11403 Incredibile succede in Italia. QUINTO STATO e il Gattopoldo

20141030 12:45:00 guglielmoz

1 – Quinto stato. DOPO I DISOCCUPATI I CASSINTREGRATI I PRECARI ( ndr) I NUOVI POVERI SONO GLI AUTONOMI A PARTITA IVA

2 – F-35 / I TAGLI? L’ITALIA STA ACQUISTANDO 90 CACCIA F-35 – (ndr. Curiosità, qualcuno si ricorda dello scandalo Lockheed ed Martin degli anni ’60?)

3 – La minoranza dem giura: niente scissione, ma la maggioranza finisce improvvisamente nei guai. Il giorno più lungo del premier. INTERVISTA Freccerò: l’ultimo Renzi è troppo incazzato, segno di debolezza «È IL FANFANISMO DIGITALE»

1 – Quinto stato. DOPO I DISOCCUPATI I CASSINTREGRATI I PRECARI ( ndr) I NUOVI POVERI SONO GLI AUTONOMI A PARTITA IVA
l ritratto dei nuovi poveri a partita Iva lo ha fatto ieri l’Osservatorio dei lavori dell’associazione 20 maggio presentando a Roma il terzo rapporto sui dati della gestione separata dell’Inps. Anche con l’entrata in vigore delle regole della delega sul lavoro, in discussione in parlamento, su mille euro guadagnati ad un autonomo resteranno in tasca 515 euro contro i 903 di un lavoratore dipendente. Gli iscritti a questa cassa dell’Inps hanno un compenso lordo medio di 18.640 euro, un reddito netto da 8.670 euro annui per 723 euro mensili. Parliamo di un proletariato a tutti gli effetti che non ha diritto alle tutele universali contro la malattia e versa contributi per una pensione (oggi il 27% del reddito, il 33% entro il 2019), ma rischia di non avere una pensione. I suoi contributi servono oggi a coprire i debiti delle altre gestioni Inps, quella dei dirigenti ad esempio. Questi lavoratori non han¬no diritto agli ammortizzatori sociali ma con i loro compensi producono un Pil pari a 24 miliardi e assicurano all’Inps un gettito di 5 miliardi e 805 milioni annui. Questi dati dimostrano che i precari finanziano il Welfare senza avere nulla in cambio. Al danno si aggiunge dunque la beffa. E i redditi restano molto bassi: 10.128 euro annui per i contratti a progetto, ad esempio i cali center. Bassi anche i compensi per i dottori di ricerca all’università (13.834 euro lordi) o per i medici specializzandi (18.746 lordi). Per i giornalisti freelance appena 9 mila all’anno. Le donne tra i 40 e i 49 anni sono le più penalizzate: guadagnano 11.689 euro in meno all’anno rispetto agli uomini. La crisi ha aumentato la disoccupazione. Nell’ultimo anno sono stati persi 166.867 occupati, i collaboratori a progetto sono diminuiti di 322.101 unità dal 2007 al 2013, e nel solo 2012 sono passati da 647.691 a 502.834, con una flessione di ben 145 mila unità. Un contributo determinante è stato fornito dalla riforma Fornero che ha imposto l’introduzione dei minimi tabellari dei dipendenti. Questo ha prodotto un esodo verso il lavoro nero, le «false partite Iva» o la disoccupazione. Accadrà qualcosa di diverso con Renzi? Per i parasubordinati iscritti alla gestione separata no. Lo sgravio previsto dalla legge di stabilità per le assunzioni a tempo indeterminato (con un massimale fissato a 6200 euro) non renderà «più competitivi» questi contratti rispetto ai lavori dove i compensi minimi non sono regolati da accordi collettivi. Per le imprese sarà sempre più conveniente assumere un precario per poi non rinnovargli il contratto. Il problema non verrà risolto nemmeno dal salario minimo ipotizzato nella Delega perché non può essere applicato nella pluralità dei settori del lavoro para-subordinato e tanto meno in quello autonomo a partita Iva. C’è anzi il rischio che, con il perdurare della crisi e con la confusione del governo dettata da una scarsa conoscenza delle forme del lavoro, il salario minimo diventi il massimo che le aziende pagano.
La strada potrebbe essere quella di stabilire un equo compenso per le partite Iva individuali per evitare che il Jobs Act le spinga verso il lavoro nero o l’inoccupazione. Per l’Associazione 20 maggio la soluzione sarebbe quella di ricondurre gli «atipici» nella contrattazione collettiva, un’opzione fin’ora trascurata dai sindacati. Resta da capire la situazione di coloro che non possono, o non vogliono, diventare dipendenti. Verranno lasciati al loro destino di esuli involontari, oppure si possono immaginare forme di tutele universali o un reddito di base? ( di Roberto Ciccarelli)

2 – F-35 / DIFESA
I TAGLI? L’ITALIA STA ACQUISTANDO 90 CACCIA F-35 – (ndr. Curiosità, qualcuno si ricorda dello scandalo Lockheed ed Martin degli anni ’60?)
I caccia F-35 non sono gli unici ad essere stealth (furtivi), ossia capaci di sfuggire all’avvistamento. Tale capacità l’ha acquisita anche il governo Renzi. Si è impegnato lo scorso settembre, in base a una mozione Pd, a «riesaminare l’intero programma F-35 per chiarirne criticità e costi con l’obiettivo finale di dimezzare il budget» da 13 a 6,5 miliardi, cifra con cui – si stima – si potrebbe acquistare, oltre ai 6 già comprati, una ventina di F-35. Contemporaneamente la ministra della difesa Pi-notti si è esibita in una serie di manovre diversive: in marzo ha dichiarato che sugli F-35 «si può ridurre, si può rivedere», in luglio ha giurato che di fronte alle disfunzioni tecniche degli F-35 «l’Italia non acquisterà niente che non sia più che sicuro per i piloti», in ottobre ha annunciato «l’impegno per l’acquisto di altri due F-35».
A prenotarli per conto dell’Italia è stato il Pentagono: il 27 ottobre ha concluso un accordo con la Lockheed Martin (principale contractor) per l’acquisto di altri 43 F-35, di cui 29 per gli Usa, 4 rispettivamente per Gb e Giappone, 2 rispettivamente per Norvegia, Israele e Italia. L’accordo stabilisce che «i dettagli sul costo saranno comunicati una volta stipulato il contratto». L’Italia si impegna quindi ad acquistare altri F-35 senza conoscerne il prezzo. Una stima di massima si può ricavare dal bilancio del Pentagono, che prevede per l’anno fiscale 2015 (iniziato il 1° ottobre 2014) uno stanziamento di 4,6 miliardi di dollari per l’acquisto di 26 F-35, ossia 177 milioni di dollari – equivalenti a circa 140 milioni di euro – per ogni caccia. La Lockheed assicura che, grazie all’economia di scala, il costo unitario diminuirà. Tace però sul fatto che l’F-35 subirà continui ammodernamenti che faranno lievi-tare la spesa.
La stessa Lockheed conferma ufficialmente, mentre scriviamo, che «l’Italia riceverà 90 F-35, una combinazione di F-35A a decollo e atterraggio convenzionale e di F-35B a decollo corto e atterraggio verticale». Questi ultimi, adatti alla portaerei Cavour e alle operazioni di assalto anfibio, sono notevolmente più costosi. Dato che il comunicato della Lockheed non viene smentito da Roma, è evidente che il governo italiano si muove su due piani: da un lato mantiene sottobanco l’impegno con Washington ad acquistare 90 F-35 a un costo da quantificare, dall’altro si impegna in parlamento a dimezzare il budget finale per gli F-35, fidando sul fatto che l’acquisto avviene a lot¬ti nell’arco degli anni e che le promesse di oggi possono essere cancellate domani, invocando la necessità di garantire la «sicurezza» del paese.
Sempre la Lockheed Martin sotto-linea che l’Italia è non solo acquirente ma, con oltre venti aziende, pro-duttrice dei caccia tanto che «in ogni F-35 prodotto ci sono parti e componenti made in Italy». La partecipazione dell’Italia al programma F-35 viene presentata come un grande affare, ma non si dice che, mentre i miliardi dei contratti per l’F-35 entrano nelle casse di aziende private, quelli per l’acquisto dei caccia escono dalle casse pubbliche. Né si dice quanto vengono a costare i pochi posti di lavoro creati in questa industria bellica. L’impianto Faco di Cameri, costato all’Italia quasi un miliardo, dà lavoro a meno di mille addetti che, secondo Finmeccanica, potrebbero arrivare a 2500 a pieno regime. Ma la Lockheed è ottimista: «L’impianto può fornire un significativo appoggio operativo alla flotta F-35 nell’area europea, mediterranea e mediorientale». In altre parole, lo sviluppo di Cameri è legato allo sviluppo delle guerre Usa/Nato in quest’area. (di Manlio Dinucci)

3 – LA MINORANZA DEM GIURA: niente scissione, ma la maggioranza finisce improvvisamente nei guai. Il giorno più lungo del premier. INTERVISTA Freccerò: l’ultimo Renzi è troppo incazzato, segno di debolezza «È IL FANFANISMO DIGITALE»
LA FASE DELL’ESPANSIONE È FINITA. QUESTA LEOPOLDA SEMBRAVA UN MEETING AZIENDALE, DI QUELLI DOVE CI SI MOTIVA L’UN L’ALTRO» ( di Daniela Preziosi )

CARLO FRECCERÒ, IL RENZISMO GUASCONE E TUTTO SOMMATO BONACCIONE DEI ‘GUFI’ E DEI ‘ROSICONI’ ORA SEMBRA CAMBIARE PASSO: ALLUSIONI PESANTI SULLA CGIL. MANGANELLI SUGLI OPERAI DI TERNI.
Sono meravigliato. Sin qui mi colpiva la differenza fra Renzi e Berlusconi a proposito del rapporto con la minoranza. Con Berlusconi nel nostro immaginario si instaura l’equazione fra democrazia diretta e dittatura della maggioranza. Per Berlusconi però la minoranza restava un corpo estraneo, privo di diritti, non riassorbibile: la sua era la lotta del Bene contro il Male. Renzi invece è inclusivo; per lui le minoranze sono recuperabili, possono sempre cambiare idea e unirsi a lui. Anzi, meglio: nel Pd anche le minoranze fanno numero, fanno quantità. Lui è figlio degli anni 80: quelli in cui il sondaggio prende il posto dell’ideologia, l’audience diventa il meccanismo unico di selezione. La maggioranza si traduce in grafici. E a loro volta quelli della minoranza sanno che se restano nel Pd conservano il diritto di parola nei media e nel partito. Se uscissero, per loro sarebbe afasia e impotenza. E invece questo nervosismo, questa incazzatura indica per la prima volta che la fase espansionistica di Renzi sta finendo. Come in Borsa: quando sei al massimo sai che devi vendere, oltre non si può andare. In questi grafici però sta la rappresentazione di un’estrema volatilità. E la sicurezza diventa tracotanza.
PERCHÉ VOLATILITÀ? COME SI DICE, IL RENZISMO HA I SECOLI CONTATI?
In un’ottica solo quantitativa c’è il rischio sempre di un improvviso rovescio. E la crisi rischia di far cambiare tutto velocemente. Lui ha l’ansia della contemporaneità, iPhone contro gettone. Ma non si deve fermare mai. Non può.
RENZI COME APPLE, DEVE PRODURRE SEMPRE UN IPHONE NUOVO?
Sì. Ma deve stare attento, le cose cambiano veloci. L’ultima Leopolda mi ha ricordato quei meeting aziendali che servono a motivare un gruppo, soprattutto quando la situazione non è buona. Come nel film Tutta la vita davanti: i lavoratori di un cali center si motivavano l’un l’altro celebrando i propri successi. Nella prima Leopolda di governo sembrava che tutti calcassero i toni per farsi coraggio. Anche perché è vero che sta vincendo, ma intorno a Renzi crescono piazze che si oppongono, che intralciano la sua contemporaneità digitale. Non solo quella dei sindacati, e quella di Grillo, ma la piazza lepenista, nera e crescente della Lega. Renzi dice: attenti a non mettere il rullino nella macchina di-gitale. Ma la destra non ha il problema della contemporaneità. L’OPPOSIZIONE FRA CONTEMPORANEITÀ E PASSATO APPASSIONA LA SINISTRA, MA NELLA DESTRA NON FUNZIONA?
Renzi è il centro, la Boschi l’ha detto benissimo: fanfanismo digitale. Geniale. Può vincere a sinistra. Ma a destra no.
PER D’ALEMA RENZI VUOLE SPACCARE IL PAESE.
Con Renzi finisce l’ambiguità. Alla sinistra è successo quello che in questi anni è successo a tutte le nostre istituzioni: apparentemente sono rimaste invariate ma in realtà hanno cambiato significato. Renzi ha fatto un’operazione di verità, bisogna dargliene atto. In un mondo in cui ha vinto il capitalismo finanziario, la sinistra di Renzi difende il lavoro, nel senso di creazione di lavoro, Maurizio Landini il lavoro come diritti. Due cose diverse.
SE RENZI HA TOLTO IL VELO DELL’IPOCRISIA A SINISTRA, NON C’È ‘MUTAZIONE GENETICA’ DEL PD, QUELLA CHE SCANDALIZZA LE SINISTRE.
La forza di Renzi sta nell’abolire i corpi intermedi, le mediazioni. Comunicare tramite social network, fare la politica senza partito. Deve escludere gli intellettuali: tutto quello che è articolazione dev’essere cancellato. In questo è come la destra. Però deve capire che il partito è il luogo dell’elaborazione del programma, della dialettica maggioranza-minoranza. Lui invece va avanti senza mai mettersi in discussione. Ne fa sempre una questione di quantità: alla Leopolda ha detto di aver affrontato la Me-rkel da una posizione di forza: ‘noi siamo più forti di voi’. Però, ripeto, in questa formidabile macchina per creare maggioranza, qualcosa comincia a rallentare. In un discorso che ammette solo la crescita quantitativa, se si ferma qualcosa tutto finisce.
PER ORA VINCE SEMPRE LUI.
Ma deve sempre rilanciare. Per lui è come al casinò: ogni volta deve giocarsi tutto. È competitivo, ma deve offrire gli 80 euro, che si sono infatti già moltiplicati due volte. E non so se ci sia spazio per altre moltiplicazioni di pani, pesci e euro. A un certo punto la complessità prenderà il sopravvento, e il rischio è che prenda piede il semplicismo, l’anacronismo, ovvero la destra. Anche Grillo fa l’occhiolino a destra ormai. Noi siamo accecati dal presente, dalla dialettica fra le due sinistre, e non vediamo che la destra avanza.
RENZI DICE DI NON TEMERE LA SCISSIONE, CHI ESCE DAI PD FINISCE A FARE IL 4 PER CENTO.
Si capisce. Anche perché lui ha la comunicazione sotto controllo.
MA LO SPAZIO A SINISTRA SECONDO LEI C’È DAVVERO?
Per ora è minimo.
PER OCCUPARE QUELLO SPAZIO LA SINISTRA COSA DOVREBBE FARE?
Bella domanda. Osservo che oggi si vince sulle battaglie territoriali. Lì la sinistra può tornare a vincere. Il dibattito teorico c’è, ma non ha presa sulla gente. Guarda Landini: emerge ed è credibile perché fa vertenze precise. La sua faccia passa per esperienze concrete. Anche sui diritti, non passa la sua teoria, ma la sua pratica, la sua pratica sindacale. La sinistra è ridotta al fare. Al posto di Sartre c’è Steve Jobs.
QUELLA DELLE BATTAGLIE LOCALI E DELLE VERTENZE ERA IL GRILLO DEGLI INIZI. MA LA SINISTRA NON RIESCE TROVARE UN LEADER?
Forse sarà un vantaggio sulla lunga distanza, ma oggi per questo non riesce a bucare il discorso unico.
LA POLITICA IN QUESTO MOMENTO ‘FUNZIONA’ POCO: I GIORNALI PERDONO LETTORI, I TALK POLITICI CROLLANO. RENZI INVECE TIRA SU GLI ASCOLTI IN TV.
E questo si capisce: la tv funziona così. Renzi fa un racconto consolatorio, una storia a lieto fine, come una soap opera. Come Un’altra vita, la serie di Raiuno con la Incontrada: tranquillizza, c’è la crisi e la gente non vuole essere angosciata. Ma Renzi deve sempre dire ‘ dai che ce la facciamo, siamo lì per farcela’. Se fa l’incazzato non funziona più.
INSOMMA, RENZI RIDA SPERANZA?
Ma mi stupisco della domanda: oggi tutti i governi hanno questa funzione. Sono porta-parola di poteri oscuri, incomprensibili, che stanno altrove. Fanno trattati segreti, di cui non possiamo sapere niente.
STA DICENDO ANCHE LEI CHE RENZI È STATO MESSO LÌ DAI POTERI FORTI, COME HA DETTO CAMUSSO?,
Detta così è banale. Oggi il potere è relazione. E il politico ha il compito di tranquillizzare, infondere fiducia. Come le monarchie di una volta.
( da IL MANIFESTO 30 Oct. 2014)

 

Views: 1

AIUTACI AD INFORMARE I CITTADINI EMIGRATI E IMMIGRATI

Lascia il primo commento

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*


Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.