11527 55. NOTIZIE dall’ITALIA e dal MONDO 27 dic 2014

20141226 12:05:00 guglielmoz

ITALIA – 23 dicembre 1984, la strage del rapido 904. Quelle stragi che tornano d’attualità./ JOBS ACT, la beffa del tavolo di palazzo Chigi/ ROMA "Cambia la Grecia, cambia l’Europa", presentato a Roma l’appello. E’ stato presentato ieri a Roma l’appello "Cambia la Grecia cambia l’Europa"./ ROMA- Didi e Gogo e il teatro dell’assurdo. L’opera di Samuel Beckett “Waiting for Godot” racconta la storia di Didi e Gogo, due clochard che in una solitaria strada di campagna attendono un certo “signor Godot”. / L’Italia è corrotta, ma non lo sa. Forse non lo sapete ma vivete nella nazione più corrotta d’Europa. Avete presente quella sensazione che ci sia sempre il furbetto del quartierino?/
EUROPA – Un’occasione sprecata. Il semestre italiano di presidenza del Consiglio europeo si era aperto con un documento infarcito di richiami alla “competitività. / L’Europa per sconfiggere la paura. / EU/ROMA . Dopo l’euro, tutti in guerra? . La Terza Guerra Mondiale Della Merkel
Nel 2011, quando sotto i colpi della crisi Monti e Papademos venivano incaricati di avviare l’invasione della Troika in Italia e in Grecia, Angela Merkel e Nicolas Sarkozy rilasciavano ai posteri due dichiarazioni inquietanti.
AFRICA & MEDIO ORIENTE – GIORDANIA
Pilota giordano rapito dall’Isis. Amman: "Liberatelo" . Padre e fratello del soldato ai jihadisti, "Abbiate pietà di lui". La cattura del pilota giordano da parte dei jihadisti dello Stato islamico / SOMALIA. MOGADISCIO .
Si aggrava il bilancio dell’attacco compiuto a Mogadiscio da miliziani integralisti islamici Shabaab contro il quartier generale dell’Unione africana in Somalia. L’ultim
ASIA & PACIFICO – SRI LANKA. Dieci anni fa lo tsunami, l’Asia ricorda le vittime. / INDIA . L’India apre sui marò, ‘governo valuta richiesta umanitaria’. Obiettivo far proseguire il periodo di cure in Italia per Latorre e di concedere a Girone un permesso per trascorrere a casa le festività natalizie. /
AMERICA CENTROMERIDIONALE – CUBA/USA Castro non nasconde le difficoltà nel suo discorso davanti al Parlamento "Plaudiamo a Barack Obama per aver aperto un nuovo capitolo nelle nostre relazioni ed aver introdotto un cambiamento significativo nella politica statunitense degli ultimi 50anni- / BRASILE. L’IMPERO DEL CONSUMO Società dei consumi. La bocca è una delle porte dell’anima, dicevano gli antichi. Ma se da lì passa solo cibo spazzatura, la vita è ridotta a un insieme infinito di acquisti di merci usa e getta. E lo struscio domenicale nel centro delle città è sostituito dal pellegrinaggio negli shopping mall che accerchiano le periferie. Performance contro il consumismo a Natal, capitale del Rio Grande do Norte in Brasile – http://ilmanifesto.info/wordpress/wp-content/uploads/2014/12/17/18ins-galeano-.jpg / La dittatura del sapore unico, gli universali della pubblicità, la minoranza compradora e I nuovi idoli.
AMERICA SETTENTRIONALE – New York, uccisi a freddo due poliziotti. Si segue la pista della vendetta. Il killer si è poi suicidato. /

ITALIA
904
23 DICEMBRE 1984, LA STRAGE DEL RAPIDO 904. QUELLE STRAGI CHE TORNANO D’ATTUALITÀ
23 dicembre è stato l’anniversario della strage del rapido 904 del 1984, in cui persero la vita 16 persone. Dopo trent’anni, il dossier è ancora aperto. Giovanni Brusca testimonierà al processo sulla all’udienza del prossimo 13 gennaio 2015. Dopo la strage del rapido 904 come ricostruito dall’accusa, Brusca fu contattato da Pippo Calò perché‚ spostasse il deposito di esplosivi che Cosa nostra gli aveva affidato a San Giuseppe Jato nel timore che venisse scoperto. Pippo Calò fu condannato per la strage del treno rapido 904, con sentenza definitiva, in concorso con altri due mafiosi, Guido Cercola e Franco Di Agostino, e con l’artificiere tedesco Friedrich Schaudinn.
“Prima strage a firma Cosa nostra fuori dal territorio siciliano. Con l’eversione nera a fare il lavoro sporco, con mafiosi e camorristi che sembravano tutt’uno con i fascisti. Il treno di natale. Il treno delle famiglie degli emigrati”, sottolineano Pietro Orsatti e Floriana Bulfon che alla “strage di Natale” hanno dedicato un capitolo su Grande Raccordo Criminale, un libro uscito un anno fa che in qualche modo aveva individuato alcune linee di indagine di Mafia Capitale. Il filo rosso con l’”attualità di Mafia Capitale” si rintraccia anche nelle parole di Franco Roberti, procuratore nazionale Antimafia. "La strage del rapido 904? Anche lì c’era un intreccio tra mafia e politica. Ma c’è una sentenza. Vedremo se emergeranno novità". Parole sibilline che gettano nuove speranze sugli anni bui delle bombe dei fasciti in quel legame coi servizi segreti deviati e la criminalità organizzata.
"La nostra più grande paura è la perdita totale della memoria",dice Rosaria Manzo, presidente dell’Associazione tra i familiari delle vittime del Rapido 904, nel messaggio inviato per l’inaugurazione della mostra di immagini della tragedia del 23 dicembre 1984 che sarà fino al 6 gennaio nella sala d’attesa della stazione di Bologna. "Spesso accade – ha scritto – che quando un atto si perda nel tempo, quando oramai il boato dell’immediatezza di un crimine efferato cessi, il senso comune dell’opinione pubblica corregga pian piano il suo giudizio, così come i mass media, fin quasi a non ritenere più necessaria l’individuazione del colpevole e magari sbiadire nel tempo conclamate responsabilità".
ROMA
JOBS ACT, LA BEFFA DEL TAVOLO DI PALAZZO CHIGI
Il governo mantiene la promessa ma non scopre le carte; convoca sindacati e imprese alla vigilia della presentazione dei primi decreti attuativi del Jobs Act ma al confronto si limita ad illustrare per grandi linee e senza grandi dettagli i passaggi previsti nei due provvedimenti che dovrebbero vedere la luce nel Cdm del 24 dicembre, quello sul contratto a tutele crescenti e quello sull’Aspi. "Non c’è un testo perchè non è stato completato, c’è ancora una discussione politica ma quello che c’è è un tema di equilibrio generale", spiega il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti.
Ma anche se poche, le informazioni che Poletti ha fornito alle parti sociali sui nodi più spinosi della riforma, dall’art.18 agli ammortizzatori sociali, irrigidiscono soprattutto Cgil e Uil, che rinnovano e rinforzano la loro opposizione alla linea del governo.
Il governo comunque ribadisce l’intenzione a fare presto. "Entro 6 sei mesi al massimo i decreti dovranno essere approvati", è il timing indicato da Poletti che conferma anche l’obiettivo dell’incontro: dialogo ma senza trattativa
ROMA
"CAMBIA LA GRECIA, CAMBIA L’EUROPA", PRESENTATO A ROMA L’APPELLO
E’ STATO PRESENTATO IERI A ROMA L’APPELLO "CAMBIA LA GRECIA CAMBIA L’EUROPA". A PROMUOVERE L’INIZIATIVA, PRESSO LA SEDE DEL PARLAMENTO EUROPEO IN VIA IV NOVEMBRE LA FONDAZIONE TRANSFORM! (Europa e Italia) e il Gue, il gruppo della Sinistra europea al Parlamento europeo. L’obiettivo è quello di sostenere il popolo greco in questo difficile momento di passaggio dall’austerità alla disobbedienza ai parametri sul debito imposti dalla Troika. Il 29 dicembre ci sarà l’ultimo tentativo di Samaras di eleggere il suo candidato alla presidenza della Repubblica. Se fallirà si andrà alle elezioni anticipate. E Syriza ha altissime probabilità di affermarsi alla guida del paese. Come reagirà l’Europa? Per il momento la campagna è impostata sullo “spargimento dei veleni”, ovvero sull’indicare Syriza come un “pericolo pubblico”.
La verità è ben altra. Come spiega in questa intervista Argiris Panagopoulos, giornalista ed esponente di Syriza, il suo partito intende innanzitutto trovare granzie di reddito ai greci attraverso un salario garantito e i contratti nazionali e poi sviluppare un’azione di rottura delle “compatibilità” europee chiamando una conferenza sul debito con tutti gli altri paesi.
“La Grecia è stata la culla della democrazia non sarà la sua tomba – si legge nel testo dell’appello – questo è stato uno dei motti con cui abbiamo sostenuto le lotte contro la Troika e le sue politiche, oggi di fronte alla possibilità di un governo di alternativa, i mercati finanziari e i media scatenano un attacco terroristico per far sembrare questa possibilità in un pericolo”.
Tra le firme in calce all’appello quelle di Forenza, Spinelli e Maltese, oltre ad alcuni rappresentanti della sinistra e del centrosinistra come Ferrero, Bertinotti e Vendola, Civati, Mineo. Inoltre molti intellettuali e personaggi dello spettacolo come Marco Revelli, Luciano Gallino e Fiorella Mannoia. Finora le firme raccolte sono più di 130. Le firme si possono inserire direttamente sul sito dove
compare il testo dell’appello (INTERNAZIONALE | Autore: fabrizio salvatori)
ROMA
DIDI E GOGO E IL TEATRO DELL’ASSURDO . L’OPERA DI SAMUEL BECKETT “WAITING FOR GODOT” RACCONTA LA STORIA DI DIDI E GOGO, DUE CLOCHARD CHE IN UNA SOLITARIA STRADA DI CAMPAGNA ATTENDONO UN CERTO “SIGNOR GODOT”.
I due, lamentandosi tra loro del freddo e della fame, litigano su futili e banali argomenti, decidendo di spostarsi senza però fare mai un passo. Il dramma esistenziale dei due protagonisti consiste nel fatto che entrambi attendono un avvenimento senza però far nulla affinché questo si realizzi.
Oggi, il palcoscenico politico del teatro dell’assurdo, ci offre una straordinaria messa in scena dell’opera di Beckett: Didi Vendola e Gogo Civati, sono riusciti infatti ad abbandonare ogni elemento politico razionale, riuscendo a rompere ogni legame tra parola ed azione. Entrambi invocano la creazione di qualcosa a sinistra, che per Civati prende l’arcaico nome di Ulivo, il cui ex leader Vendola vorrebbe addirittura far diventare Presidente della Repubblica. Un’interpretazione memorabile nel contesto politico attuale dell’opera beckettiana che solo dei campioni del paradosso potevano inscenare. "Dobbiamo costruire un luogo, una grande casa" a sinistra "per dare riparo a chi è al gelo – ha detto retoricamente Vendola – "O troviamo un luogo dove farlo o vuol dire che siamo solo dei chiacchieroni." Il leader di Sel ha poi proseguito dicendo che "Noi non aspettiamo Civati come fosse Godot, sia chiaro ma dobbiamo valorizzare il coraggio delle sue prese di posizione, aspettando che la crepa che si sta aprendo nel Pd sia sempre più profonda". Pronta la risposta di Civati alle parole di Vendola : "Non si tratta di aspettare me o Godot ma di tornare ad avere quello che una volta si chiamava Ulivo. Capisco l’esigenza di Sel di tornare ad un protagonismo maggiore a sinistra del Pd, ma non è questione di aspettare me". Interessante anche l’ambientazione scenica, a fare da sfondo allo scambio di battute sono state le primarie del PD in Liguria. Sel, ancora una volta per le elezioni regionali, come in Emilia e in Calabria, ha ben pensato di allearsi con il partito delle grandi opere mentre Civati continua a minacciare scissioni ma resta immobile. Sta a vedere che Godot è Matteo Renzi! (POLITICA – ITALIA | Autore: FP)
ROMA
L’ITALIA È CORROTTA, MA NON LO SA. FORSE NON LO SAPETE MA VIVETE NELLA NAZIONE PIÙ CORROTTA D’EUROPA. AVETE PRESENTE QUELLA SENSAZIONE CHE CI SIA SEMPRE IL FURBETTO DEL QUARTIERINO?
Quella rassegnazione che vi cattura quando andate in un italico ente pubblico e la persone che dovrebbe fornirvi risposte vi pare incapace e vi chiedete come abbia fatto a vincere il concorso? (se lo ha fatto, il concorso…) Quello scoramento quando sentite che l’Expo che ha trasformato nel 1992 il cuore pulsante di Barcellona a Milano è invece servito solo a incasinare la città e riempire le tasche dei soliti noti e dei mafiosi? Ecco quella sensazione vi deriva dal fatto che la corruzione affligge in maniera endemica il nostro sistema economico, sottraendo allo stato risorse preziose, peggiorando la qualità dei servizi e contribuendo ad aumentare la povertà. I cittadini sono i primi a subirne le conseguenze, per questo non devono più rimanere in silenzio, ma prendere posizione con determinazione. Anche perché il popolo non può più essere bue, come viene a quanto pare giustamente considerato ma deve divenire fortemente consapevole della società che lo circonda.
Lo scorso 3 dicembre è stato presentato a Roma l’Indice di Percezione della Corruzione (CPI) 2014 a cura dell’innovativo servizio di Transparency International Italia ALLERTA ANTICORRUZIONE – ALAC dedicato alle vittime o i testimoni di casi di corruzione.
L’incontro ha ospitato personaggio illustri: Virginio Carnevali, Presidente di Transparency International Italia, Raffaele Cantone, Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, e ancora Ferruccio Dardanello, Presidente di Unioncamere, e Marcella Panucci, Direttore Generale di Confindustria.
Come è messa dunque l’Italia nella poco esaltante classifica? Analizzati i dati si riconferma al 69° posto nel mondo, con la stessa posizione e punteggio dell’anno precedente. Sullo stesso gradino dell’Italia, con un voto di 43 su 100, troviamo di nuovo la Romania e altri due paesi europei in risalita rispetto allo scorso anno: Grecia e Bulgaria. A livello globale si distinguono in negativo Francia (69), Cina (36) e Turchia (45) che perdono diverse posizioni rispetto all’anno scorso, mentre rimangono in cima alla classifica dei paesi più virtuosi Danimarca, Nuova Zelanda e Finlandia.
“Il CPI 2014 evidenzia come il nostro Paese non sia ancora riuscito a intraprendere la strada giusta per il suo riscatto etico. Non possiamo restare fermi a guardare ancora per molto, mentre invece altri Paesi fanno progressi: come cittadini possiamo e dobbiamo essere parte attiva nella lotta contro la corruzione,” così dichiara Virginio Carnevali, Presidente di Transparency International Italia.
“Il lavoro iniziato quest’anno dall’ANAC siamo sicuri che darà i suoi frutti,” continua Carnevali, “ma c’è bisogno anche del supporto dei cittadini. Solo grazie al loro coinvolgimento sarà possibile portare alla luce gli illeciti che altrimenti continueranno a rimanere insabbiati. Per questo motivo abbiamo dato vita al servizio ALLERTA ANTICORRUZIONE – ALAC, per tutti coloro che vogliono segnalare un caso di corruzione ma sono spaventati o sfiduciati dalle istituzioni. Noi possiamo aiutarli facendo in modo che il caso venga allo scoperto, superando così il muro di impunità che ancora oggi protegge i corrotti.”
Secondo i dati estrapolati del Barometro Globale della Corruzione 2013, solo il 56% degli italiani è disposta a segnalare un episodio di corruzione, rispetto alla media globale del 69%. I motivi che spingono a rimanere in silenzio sono soprattutto la paura, la sfiducia e la triste convinzione che nulla può cambiare.
Il servizio ALLERTA ANTICORRUZIONE – ALAC è nato proprio con l’obiettivo di incoraggiare chi ha qualcosa da segnalare nell’interesse pubblico. ALAC è infatti il primo esempio italiano di servizio di assistenza per chi deicide di segnalare episodi di corruzione e si avvale del software Globaleaks, che permette l’invio di segnalazioni in totale sicurezza e anonimato.
“La corruzione è alimentata dall’eccessiva e inutile burocrazia,” aggiunge il Presidente di Unioncamere Ferruccio Dardanello “Occorrono azioni volte a semplificare il rapporto tra Pubblica Amministrazione e impresa, consentendo il contatto immediato attraverso il pieno utilizzo delle potenzialità offerte dai sistemi digitali. E’ inoltre indispensabile aumentare i grado di consapevolezza del fenomeno e fornire agli imprenditori degli strumenti semplici per prevenirlo. Per questo motivo abbiamo voluto sviluppare, assieme a Transparency International Italia, un manuale anticorruzione per micro e piccole imprese: far crescere la cultura e la buona informazione sulla legalità è un nostro obiettivo irrinunciabile.”
Secondo Marcella Pannucci, Direttore Generale di Confindustria, “L’indice di percezione di quest’anno conferma che, nonostante i molti interventi operati, in Italia ancora tanto resta da fare per rafforzare le politiche di contrasto alla corruzione. La diffusione di questo fenomeno altera il regolare andamento della concorrenza con gravi ripercussioni sull’economia del Paese. Per questo Confindustria ha posto il tema tra le sue priorità e sta portando avanti un’intensa attività di analisi e di proposta per contribuire ad un’azione anticorruzione corale. Il tutto nella consapevolezza che anche il sistema delle imprese deve fare la sua parte e assumersi la responsabilità di promuovere la cultura del rispetto delle regole, come ribadito in più occasioni dal Presidente Squinzi.”
Insomma verrebbe da dire che cambia il mondo, ma non cambiano gli Italiani. Fortunatamente però si è cominciato, anche nel nostro paese, ad affrontare il tema e questo può solo fare ben sperare per il futuro.
Viene in mente Don Milani “spesso nell’altro riconosco il mio problema: uscirne da soli è avarizia, uscirne insieme è politica”. Quale migliore augurio per le imminenti feste? ( di Fabio Pizzi )

EUROPA
EU/ITALIA
UN’OCCASIONE SPRECATA- IL SEMESTRE ITALIANO DI PRESIDENZA DEL CONSIGLIO EUROPEO SI ERA APERTO CON UN DOCUMENTO INFARCITO DI RICHIAMI ALLA “COMPETITIVITÀ”.
I problemi delle finanze pubbliche come base della crisi attuale, il privato come unica soluzione. La ricetta, seguendo la visione mercantilista, è quindi tagliare la spesa pubblica e a lanciarsi in una gara senza regole a chi esporta di più. Un quadro concettuale che ribalta cause e conseguenze della crisi, e dove la regolamentazione della finanza privata sembra “passata di moda”.
Se in Europa si continua a sottolineare come sia fondamentale un sistema finanziario che sostenga il rilancio di crescita e occupazione, le soluzioni passano in gran parte dall’inondare le banche di liquidità. Banche che però continuano a non prestare all’economia, in una forma moderna della trappola della liquidità postulata da Keynes nel secolo scorso: in un periodo di difficoltà, l’immissione di denaro si traduce in risparmi e non in investimenti e consumi. Oggi crescono le attività speculative mentre famiglie e imprese sono strangolate dalla mancanza di accesso al credito. Un fenomeno che esaspera la crescita ipertrofica della finanza e il suo sempre più spinto distacco dai fondamentali di un’economia in crisi: la definizione stessa di una nuova bolla finanziaria.
Per questo occorre riportare la finanza a essere uno strumento al servizio delle attività economiche, contrastando quelle speculative. Da un lato alcune delle proposte avanzate da anni dalle reti della società civile sono finalmente approdate nell’agenda europea: una tassa sulle transazioni finanziarie, la separazione tra banche commerciali e di investimento, una severa regolamentazione del sistema bancario ombra, e altre ancora. Dall’altro i passi in avanti, se ci sono, sono davvero minimi.
Sulla tassa sulle transazioni finanziarie, l’ultimo ECOFIN a guida italiana si è chiuso con un sostanziale nulla di fatto, rimandando la partita alla presidenza lettone di inizio 2015. Peccato che la Lettonia, a differenza dell’Italia, non è tra i Paesi che hanno dichiarato di impegnarsi per la tassa. Se nulla o quasi è stato fatto in questi mesi, le speranze di vedere un’accelerazione nel prossimo futuro sono decisamente poche.
La separazione tra banche commerciali e di investimento e la questione delle banche too big to fail è un altro punto centrale per evitare il ripetersi di disastri come quelli degli ultimi anni e per reindirizzare l’attività bancaria verso un sostegno all’economia. La nuova Commissione UE nella persona del Commissario Hill, un ex-lobbista ora responsabile degli affari finanziari, sembra provare ad affossare la Bank Structure Reform che dovrebbe occuparsi di tali questioni. A inizio dicembre il Comitato Economico del Parlamento ha pubblicato un comunicato molto duro, sostenendo che non è mai stato detto alla Commissione di ritirare la proposta. Anche in questo caso – come in diversi altri capitoli negoziali – non sembra che dal Consiglio a guida italiana siano arrivati risultati o prese di posizione memorabili.
L’attuale impostazione in ambito finanziario è evidenziata dai recenti stress test condotti dalla BCE, che hanno mostrato una maggiore fragilità delle banche italiane rispetto a quelle dell’Europa centrale. Peccato che tali test andassero a guardare nel dettaglio i prestiti erogati, ma non il rischio delle operazioni speculative. Le banche italiane, “colpevoli” di prestare di più all’economia reale, sono quindi inevitabilmente risultate in difficoltà rispetto a quelle di maggiori dimensioni di Germania, Francia o Inghilterra, spesso con i bilanci pieni di derivati e titoli potenzialmente tossici.
Pochi esempi per mostrare come l’intera agenda europea appare cucita su misura per i gruppi di maggiore dimensione e che continuano a dominare – non solo dal punto di vista finanziario – in Europa. Di fatto, l’unico punto su cui sembra che il governo italiano si sia speso durante la propria presidenza di turno è nel cercare di accelerare l’accordo di libero scambio tra UE e USA, il TTIP. Un negoziato soggetto a fortissime contestazioni, centrato sulla tutela dei “diritti” delle grandi imprese a scapito di quelli di cittadini, ambiente e lavoratori.
Sarebbero molte altre le critiche che si potrebbero muovere nel merito. L’Italia avrebbe avuto tutto da guadagnare nell’impostare la propria presidenza sulla regolamentazione finanziaria e su un cambio di paradigma in Europa. Prima ancora che nell’analisi dei singoli capitoli negoziali, è però proprio la visione di insieme e l’intero approccio a essere totalmente inadeguati. Difficile dire se al termine del semestre italiano il bicchiere sia mezzo pieno o mezzo vuoto, quando non si riesce a vedere nemmeno il bicchiere (Fonte: sbilanciamoci | Autore: Andrea Baranes)

EU
L’EUROPA PER SCONFIGGERE LA PAURA. «PER QUANTO RIGUARDA LE NOSTRE VECCHIE TERRE DI EUROPA È EVIDENTE CHE DIFFICILMENTE LA LIBERTÀ POTREBBE ESSERE EFFICACEMENTE DIFESA IN UNA CONDIZIONE DI DIVISIONE, DI POLVERIZZAZIONE DI STATI, E CHE ESSA ABBISOGNA, PER ESSERE FORTE E PER CRESCERE, DI UNA MAGGIORE UNI­TÀ, CHE NON PUÒ TROVARSI SE NON ATTRAVERSO UNA FORMA DI FEDERAZIONE EUROPEA­» (Carlo Levi, La paura è il contrario della libertà ). In questo manoscritto inedito datato 18 marzo 1948, tirato fuori da un cassetto dal sindaco di Aliano dove l’intellettuale antifascista torinese fu mandato al confino e pubblicato a cura della Regione Basilicata, Carlo Levi aggiorna le sue teorie sul rapporto tra la paura e i totalitarismi alla luce della Resistenza. Un tema già affrontato nel saggio Paura della libertà , scritto in Francia alla vigilia dell’invasione tedesca, e di cui questo testo costituisce una sorta di appendice post-bellica. E la paura collettiva, di massa, quella che per Levi rappresenta il contrario della libertà, che «ha permesso la nascita del fascismo, del nazismo e di tutte le altre più o meno individuate tirannie». La Resistenza, invece, è stata «un’affermazione dei valori dell’autonomia, la lotta contro il terrore». Ma per Levi è durata poco: la paura, che sembrava scacciata dalla lotta partigiana e vinta dalla libertà, già nel primo dopoguerra ritornava «nei titoli dei giornali»: "Paura dei colpi di stato", "Pericolo del comunismo", etc. Per questo la nascita di una federazione europea sembrò allo scrittore di Cristo si è fermato a Eboli «la via della libertà e della liberazione dal terrore (Fonte: sbilanciamoci Autore: Angelo Mastrandrea)

EU/ROMA
DOPO L’EURO, TUTTI IN GUERRA? . LA TERZA GUERRA MONDIALE DELLA MERKEL
Nel 2011, quando sotto i colpi della crisi Monti e Papademos venivano incaricati di avviare l’invasione della Troika in Italia e in Grecia, Angela Merkel e Nicolas Sarkozy rilasciavano ai posteri due dichiarazioni inquietanti.
“SE CADE L’EURO CADE L’EUROPA. NESSUNO PRENDA PER GARANTITI ALTRI 50 ANNI DI PACE IN EUROPA“ [Angela Merkel]
“L’EUROPA È IL CONTINENTE CHE HA CONOSCIUTO LE GUERRE PIÙ BARBARE AL MONDO, E NON SONO ACCADUTE NEL MEDIOEVO, MA NEL XX SECOLO, PER BEN DUE VOLTE. […] LASCIARE DISTRUGGERE L’EURO È PRENDERSI IL RISCHIO DI DISTRUGGERE L’EUROPA. COLORE CHE VOGLIONO DISTRUGGERE L’EURO SI ASSUMERANNO LA RESPONSABILITÀ DI RIACCENDERE I CONFLITTI NEL NOSTRO CONTINENTE“ [Nicolas Sarkozy]
La permanenza nell’Euro veniva così legata allo spettro di un nuovo secolo di barbarie. Una minaccia più che velata, concordata e poi ventilata di proposito dalle due maggiori potenze nella UE.
Le grandi crisi sono sempre state foriere di pesanti conflitti armati. Del resto, come avevo ricordato nell’agosto 2012, ci eravamo già passati.
E oggi, che l’euro è più traballante che mai, l’Italia è pronta a modificare la sua Costituzione per attribuire alla sola maggioranza di Governo la facoltà di dichiarare lo stato di guerra. Ad oggi, infatti, l’articolo 78 recita ancora così: “Le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari”, mentre l’articolo 87 ribadisce: Il Presidente della Repubblica, che ha “il comando delle forze armate“, “dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere“.
Ma con la riforma del Senato in Camera non elettiva, i consiglieri regionali e i sindaci avrebbero avuto altresì il potere di dichiarare guerra. Così stanno cambiando l’articolo 78, in modo che tale facoltà sia appannaggio della sola Camera dei Deputati. Ma con le leggi elettorali che corrono, le quali di fatto attraverso il premio di maggioranza attribuiscono a una minoranza del Paese il controllo di Montecitorio, questo significa che un solo partito, anche se lontano dall’essere espressione della volontà nazionale, avrà il potere di decidere l’ingresso degli italiani in un conflitto armato. E con la sola maggioranza semplice! Neppure cioè con quella qualificata con la quale ad esempio si vota per l’elezione del Capo dello Stato. La maggioranza qualificata serve infatti a garantire che alcune decisioni di natura estremamente rilevante per l’interesse del popolo vengano prese con un consenso allargato.
Secondo il professor Carlo Galli “se il motivo per cui si mette mano alla legge elettorale è quello di aumentare la governabilità, la guerra è parte delle decisioni del governo? La Costituzione prevede tre attori istituzionali che decidono su un atto considerato di gravità eccezionale: Governo, Parlamento e Capo dello stato, secondo i poteri attribuitigli dall’art. 87 della Costituzione. Questa previsione dei padri costituenti nasce dal fatto che il sistema elettorale proporzionale è previsto come implicito nella nostra Costituzione e quindi vengono conseguentemente richiesti una faticosa mediazione tra le forze politiche e un dibattito politico, parlamentare e pubblico su atti di estrema rilevanza per il nostro Paese, quali sono appunto, la dichiarazione di stato di guerra e l’elezione del Capo dello Stato”.
La prossima modifica la faremo all’Articolo 11? Diventerà: “L’ITALIA RIPUDIA LA GUERRA COME STRUMENTO DI OFFESA ALLA LIBERTÀ DEGLI ALTRI POPOLI, MA SE STA BENE AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO… fa niente (di Claudio Messora )

GERMANIA
IL "TEDESCO QUALUNQUE" E LA RIBELLIONE NAZIONALISTA CHE RACCONTA LA NUOVA CRISI
“PRIMA I TEDESCHI”; “FUORI GLI IMMIGRATI DALLA GERMANIA” E “WIR SIND DAS VOLK”, NOI SIAMO IL POPOLO, CHE UN PO’ ECHEGGIA HEIDEGGER IL FILOSOFO CHE FU SEDOTTO DAL NAZISMO E UN PO’ LA RIVOLTA SOCIALE CONTRO LA DDR.
E’ da qualche mese, ormai, che in Germania, a partire da Dresda, sta prendendo forma in maniera sempre più incalzante un movimento composito e pregno di brutali contraddizioni, che ha iniziato ad estendersi a macchia d’olio in numerosi laender tedeschi, soprattutto a Leipzig, Bonn e Darmstadt.
Nelle foto dal web, manipoli di persone che sorreggono bandiere tedesche, croci cristiane colorate di rosso, arancione e nero e neonazisti che sventolano drappi con moschee sbarrate di rosso intrecciando slogan feroci di stampo razzista e mostrando striscioni su cui, tra gli altri, è stampato l’acronimo PEGIDA: Patriotische Europäer Gegen die Islamisierung des Abendlandes. Ovvero, Patrioti Europei contro l’Islamizzazione dell’Occidente. Il logo è tutto un programma "trasversale": nel cestino dei rifiuti finiscono la bandiera nera dell’Isis ma anche quella rosso-stellata del Pkk, la croce uncinata e la bandiera "Antifa’". Grande confusione o un nuovo movimento di opinione qualunquista?
Tutto era iniziato quasi in sordina, con raggruppamenti di poche centinaia di persone nelle piazze di Dresda, “cittadini qualunque”, onesti appartenenti alla classe media che protestavano con esplicita avversione contro un governo troppo permissivo, a detta loro, nei confronti degli immigrati, di religione islamica in particolare. Sono bastate poche settimane di tam-tam via internet e le “passeggiate del lunedì” hanno di fatto creato un clima incandescente tale da far crescere la protesta e squarciare il velo di Maya, rivelando la natura xenofoba dell’intera mobilitazione. Lunedì 15 dicembre, il magma sociale ha raggiunto l’acme di partecipazione, con circa 15.000 persone. Tutte convinte, a quanto pare, che la Germania stia subendo un processo sempre più massivo di “islamizzazione” e che l’unica risposta degna per questi “invasori” sia la cacciata coatta dal suolo tedesco e quindi, un subitaneo ridimensionamento delle politiche governative in materia di immigrazione.
Le piazze sono sobillate da Lutz Bachmann, un leader improvvisato, legittimato esclusivamente da una verve pungente e macchinosa, che al momento non pare essere collegato ad alcun partito politico, ma dai suoi interventi emerge una chiara affinità con l’etnocentrismo tipico dei gruppi neonazisti.
Nel frattempo a Norimberga, il 12 dicembre, tre edifici del principale centro d’accoglienza per immigrati e rifugiati politici andavano a fuoco. La cenere pulita dalle pareti esterne rivelò svastiche e slogan nazisti, rendendo chiaro all’opinione pubblica quanto la violenza xenofoba e razzista non avesse abbandonato il paese “principe” del neoliberismo europeo e delle sue contraddizioni, mostrando nuovamente le fauci e gli artigli, facendo riemergere ombre non del tutto assopite.
L’asse Norimberga-Dresda in questo senso, può essere chiosato come il paradigma su scala locale del sempre più incessante consenso che stanno gu i partiti nazionalisti in Europa, alimentati da chiari rigurgiti neofascisti e populisti.
Rigurgiti che in Germania dal 2000 stanno trovando facile sedimentazione tra quelle frange della popolazione sempre più disilluse dalla classe politica liberale, ora sempre più marginalizzate nella psicosi e nella frenesia della società occidentale; che ricercano nella presunta natura “unificante” del popolo, nella sua accezione tra l’altro più circoscritta, maniacale ed identitaria, nella rabbia incontrollata verso l’”altro” visto semplicemente come “un nemico interno” da espellere, una consolazione all’incapacità di canalizzare rabbia e conflitto verso i responsabili della crisi che sta vivendo il ceto medio tedesco, tra lavori mal retribuiti e disuguaglianze di reddito estremamente sensibili.
Egoismo strutturale del ceto medio. Sicuramente. Ma un egoismo che sta mobilitando una considerevole massa di persone, riversata in un calderone ribollente di contraddizioni sensibili, con una composizione spuria le cui parti non sono distinguibili nettamente, che potrebbe deviare verso qualunque strada.( Autore: valerio sebastiani adagnando)

MEDIO ORIENTE & AFRICA
ISRAELE
GERUSALEMME. due agenti feriti da palestinese A Gerusalemme est, aggressore è poi fuggito
Due poliziotti israeliani sono stati leggermente feriti da un palestinese armato di coltello a Gerusalemme est. Lo riferisce un portavoce della polizia. L’aggressore è riuscito a darsi alla fuga

GIORDANIA
Pilota giordano rapito dall’Isis. Amman: "Liberatelo" . Padre e fratello del soldato ai jihadisti, "Abbiate pietà di lui". La cattura del pilota giordano da parte dei jihadisti dello Stato islamico
Grande commozione ed ansia in Giordania per Muadh al Kassasbe, il pilota catturato ieri dall’Isis in Siria. Con un appello disperato rivolto ai jihadisti il padre ed il fratello del militare ne hanno chiesto l’immediata liberazione. "Spero che Dio riempia il vostro cuore di pietà, rilasciatelo", ha detto Youssef al Kassasbe il padre del soldato. "Vi imploro di lasciarlo andare, lui è un devoto musulmano – ha aggiunto il fratello di Muadh, stando a quanto scrive il sito di news Ynet – nelle sue missioni aveva il Corano sempre con sé". L’uomo è stato catturato ieri dopo la caduta del suo jet F-16 che i miliziani affermano di avere abbattuto con un missile terra-aria nella regione di Raqa, circostanza questa smentita dagli Usa.
Il suo rapimento ha destato grande sconcerto in Giordania e nel mondo intero, anche dopo le foto pubblicate dai suoi rapitori che mostrano il pilota – che da poco si è sposato – con aria spaventata mentre viene spinto da un gruppo di jihadisti. Il re di Giordania Abdallah II sta "seguendo da vicino e con grande attenzione" tutta la vicenda e si è augurato che al Kassasbe possa ritornare dai suoi cari "sani e salvo". Al momento non trapelano altre notizie e si ignora la sorte del giovane 26enne. Una unità di crisi con l’obiettivo di "mobilitare tutti i mezzi" è stata organizzata ad Amman ha precisato il quotidiano governativo Al-Rai. "Siamo fiduciosi: il nostro coraggioso pilota sarà liberato", ha assicurato. Anche il segretario generale Onu Ban Ki-moon si è associato alle richieste della famiglie del pilota chiedendo ai jihadisti di "trattarlo secondo le regole del diritto umanitario internazionale".
Ieri un militante contattato dalla France Press a Raqa, roccaforte dell’Isis in Siria, aveva affermato che i jihadisti sono divisi sulla sorte del loro ostaggio: alcuni di loro, come i "Ceceni" vogliono giustiziarlo, mentre altri opterebbero per una sua reclusione a vita. Intanto sul terreno almeno una sessantina di jihadisti dell’Isis sono rimasti uccisi in scontri con le forze curde nel nord-est della Siria. Secondo l’Osservatorio siriano dei diritti umani i combattimenti hanno opposto i jihadisti ai combattenti delle unità di protezione del popolo (miliziani dell’Ypg) a Qassiab, nella provincia di Hasakeh. Scontri intensi anche a Kobane – la città siriana da settembre sotto attacco dell’isis e difesa strenuamente dai curdi – dove hanno perso la vita altri 14 terroristi

SOMALIA
MOGADISCIO .
Si aggrava il bilancio dell’attacco compiuto a Mogadiscio da miliziani integralisti islamici Shabaab contro il quartier generale dell’Unione africana in Somalia. L’ultimo comunicato parla di tre soldati e di un civile uccisi. L’Amisom afferma inoltre di aver ripreso il controllo dell’area dove gli Shabaab si erano infiltrati. Del gruppo di miliziani, cinque sono stati uccisi e tre sono stati fatti prigionieri.

MAURITANIA
Un giovane mauritano è stato condannato a morte per apostasia dell’islam mercoledì sera da un tribunale di Nouadhibou, nel nordest del paese. Mohamed Cheikh Ould Mohamed, in un articolo pubblicato su siti internet, aveva criticato decisioni prese da Maometto e compagni sulla sua categoria, i fabbri. Inutili le scuse presentate dal giovane al processo. L’annuncio della sentenza di morte è stato salutato in aula e in città da grida di esultanza e caroselli di auto.

ASIA & PACIFICO
AUSTRALIA
Arrestata perché sospettata di avere ucciso otto bambini, sette dei quali suoi figli: è successo in Australia, ancora nel lutto e sotto shock a pochi giorni dal tragico epilogo del sequestro di 17 persone in un caffè del centro di Sydney. Di nuovo lacrime e incredulità: otto bambini della stessa famiglia, il più piccolo di appena 18 mesi e il più grande di 15 anni, sono stati uccisi a coltellate probabilmente dalla madre in una casa del quartiere povero di Manoora a Cairns, centro turistico sulla costa nordest dell’Australia e snodo dei turisti diretti alla Grande Barriera Corallina.
La donna di 37 anni, madre di sette delle otto piccole vittime, è ferita al petto e al collo ed è stata arrestata col sospetto che sia l’autrice della strage. Piantonata in ospedale, dove è ricoverata in condizioni stabili, viene descritta come lucida ed è stata interrogata dagli investigatori. I cadaveri sarebbero stati scoperti dal fratello più grande di 20 anni al suo ritorno a casa. Fin da subito la polizia ha tenuto a rassicurare la popolazione, lasciando intendere di non essere alla caccia di un omicida in fuga. "Tutti qui hanno un legame di parentela con le persone coinvolte", ha spiegato un giornalista del quotidiano locale Cairns Post alla radio nazionale Abc. "La gente è devastata. Ci dicono anche che lei (la donna ferita) era una madre orgogliosa che amava profondamente i figli ed era molto, molto protettiva". Alcuni vicini hanno descritto un quartiere difficile, marcato dall’alcolismo e dalla violenza. Il primo ministro Tony Abbott ha detto che la notizia dell’ "indicibile crimine" spezza il cuore.
"Tutti i genitori proveranno una tristezza immensa per quello che è successo. Questi sono giorni di dure prove per il nostro Paese. Stasera vi saranno lacrime e preghiere attraverso il nostro Paese per questi bambini", ha aggiunto. "I miei pensieri vanno alla polizia del Queensland e a tutti coloro che hanno dovuto rispondere a questa terribile situazione". Il detective di polizia Bruno Asnicar ha spiegato che gli investigatori stanno interrogando chiunque abbia avuto un qualsiasi coinvolgimento con la famiglia in tempi recenti. "La situazione al momento è ben controllata", ha assicurato. L’area del crimine resterà sigillata per diversi giorni per consentire agli investigatori di operare.
Intanto familiari e amici delle vittime continuano ad arrivare sul posto, molti lasciando fiori davanti alla casa, e decine di residenti hanno partecipato a una veglia a lume di candele in un vicino parco. Il sindaco di Cairns Bob Manning ha offerto condoglianze alla famiglia e agli amici delle vittime e ha chiesto alla comunità di "essere unita e mostrare solidarietà con chi è direttamente colpito da questa tragedia, e rispetto per la polizia e le altre autorità che ora debbono continuare questo difficile lavoro"
AUSTRALIA
Abbott, attacco è "probabile"
Premier mette in guardia, la minaccia terroristica è aumentata
Dopo il sanguinoso sequestro di Sydney la minaccia "terrorista" è aumentata e un attacco potrebbe essere "probabile" e più o meno imminente. Così il premier australiano Tony Abbott mette in guardia i suoi concittadini nel giorno in cui Sydney rende omaggio ai due ostaggi periti nella tragedia. Tori Johnson e Katrina Dawson sono morti nella notte tra il 15 e il 16 dicembre, durante l’assalto al Lindt Cafè di Sydney dove Man Haron Monis, un uomo di origine iraniana aveva sequestrato 17 persone

SRI LANKA
Dieci anni fa lo tsunami, l’Asia ricorda le vittime
Il 26 dicembre 2004 uno tsunami devastò 14 Paesi dell’Oceano Indiano. Cerimonie in Indonesia, Thailandia e Sri Lanka
Migliaia di persone hanno partecipato in Indonesia a una cerimonia in ricordo delle oltre 230.000 vittime dello tsunami che il 26 dicembre 2004 devastò 14 Paesi dell’Oceano Indiano. Religiosi musulmani, sopravvissuti e soccorritori hanno pregato in un mega-raduno nella provincia di Aceh, vicina all’epicentro del sisma che provocò lo tsunami e che in Indonesia fece il maggior numero di vittime

INDIA
L’India apre sui marò, ‘governo valuta richiesta umanitaria’
Obiettivo far proseguire il periodo di cure in Italia per Latorre e di concedere a Girone un permesso per trascorrere a casa le festività natalizie
Al vaglio del Governo indiano, che oggi ha sostenuto di stare studiando una proposta italiana sulla vicenda dei due marò, vi sarebbe la richiesta umanitaria – già bocciata dalla Corte suprema – di far proseguire il periodo di cure in Italia per Latorre e di concedere a Girone un permesso per trascorrere a casa le festività natalizie. Lo riferiscono fonti vicine al dossier.
Stamani l’India ha ammesso per la prima volta di "avere allo studio" una proposta italiana per la soluzione della vicenda dei fucilieri di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Lo ha rivelato in una risposta scritta inviata ieri al Parlamento dal ministro degli Esteri Sushma Swaraj. Due membri del Partito comunista indiano (Cpi) del Rajya Sabha (la Camera alta del Parlamento), M.P.Achuthan del Kerala e D.Raja del Tamil Nadu, avevano presentato al governo una interrogazione sulla vicenda dei militari italiani bloccati in India. In essa si chiedeva "se e’ un fatto che il governo italiano ha cercato una soluzione consensuale alla vicenda da tempo in sospeso dei due militari italiani accusati di omicidio di due pescatori indiani nel 2012 al largo delle coste del Kerala". E, in caso di risposta positiva, si intendeva sapere "a che punto e’ il caso oggi e quale e’ la reazione del governo indiano alla proposta del governo italiano su di esso". Nella risposta scritta inviata ieri sera al Parlamento, il ministro Swaraj ha risposto sinteticamente "si’" alla prima domanda e sostenuto, riguardo alla seconda, che "la questione e’ attualmente all’esame della Corte suprema dell’India. Mentre la proposta del governo italiano e’ attualmente "all’esame del (nostro) governo".

AMERICA CENTRO-MERIDIONALE
CUBA/USA
CASTRO NON NASCONDE LE DIFFICOLTÀ NEL SUO DISCORSO DAVANTI AL PARLAMENTO
"PLAUDIAMO A BARACK OBAMA PER AVER APERTO UN NUOVO CAPITOLO NELLE NOSTRE RELAZIONI ED AVER INTRODOTTO UN CAMBIAMENTO SIGNIFICATIVO NELLA POLITICA STATUNITENSE DEGLI ULTIMI 50ANNI".
Raul Castro intervenendo ieri all’Assemblea Nazionale cubana, non parla di svolta ma certo i toni non sono bassi. Il punto è l’embargo. E Castro non si nasconde le difficoltà. “Rimane da risolvere – dice – la fine del blocco economico contro Cuba". "Sarà una lotta lunga e difficile", ha poi aggiunto. Nonostante le misure annunciate da Obama mercoledì, insieme alla normalizzazione dei rapporti diplomatici sono state varati alleggerimenti nei divieti di viaggi e relazioni, solo un voto del Congresso americano potrà revocare definitivamente le sanzioni che sono alla base dell’embargo. Cosa che difficilmente potrà avvenire con il nuovo Congresso a maggioranza che si insedierà i primi di gennaio in cui i repubblicani avranno il controllo di entrambe le Camere, che già minacciano di congelare i fondi necessari alla riapertura dell’ambasciata all’Avana e di bloccare la ratifica del nuovo ambasciatore. Nel suo discorso, Castro ha anche annunciato che nell’aprile del 2016si celebrerà il VII Congresso del partito comunista cubano, che sarà l’occasione per "un ampio e democratico" dibattito sul futuro dell’isola. Raul Castro ha ribadito, comunque, che Cuba non intende rinunciare al sistema socialista e che, nell’ambito della ripresa delle relazioni con gli Stati Uniti, si dispone ad affrontare tutte le questioni sulla base "dell’uguaglianza e della reciprocità". "Come noi non abbiamo mai chiesto agli Usa di cambiare il suo sistema politico, noi esigeremo il rispetto per il nostro", ha detto. Raul ha inoltre confermato che parteciperà al prossimo Vertice delle Americhe, che si celebrerà ad aprile a Panama, "per esprimere le nostre posizioni con sincerità e rispetto per tutti capi di governo e di stato senza eccezioni". Al discorso tenuto in Parlamento hanno assistito i cinque agenti cubani liberati dagli Usa nell’ambito dell’accordo ed Elian Gonzalez, il giovane Balserito che nel 1999 era stato al centro di un braccio di ferro legale con gli Stati Uniti. (INTERNAZIONALE | Autore: fabrizio salvatori)

BRASILE
LA CONTRO STRENNA DA METTERE SOTTO L’ALBERO DI NATALE
L’IMPERO DEL CONSUMO.
La dittatura del sapore unico, gli universali della pubblicità, la minoranza compradora e I nuovi idoli.

SOCIETÀ DEI CONSUMI. LA BOCCA È UNA DELLE PORTE DELL’ANIMA, DICEVANO GLI ANTICHI. MA SE DA LÌ PASSA SOLO CIBO SPAZZATURA, LA VITA È RIDOTTA A UN INSIEME INFINITO DI ACQUISTI DI MERCI USA E GETTA. E LO STRUSCIO DOMENICALE NEL CENTRO DELLE CITTÀ È SOSTITUITO DAL PELLEGRINAGGIO NEGLI SHOPPING MALL CHE ACCERCHIANO LE PERIFERIE. PERFORMANCE CONTRO IL CONSUMISMO A NATAL, CAPITALE DEL RIO GRANDE DO NORTE IN BRASILE

L’esplosione del consumo nel mondo di oggi fa più rumore della guerra e più baccano del carnevale. Come dice un antico proverbio turco, chi beve a credito si ubriaca due volte. La bisboccia ottunde e obnubila lo sguardo; e quest’enorme sbronza universale sembra non conoscere limiti di spazio e di tempo. Ma la cultura del consumo risuona molto, come il tamburo, perché è vuota; all’ora della verità, quando gli strepiti si calmano e la festa finisce, l’ubriaco di sveglia solo, con l’unica compagnia della sua ombra e dei piatti rotti che dovrà pagare. L’espandersi della domanda cozza con i limiti imposti dallo stesso sistema che la genera. Il sistema ha bisogno di mercati sempre più aperti e ampi, come i polmoni hanno bisogno dell’aria, e al tempo stesso ha bisogno che si riducano sempre più, come in effetti accade, i prezzi delle materie prime e il costo della forza lavoro umana. Il sistema parla in nome di tutti, a tutti dà l’imperioso ordine di consu­mare, fra tutti diffonde la febbre degli acquisti; ma niente da fare: per quasi tutti quest’avventura inizia e finisce davanti allo schermo del televisore. La maggioranza, che fa debiti per ottenere delle cose, finisce per avere solo più debiti, contratti per pagare debiti che ne producono altri, e si limita a consumare fantasie che talvolta poi diventano realtà con il ricorso ad attività delittuose.
Il diritto allo spreco, privilegio di pochi, proclama di essere la libertà per tutti. Dimmi quanto consumi e ti dirò quando vali. Questa civiltà non lascia dormire i fiori, le galline, la gente.
NELLE SERRE, I FIORI SONO SOTTOPOSTI A ILLUMINAZIONE CONTINUA, PERCHÉ CRESCANO PIÙ VELOCEMENTE. E LA NOTTE È PROIBITA ANCHE ALLE GALLINE, NELLE FABBRICHE DI UOVA.
È un modo di vivere che non è buono per le persone, ma è ottimo per l’industria farmaceutica. Gli Stati Uniti consumano la metà dei sedativi, degli ansiolitici e delle altre droghe chimiche vendute legalmente nel mondo, e oltre la metà delle droghe proibite, quelle vendute illegalmente. Non è cosa di poco conto, visto che gli statunitensi sono appena il 5% della popolazione mondiale.
«Gente infelice, che vive in competizione», dice una donna nel barrio del Buceo, a Montevideo. Il dolore di non essere, un tempo cantato nel tango, ha ceduto il posto alla vergogna di non avere. Un uomo povero è un pover’uomo. «quando non hai niente pensi di non valere niente», dice un tipo nel barrio Villa Fiorito, a Buenos Aires. Confermano altri, nella città dominicana di San Francisco de Macorís:
«I miei fratelli lavorano per le marche. Vivono comprando cose firmate, e buttano sangue per pagare le rate».
Invisibile violenza del mercato: la diversità è nemica del profitto, e l’uniformità comanda. La produzione in serie, su scala gigantesca, impone ovunque i propri obbligatori modelli di consumo. La dittatura dell’uniformizzazione è più devastante di qualunque dittatura del partito unico: impone, nel mondo intero, un modo di vita che fa degli esseri umani fotocopie del consumatore esemplare.

LA DITTATURA DEL SAPORE UNICO
Il consumatore esemplare è l’uomo tranquillo. Questa civiltà, che confonde la quantità con la qualità, confonde la grassezza con la buona alimentazione. Secondo la rivista scientifica «The Lancet», negli ultimi dieci anni l’«obesità severa» è cresciuta di quasi il 30% fra la popolazione giovane dei paesi più sviluppati. Fra i bambini nordamericani, negli ultimi 16 anni l’obesità è cresciuta del 40%, secondo uno studio recente del Centro scienze della salute presso l’università di Colorado.
IL PAESE CHE HA INVENTATO I CIBI E LE BEVANDE LIGHT, IL DIET FOOD E GLI ALIMENTI FAT FREE, HA LA MAGGIOR QUANTITÀ DI GRASSI DEL MONDO.
Il consumatore esemplare scende dall’automobile solo per lavorare e guardare la tivù. Quattro ore al giorno le passa davanti allo schermo, divorando cibi di plastica.
Trionfa la spazzatura travestita da cibo: quest’industria sta conquistando i palati del mondo e fa a pezzi le tradizioni culinarie locali. Le buone antiche abitudini a tavola, che si sono raffinate e diversificate magari in migliaia di anni, sono un patrimonio collettivo accessibile a tutti e non solo alle mense dei ricchi. Queste tradizioni, questi segni di identità culturale, queste feste della vita, vengono schiacciate dall’imposizione del sapere chimico e unico: la globalizzazione degli hamburger, la dittatura del fastfood. La plastificazione del cibo su scala mondiale, opera di McDonald’s, Burger King e altre catene, viola con successo il diritto all’autodeterminazione dei popoli in cucina: un diritto sacro, perché la bocca è una delle porte dell’anima.
Il campionato mondiale di calcio del 1998 ci ha confermato, fra l’altro, che la Master­Card tonifica i muscoli, la Coca-Cola porta l’eterna giovinezza e che il menù di McDonald’s non può mancare nella pancia di un buon atleta. L’immenso esercito di McDonald’s spara hamburger nella bocca di bambini e adulti del mondo intero. Il doppio arco di questa M è servito da standard, nella recente conquista dei paesi dell’Europa dell’Est. Le code davanti alla McDonald’s di Mosca o di Pechino, inaugurata in pompa magna nel 1990, hanno simboleggiato la vittoria dell’Occidente con altrettanta eloquenza della demolizione del Muro di Berlino. Segno dei tempi: quest’azienda, che incarna le virtù del mondo libero, nega ai suoi dipendenti la libertà di organizzarsi in sindacato. McDonald’s viola in tal modo un diritto legalmente riconosciuto nei molti paesi nei quali opera. Nel 1997, alcuni suoi lavoratori, membri di quella che l’azienda chiama la Mac famiglia, cercarono di sindacalizzarsi in un ristorante di Montreal in Canada: il ristorante chiuse. Ma nel 1998, altri dipendenti di McDonald’s in una piccola città presso Vancouver, riuscirono nell’impresa, degna del Guinness dei primati.

GLI UNIVERSALI DELLA PUBBLICITÀ
Le masse consumatrici ricevono ordini in un linguaggio universale: la pubblicità è riuscita là dove l’esperanto ha fallito. Tutti capiscono, ovunque, i messaggi trasmessi dalla tivù. Nell’ultimo quarto di secolo, grazie al fatto che nel mondo le spese per la pubblicità si sono decuplicate, i bambini poveri bevono sempre più Coca-Cola e sempre meno latte, e il tempo prima dedicato all’ozio sta diventando tempo di consumo obbligatorio. Tempo libero, tempo prigioniero: le case molto povere non hanno letti, ma hanno il televisore, ed è questo a dettar legge. Comprato a rate, questo piccolo animale prova la vocazione democratica del progresso: non ascolta nessuno, ma parla per tutti. Poveri e ricchi conoscono, in tal modo, le virtù dell’ultimo modello di automobili, e poveri e ricchi si informano sui vantaggiosi tassi di interessi offerti da questa o quella banca.
Gli esperti sanno convertire le merci in strumenti magici contro la solitudine. Le cose hanno attributi umani: accarezzano, accompagnano, capiscono, aiutano, il profumo ti bacia e l’auto è un amico che non tradisce mai. La cultura del consumo ha fatto della solitudine il più lucroso dei mercati. Le ferite del cuore si risanano riempiendole di cose, o sognando di farlo. E le cose non possono solo abbracciare: possono anche essere simboli di ascesa sociale, salvacondotti per attraversare le dogane della società classista, chiavi che aprono le porte proibite.
Quanto più sono esclusive, tanto meglio è: le cose esclusive ti scelgono e ti salvano dall’anonimato della folla. La pubblicità non ci informa sul prodotto che vende, o lo fa poche volte. Quello è il meno. La sua funzione principale consiste nel compensare frustrazioni e alimentare fantasie: in chi ti vuoi trasformare comprando questa crema da barba?
Il criminologo Anthony Platt ha osservato che i delitti nelle strade non sono solo frutto della povertà estrema, ma anche dell’etica individualista. L’ossessione sociale del successo, dice Platt, incide in modo decisivo sull’appropriazione illegale delle cose altrui. Ho sempre sentito dire che il denaro non fa la felicità; ma qualunque teledipendente ha motivo di credere che il denaro produca qualcosa di tanto simile alla felicità, che fare la differenza è cosa da specialisti.
Secondo lo storico Eric Hobsbawm, il XX secolo ha messo fine a settemila anni di vita umana centrata sull’agricoltura , da quando nel paleolitico apparvero le prime forme di coltivazione. La popolazione mondiale si concentra nelle città, i contadini diventano cittadini. In America latina abbiamo campi senza persone ed enormi formicai umani urbani: le più grandi città del mondo, e le più ingiuste. Espulsi dalla moderna agricoltura per l’export, e dal degrado dei suoli, i contadini invadono le periferie. Credono che Dio sia ovunque, ma per esperienza sanno che abita nei grandi centri. Le città promettono lavoro, prosperità, un avvenire per i loro figli. Nei campi, si guarda la vita passare e si muore sbadigliando; nelle città la vita scorre, e chiama. Poi, la prima cosa che i nuovi arrivati scoprono, ammucchiati nelle catapecchie, è che manca il lavoro e le braccia sono troppe, che niente è gratis e che gli articoli di lusso più cari sono l’aria e il silenzio.
Agli inizi del secolo XIV, frate Giordano da Rivalta pronunciò a Firenze un elogio delle città. Disse che crescevano «perché le persone amano stare insieme».
Stare insieme, incontrarsi. Ma adesso, chi si incontra con chi?
E la speranza, si incontra con la realtà? Il desiderio, si incontra con il mondo?
E la gente, si incontra con la gente?
Se i rapporti umani si sono ridotti a rapporti fra le cose, quanta gente si incontra con le cose?

LA MINORANZA COMPRADORA
Il mondo intero tende a diventare un grande schermo televisivo, dal quale le cose si guardano ma non si toccano. Le mercanzie in offerta invadono e privatizzano gli spazi pubblici. Le stazioni di pullman e treni, che fino a poco tempo fa erano spazi di incontro fra le persone, si stanno trasformando in spazi commerciali.
Lo shopping center, o shopping mall, vetrina di tutte le vetrine, impone la sua abbagliante presenza. Le masse accorrono, in pellegrinaggio, a questo grande tempio della messa del consumo. La maggioranza dei devoti contempla, in estasi, oggetti che il portafoglio non può pagare, mentre la minoranza compradora risponde al bombardamento incessante ed estenuante dell’offerta. La folla che sale e scende dalle scale mobili viaggia nel mondo: i manichini sono vestiti come a Milano o Parigi e le automobili hanno lo stesso suono che a Chicago, e per vedere e ascoltare non occorre pagare il biglietto. I turisti che vengono dai villaggi dell’interno, o dalle città che non hanno ancora meritato queste benedizioni della moderna felicità, posano per una foto, davanti alle marche internazionali più famose, come un tempo posavano ai piedi della statua a cavallo nella piazza. Beatriz Solano ha osservato che gli abitanti delle periferie vanno allo shopping center come prima andavano in centro. Il tradizionale struscio di fine settimana al centro della città tende a essere sostituito dalle escursioni a questi centri. Lavati e pettinati, con indosso gli abiti migliori, i visitatori vengono a una festa dove non sono invitati, ma dove possono essere spettatori. Intere famiglie fanno il viaggio nella navicella spaziale che percorre l’universo del consumo, nel quale l’estetica del mercato ha dise­gnato un paesaggio allucinante di modelli, marche ed etichette.
La cultura del consumo, cultura dell’effimero, condanna tutto alla desuetudine mediatica. Tutto cambia al ritmo vertiginoso della moda, messa al servizio della necessità di vendere. Le cose invecchiano in un baleno, per essere sostituite da altre che avranno una vita altrettanto fugace. L’unica cosa che permane è l’insicurezza; le merci, fabbricate perché durino poco, sono volatili quanto il capitale che le finanzia e il lavoro che le produce. Il denaro vola alla velocità della luce; ieri era là, adesso è qua, domani chissà, e ogni lavoratore è un potenziale disoccupato. PARADOSSALMENTE, GLI SHOPPING CENTERS, SOVRANI DELLA FUGACITÀ, OFFRONO L’ILLUSIONE DI SICUREZZA PIÙ EFFICACE.
Resistono infatti fuori dal tempo, senza età né radici, senza notte né giorno né memoria, ed esistono fuori dallo spazio, al di là delle turbolenze della perigliosa realtà del mondo.

I NUOVI IDOLI
I padroni del mondo lo usano come se fosse un usa e getta: una merce dalla vita effimera, che si esaurisce come si esauriscono, quasi appena nate, le immagini sparate dalla mitragliatrice della tivù e le mode e gli idoli che la pubblicità lancia incessantemente sul mercato. Ma in quale altro mondo potremmo andare? Siamo tutti obbligati a credere che Dio abbia venduto il pianeta a un certo numero di imprese, perché essendo di cattivo umore ha deciso di privatizzare l’universo?
La società dei consumi è una trappola esplosiva.
Chi ne ha le redini fa finta di ignorarlo, ma chiunque abbia gli occhi può vedere che la grande maggio­ranza delle persone consuma poco, poco o niente necessariamente, così da garantire l’esistenza della poca natura che ci rimane. L’ingiustizia sociale non è considerata un errore da correggere, né un difetto da superare: è una necessità essenziale. Non c’è natura capace di alimentare uno shopping center delle dimensioni del pianeta. ( di Eduardo Galeano)

CILE
TORTURE CIA, INCRIMINAZIONE PENALE PER CHENEY. A CHIEDERLA È IL NEW YORK TIMES
Il New York Times ha chiesto al presidente Barack Obama di mettere in stato d’accusa l’ex vicepresidente Dick Cheney per le torture della Cia.
In un durissimo editoriale, il giornale auspica l’incriminazione, oltre che di Cheney, del suo allora capo di gabinetto David Addington, dell’ex direttore della Cia George Tenet, degli avvocati dell’Office of Legal Council John Yoo e Jay Bybee (gli autori dei cosiddetti "memorandum sulla tortura"), e poi a seguire, dell’agente della Cia Jose Rodriguez che ordinò la distruzione dei video degli interrogatori, gli psicologi che misero a punto certe tecniche di pressione, i dipendenti dell’agenzia di intelligence che le posero in atto per far parlare sospetti terroristi. L’editoriale del Times coincide con un nuovo sforzo dell’American Civil Liberties Union e Human Rights Watch di indurre l’amministrazione Obama a lanciare un’inchiesta sulle torture: le due organizzazioni hanno scritto una lettera al ministro della Giustizia Eric Holder chiedendo la nomina di uno special prosecutor, un magistrato indipendente che indaghi sull’intera vicenda.
Secondo il New York Times, un’inchiesta penale sulle torture "non è una vendetta, ma un modo di garantire che fatti del genere non si ripetano e di riacquistare credibilità morale quando si accusano di torture altri governi". Gli Stati Uniti oggi vanno in Consiglio di Sicurezza per denunciare all’Onu, insieme ad altri Paesi, la Corea del Nord per sistematiche violazioni dei diritti umani nei suoi campi di prigionia.
L’ex vice presidente americano, Dick Cheney, all’indomani della pubblicazione del rapporto non solo difese la Cia e le sue pratiche di interrogatorio, ma si disse pronto a rifarlo da capo. Lo stesso George W. Bush in un’intervista alla Cnn rilasciata prima del rapporto, lodò gli agenti federali, ”uomini e donne bravi, patrioti, e che il paese e’ stato fortunato ad avere”.
Secondo il rapporto, Bush non era pienamente al corrente delle tattiche usate dalla Cia ed era stato in qualche modo ingannato. Ipotesi che Cheney respinge seccamente. ”Sapeva cosa facevamo. Lo ha autorizzato. Lo ha approvato” afferma riferendosi agli incontri quotidiani in cui l’ex presidente veniva aggiornato anche dal direttore della Cia. Nella sua difesa assoluta della Cia, Cheney spiega che l’agenzia e’ stata ”molto attenta a evitare” le torture. ”Il waterboarding cosi’ come lo abbiamo fatto non e’ una tortura”. E non lo e’ neanche la pratica della ”reidratazione rettale”, effettuata per ”motivi medici”.
”Tortura e’ quello che i terroristi di Al Qaida hanno fatto a 3.000 americani l’11 settembre. Non c’e’ paragone fra questo e quello che abbiamo fatto noi per rafforzare gli interrogatori” mette in evidenza Cheney, precisando di ”non avere alcun problema” con le tecniche usate: ”lo rifarei subito” per raggiungere il ”nostro obiettivo, che era quello di prendere gli autori dell’11 settembre e di evitare un altro attacco agli Stati Uniti”. Continuano intanto a emergere nuovi dettagli sulle pratiche della Cia e sul ruolo dei medici negli interrogatori. Il personale medico era infatti centrale e presenziava agli interrogatori, suggerendo come evitare lividi troppo grandi e traumi che avrebbero compromesso il risultato. La partecipazione dei medici agli interrogatori – in molti casi non visibile ad occhio nudo per l’abbigliamento uguale a quello degli agenti – e’ criticata dall’Associazione Medica americana, che la valuta una violazione dei valori etici. (NTERNAZIONALE | Autore: fabrizio salvatori)

AMERICA SETTENTRIONALE
USA
NEW YORK, UCCISI A FREDDO DUE POLIZIOTTI. SI SEGUE LA PISTA DELLA VENDETTA. IL KILLER SI È POI SUICIDATO
Il clima di terrore creato dalla polizia americana con le numerose esecuzioni di neri da questa estate a oggi ha prodotto il primo frutto avvelenato. Due poliziotti di New York sono stati uccisi nel pomeriggio di ieri. E il fatto sembra essere in relazione con quanto avvenuto in questi mesi. Rafael Ramos e Wenjian Liuson sono stati uccisi con colpi d’arma da fuoco alla testa, mentre erano nella loro auto. Il killer si e’ suicidato poco dopo ed e’ stato trovato morto nella vicina fermata della metropolitana. Tre ore prima aveva pubblicato su Instagram due foto in cui erano visibili una pistola e un messaggio che lasciava intendere le sue intenzioni di assassinare due poliziotti per vendetta.
"Hanno ucciso uno dei nostri, uccidiamo due dei loro", c’era scritto in un messaggio affiancato da #shootthepolice (spara alla polizia). Atri messaggi, come #RIP Eric Garner e #RIP Mike Brown facevano riferimento a due afroamericani uccisi dagli agenti, in particolare al 18enne ucciso a Ferguson, il sobborgo del Missouri da cui iniziò poi l’onda di protesta contro la polizia. L’assassino, identificato come Ismaaiyl Brinsley, 28 anni, un afroamericano, probabilmente non e’ stato neanche visto dalle vittime, che sono state trasportate all’ospedale Woodhall, dove sono decedute.
Sono i primi poliziotti assassinati a colpi d’arma da fuoco a New York dal 2011. Brinsley aveva ferito gravemente la sua ex fidanzata a Baltimora, nel Maryland, a piu’ di 300 chilometri da New York. Proprio nel momento in cui assassinava i due poliziotti era stata diffusa un’allerta: Brinsley era quindi gia’ ricercato.
La famiglia di Michael Brown, il 18enne afroamericano ucciso da un poliziotto a Ferguson, ha condannato gli omicidi "insensati" di due poliziotti a New York. La famiglia del giovane ha diffuso un comunicato: "Respingiamo – si legge – qualsiasi tipo di violenza contro membri delle forze dell’ordine. E’ intollerabile. Dobbiamo lavorare insieme per arrivare alla pace nelle nostre comunita’".
Il presidente Usa Barack Obama ha condannato "incondizionatamente" l’omicidio. "Queste due persone stasera non rientreranno a casa dai loro cari. E’ un atto per cui non c’è “ giustificazione", ha affermato il presidente in un comunicato in cui chiede "alla gente di respingere la violenza", perchè "gli ufficiali che servono e proteggono le nostre comunita’ mettono a rischio quotidianamente la loro sicurezza e per questo meritano rispetto e gratitudine". Il ministro della Giustizia Eric Holder ha "condannato nel modo piu’ forte possibile l’indicibile atto di barbarie, un attacco codardo che rivela i pericoli che quotidianamente affronta la polizia"

(Le principali fonti di questo numero:
NYC Time USA, Washington Post, Time GB, Guardian The Observer, GB, The Irish Times, Das Magazin A, Der Spiegel D, Folha de Sào Paulo B, Pais, Carta Capital, Clarin Ar, Le Monde, Le Monde Diplomatique ,Gazeta, Pravda, Tokyo Shimbun, Global Time, Nuovo Paese , L’Unità, Internazionale, Il Manifesto, Liberazione, Ansa , AGVNoveColonne, ControLaCrisi e INFORM, AISE, AGI, AgenParle , RAI News e 9COLONNE".)

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