Resolute Support», l’Italia continuerà a operare militarmente con aerei da trasporto C-130 J e da guerra elettronica EC-27 della 46a Brigata aerea di Pisa, velivoli a pilotaggio remoto Predator del 32° stormo di Amendola e, ancor più di prima, con forze speciali, oggi potenziate dalla nascita del comando unificato a Pisa. L’Italia partecipa allo stesso tempo al «Readiness Action Plan», che potenzia la capacità Nato di proiettare forze militari sia verso est (con la motivazione della «minaccia russa») che verso sud (con la motivazione della «guerra al terrorismo», alimentato dalla stessa Nato). In tale quadro, le basi Usa/Nato in Italia svolgono un ruolo di fondamentale importanza.
Tutto ciò comporta per l’Italia una crescente spesa militare, diretta e indiretta. Secondo la Nato, essa ammonta oggi in media a 52 milioni di euro al giorno, secondo il Sipri a 72 milioni che, in base all’impegno assunto dall’Italia di portarla al 2% del pil, dovranno salire a quasi 100 milioni al giorno.
Per assicurare non la difesa dell’Italia, ma la sua partecipazione a una strategia aggressiva. Dato che la speranza è l’ultima a morire, non resta che sperare che il concetto di prestigio nazionale del nuovo Presidente della Repubblica si basi non sulla guerra, ma sul ripudio della guerra come sancisce la nostra Costituzione.

EUROPA
EU
La troika ha i giorni contati
LA STRUTTURA COMPOSTA DA BANCA CENTRALE EUROPEA, COMMISSIONE EUROPEA E FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE È ASSOCIATA ALL’UMILIAZIONE DELLA GRECIA. È ORA DI LIQUIDARLA
Il quotidiano economico tedesco Handelsblatt ha scritto il 1 febbraio che il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha intenzione di "sciogliere la troika". Il superamento della struttura che riunisce i principali creditori di Atene – Commissione europea, Banca centrale europea (Bce) e Fondo monetario internazionale (Fmi) – è anche una delle principali rivendicazioni del nuovo governo greco guidato da Alexis Tsipras, che ha cominciato a rinegoziare con l’Unione europea le condizioni dell’enorme debito pubblico del paese, pari a 320 miliardi di euro.
Il 2 febbraio il portavoce della Commissione, Margaritis Schinas, ha confermato che in futuro la troika cambierà forma, ma ha negato che siano già in corso discussioni sul tema. "Non pensiamo a una nuova struttura e non abbiamo una nuova formula in mente", ha dichiarato il portavoce.
In realtà la scomparsa o una profonda trasformazione della troika non sono certo ipotesi nuove o sorprendenti. Nel programma presentato in vista del voto europeo del maggio 2014, Juncker aveva già affrontato la questione: "In futuro dovremo sostituire la troika con una struttura più democratica
e che risponda dei propri atti, basata sulle istituzioni comunitarie e con un controllo parlamentare rafforzato a livello europeo e nazionale".
Il 16 gennaio, inoltre, di fronte agli studenti della Scuola nazionale di amministrazione a Strasburgo, il presidente della Commissione ha sottolineato che "i meccanismi di gestione della crisi non sono stati molto democratici. Ho sempre chiesto che la troika fosse più democratica. Del resto l’avvocato generale della Corte di giustizia europea sembra voler negare alla Bce la possibilità di rimanere nella troika se – come ha fatto in passato – fisserà i termini dei programmi di aiuto e al tempo stesso parteciperà alla loro applicazione. Questo significa che, nella forma che abbiamo conosciuto finora, la troika non durerà a lungo". Juncker ha poi specificato: "Vorrei che ci fosse una struttura parlamentare, dei deputati del parlamento europeo e dei parlamenti nazionali che si riuniscano regolarmente per dialogare con i grandi soggetti economici dell’Unione europea".
Le preoccupazioni di Juncker non sono isolate. Nelle conclusioni di un rapporto pubblicato nel 2014 con grande risonanza sui mezzi d’informazione, il parlamento europeo si era già mostrato molto critico sul lavoro di questa struttura. Secondo lo studio in Credala troika ha privilegiato i tagli alle riforme strutturale non ha tenuto conto dei problemi sociali e dell’occupazione. I documento metteva in evidenza anche il fatto che la struttura è costituita esclusivamente da tecnocrati, per di più di secondo piano". Accettare i diktat dei funzionari di Bruxelles è stata senz’altro un’umiliazione per la politica greca.
iniziali invece, se tutto fosse andato come si auguravano i creditori di Atene, il 1 gennaio del 2015 si sarebbe aperta una nuova fase:
GESTO DOVUTO
La troika, incaricata di esaminare l applicazione dei programmi di aggiustamento in Grecia, non avrà più ragione di esistere una volta che questi saranno realizzati. Di tatto avrebbe dovuto esaurire i suoi compiti già nel dicembre del 2014, quando si sarebbe dovuto concludere il secondo piano di salvataggio negoziato con Atene nel 2012. In assenza di un accordo con l’ex primo ministro greco Antonis Samaras, la scadenza e
I creditori avrebbero così continuato a vigilare sul paese, ma "in modo più discreto attraverso delle missioni più snelle e visite meno frequenti", come aveva immaginato all’inizio dei gennaio in un intervista a
Le Monde Pierre Moscovici, il commissario europeo per gli affari economici, incaricato di seguire la vicenda grecIa. Anche se nelle prossime settimane 1 greci e gli europei (e l’Fmi) decideranno di varare un terzo piano di aiuti per la Grecia, molto probabilmente a gestirlo non sara la troika come la conosciamo oggi. Sara invece una task force che rappresenterà gli interessi dei creditori. Forse la Bce non ne fara parte, e l’Fmi avrà un ruolo più discreto. L’Europa sa di dover fare questa concessione alla Grecia, almeno in termini simbolici Del resto, negli ultimi cinque anni la troika è stata la faccia dell’oppressione e dell’umiliazione di un intero popolo.
(Cécile Ducourtieux, Le Monde, Francia)

GRECIA
Atene – L’IRIS, ORGANISMO ISTITUITO DALL’EX GOVERNO CHE AVREBBE DOVUTO SCOPRIRE GLI AUTORI DEL REATO, HA AVUTO PAURA DEL SUCCESSO DI SYRIZA E SI È DISFATTO DEI DOCUMENTI
di Roberta Zunini
Migliaia di pezzi di carta sparsi ovunque, anche sul pavimento della sala riunione, costringono i giornalisti di Hot.Doc. a camminare sulle punte dei piedi, come improbabili ballerine. In una grande casa-ufficio circondata da vetrate, lavorano i cronisti investigativi del mensile, sotto la supervisione del direttore Kostas Vaxevanis che due anni fa finì in carcere per un paio di giorni, reo di aver compiuto scrupolosamente il proprio lavoro pubblicando la “lista Lagarde”, un lunghissimo elenco di nomi eccellenti dell’Empireo politico e imprenditoriale che per anni avevano evaso le tasse, in barba alle difficoltà di milioni di poveri cristi costretti dall’austerity imposta dalla troika a pagare tutte le tasse sull’unghia. Pena il distacco dell’elettricità. L’elenco fu tenuto strettamente e a lungo sotto chiave dall’ormai ex vice premier Evangelos Venizelos, fino a quando l’abilità di Vaxevanis riuscì a svelarlo. Lo scandalo riguardò non solo la Grecia, dato che l’elenco era solo una parte della più ampia “lista Falciani”, un documento emerso dagli archivi della filiale di Ginevra della Hsbc (una banca londinese tra le più grandi del mondo) e che riguardava anche l’Italia. “Ci risiamo, non che non ce lo aspettassimo dato che nessuno è stato perseguito per la ‘Lagarde’, ma questa volta è ancora più complicato perché dobbiamo ricomporre tutti questi migliaia di pezzetti di documenti che i miei collaboratori hanno trovato dentro i cassonetti dell’immondizia, poche ore dopo la vittoria di Syriza, domenica scorsa, davanti alla sede dell’Iris; si tratta dell’organismo istituito dall’ex governo che avrebbe dovuto scoprire vecchi e nuovi evasori”, dice al Fatto Vaxevanis.
CI VORRANNO settimane, mesi forse, ma di certo questi mastini del giornalismo investigativo indipendente greco non desisteranno. Impauriti dalla vittoria di Syriza, i responsabili dell’Iris hanno tritato, ma anche stracciato a mano, per fare il più in fretta possibile, e poi buttato nella spazzatura migliaia di carte che mostrerebbero come l’evasione fiscale da parte di chi avrebbe dovuto dare il buon esempio alla cittadinanza , sia ancora la prassi. “Alle quattro del mattino siamo andati a frugare nei cassonetti davanti alla sede”, sottolinea il direttore. Sulla copertina del nuovo numero di Hot.Doc. campeggia il volto del premier: Alexis Tsipras. Dentro però non c’è più la rubrica che scriveva ogni mese l’economista Yanis Varoufakis, neo ministro delle Finanze. Il suo nuovo ruolo non glielo permette più. “Ma anche noi non l’avremmo pubblicata perché ora Yanis è dall’altra parte della barricata. Ospitare le considerazioni di un ministro, anche se persona amica e della quale abbiamo avuto finora la massima stima, ci renderebbe all’istante di parte, trasformandoci da giornalisti indipendenti, che si sostengono esclusivamente grazie agli abbonamenti dei lettori, in cassa di risonanza del nuovo governo”, sorride Vaxevanis.
IL SUO EDITORIALE questo mese è una lettera aperta al primo ministro Tsipras. Le ultime cinque righe sono invece dedicate all’amico Alexis. “Conosco Tsipras dai tempi dell’università, lui studiava ingegneria, io matematica ma negli anni Novanta abbiamo fatto assieme le lotte del movimento studentesco. Siamo diventati amici subito, ma gli ho scritto che da me e dal mio giornale non arriveranno sconti. Sono certo che lo apprezzerà perché anche lui la pensa così”. Nella parte dedicata al premier, Vaxevanis scrive che si aspetta che sciolga il più in fretta possibile il legame mefitico tra politica e affari, soprattutto quello con gli oligarchi dei media, che sono anche i proprietari delle più grandi aziende e compagnie di costruzioni. “Non esiste una stampa indipendente in Grecia e tutti i canali televisivi privati trasmettono illegalmente perché i proprietari non hanno partecipato alle aste per le frequenze, in Italia ne sapete qualcosa”. Per dirla tutta, le aste non si tengono da anni. Dal nuovo governo, Hot.Doc. si aspetta anche molti altri cambiamenti. In primis che istituisca una commissione che riveda dall’inizio le posizioni di tutti coloro che sono comparsi nella lista Lagarde, come quelle dei familiari dell’ex ministro delle Finanze, Giorgos Papakonstantinou, e che la magistratura apra un’inchiesta seria. Dall’amico Tsipras, che rispetti quello che scrisse Marx: “Qualsiasi cosa un politico faccia, ha valore solo se è di utilità pubblica”.
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GRECIA
EUROPEAN SOCIAL STRIKE
Come era prevedibile le classi dominanti europee hanno iniziato a costruire un muro recintato contro l’esperienza di Syriza, in particolar modo contro il suo rifiuto di incontrare la troika, rigettando la sua ipotesi della conferenza sul debito a livello europeo. Noi non sappiamo come andrà a finire questa durissima contrattazione che si sta sviluppando tra Atene e Bruxelles, sappiamo però che questa lotta è vera, e riguarda anche noi. La richiesta di Tsipras potrebbe essere soddisfatta se la Bce invece di fare come ha fatto fino ad ora, comperasse la metà del debito pubblico della Grecia, cosa che potrebbe essere fatta senza grossi problemi visto che la Bce gia acquista titoli di altri stati. Ma il vero nodo del contendere è che le classi dominanti non possono permettersi di svelare la truffa del debito, perchè il meccanismo dell’austerity con il quale succhiano la ricchezza collettiva si interromperebbe. Oggi è arrivato il momento che tutti davvero facciamo un passo indietro per farne uno in avanti, perchè questa partita non è e non sarà un pranzo di gala. Europeisti o euroscettici una cosa ci accomuna tutti, la voglia di toglierci il cappio dell’austerity, di tagliare la corda del ricatto che ha aumentato la precarietà e la disoccupazione. C’è quindi una grande vertenza generale da aprire, sia in Italia che in Europa, ed è una vertenza per chiedere la fine delle politiche di austerity, il rigetto del Fiscal Compact. Oggi, dopo la vittoria di Syriza ci sono i presupposti per fare in modo che la resistenza nazionale greca si allarghi in tutto il continente come un incendio. Questo può avvenire, se non immediatamente sul terreno politico istituzionale, almeno su quello sociale e rivendicativo. C’è bisogno allora di uno sciopero generale europeo che chieda la fine dell’austerity accompagnato con la richiesta di una conferenza internazionale sul debito. Si lo so, è quasi un sogno, ma lavoriamoci e riflettiamo su questa proposta, potrebbe anche succedere che per la prima volta i popoli di tutta europa inceppino il meccanismo dell’austerity per davvero (Autore: Francesco Piobbichi)

ATENE/BERLINO
SCHULZ, FORENZA: «INAUDITE DICHIARAZIONI DEL PRESIDENTE DEL PARLAMENTO EUROPEO CONTRO TSIPRAS». Eleonora Forenza, capodelegazione dell’Altra Europa con Tsipras-gruppo GUE/NGL al Parlamento Europeo – “Le parole di Schulz contro Tsipras, così come riportate dai principali mezzi d’informazione, secondo cui metterebbe la Grecia in pericolo, sono di una inaudita gravità, rappresentano un’ingerenza assolutamente intollerabile da parte di chi rappresenta un’istituzione europea come l’Europarlamento. Il presidente del Parlamento Europeo dovrebbe astenersi dall’esprimere giudizi del genere contro un premier, rispettando fino in fondo la volontà del popolo greco e il mandato che ha affidato ad Alexis Tsipras. Il governo di Syriza, come ha detto proprio Tsipras, smentirà tutte le cassandre. La mia solidarietà al nuovo primo ministro greco per quest’ennesimo attacco subito: di certo non intimidirà il suo governo che continuerà ad opporsi alla troika e alle politiche di austerity come ha già dimostrato di sapere fare in questi pochi giorni dal voto”.

AUSTRIA
Pegida sbarca a Vienna
Il 2 febbraio a Vienna si è svolta una dimostrazione ispirata al Patriotische Europàer gegen die Islamisierung des Abendlandes (Pegida), il movimento antislamico che da ottobre organizza a Dresda cortei contro l’immigrazione. "Circa 350 persone, sorvegliate da 1.200 poliziotti hanno sfilato nel centro della capitale austriaca", scrive Der Standard, "ma la marcia è stata bloccata per evitare che incrociasse la contromanifestazione voluta dalla sinistra". Il Pegida austriaco assicura che i cortei continueranno, ma le autorità potrebbero vietarli, perché la sera del 2 febbraio erano presenti frange neonaziste.

FRANCIA
Strauss Kahn in tribunale
Si è aperto il 2 febbraio a Lilla il processo del cosiddetto "affaire Carlton", dal nome dell’albergo in cui era stato organizzato un giro di prostituzione. Tra gli imputati c’è l’ex capo dell’Fmi, Dominique Strauss-Kahn, accusato di sfruttamento aggravato della prostituzione. "Dsk", spiega Libération, è accusato in particolare di aver frequentato diverse ragazze in camere d’albergo messe a disposizione "da un altro libertino come lui", che fatturava poi le "prestazioni" al colosso delle costruzioni Eiffage, dove lavorava un altro complice
FRANCIA
L’Ump diviso su Le Pen
Le elezioni suppletive nel dipartimento del Doubs minacciano di spaccare il partito di centrodestra Ump. Dopo la vittoria al primo turno del candidato del Front national, l’ex premier Alain Juppé, candidato alle primarie dell’Ump per la presidenza della repubblica, ha invitato gli elettori a fare blocco contro il Front e a votare per il candidato socialista al secondo turno dell’8 febbraio. Al contrario l’ex presidente Nicolas Sarkozy, leader dell’Ump e potenziale avversario di Juppé in vista delle presidenziali del 2017, "ha rifiutato di dare indicazioni di voto, pur auspicando la sconfitta dell’Fn", scrive Le Monde. La frattura rivela l’ambiguità dell’Ump sul tema: un’ala del partito rifiuta ogni avvicinamento a Marine Le Pen, mentre l’altra, maggioritaria, segue la linea "né con il Front né con i socialisti".
FRANCIA
II 3 febbraio tre soldati sono stati aggrediti mentre erano di guardia davanti a un centro ebraico a Nizza. Due sono rimasti feriti. L’aggressore, che era sottoposto a sorveglianza dopo un viaggio in Turchia, è stato arrestato.

SPAGNA
IN PIAZZA PER PODEMOS
Una prova di forza politica che segna di fatto l’inizio della campagna elettorale di Podemos, il partito nato dal movimento degli indignados. Così El Pais descrive la manifestazione organizzata il 31 gennaio dalla formazione di Pablo Iglesias, che ha raccolto nel centro di Madrid più di centomila persone {nella foto). La mobilitazione, denominata marcha del cambio e presentata come un gesto di rottura contro la "vecchia politica", non aveva "un obiettivo concreto né rivendicazioni specifiche. È servita invece a rimarcare la presenza di Podemos sulla scena politica all’inizio di un anno in cui si eleggerà il nuovo parlamento, e a dimostrare che ‘il cambiamento è possibile’". Nei venti minuti del suo discorso, spiega Publico, Iglesias ha criticato il governo di Mariano Rajoy, ha ricordato l’importanza della mobilitazione degli indignati e, pur sottolineando le differenze tra la Spagna e la Grecia, ha affermato che il "vento di rinnovamento" in arrivo da Atene si farà sentire anche a Madrid

EX JUGOSLAVIA
Nessun genocidio
Secondo la Corte internazionale di giustizia dell’Orni durante le guerre degli anni novanta i serbi non commisero alcun genocidio contro i croati e viceversa. Sono state respinte le richieste contrapposte di Belgrado e Zagabria, che si accusavano reciprocamente di avere condotto politiche genocide. La sentenza chiude un contenzioso in corso da quindici anni. Una delle conseguenze è che nessuna delle due parti dovrà pagare riparazioni di guerra. Secondo il quotidiano croato Jutarnji list, "l’opinione pubblica croata è sconvolta, per la sentenza e per le sue motivazioni", mentre a Belgrado, scrive il serbo Danas, "il verdetto è stato accolto positivamente dalle forze politiche

AZERBAIGIAN-ARMENIA
Si è intensificato il conflitto tra Erevan e Baku per il controllo del Nagorno Karabakh. Il 23 gennaio due soldati armeni sono stati uccisi in uno scontro al confine tra i due paesi, e nei giorni successivi sono morti tre militari azeri. Baku ha accusato l’Armenia di ripetute violazioni del cessate il fuoco tra il 1 e il 3 febbraio.

MEDIO ORIENTE & AFRICA
GIORDANIA
Amnesty: «Omicidio orribile del pilota giordano, ma le esecuzioni non sono la risposta».   Amnesty International. La crudele ucci­sione sommaria del pilota gior­dano Muath al-Kasasbeh, bruciato vivo in una gabbia dal gruppo armato Stato islamico — addirittura dopo una «consultazione» online sulle modalità della messa a morte -, è per Amnesty International un crimine di guerra e un’efferata azione contro i principi più elementari di umanità.
Muath al-Kasasbeh, pilota d’aviazione, era stato cat­tu­rato nel dicembre 2014 quando il suo aereo si era schian­tato al suolo nei pressi di Raqqa, in Siria, nel corso di un’operazione mili­tare con­tro lo Stato islamico. In quello che è apparso in tutta evidenza un atto di vendetta, il 4 febbraio 2015 le autorità giordane hanno messo a morte due cittadini iracheni legati ad al-Qaeda, Sajida al-Rishawi e Ziad al-Karbouli. Al-Rishawi era stata con­dan­nata a morte per aver preso parte, nel 2005, a un attentato nella capitale giordana Amman, che aveva provocato 60 morti. Il suo avvocato difensore aveva inutilmente chiesto una perizia psichiatrica. Secondo un rapporto del relatore speciale delle Nazioni Unite sulla tortura, che nel 2006 aveva visitato la Giordania, la detenuta era stata torturata nel corso di un mese di interrogatori ad opera dei servizi d’intelligence del paese. Al-Karbouli era stato condannato a morte per appartenenza a un’organizzazione illegale, possesso di esplosivi che avevano causato la morte di una persona e omicidio. Secondo il suo avvocato, era stato torturato per costringerlo a confessare.
«Le autorità giordane hanno tutto il diritto di provare orrore per l’uccisione del loro pilota, ma la pena di morte è la sanzione più estrema, una punizione crudele, disumana e degradante che, per di più, non dovrebbe mai essere usata come strumento di vendetta» ha dichiarato Phiilip Luther, direttore del programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International.
«L’uccisione di Muath al-Kasasbeh ha mostrato di quanta e quale ferocia sia capace un gruppo come lo Stato islamico. Ma non dovrebbe essere permesso alle sue brutali tattiche di alimentare un ciclo sanguinoso di esecuzioni per vendetta» ha aggiunto Luther.
Dopo otto anni di sospensione, nel dicembre 2014 la Giordania aveva ripreso a usare la pena capitale, mettendo a morte 11 prigionieri. Amnesty International ha sollecitato il governo a istituire immediatamente una moratoria sulle esecuzioni in vista dell’abolizione della pena di morte.

EGITTO
L’EGITTO È ANCORA IN MANETTE. NELL’ULTIMO ANNO LA PROVA PIÙ VISIBILE DELLA SVOLTA AUTORITARIA DEL REGIME EGIZIANO È STATA FORSE L’ARRESTO DI TRE GIORNALISTI DI AL JAZEERA. L’accusa di aver collaborato con dei terroristi era ridicola, e il processo è stato una farsa. Ora uno di loro, l’australiano Peter Greste, è finalmente libero dopo aver scontato quattrocento giorni di carcere, e potrebbe essere rilasciato anche l’egiziano-canadese Mohamed Fahmy. Con questo atto di clemenza il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi spera di smorzare le critiche dall’estero. Ma un altro giornalista, l’egiziano Mohamed Baher, resta in carcere, e la feroce repressione in corso in Egitto dovrebbe convincere gli stati occidentali a non considerare chiusa la vicenda. Il governo egiziano approva leggi repressive a un ritmo mai visto, nemmeno durante la dittatura di Hosni Mubarak. Le libertà di associazione e d’espressione sono state drasticamente limitate. I Fratelli musulmani sono oggetto di una vera persecuzione. Il governo guidato dal loro leader Mohamed Morsi è stato rovesciato dai militari nel 2013. Durante quel colpo di stato sono stati uccisi oltre 800 sostenitori disarmati dei Fratelli musulmani. Il 2 febbraio è stata confermata la condanna a morte di 183 esponenti dell’organizzazione. Anche i progressisti sono
sotto tiro : gli organizzatori della rivolta di piazza Tahrir restano in carcere con accuse ridicole e, a fine gennaio, durante le manifestazioni per il quarto anniversario della rivoluzione, più di venti persone sono state uccise dalla polizia. Eppure i paesi occidentali sembrano ansiosi di normalizzare i rapporti con Al Sisi. Mentre gran parte del Medio Oriente è stravolto dai conflitti, l’impulso a cercare ovunque alleati affidabili è forte. Il governo statunitense ha ottenuto l’autorizzazione a riprendere l’invio di aiuti militari all’Egitto senza alcuna condizione, e a gennaio una nutrita delegazione di imprenditori britannici ha visitato il Cairo. Questa viltà è preoccupante, e non solo dal punto di vista etico. A lungo termine, infatti, la repressione della libertà politica non farà che alimentare la rabbia degli egiziani e l’instabilità. L’occidente avrebbe dovuto imparare la lezione dai decenni di governo di Mubarak. Gli attacchi all’islam potrebbero presto ritorcersi contro le autorità, spingendo i sostenitori dei Fratelli musulmani a prendere le armi. L’aumento della violenza nel Sinai lo sta già dimostrando. Greste è libero, ma l’Egitto è ancora in manette. Mentre celebra il rilascio di una persona, l’occidente dovrebbe pensare a tutte quelle che restano oppresse (The Independent, Regno Unito)

EGITTO
TERRORISMO NEL SINAI
Dal 29 gennaio una serie di attentati terroristici contro le forze di sicurezza a El Arish hanno causato 44 morti, scrive Al Watan. Gli attacchi sono stati rivendicati dal gruppo Provincia del Sinai, il nuovo nome della milizia jihadista Ansar Beit al maqdis. Invece il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi ha attribuito la responsabilità ai Fratelli musulmani. La tv qatariota Al Jazeera è stata la prima a trasmettere le immagini degli attentati e per questo è stata accusata dalla stampa egiziana filogovernativa di essere "troppo ben informata per essere estranea ai fatti". Il Qatar è un sostenitore dei Fratelli musulmani.

TUNISIA
ENNAHDA ENTRA NEL GOVERNO
Il primo ministro Habib Essid, del partito Nidaa Tounes, ha presentato il 3 febbraio una nuova squadra di governo, dopo che il 23 gennaio era stata bocciata la sua prima proposta. Nel nuovo esecutivo i ministeri sono stati assegnati anche al partito islamico Ennahda (arrivato secondo alle legislative), ai liberali di Afek Tounes e al partito Union patriotique libre. Nidaa Tounes comincia a mostrarsi diviso, spiega La Presse ricordando che il consiglio direttivo del partito aveva escluso la presenza di Ennahda al governo.

SUD SUDAN
CAUTO OTTIMISMO
Dopo quattro giorni di negoziati il 2 febbraio il governo del presidente sud sudanese Salva Kiir e l’opposizione guidata dall’ex vicepresidente Riek Machar hanno firmato ad Addis Abeba, in Etiopia, un accordo per mettere fine alle ostilità cominciate a metà dicembre del 2013 (nella foto, Kiir e Machar ad Addis Abeba, 1 febbraio 2015). Juba ha fatto sapere che quest’intesa potrebbe portare alla formazione di un governo di unità nazionale entro aprile, scrive Sudan Tribune. L’accordo ha suscitato un cauto ottimismo, perché le parti in guerra hanno già firmato tre intese che però sono state sempre violate.

BAHREIN
SENZA CITTADINANZA
Il quotidiano bahreinita Al Wasat ha pubblicato le foto e i nomi di 72 persone a cui il 31 gennaio è stata tolta la cittadinanza per aver minacciato la sicurezza nazionale. Ma la motivazione è politica, spiega il giornale: "Tra queste persone almeno cinquanta sono oppositori del governo".
ISRAELE-PALESTINA
II 3 febbraio il capo della commissione d’inchiesta dell’Onu sul recente conflitto a Gaza, William Schabas, si è dimesso dopo essere stato accusato da Israele di non essere imparziale.

LIBIA
II 2 febbraio il parlamento riconosciuto dalla comunità internazionale ha sospeso la legge che escludeva dall’amministrazione gli ex funzionari del regime di Muammar Gheddafi.

ZIMBABWE
II presidente Robert Mugabe è diventato leader di turno dell’Unione africana.

ASIA & PACIFICO
FIJI
II 3 febbraio il primo ministro Voreqe Bainimarama ha annunciato che la Union Jack del Regno Unito sarà rimossa dalla bandiera nazionale

AUSTRALIA
ABBOTT NEL MIRINO. DOPO LA SCONFITTA DELLA COALIZIONE LIBERALNAZIONALE ALLE ELEZIONI NEL QUEENSLAND, IL PRIMO MINISTRO TONY ABBOTT È NEL MEZZO DI UNA CRISI POLITICA. Tre deputati del suo schieramento hanno chiesto di votare la fiducia sulla sua leadership e un parlamentare, Dennis Jensen, l’ha invitato a dimettersi, scrive The Age. Abbott deve anche fare i conti con un calo di consensi dopo la recente decisione di conferire la massima onorificenza di stato al principe Filippo d’Inghilterra, noto per aver chiesto a un indigeno durante una visita ufficiale nel 2002: "Vi tirate ancora le lance a vicenda?". Per una soluzione della crisi potrebbe essere decisiva una riunione della coalizione in programma la prossima settimana.

GIAPPONE
PIKETTY IN VENTI MINUTI
Con i30mila copie vendute in sei settimane, Il capitale nel XXI secolo dell’economista francese Thomas Piketty si annuncia come uno dei successi editoriali dell’anno in Giappone. "È l’Harry Potter dell’economia", commenta il commesso di una libreria. Nonostante _ il prezzo (l’equivalente di 44 euro) e le dimensioni (più di 700 pagine) del volume, le vendite sono in aumento. Durante un dibattito pubblico che si è tenuto a Tokyo a fine gennaio, Piketty ha detto che il declino demografico e la lenta crescita economica faranno salire il valore della ricchezza ereditaria aumentando le disparità economiche nel paese. Nel numero del 31 gennaio, il settimanale Tòyò Keizai ha dedicato al libro "cinquanta pagine per comprendere in venti minuti il bestseller mondiale. ( Tòyó Keizai, Giappone)

SRI LANKA
RICONQUISTARE I TAMIL. Il presidente Maithripala Sirisena ha nominato un giudice tamil, Kanagasabapathy Sripavan, a capo della corte suprema. Da quando è stato eletto, Sirisena ha mostrato di voler ricomporre la frattura tra la maggioranza singalese e la minoranza tamil dopo più di ventanni di guerra civile. La presenza dell’esercito nel nord del paese a maggioranza tamil, sei anni dopo l’offensiva finale contro i ribelli dell’Ltte (Tigri per la liberazione del tamil Eelam) in cui morirono decine di migliaia di civili, è un ostacolo alla riconciliazione nazionale. Ma Sirisena sembra sempre più deciso a prendere le distanze dal governo di Mahinda Rajapaksa, la cui eredità è ancora viva nei postumi della guerra.

HONGKONG
Nuova manifestazione . Il 1 febbraio il "movimento degli ombrelli" è tornato per le strade di Hong Kong nella prima grande manifestazione dopo lo sgombero delle zone occupate a metà dicembre. La partecipazione è stata comunque inferiore a quella dei mesi scorsi, quando in piazza sono scese decine di migliaia di persone. I manifestanti contestano la riforma elettorale imposta da Pechino e chiedono più diritti e meno disuguaglianza. C’è chi ha visto nel calo di partecipazione un segnale di disaffezione nei confronti della protesta. "Tuttavia", scrive il quotidiano vicino alla protesta Apple Daily, "i manifestanti hanno mostrato di essere ancora determinati"

CINA
CONTRO I VALORI OCCIDENTALI
Banditi dalle università cinesi i testi che favoriscono la diffusione dei "valori occidentali". Il ministero dell’istruzione di Pechino ha annunciato un nuovo giro di vite contro libri che "mettono in discussione il governo del Partito comunista, diffamano il socialismo e violano le leggi e la costituzione". La decisione è stata annunciata dal ministro Yuan Guiren nel corso di un incontro con i rettori degli atenei del paese. Le dichiarazioni del ministro sono in linea con la campagna lanciata dal presidente Xi Jinping per rafforzare il controllo ideologico in classe, scrive il South China Morning Post. Lo stesso ministro Yuan, durante l’incontro, ha fatto il nome del giurista He Weifang, indicato come un esempio di accademico che insulta il sistema legale cinese. Weifang ha più volte definito illegale il Partito comunista perché non è mai stato registrato ufficialmente.

BANGLADESH
II 3 febbraio sette passeggeri di un autobus sono morti in un attentato compiuto con una bomba incendiaria vicino a Chauddagram, nell’est del paese. L’attacco è stato attribuito ai sostenitori dell’opposizione, guidata dall’ex premier Khaleda Zia, ora sotto accusa.

PAKISTAN
Almeno 61 persone sono morte il 30 gennaio in un attentato in una moschea sciita a Shikarpur

AMERICA CENTRO-MERIDIONALE
ARGENTINA
IL VERO SCANDALO DEL CASO NISMAN. ALBERTO NISMAN È STATO SEPOLTO, MA PER LA PRESIDENTE ARGENTINA CRISTINA FERNÀNDEZ DE KIRCHNER NON SARÀ FACILE SEPPELLIRE ANCHE LE PROVE CHE IL MAGISTRATO AVEVA RACCOLTO SULLA COMPLICITÀ DEL GOVERNO NELL’ATTENTATO SU CUI STAVA INDAGANDO. La misteriosa morte di Nisman è al centro di uno scandalo che ha scosso l’intero paese, e le spiegazioni della presidente sono state piuttosto incoerenti. Prima ha dichiarato che si trattava di un suicidio, poi di un omicidio, poi ha parlato di oscure teorie che attribuivano la colpa al congresso argentino e di un complotto contro il governo. Infine, ha cercato di sfruttare la tragedia dicendo che era un buon motivo per smantellare i servizi segreti indipendenti argentini. Questo caso però non riguarda né Fernàndez né Nisman, ma l’attentato al centro culturale ebraico di Buenos Aires che nel 1994 causò 85 morti e numerosi feriti. Il vero scandalo è che i responsabili non siano mai stati trovati, e che l’uomo che aveva il compito di risolvere il caso oggi sia morto. Nisman, a cui l’indagine era stata affidata dieci anni fa, è stato trovato morto in casa sua una settimana dopo aver accusato Fernàndez e alcuni alti funzionari di aver collaborato con l’Iran per coprire le responsabilità dell’attentato, che secondo lui era stato eseguito da Hezbollah. Il caso ha preso un’altra piega sinistra quando un giudice ha diffuso la trascrizione delle conversazioni intercettate tra il governo iraniano e quello argentino, che facevano parte dell’atto di accusa stilato dal magistrato. Quelle intercettazioni suggeriscono che nel 2011 fossero stati presi accordi segreti per depistare le indagini e rafforzare i rapporti commerciali tra Iran e Argentina. Nel 2005 il cardinale Jorge Mario Bergoglio, oggi papa Francesco, firmò una petizione che chiedeva chiarimenti sull’attentato. Ci auguriamo che ora la sua indignazione sia più forte che mai. (El Nuevo Herald, Stati Uniti)
ARGENTINA
Novità sul caso Nisman
Il magistrato Alberto Nisman (nella foto), trovato morto nella sua casa di Buenos Aires il 19 gennaio, stava per ordinare l’arresto della presidente Cristina Fernàndez, del ministro degli esteri Héctor Timerman e di alcuni esponenti del movimento La Càmpora. Lo rivelerebbero dei documenti trovati nella spazzatura dell’appartamento di Nisman e pubblicati dal Clarin, un quotidiano critico verso il governo. Nisman stava indagando sull’attentato del 1994 all’Asociación mutuai israelita Argentina, che provocò 85 morti. "All’inizio Viviana Fein, la magistrata che si occupa dell’inchiesta sulla morte di Nisman, aveva negato l’esistenza dei documenti, ma poi è tornata sui suoi passi", scrive La Nación.

VENEZUELA
MADURO E LA GUERRA ECONOMICA
Il 3 febbraio il presidente del Venezuela Nicolas Maduro ha ordinato alle forze dell’ordine di occupare una serie di supermercati della catena Dia Dia e di arrestare i proprietari e i direttori dei negozi, accusati di portare avanti una "guerra alimentare contro il popolo". Il 2 febbraio sono stati arrestati i dirigenti della catena di farmacie Farmatodo con l’accusa di sabotaggi.

COLOMBIA II 31 gennaio l’ex direttrice dei servizi segreti colombiani (Das) Maria del Pilar Hurtado è stata arrestata al suo ritorno nel paese da Panama. È coinvolta in un grande scandalo di spionaggio illegale nei confronti di alcuni politici di opposizione. L’Interpol aveva emesso un mandato d’arresto internazionale.

MESSICO
"La versione ufficiale del governo messicano sul sequestro e l’uccisione dei 43 studenti della scuola normale rurale di Ayotzinapa, scomparsi il 26 settembre 2014 a Iguala, nello stato di Guerrero, fa acqua da tutte le parti", scrivono i giornalisti Anabel Hernàndez e Steve Fisherinuna nuova inchiesta pubblicata sul settimanale Proceso. La Procuraduria general de la republica messicana non ha fornito prove scientifiche, ma ha usato la tortura per estorcere una serie di testimonianze ai poliziotti federali e al personale della marina. "Gli agenti di Iguala e Cocula, la città dove sarebbero stati bruciati i corpi degli studenti, e l’impiegato David Hernàndez Cruz, che ha detto di far parte del gruppo criminale Guerreros unidos e ha accusato l’ex sindaco di Iguala José Luis Abarca Velàzquez di aver ordinato per radio l’attacco agli studenti, sono stati sottoposti a minacce psicologiche e a percosse. Quindi le loro confessioni non sono attendibili

CILE
PRIMI PASSI PER LEGALIZZARE L’ABORTO IN CILE
IL 31 GENNAIO LA PRESIDENTE MICHELLE BACHELET HA PRESENTATO IN PARLAMENTO UN PROGETTO DI LEGGE PER ELIMINARE UN’EREDITÀ DELLA DITTATURA: IL DIVIETO ASSOLUTO D’INTERROMPERE LA GRAVIDANZA
Il Cile si sta poco a poco scrollando di dosso il suo conservatorismo. Il 31 gennaio, nella stessa settimana in cui sono state approvate le unioni civili anche per le coppie gay, la presidente Michelle Bachelet ha presentato un progetto di legge per depenalizzare l’aborto terapeutico, un’eredità della dittatura di Augusto Pinochet. Durante il suo primo mandato (2006-2010) Bachelet, che è pediatra, ha combattuto per garantire a tutti l’accesso alla pillola del giorno dopo. Dopo aver diretto l’Un Women, l’ente delle Nazioni Unite per l’uguaglianza di genere e l’autonomia delle donne, nel 2014 Bachelet è stata rieletta presidente del Cile con un programma che prevede anche la legalizzazione dell’aborto terapeutico. "Il divieto e la criminalizzazione di ogni forma d’interruzione di gravidanza non hanno impedito gli aborti, praticati in condizioni rischiose per la vita e la salute delle donne", ha dichiarato il 31 gennaio. Il disegno di legge depenalizza l’aborto in caso di pericolo "presente o futuro per la vita della madre", di "malformazioni fetali incompatibili con la vita extrauterina" e di stupro. Per procedere all’intervento servirà la diagnosi di un medico, che dovrà essere confermata da un secondo parere. Ma se la donna necessita di un intervento immediato perché la sua salute è in pericolo basterà il giudizio di un solo medico. Ogni anno negli ospedali cileni arrivano circa 16.500 donne con gravidanze, sotto le 22 settimane, rischiose per la madre o con malformazioni del feto incompatibili con la vita. Non ci sono dati sulle gravidanze seguite a una violenza sessuale o sugli aborti clandestini. Oggi in Cile l’interruzione di gravidanza può essere punita con pene comprese fra i tre e i cinque anni di carcere. Nel paese l’aborto terapeutico è stato legale per più di cinquant’anni. Poi, nel 1989, l’ex dittatore Pinochet lo ha vietato. E a causa delle pressioni della chiesa cattolica e dei gruppi conservatori, in ventiquattro anni di democrazia nessuna proposta di legge per reintrodurlo ha avuto successo.

INTERROGATORI E SOSPETTI
"La paura di morire e il timore che ti succeda qualcosa" : secondo Lidia Casas, ricercatrice del centro per i diritti umani dell’università Diego Portales, sono questi gli effetti principali che il divieto di abortire ha sulle donne. Casas ha studiato e documentato alcuni casi: le gestanti vanno in ospedale per un’emorragia grave dopo un aborto, sono interrogate dalle ostetriche e poi denunciate; se c’è il sospetto di un’interruzione volontaria di gravidanza i medici ritardano le cure oppure sottopongono le donne che hanno avuto un aborto spontaneo a una serie di domande perché non credono all’origine dell’emorragia. Le pillole abortive in vendita sul mercato nero hanno reso l’interruzione di gravidanza più accessibile da un punto di vista
economico e hanno fatto diminuire il numero d’infezioni e lesioni traumatiche. "Con l’aborto farmacologico si sono ridotte le complicanze", spiega il ginecologo Ramiro Molina, fondatore del Centro di medicina riproduttiva e sviluppo integrale dell’adolescente. In base al nuovo progetto di legge, l’aborto sarà consentito entro le prime dodici settimane di gestazione. Le ragazze che hanno meno di 14 anni avranno tempo fino alla quattordicesima settimana e dovranno presentare l’autorizzazione dei genitori. In caso di stupro, potranno abortire entro le prime diciotto settimane, visto che spesso "non si accorgono di essere incinte". Il progetto di legge riconosce la priorità del segreto professionale sull’obbligo di denunciare le pazienti, e dà ai medici il diritto all’obiezione di coscienza. Se un medico si avvale di questo diritto, il centro sanitario deve indicare alla paziente un ginecologo disposto ad assisterla. I principali partiti conservatori e la chiesa cattolica si oppongono all’aborto in qualsiasi caso. Secondo Maria José Hoffman, del partito di destra Union demócrata independiente, il disegno di legge rischia di essere un precedente giuridico per legalizzare del tutto l’interruzione di gravidanza. (Roser Toll, El Nuevo Herald, Stati Uniti)

AMERICA SETTENTRIONALE
CANADA
II 3 febbraio il ministro degli esteri John Baird ha annunciato le sue dimissioni.

STATI UNITI
Sei persone sono morte il 3 febbraio in uno scontro fra un treno e un’automobile a nord di New York.
USA
TEXAS – UNIVERSITY OF TEXAS AD AUSTIN
L’INSEDIAMENTO . Cerimonia con delinquente Noi onesti stranieri in patria. di Maurizio Viroli
Il Suo invito a Silvio Berlusconi a presenziare alla cerimonia d’insediamento, Signor Presidente Mattarella, offende gli italiani onesti. Lo scrivo con pieno rispetto per la Sua persona e per l’istituzione che Lei rappresenta; lo scrivo con sincera ammirazione per i contenuti morali e politici del Suo discorso. Partecipare alla cerimonia che segna l’avvio di un nuovo mandato del Capo dello Stato, la più alta carica della Repubblica, è un grande onore. Un onore è un premio. Lei ha ritenuto di premiare un condannato per frode fiscale, un reato particolarmente offensivo che contrasta con il principio sancito dall’articolo 53 della Costituzione della quale Lei è il supremo custode: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”. Esattamente ciò che non ha fatto Berlusconi. Offensivo e grave perché l’evasione fiscale è uno dei mali più tenaci che affliggono la società italiana. Invece di esprimere una ferma condanna non invitando Berlusconi, Lei ha scelto di invitare un uomo che è stato sottoposto a giudizio per la peggiore ipotesi di corruzione, e che non ha ancora terminato di scontare la pena, del resto iniquamente leggera.
I SUOI primi atti, prima ancora del discorso d’insediamento, mi avevano fatto ben sperare. Ho letto di una Sua lunga telefonata al Presidente Emerito Carlo Azeglio Ciampi e ho pensato che ne avrebbe tratto stimolo a impegnarsi in quell’opera di ricostruzione della coscienza repubblicana che costituisce il più urgente e necessario compito di chi rappresenta l’unità nazionale. Unità nazionale che deve soprattutto essere, a mio giudizio, comune e condivisa coscienza dei doveri civili sanciti dalla Costituzione. Ma il linguaggio dei doveri e l’opera di educazione civile, lo dico da vecchio professore, esigono per essere efficaci, la coerenza fra le parole e le azioni. Se Lei andrà in una scuola a ragionare con i ragazzi e le ragazze di doveri civili, cosa risponderà se le chiederanno: ‘Signor Presidente perché ha invitato al Quirinale un delinquente’?
Anche la Sua visita al sacrario delle Fosse Ardeatine mi aveva fatto ben sperare. Ne avevo tratto l’auspicio che Lei avrebbe dato rinnovato impulso alla riscoperta degli ideali della Resistenza. Atto quanto mai meritorio, perché esprime la dovuta gratitudine verso chi ha lottato e si è sacrificato per la nostra libertà. Riscoprire gli ideali della Resistenza è opera più di ogni altra urgente in presenza di minacciosi segnali di rigurgiti neofascisti. Con l’invito a Berlusconi Lei ha perso ai miei occhi un’occasione importante per dimostrare l’intransigenza necessaria per parlare in modo convincente degli ideali della Resistenza. Le figure più nobili dell’antifascismo erano intransigenti, quando si trattava di principi morali. E allora mi domando ‘perché lei ha scelto di non esserlo, con Berlusconi?’
IMMAGINO che Lei, o qualcuno dei tanti che approvano la Sua scelta, risponderebbe che Berlusconi rappresenta pur sempre una gran numero di italiani. ‘And so what?’ Ribatterebbero qui negli Stati Uniti, dove a nessun presidente verrebbe mai in mente di invitare un condannato alla cerimonia d’inaugurazione. Ammettiamo pure che avere voti sia un merito. Ma Machiavelli, che di repubbliche ne capiva, ci insegna che “nessuna repubblica bene ordinata non mai cancellò i demeriti con gli meriti de’ suoi cittadini”. Berlusconi potrebbe rappresentare anche il 90% degli italiani e resterebbe un delinquente che non merita di essere onorato da chi, come il Capo dello Stato, deve in primo luogo rappresentare i cittadini onesti. Invece, il Suo invito a Berlusconi, fa sì che gli onesti si sentano, ancora una volta, stranieri in patria.
P.S: Ho chiesto ai miei studenti della University of Texas ad Austin cosa penserebbero se un condannato per frode fiscale fosse invitato all’Inaugural di un Presidente degli Stati Uniti. Mi hanno guardato come si guarda un pazzo. Il più benevolo commento è stato: “la notizia attirerebbe l’attenzione dei media più del discorso del Presidente.”
STATI UNITI
Il bilancio di Obama
Barack Obama ha presentato al congresso la legge di bilancio per l’anno fiscale 2016. "La Casa Bianca propone una serie di tagli alle tasse e sussidi a sostegno della classe media e dei poveri", spiega il New York Times. Tra le misure più importanti ci sono detrazioni di 500 dollari per il componente della famiglia che guadagna meno, un’estensione dei bonus per le famiglie sotto un determinato reddito e l’aumento delle detrazioni per le famiglie che pagano una persona per prendersi cura dei figli. Sul New Yorker, John Cassidy spiega che questi interventi saranno coperti dall’aumento delle tasse sulle proprietà immobiliari delle famiglie molto ricche e sulle rendite finanziarie, e da ulteriori tasse per le società finanziare che svolgono attività che comportano un grosso rischio per l’economia. Inoltre, Obama propone nuovi investimenti in strade, aeroporti e altre infrastrutture, che dovrebbero essere finanziati da un’imposta del 15 per cento sui profitti delle compagnie all’estero. Il piano prevede anche l’aumento dei fondi per la difesa. "Dietro la proposta di Obama c’è una strategia politica", spiega Cassidy. Le possibilità che il congresso controllato dai repubblicani approvi il piano nella sua versione attuale sono inesistenti. Ma in questo modo il presidente fissa i paletti del dibattito politico in vista delle presidenziali del 2016 e fa emergere le contraddizioni dei repubblicani.

(Le principali fonti di questo numero:
NYC Time USA, Washington Post, Time GB, Guardian The Observer, GB, The Irish Times, Das Magazin A, Der Spiegel D, Folha de Sào Paulo B, Pais, Carta Capital, Clarin Ar, Le Monde, Le Monde Diplomatique ,Gazeta, Pravda, Tokyo Shimbun, Global Time, Nuovo Paese , L’Unità, Internazionale, Il Manifesto, Liberazione, Ansa , AGVNoveColonne, ControLaCrisi e INFORM, AISE, AGI, AgenParle , RAI News e 9COLONNE".)

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