11001 3. NOTIZIE dall’ITALIA e dal MONDO 18 gennaio 2014

20140118 22:28:00 guglielmoz

ITALIA – Macerie Italiane
VATICANO – All’angelus l’annuncio: il 22 febbraio nominerò 16 nuovi cardinali da 12 nazioni Francesco battezza la figlia di genitori sposati civilmente.
EUROPA – REGNO UNITO – Novantacinque deputati conservatori hanno chiesto l’11 gennaio al premier David Cameron di concedere al parlamento la possibilità di mettere il veto alle leggi dell’Ue
AFRICA & MEDIO ORIENTE – PALESTINA «MISSIONE COMPIUTA», LA DELEGAZIONE ITALIANA NELLA GABBIA DELLA STRISCIA
ASIA & PACIFICO – INDIA – PACE TRA INDIA E STATI UNITI
AMERICA CENTROMERIDIONALE – MESSICO / Muore Juan Gelman. Una vita in esilio
AMERICA SETTENTRIONALE – STATI UNITI – I GUAI DI CHRISTIE
"Lo scandalo del ponte è solo l’inizio per Chris Christie", titola The Week.

ITALIA
MACERIE ITALIANE
NESSUNO IO MI CHIAMO; nessuno è il nome che mi danno il padre e la madre e inoltre tutti gli amici
12 gennaio 2014
CI SONO VOLUTI ANNI per avere una sentenza contro l’elezione di Cota in Piemonte, a quanto pare illegittima. Ancora non è certo cosa succederà, in Italia i tempi della giustizia sono quelli che sono.
DI CERTO COTA E’ LA LEGA NON LASCERANNO LA CADREGA: è un golpe, toghe rosse, tremi chi attacca la Lega. Ancora non hanno usato l’espressione "giustizia ad orologeria".
D’ALTRONDE, se B. può continuare a fare la vittima dopo la sentenza di condanna per frode fiscale, perché lui si e loro no?
SORPRENDE, IN QUESTO CLIMA DI INCERTEZZA POLITICA E DI NON ASSUNZIONE DI RESPONSABILITÀ, che il sindaco de l’Aquila si sia dimesso, dopo l’uscita delle intercettazioni sul dopo sisma ("ci pappiamo tutto quanto").
Non dia la colpa alla macchina del fango, sindaco: non sporchi il gesto di responsabilità che ha fatto.
NON FACCIA COME IL MINISTRO che è stata presa al telefono a parlare non come persona delle istituzioni ma piuttosto come persona interessata a piazzare amici suoi dentro le Asl.
NON CI SONO SOLO LE MACERIE DELLA PALAZZINA DI MATERA, crollata su se stessa ammazzando una ragazza. Anche qui, come in altri episodi, tutti sapevano delle crepe, che erano visibili a tutti.
ROMA
LA PRIORITÀ È CHIUDERE CON LE LARGHE/STRETTE INTESE – di Alfiero Grandi / La fine delle intese più o meno larghe è una necessità. Prima avviene meglio è. Solo così sarà possibile iniziare a superare il ritornello "né di destra né di sinistra", che sta diventando l’esercizio preferito in questa fase. Non a caso.
Le larghe intese sono state l’equivoco di fondo di questa fase politica e il loro rimpicciolimento non ha migliorato le cose. Sono il prezzo per non avere convocato le elezioni anticipate quando il Governo Berlusconi si è dimesso nel 2011. Elezioni in quel momento, mettendo i conti in sicurezza, avrebbero consentito di fare i conti con il berlusconismo nelle elezioni, di chiudere veramente un’epoca.
Avere scelto le larghe intese ha portato alla soppressione di fatto delle alternative politiche e ha allontanato dal voto e dalla politica una parte rilevante dei cittadini. Per di più la sconfitta elettorale del febbraio scorso ha creato un ripiegamento culturale e politico delle forze di sinistra coinvolte in questo infausto esperimento politico.
Chiamare a scegliere tra alternative ravviva la partecipazione, l’interesse per la politica, non il contrario.
Le larghe intese non sono una parentesi e dopo tutto tornerà come prima, compresa la dialettica tra destra e sinistra, come viene raccontato. Non è così. I guasti delle larghe intese sono profondi, come lo è il sequestro delle decisioni che spettano agli elettori, oppure il ripiegamento culturale conseguente all’idea che un’alternativa politica ed economica non sarebbe possibile.
In questi 2 anni di sostanziale continuità tra i governi Monti e Letta è andata in crisi l’alternatività politica, già traballante con Berlusconi per eccesso di subalternità al suo gioco. La politica è ora ridotta a mera tecnica di governo, a presunta ricerca dell’efficienza.
Eppure la situazione sociale, come confermano i dati Istat più recenti, è peggiorata al di là di ogni pessimistica previsione. Il quadro è allarmante, l’arretramento sociale ed economico può essere paragonato ad un paese che è uscito da una guerra. Il dualismo sociale tra ricchi e poveri in Italia è drammatico ed è una delle cause della crisi e richiederebbe scelte in grado di dare speranza a chi oggi è alla disperazione o la vede avvicinarsi.
Dopo 10 mesi di estenuante discussione sull’Imu le risorse impiegate per una sua riduzione temporanea quanto pasticciata potevano essere più utilmente impiegate per la ripresa e per l’occupazione.
Avere fatto precipitare il confronto politico ai livelli attuali è un disastro che favorisce derive politiche e culturali preoccupanti. Il timore per l’affermazione di posizioni antieuropee nel prossimo maggio è più che giustificato.
Renzi svolgerà una funzione positiva se rimetterà il confronto politico su binari di alternatività.
Si insiste molto sul carattere bipolare che dovrà avere la prossima legge elettorale, ma è proprio questa situazione di melassa indistinta che mina il bipolarismo. Se Renzi darà una mano a superarla rapidamente contribuirà a restituire al paese un confronto tra alternative e questo sarebbe positivo, perfino nella probabile versione di alternative tra persone, più che tra destra e sinistra.
Il pericolo non viene solo dal vivacchiare, perché la vera prova, quella più difficile per l’Italia, inizierà nel 2015
Un pericolo formidabile per l’Italia a partire dal 2015 è l’entrata in vigore piena del Fiscal Compact. Il debito pubblico italiano oggi è a livelli mai raggiunti, sopra il 130 % del Pil perché il Pil è precipitato in basso, ha perso più del 10%. La "cura" del debito di Monti ha peggiorato la situazione già compromessa dalla coppia Berlusconi-Tremonti. La responsabilità di fondo degli irresponsabili Berlusconi e Tremonti è fuori discussione, ma Monti ha pensato bene di curare i conti inseguendo l’obiettivo dello scudo europeo, salvo scoprire che solo un suicida potrebbe chiederne l’applicazione per le vessazioni a cui dovrebbe sottoporsi. Senonchè l’impegno dell’Italia per il finanziamento del Salva stati (17% del Fondo) ha aumentato il nostro debito pubblico, sottratto risorse preziose, interessi compresi, che potevano essere impiegate per la ripresa economica e l’occupazione.
Il combinato degli impegni presi con il Fiscal compact e della sostanziale stagnazione dopo la caduta vera e propria del Pil creeranno un passaggio molto stretto dal 2015. Come riuscirà l’Italia a ridurre il debito pubblico del 5 % l’anno senza crescita ? Si tratta di 50 miliardi all’anno. I vantaggi (se e quando ci saranno) di un’eventuale ripresa ricadranno sul nostro paese solo in parte infinitesimale perché la riduzione del debito – per questi accordi – ha la precedenza. Lo si è visto anche nella costruzione del fondo per ridurre le tasse, prima il debito, solo dopo la riduzione delle tasse. Così ingessato il nostro paese faticherà a reggere. E’ una verità scomoda, ma stupisce che ci sia omertà nell’evitare di rispondere alla domanda: che succederà all’Italia dal 2015 ? La priorità è rimuovere i vincoli europei per sostenere la ripresa e l’occupazione, mentre sul piano interno è necessario redistribuire il carico dei costi della crisi, impegno che nell’azione del governo Letta non esiste.
La sinistra dovrebbe porsi l’obiettivo di essere il perno di un’iniziativa politica in grado di porre concretamente in campo un’alternativa a questa ingessatura che rischia di soffocare il nostro paese. Una ripresa competitiva ha bisogno di consenso, che è cosa diversa dalla soggezione all’imposizione dei vincoli europei ed interni e questo può esserci solo se c’è una prospettiva forte ed alternativa alla linea dell’austerità, che viene subita solo perché è accompagnata dallo spauracchio che altrimenti vi sarebbe il caos istituzionale ed economico.
Un passaggio politico di questa forza richiede una rappresentanza fortemente legittimata perché deve sostenere uno scontro in Europa e forzare una redistribuzione delle risorse a favore dei lavoratori e dei meno abbienti, dei poveri.
Duecento miliardi di euro del Pil annuo sono passati dal reddito da lavoro agli altri redditi (rendite, profitti, manager, ecc.). Occorre avere il coraggio di una scommessa forte, di una promessa di futuro diverso che inizia a vivere nell’oggi. Se questo fosse l’unico modello di sviluppo possibile, resterebbe solo uno spazio più o meno "compassionevole".
La vittoria di Renzi potrebbe essere un’occasione se contribuirà a uscire dalle acque stagnanti.
PIEMONTE
IL TAR ANNULLA LE REGIONALI DEL 2010. / Il Tar ha annullato le regionali del 2010 in Piemonte. Paolo Ferrero plaude alla decisione del Tribunale amministrativo e chiede: «ora si vada al più presto al voto. Cota oggi è in sostanza come uno zombie, a questo punto, prima di ricorrere al Consiglio di Stato, si faccia subito da parte: elezioni, subito, bisogna ridare la parola ai piemontesi. Salvini e i leghisti hanno poco da accusare i “giudici di sinistra”: finalmente il Tar ha fatto giustizia sulle firme false della lista Pensionati per Cota che con i 27 mila voti raccolti ha contribuito alla vittoria del governatore Cota
ROMA
E’ MORTO ARNOLDO FOÀ, GRANDE ARTISTA. NEL 1945 SUA LA VOCE DELL’ANNUNCIO DELLA FINE DELLA II GUERRA MONDIALE / Arnoldo Foà è morto oggi a Roma a 97 anni. Grande protagonista della cultura italiana del ’900 si è spento all’età di 97 anni.
Attore di cinema, tv e teatro, artista poliedrico si è dedicato anche alla pittura, alla poesia e alla scultura.
Sua la voce che, nel 1945, ha dato l’annuncio nel 1945 della fine della Seconda guerra mondiale.
Lei è più di settant’anni che continua a calcare le scene con un repertorio che spazia da Aristofane, Plauto, Shakespeare, Pirandello e Anouilh a Sue commedie, come Signori, buonasera (1957), e nel 1998 per festeggiare "i Suoi primi settant’anni di teatro" ha pubblicato con la Gremese un manuale in merito intitolato semplicemente Recitare: della Sua lunga e fortunata carriera teatrale quali sono gli spettacoli che ama più ricordare e quelli che invece preferisce dimenticare?
“Gli autori che preferisco sono i grandi autori come Shakespeare e Pirandello: di quest’ultimo ho messo in scena tre volte – e sempre con successo – Diana e la Tuda, perché è un dramma che io considero specchio dell’autore. Non ho mai fatto una classifica per i miei spettacoli: sono stati tutti importanti, perché se ho accettato di prendere parte a uno spettacolo o di metterlo in scena è perché ci credevo, dunque nel momento in cui li ho fatti tutti erano importanti per me. Forse sono sentimentalmente più legato alle commedie che ho scritto io e che ho potuto mettere in scena: oltre a Signori, buonasera, anche Il testimone, Amphitryon Toutjours, che ho presentato al Festival di Spoleto nel 2000, e l’ultima che ho messo in scena – Oggi – una tragedia familiare che vede un padre non riconoscere più la sua famiglia e il suo ruolo all’interno di essa”.
Per quanto noto al grande pubblico soprattutto come attore teatrale e televisivo, cospicua è però stata anche l’attività cinematografica di Arnoldo Foà, sia come doppiatore e speaker che – soprattutto – come caratterista di sanguigni personaggi, ora grintosi ora più sommessamente ambigui, in film di importanti registi italiani e internazionali, spaziando dal cinema d’autore a quello più di genere. Eccolo quindi protagonista con Folco Lulli di una tragicomica rissa tra contadini toscani per un pugno di sterco da concime in Altri tempi (1951) di Alessandro Blasetti, ambiguo ispettore di polizia che accompagna lo stranito impiegato Anthony Perkins nei tetri meandri della burocrazia di cui questi è vittima predestinata ne Il processo (1962) di Orson Welles, combattivo cavaliere alla testa della ribellione di un villaggio castigliano contro gli invasori musulmani ne I cento cavalieri (1965) di Vittorio Cottafavi, scafato boss delle bische clandestine di Marsiglia sconfitto dai giovani rivali Jean-Paul Belmondo e Alain Delon in Borsalino (1970) di Jacques Deray, padre sindacalista dell’operaia Catherine Spaak in Causa di divorzio (1972) di Marcello Fondato, tormentato monsignore dal passato compromesso coi nazisti ne Il sorriso del grande tentatore (1974) di Damiano Damiani, viscido principale del ragioniere piccolo piccolo Nino Manfredi ne Il giocattolo (1979) di Giuliano Montaldo, ministro dell’Interno cui s’appella il generale Dalla Chiesa per la sua inflessibile lotta antimafia in Cento giorni a Palermo (1984) di Giuseppe Ferrara, direttore del giornale su cui scrive il vizioso protagonista de L’attenzione (1985) di Giovanni Soldati.

VATICANO
CITTA’ DEL VATICANO
ALL’ANGELUS L’ANNUNCIO: IL 22 FEBBRAIO NOMINERÒ 16 NUOVI CARDINALI DA 12 NAZIONI FRANCESCO BATTEZZA LA FIGLIA DI GENITORI SPOSATI CIVILMENTE / La fede è “l’eredità più importante” il messaggio che Bergoglio ai genitori dei 32 bimbi protagonisti dell’esordio alla fonte battesimale da Papa, invitandoli a portare con se questo pensiero. Poi un pensiero rivolto ai piccoli: “Oggi canta il coro, ma il coro più bello è quello dei bambini” e l’afflato umano “alcuni piangeranno. Se hanno fame, mamme, dategli da mangiare, tranquille". Solo due Francesca e un Jorge tra i neobattezzati. Tra i prossimi porporati il segretario di Stato Piero Parolin / La "fede" è "l’eredità più importante" che i genitori possono lasciare a un figlio. Questo il messaggio centrale che Francesco ha indirizzato alla platea che assisteva alla messa officiata nella cappella Sistina, durante la quale il Papa, per la prima volta, ha celebrato il battesimo di 32 bambini tra cui la piccola Giulia, figlia di una coppia sposata solo con rito civile.
All’Angelus, poi, l’annuncio della nomina di 16 nuovi cardinali da 12 differenti Paesi durante il prossimo Concistoro del 22 febbraio, convocato per “riflettere sul tema della famiglia” ha detto il Papa. Tra loro c’è il segretario di Stato monsignor Parolin, uno dei 4 italiani. Inoltre il Pontefice creerà tre cardinali emeriti, vale a dire che in un eventuale conclave non avrebbero diritto di voto, tra cui mons. Loris Capovilla, 98 anni, che fu segretario di Giovanni XXIII.
“Oggi canta il coro, ma il coro più bello è quello dei bambini, alcuni piangeranno, se hanno fame o altro. Se hanno fame, mamme, dategli da mangiare, tranquille, eh! Perché loro sono qui il principale. E adesso con questa consapevolezza di essere coloro che trasmettono la fede continuiamo la cerimonia del battesimo".”, ha detto a un certo punto il Santo Padre, confermando la vocazione a una comunicazione diretta e spontanea con i fedeli. Ma forte è stata l’esortazione ai genitori dei bambini che da lì a un po’ sarebbero stati battezzati, a svolgere il’importante ruolo loro assegnato come cristiani. "Voi siete coloro che trasmettono la fede; voi avete il dovere di trasmettere la fede a questi bambini. E’ la più bella eredità che voi lascerete loro: la fede! Soltanto questo. Oggi portate a casa questo pensiero", ha detto papa Bergoglio spiegando: "Noi dobbiamo essere coloro che trasmettono (trasmissori) la fede. E pensate a questo. Pensate sempre come trasmettere la fede ai bambini".
Francesco ha quindi sottolineato: "Prima di salire al Cielo, Gesù ci ha detto di andare in tutto il mondo a battezzare. E da quel giorno fino al giorno d’oggi, questa è stata una catena ininterrotta: si battezzavano i figli e i figli poi ai figli, ai figli. E oggi anche questa catena prosegue” Parole che sono servite al Pontefice per spiegare il significato del battesimo conferito ai neonati, aggiungendo: “Questi bambini sono l’anello di una catena. Voi genitori avete il bambino o la bambina da battezzare, ma dopo alcuni anni saranno loro che avranno un bambino da battezzare o un nipotino? E’ la catena della fede!".
Tra i 32 neonati battezzati da papa Francesco nella cappella Sistina, due piccole si chiamano "Francesca", forse in onore del nuovo Papa, e due lo hanno tra gli altri propri nomi come: ‘Maria, Allegra, Alessandra, Francesca’ e ‘Emma, Francesca, Maria’. A nessuno dei maschietti, invece, è stato imposto il nome di ‘Francesco’, neanche come altro nome. Tra i neonati, però, c’è un ‘Samuel’ che come terzo nome ha ‘Jorge’, come Jorge Mario Bergoglio, oggi papa Francesco.
All’Angelus l’importante annuncio circa la creazione di 16 nuovi porporati, tra cui quattro gli italiani. Oltre al nuovo segretario di Stato, Pietro Parolin, anche Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia, Beniamino Stella, prefetto per il Clero di recente nomina e Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo, tutti presuli considerati molto vicini al nuovo corso di Bergoglio.
L’elenco dei nuovi cardinali che saranno nominati da Francesco si completa con i seguenti nomi: Gerhard Ludwig Muller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, Vincent Gerard Nichols, arcivescovo di Westminster (Gran Bretagna), Leopoldo Jos Brenes Solorzano, arcivescovo di Managua (Nicaragua), Gerald Cyprien Lacroix, arcivescovo di Quebec (Canada), Jean-Pierre Kutwa, arcivescovo di Abidjan (Costa d’Avorio), Orani Joao Tempesta, arcivescovo di Rio de Janeiro (Brasile), Mario Aurelio Poli, arcivescovo di Buenos Aires (Argentina), Andrew Yeom Soo jung, arcivescovo di Seoul (Korea), Ricardo Ezzati Andrello, arcivescovo di Santiago del Cile (Cile), Philippe Nakellentuba Ou draogo, arcivescovo di Ouagadougou (Burkina Faso), Orlando B. Quevedo, arcivescovo di Cotabato (Filippine), Chibly Langlois, vescovo di Les Cayes (Haiti). I tre non elettori sono Capovilla, Sebastian Aguillar e Edward Felix.

EUROPA
GERMANIA
AMBURGO
FUCK SPD", AMBURGO CITTÀ ASSEDIATA DA OTTUSITÀ, RAZZISMO E SPECULAZIONE / Non vestire di nero. Non essere immigrato. Non sembrare un “sovversivo”. Non portare con te una macchina fotografica. Non assumere comportamenti “sospetti”, se vuoi entrare nella “gefahrengebiet”. Nella “rossa” Amburgo, nel rosso quartiere di St. Pauli e zone limitrofe da settimane la vita quotidiana è controllata da interi plotoni di poliziotti, dispiegati per le strade, in presidio permanente. Troppi, per gli abitanti, che sono fortunati sotto un certo punto di vista, perché se riescono a testimoniare che vivono lì, allora non vengono arrestati né fermati. Finora, stando ai dati forniti dalle autorità, sono state controllate un migliaio di persone, di cui circa 60 fermate, quattro arrestate e 160 fatte allontanare con ordine di sgombero.

UE
CRESCONO I PAESI CHE NON HANNO FATTO AUSTERITY / La Banca Mondiale ha presentato le previsioni economiche per il 2014. La sintesi del rapporto potrebbe essere la seguente: 5 anni dopo la crisi finanziaria l’economia mondiale comincia a mostrare i primi segnali di ripresa. L’economia mondiale dovrebbe crescere del 3,2%, ma la crescita non sarà omogenea: i paesi in via di sviluppo cresceranno del 5,3%, men­tre i paesi ricchi del 2,2%. All’interno dei così detti paesi ricchi, le policy adottate fanno la differenza.
Chi ha impe­gnato la spesa pub­blica e tutti gli stru­menti mone­tari per fron­teg­giare la crisi reale ha con­se­guito dei risul­tati di gran lunga migliori dei paesi che hanno adot­tato poli­ti­che di auste­rità. In altre parole gli Stati Uniti, pur con tutti i limiti cono­sciuti, regi­stre­ranno una cre­scita per il 2014 del 2,8%, men­tre l’Europa, l’emblema delle poli­ti­che libe­ri­ste, delle riforme strut­tu­rali, dei tagli alla spesa pub­blica e del rien­tro for­zato, via avanzi pri­mari, dall’indebitamento e dal debito pub­blico, avranno una cre­scita dell’1,1%.
L’aspetto bef­fardo è la cre­scita della Ger­ma­nia: 0,5%. Atten­zione, il detto mal comune mezzo gau­dio non vale. La crisi della Ger­ma­nia è la crisi dell’Europa. Potrebbe tra­sci­nare tutti quanti den­tro un vor­tice da cui è dif­fi­cile imma­gi­nare gli effetti. Altro che uscita dall’euro e cose simili.
Alla fine, i beni e ser­vizi pro­dotti dalla Ger­ma­nia devono pur essere ven­duti, ma se depau­pe­riamo tre quarti dell’Europa, anche la gra­ni­tica Ger­ma­nia non può far altro che lec­carsi le ferite. Cer­ta­mente la Cina rimane un mer­cato pro­met­tente, ma la domanda euro­pea non è così facil­mente sosti­tui­bile, nem­meno dalla cre­scita della domanda ame­ri­cana. Obama ha tanti difetti, ma una parte del rilan­cio dell’economia ame­ri­cana è legata al raf­for­za­mento della pro­pria manifattura.
Non si tratta solo di allen­tare i vin­coli euro­pei. La situa­zione è tale che neces­sità di una poli­tica eco­no­mica euro­pea. Non si aggan­cia nes­suna cre­scita, nem­meno a livello mon­diale, fin­tanto che l’Europa rimane senza bilan­cio pub­blico euro­peo ade­guato, almeno del 4% del Pil, un coor­di­na­mento delle poli­ti­che indu­striali e un ade­gua­mento della domanda interna, via incre­menti salariali.
In qual­che misura il rap­porto della Banca mon­diale con­ferma che le poli­ti­che libe­ri­ste sono fuori tempo mas­simo. I paesi che non hanno per­se­guito le logi­che dell’austerità stanno deci­sa­mente meglio. Chissà cosa ne pen­sano il pre­si­dente della Com­mis­sione euro­pea e il governo di grande coa­li­zione tedesco.
Alla fine tutti i nodi e le debo­lezze dell’Europa si mani­fe­stano, soprat­tutto quando si affac­cia una «mode­sta» cre­scita. È pro­prio quando si intra­vede una cre­scita che si vede se sono state adottate le politiche giuste.
Ora abbiamo una mezza verità: le politiche europee hanno allontanato la stessa Europa da una possibile crescita. Non credo e non penso che gli Stati Uniti o altri Paesi regalino la propria cre­scita all’Europa.
QUESTA VOLTA L’UE DEVE DIVENTARE ADULTA. L’ETÀ DELL’ADOLESCENZA È FINITA.

REGNO UNITO
ANCHE I LABURISTI CONTRO I BENEFIT AGLI IMMIMGRATI
Anche i laburisti, nel Regno Unito, sembrano vedere di buon occhio il tentativo di limitare l’accesso al sistema di benefit a favore di immigrati provenienti dall’Unione Europea.
Dopo la proposta del ministro del Lavoro, Ian Dunxcan Smithm, che ha suggerito di portare fino a due anni di residenza nel Paese il limite per l’accesso ai benefit, la ministro ombra del Lavoro, Rachel Reeves, ha detto che il partito laburista (all’opposizione) sarebbe disposto a sostenere proposte sulla base del principio che ”bisogna contribuire prima di poter usufruire”.
Il vicepremier liberaldemocratico, Nick Clegg, in giornata aveva definito ”sensato” considerare la possibilita’ di ulteriori limiti ai benefit di cui gli immigrati Ue possono godere.
Duncan Smith, intende così contrastare il cosiddetto ‘turismo dei benefit’ e che va ben oltre i provvedimenti annunciati dal primo ministro David Cameron, nell’ambito del dibattito sul timore di un esodo di massa da Romania e Bulgaria, che impongono un limite di tre mesi.
Il ministro del Lavoro ha dichiarato di voler unire le forze con altri membri dell’Unione per fare pressione su Bruxelles affinché’ si possano modificare le leggi europee permettendo cosi’ ai singoli paesi di optare per limiti piu’ rigidi. E a questo scopo, ha detto, ha cominciato a sentire altri partner tra cui Italia, Germania, Olanda e Finlandia, con cui creare un’alleanza contro il ‘turismo dei benefit’.

SPAGNA
BILBAO
L’11 gennaio decine di migliaia di persone hanno partecipato a una manifestazione a Bilbao per protestare contro la decisione del governo di non riunire in un’unica struttura i detenuti dell’Età, oggi divisi in decine di carceri in tutto il paese.

REGNO UNITO
Novantacinque deputati conservatori hanno chiesto l’11 gennaio al premier David Cameron di concedere al parlamento la possibilità di mettere il veto alle leggi dell’Ue.

FRANCIA
LE AVVENTURE DEL PRESIDENTE
Le rivelazioni sulla relazione tra Francois Hollande e l’attrice Julie Gayet hanno provocato un piccolo terremoto in Francia, anche se – stando ai sondaggi-non sembrano aver intaccato la popolarità del presidente, comunque già scarsa. Le polemiche si sono concentrate sulla sicurezza: come è stato possibile che i giornalisti della rivista di gossip Closer abbiano spiato Hollande per mesi senza che la scorta se ne accorgesse? Mentre andava in scooter all’apparta-mento di Gayet, il presidente era adeguatamente protetto? Dubbi sono stati espressi anche sul ruolo della première dame. Come ricorda Le Monde, infatti, Valérie Trierweiler non ha uno status ufficiale, pur disponendo di un ufficio all’Eliseo. La vicenda, infine, ha sollevato la questione del rispetto della vita privata del presidente. In Francia tutti sembrano convinti che la privacy dei leader politici sia sacra e che i mezzi d’informa-zione non debbano occuparsi di certe vicende. Una posizione ribadita da Hollande stesso nella conferenza stampa di inizio an-no del 15 gennaio. La conferenza è stata anche segnata da quella che Liberation ha definito "la svolta socialdemocratica" di Hollande, che ha annunciato un "patto di responsabilità" con gli imprenditori, con cui lo stato si impegna ad approvare sgravi per 30 miliardi di euro e a semplificare le procedure amministrative per le imprese.

REPUBBLICA CECA
FINALMENTE IL GOVERNO
La Repubblica Ceca avrà finalmente un governo. L’accordo è stato raggiunto tre mesi dopo le elezioni di ottobre, in cui la vera sorpresa era stata l’inatteso successo del partito populista Ano dell’imprenditore Andrej Babis. Come spiega Respekt, alla fine il Partito socialdemocratico (il più votato alle ultime elezioni), Ano e i democristiani del Kdu-Csl hanno raggiunto un’intesa per dar vita a una coalizione. Il premier – ha annunciato il presidente Milos Zeman – sarà il leader socialdemocratico Bohuslav Sobotka, che si presenterà in parlamento per la fiducia entro la fine di gennaio. Secondo il settimanale, su tutto il processo "incombe però un interrogativo: il comportamento di Zeman. Nominerà davvero Sobotka premier? E porrà veti sulla lista dei ministri?". Intanto, i partiti della coalizione hanno presentato il loro programma, "che ricalca in gran parte le misure richieste dagli industriali cechi per uscire dalla crisi". Anche in politica estera si attende una svolta, visto che "contrariamente ai partiti di destra che hanno guidato il paese negli ultimi anni seguendo una linea fortemente euroscettica, i socialdemocratici sono europeisti convinti e Ano è solo moderatamente critico verso Bruxelles".

UCRAINA
NON SI FERMANOLEPROTESTE
In Ucraina non si fermano le manifestazioni cominciate a fine novembre per chiedere le di-missioni del presidente Viktor Janukovic e l’avvicinamento del paese all’Unione europea. Il 12 gennaio cinquantamila persone sono tornate in piazza a Kiev per protestare contro la decisione di congelare l’accordo di associazione con l’Ue e il pestaggio del leader dell’opposizione Juri Lutsenko. La ripresa della protesta è stata infatti innescata dagli scontri che si erano verificati due giorni prima tra la polizia e un gruppo di manifestanti dopo la condanna di tre militanti na-
nazionalisti accusati di aver cerca-to di far saltare in aria una statua di Lenin. Lutsenko, già ministro dell’interno nel governo di Julija Timosenko, era rimasto ferito negli scontri. A scendere in piazza, però, non è stata solo l’opposizione: il 13 gennaio migliaia di simpatizzanti di Janukovic han-no organizzato una marcia di sostegno al governo. "L’Ucraina sta vivendo una crisi profonda", commenta Zerkalo Nedeli, "il cui apice non è ancora stato raggiunto. Da una parte ci sono la forza del popolo, ancora priva di una chiara direzione, e l’impotenza dell’opposizione; dall’altra un potere che trova nella violenza l’unica risposta possibile. Una cosa è certa: nessuno dei problemi che hanno alimentato le proteste è stato risolto".

UNGHERIA
TUTTI UNITI CONTRO ORBÀN
I partiti di centrosinistra presenteranno una lista comune e un candidato premier unico alle elezioni politiche che si terranno in primavera. L’accordo è stato siglato dai socialisti, da Insieme 2014, dalla Coalizione democratica dell’ex premier Ferenc Gyurcsàny, dai liberali e dal partito Dialogo per l’Ungheria. A guidare la lista sarà il socialista Attila Mesterhàzy. L’obiettivo è sconfiggere il premier Viktor Orbàn, al potere dal 2010 e noto per le sue posizioni antieuropee e fortemente nazionaliste. Secondo il sito Hungarìan Spectrum, "questa volta la cooperazione tra i partiti sembra reale: non ci saranno rivalità o schermaglie perché l’opposizione vuole vincere davvero".

TURCHIA
II 14 gennaio il primo ministro Recep Tayyip Erdogan si è detto disponibile a rinunciare alla sua riforma della giustizia in cambio di modifiche alla costituzione.

GRECIA
ATENE
ALBA DORATA, ARRESTATI ALTRI TRE DEPUTATI CON L’ACCUSA DI "ORGANIZZAZIONE CRIMINALE"
Dopo aver trascorso la notte in cella nel comando centrale della polizia di Atene, saranno trasferiti oggi in carcere i tre deputati del partito filo-nazista greco Chrysi Avgi’ (Alba Dorata) arrestati ieri. I tre uomini – Giorgos Germenis, Panayiotis Iliopoulos ed Efstathios Boukouras – erano stati bloccati e sottoposti a fermo cautelare perche’ accusati "di partecipare ad un’organizzazione criminale".
I primi due saranno trasferiti nel penitenziario di massima sicurezza di Korydallos, alla periferia della capitale, dove si trovano gia’ il leader del partito, Nikos Mihaloliakos, e il suo vice Christos Pappas, mentre Boukouras sara’ portato nel carcere di Nafplion, nel Peloponneso.
I tre deputati sono indagati nell’ambito delle indagini condotte dai magistrati greci sulle presunte attivita’ criminali di Alba Dorata in seguito all’assassinio del rapper antifascista Pavlos Fissas, avvenuto per mano di Giorgos Roupakias, membro del partito filo-nazista e reo confesso.
In seguito ai tre nuovi arresti, il numero dei parlamentari del partito filo-nazista in liberta’ si e’ ridotto a 12 dai 18 che furono eletti nelle elezioni del 17 giugno del 2012, mentre altri tre deputati – Ilias Kassidiaris, Nikos Michos e Ilias Panayotaros – sono indagati ma si trovano in liberta’ vigilata.
ATENE
EUROPEE, SCHULZ: “SYRIZA PRIMO PARTITO IN GRECIA? NO VINCERÀ CHI SOSTIENE ME”
IL PRESIDENTE DEL PARLAMENTO SCHERZA COL PREMIER GRECO SAMARAS: “DECIDI SE APPOGGIARMI”
E aggiunge: “È un errore pensare che queste consultazioni siano una prova per quelle nazionali”
“Né Samaras né Tsipras, in Grecia alle elezioni europee vincerà la coalizione che sostiene me”. Martin Schulz è uscito dalle vesti super partes di Presidente del Parlamento europeo per farsi, scherzando con i giornalisti, un po’ di propaganda elettorale. Il socialista tedesco, candidato alla presidenza della Commissione europea per il Pse, ha risposto con una battuta alle parole del premier Greco, Antonis Samaras, che nella conferenza stampa al termine del suo intervento a Strasburgo, a una giornalista che gli chiedeva se il suo governo si dimetterà in caso di una vittoria alle europee di Syriza, come prevedono i sondaggi, ha ribattuto: “Saremo noi il primo partito”.
“Eh no, sarà la mia coalizione a vincere – ha affermato allora Schulz – E Samaras, più che indire nuove elezioni, dovrà solo scegliere se appoggiarmi o meno” nella discussione in Consiglio sulla nomina del futuro Presidente dell’esecutivo. Schulz ha approfittato di questo siparietto non solo per ricordare di essere uno dei candidati in lizza, ma soprattutto per sottolineare che “si tratta di elezioni europee, non nazionali” e che i cittadini “non votano su Samaras”, ma “devono eleggere i nuovi membri del Parlamento europeo”. Una consultazione molto importante per loro perché “proprio oggi abbiamo parlato di Troika” e di come “cambiar le cose a Bruxelles”, bene, chi vuole farlo “deve presentarsi alle europee” perché è Bruxelles il luogo in cui si prendono certe decisioni. Tutti coloro invece che “pensano che elezioni europee siano una prova per le elezioni nazionali commettono un errore” ha aggiunto Schulz.
A quel punto, sorridendo, Samaras ha deciso di “precisare la sua posizione” affermando: “Noi pro europei, vinceremo le prossime elezioni”. “È già un passo avanti” gli ha concesso allora Schulz tra le risate general

AFRICA & MEDIO ORIENTE
PALESTINA
«MISSIONE COMPIUTA», LA DELEGAZIONE ITALIANA NELLA GABBIA DELLA STRISCIA Autore: Maurizio
"Per non dimenticare" e per il diritto al ritorno dei profughi. Aggirando i blocchi egiziani. Il 2014 anno della solidarietà con i palestinesi
Mis­sione com­piuta! Stan­chi, ma sod­di­sfatti. È que­sto lo stato d’animo della dele­ga­zione che nei giorni scorsi è riu­scita ad entrare a Gaza con il Comi­tato «Per non dimen­ti­care… il diritto al ritorno». Tutto era ini­ziato con la volontà di raf­for­zare il lavoro sui diritti dei rifu­giati pale­sti­nesi, ad ini­ziare da quello a poter tor­nare nelle pro­prie terre di ori­gini. L’idea era quella di allac­ciare il filo rosso fra i pale­sti­nesi che vivono nei campi rifu­giati a Gaza e quelli che vivono in Libano.

Non è stato facile arri­vare a Gaza. La situa­zione in Egitto rende l’ingresso nella pic­cola stri­scia di terra dif­fi­ci­lis­simo. Ai motivi di sicu­rezza — in molte aree del Sinai si com­batte una vera e pro­pria guerra — si somma una sorta di ven­detta verso Hamas, con­si­de­rata una costola di quel net­work inter­na­zio­nale chia­mato Fra­tel­lanza musul­mana e quindi stret­ta­mente legata al par­tito dell‘ex pre­mier Morsi, oggi messo al bando.

Arri­vati il 26 dicem­bre al Cairo per ripar­tire il giorno dopo verso Gaza vede­vamo i giorni tra­scor­rere senza rice­vere l’agognato nulla osta delle auto­rità egi­ziane. Poi, pro­prio la notte di Capo­danno, è arri­vata una tele­fo­nata dall’ambasciata ita­liana: «Avete il per­messo»; alle sei del mat­tino era­vamo pronti a par­tire per la Pale­stina. Ci siamo accorti durante il tra­gitto come oggi l’Egitto sia un sus­se­guirsi di posti di blocco, spesso scol­le­gati fra loro, che ren­dono dif­fi­cile qual­siasi spo­sta­mento: nel nome della sicu­rezza nazio­nale tro­viamo ponti chiusi e mili­tari che ci fer­mano per ore e ci riman­dano indie­tro. Ci sono voluti due giorni per rag­giun­gere Rafah, porta d’ingresso per Gaza.
Pas­sato il con­fine l’accoglienza in Pale­stina è stata straor­di­na­ria. Siamo la prima dele­ga­zione che entra a Gaza nel 2014, anno inter­na­zio­nale della soli­da­rietà con il popolo pale­sti­nese. Ci accor­giamo subito quanto sia sen­tito il tema del diritto al ritorno in que­sto lembo di terra. Fin dai primi incon­tri sco­priamo che c’è un altro tema che va a brac­cetto con il diritto al ritorno: la neces­sità di una ricon­ci­lia­zione nazio­nale fra Hamas e Fatah che metta fine «alla ver­go­gna della divi­sione fra Gaza e Cisgior­da­nia». Ce lo ripe­tono in ogni incon­tro, pre­gan­doci di farci por­ta­voce su que­sto con i due mag­giori par­titi. Ci riu­sci­remo solo con i rap­pre­sen­tanti di Fatah (almeno a Gaza ben dispo­sti a supe­rare le divi­sioni), Hamas invece non ci incon­trerà, con la moti­va­zione dell’ «agenda affol­lata» dei suoi leader.
Attra­ver­sando Gaza sono ancora evi­denti i segni dell’alluvione che ha mar­to­riato la Stri­scia appena un mese fa: strade dis­se­state, fango qua e là, mobi­lia distrutta dalle acque, panni e mate­rassi stesi ad asciu­gare e case ancora ina­bi­ta­bili…. Bastano poche ore di per­ma­nenza a Gaza per capire cosa vuol dire vivere in una pri­gione a cielo aperto. La prima sen­sa­zione che si prova è quella di essere in una isola, poi man mano si acqui­sta coscienza di essere in gab­bia. La man­canza di car­bu­ranti e di ener­gia ha messo in ginoc­chio la pic­cola e fra­gile eco­no­mia di Gaza. Con il calare del sole i negozi sono costretti a chiu­dere, le strade buie si riem­piono di pic­coli capan­nelli di uomini che par­lano intorno ad improv­vi­sati falò, le case sono fredde per la man­canza del gaso­lio per i riscal­da­menti, gli ascen­sori bloc­cati e l’elenco potrebbe pro­se­guire lunghissimo.
Ma l’occupazione israe­liana ha risvolti ben più vio­lenti. Ogni mat­tina dalle fine­stre del nostro hotel, sul lun­go­mare di Gaza — nell’area che secondo i pro­getti dell’Anp doveva diven­tare il fiore all’occhiello del turi­smo pale­sti­nese — assi­stiamo a scene di «ordi­na­ria pira­te­ria» da parte delle moto­ve­dette israe­liane che a poche miglia dalla riva impe­di­scono ai pesca­tori di lavo­rare spa­ran­do­gli con­tro. Inol­tre non passa giorno senza che Israele com­pia bom­bar­da­menti «mirati» su Gaza, distrug­gendo case e ucci­dendo donne e uomini, spesso gio­va­nis­simi, col­pe­voli solo di voler lavo­rare la pro­pria terra.
Le dif­fi­coltà ad uscire infine hanno rap­pre­sen­tato per noi solo una pic­co­lis­sima parte di quanto il popolo pale­sti­nese subi­sce quo­ti­dia­na­mente. (…) La dele­ga­zione «Per non dimen­ti­care.. il diritto al ritorno» ha anche por­tato aiuti mate­riali all’ospedale Al Awda che assiste a Gaza la popo­la­zione civile stremata da un asse­dio cri­mi­nale e illegale.

ASIA & PACIFICO
GIAPPONE
II 14 gennaio l’ex primo ministro Junichiro Koizumi, al potere dal 2001 al 2006, ha annunciato che sosterrà la candidatura a governatore di Tokyo di Morihiro Hosokawa, premier tra il 1993 e il 1994.1 due vecchi leader hanno deciso di tornare alla politica attiva per mobilitare l’opinione pubblica contro il rilancio del nucleare voluto dall’attuale premier Shinzò Abe.

OKINAWA TRADITA
Dopo l’approvazione a fine dicembre del discusso progetto di ricollocare la base di Futenma in un’altra città di Okinawa, crescono le proteste dei residenti dell’isola. L’assemblea di Okinawa ha chiesto le dimissioni del governatore Hirokazu Nakaima per non aver mantenuto la promessa elettorale di far spostare le truppe fuori dalla prefettura. Secondo I Okinawa Times Nakaima si è mostrato irresponsabile e poco trasparente. La decisione di spostare le forze armate statunitensi nella zona poco popolata di Nago è infatti sostenuta da Washington e dal governo di Shinzò Abe ma è considerata un tradimento dagli abitanti dell’isola, su cui da decenni grava il peso della presenza militare statunitense.

CINA
GUARDIE ROSSE
Il 5 agosto 1966 la morte di Bian Zhongyun, vicepreside di una scuola femminile all’interno dell’università Normale di Pechino, fu uno dei primi omicidi compiuti nei dieci anni della rivoluzione culturale. Il 12 gennaio un gruppo di studentesse ha reso omaggio alla statua dell’insegnante. Tra loro, scrive Beijing Bao, c’era Binbin, figlia di Song Renqiong, uno degli "otto immortali", padri fondatori della Cina comunista. Song ha detto di provare rimorso per non aver impedito il pestaggio di Zhongyun. Song era una delle figure di spicco delle guardie rosse che due settimane dopo sarebbe stata fotografata accanto a Mao Zedong in piazza Tiananmen. Nel 2013 fu Chen Xiaoliu, anche lui figlio di uno dei fondatori del partito, a scusarsi pubblicamente per le colpe commesse quando era una guardia rossa. A marzo del 2012 il premier Wen Jiabao paventò il rischio che la Cina conoscesse di nuovo la tragedia della rivoluzione culturale. Il riferimento era rivolto a Bo Xilai, all’epoca esponente di spicco del Pcc, poi condannato all’ergastolo, che non rinnegava un periodo di cui ancora si parla con difficoltà.

INDIA
PACE TRA INDIA E STATI UNITI
Un pranzo tra diplomatici di alto livello e la restituzione di tre pezzi d’antiquariato indiano rubati forse non ristabiliranno i rapporti cordiali tra Washington e New Delhi ma potrebbero essere un inizio accettabile, scrive l’Hindustan Times. La crisi diplomatica causata dalla vicenda della viceconsole indiana arrestata l’n dicembre 2013 negli Stati Uniti è risolta. Devyani Khobragade era accusata di aver fornito informazioni false nella documentazione per il visto della sua domestica. Dopo giorni di colloqui Washington le aveva riconosciuto l’immunità consentendole di rientrare in India

BIRMANIA
COSTITUZIONE DA RISCRIVERE
La leader dell’opposizione Aung San Suu Kyi è impegnata in una campagna per la riforma della costituzione. Le pressioni per cambiare la carta scritta dalla giunta militare nel 2008 sono forti, tanto che il 2 gennaio il presidente Thein Sein ha ipotizzato la possibilità di modificare, tra gli altri, l’articolo che impedisce a chi ha parenti di nazionalità straniera (i due figli di Suu Kyi sono britannici) di occupare ruoli istituzionali, scrive Irrawaddy. "Potrebbe essere necessario per la a riconciliazione nazionale", ha detto Thein Sein.

PAKISTAN
GLI SCOMPARSI DEL BELUCISTAN
Nel Belucistan, una regione del Pakistan ricca di risorse naturali dove ci sono molti militanti islamici, sono scomparsi migliaia tra civili, sospetti combattenti e attivisti, scrive The Diplomat. Secondo l’International voice for baloch people (Ivbmp), che riunisce le famiglie degli scomparsi, sarebbero diciottomila. Di questi, duemila sarebbero stati uccisi tra il 2001 e il 2013. Le cifre sono molto più elevate di quelle in possesso di ong e organizzazioni per i diritti umani. I beluci danno la colpa ai militari e ai servizi segreti che vogliono intimorire la popolazione. Le sparizioni sono cominciate negli anni settanta ma sono aumentate nel 2001, con l’arrivo al potere del generale Pervez Musharraf. Sotto il presidente Asif Ali Zardari c’è stato un ulteriore giro di vite. Dall’ottobre del 2013 una ventina di famiglie delle vittime ha camminato da Quetta a Karachi per cercare di attirare l’attenzione sulla situazione ed entro febbraio raggiungerà Islamabad.

AFGHANISTAN
II 9 gennaio il governo ha annunciato la scarcerazione di 72 ribelli taliban detenuti a Bagram, malgrado le proteste di Washington, che li considera pericolosi. GIAPPONE
II 14 gennaio l’ex primo ministro Junichiro Koizumi, al potere dal 2001 al 2006, ha annunciato che sosterrà la candidatura a governatore di Tokyo di Morihiro Hosokawa, premier tra il 1993 e il 1994.1 due vecchi leader hanno deciso di tornare alla politica attiva per mobilitare l’opinione pubblica contro il rilancio del nucleare voluto dall’attuale premier Shinzò Abe.

OKINAWA TRADITA
Dopo l’approvazione a fine dicembre del discusso progetto di ricollocare la base di Futenma in un’altra città di Okinawa, crescono le proteste dei residenti dell’isola. L’assemblea di Okinawa ha chiesto le dimissioni del governatore Hirokazu Nakaima per non aver mantenuto la promessa elettorale di far spostare le truppe fuori dalla prefettura. Secondo I Okinawa Times Nakaima si è mostrato irresponsabile e poco trasparente. La decisione di spostare le forze armate statunitensi nella zona poco popolata di Nago è infatti sostenuta da Washington e dal governo di Shinzò Abe ma è considerata un tradimento dagli abitanti dell’isola, su cui da decenni grava il peso della presenza militare statunitense.

CINA
GUARDIE ROSSE
Il 5 agosto 1966 la morte di Bian Zhongyun, vicepreside di una scuola femminile all’interno dell’università Normale di Pechino, fu uno dei primi omicidi compiuti nei dieci anni della rivoluzione culturale. Il 12 gennaio un gruppo di studentesse ha reso omaggio alla statua dell’insegnante. Tra loro, scrive Beijing Bao, c’era Binbin, figlia di Song Renqiong, uno degli "otto immortali", padri fondatori della Cina comunista. Song ha detto di provare rimorso per non aver impedito il pestaggio di Zhongyun. Song era una delle figure di spicco delle guardie rosse che due settimane dopo sarebbe stata fotografata accanto a Mao Zedong in piazza Tiananmen. Nel 2013 fu Chen Xiaoliu, anche lui figlio di uno dei fondatori del partito, a scusarsi pubblicamente per le colpe commesse quando era una guardia rossa. A marzo del 2012 il premier Wen Jiabao paventò il rischio che la Cina conoscesse di nuovo la tragedia della rivoluzione culturale. Il riferimento era rivolto a Bo Xilai, all’epoca esponente di spicco del Pcc, poi condannato all’ergastolo, che non rinnegava un periodo di cui ancora si parla con difficoltà.

INDIA
PACE TRA INDIA E STATI UNITI
Pace tra India e Stati Uniti
Un pranzo tra diplomatici di alto livello e la restituzione di tre pezzi d’antiquariato indiano ru¬bati forse non ristabiliranno i rapporti cordiali tra Washington e New Delhi ma potrebbero essere un inizio accettabile, scrive l’Hindustan Times. La crisi diplomatica causata dalla vicenda della viceconsole indiana arrestata l’n dicembre 2013 negli Stati Uniti è risolta. Devyani Khobragade era accusata di aver fornito informazioni false nella documentazione per il visto della sua domestica. Dopo giorni di colloqui Washington le aveva riconosciuto l’immunità consentendole di rientrare in India

BIRMANIA
COSTITUZIONE DA RISCRIVERE
La leader dell’opposizione Aung San Suu Kyi è impegnata in una campagna per la riforma della costituzione. Le pressioni per cambiare la carta scritta dalla giunta militare nel 2008 sono forti, tanto che il 2 gennaio il presidente Thein Sein ha ipotizzato la possibilità di modificare, tra gli altri, l’articolo che impedisce a chi ha parenti di nazionalità straniera (i due figli di Suu Kyi sono britannici) di occupare ruoli istituzionali, scrive Irrawaddy. "Potrebbe essere necessario per la a riconciliazione nazionale", ha detto Thein Sein.

PAKISTAN
GLI SCOMPARSI DEL BELUCISTAN
Nel Belucistan, una regione del Pakistan ricca di risorse naturali dove ci sono molti militanti islamici, sono scomparsi migliaia tra civili, sospetti combattenti e attivisti, scrive The Diplomat. Secondo l’International voice for baloch people (Ivbmp), che riunisce le famiglie degli scomparsi, sarebbero diciottomila. Di questi, duemila sarebbero stati uccisi tra il 2001 e il 2013. Le cifre sono molto più elevate di quelle in possesso di ong e organizzazioni per i diritti umani. I beluci danno la colpa ai militari e ai servizi segreti che vogliono intimorire la popolazione. Le sparizioni sono cominciate negli anni settanta ma sono aumentate nel 2001, con l’arrivo al potere del generale Pervez Musharraf. Sotto il presidente Asif Ali Zardari c’è stato un ulteriore giro di vite. Dall’ottobre del 2013 una ventina di famiglie delle vittime ha camminato da Quetta a Karachi per cercare di attirare l’attenzione sulla situazione ed entro febbraio raggiungerà Islamabad.

AFGHANISTAN
II 9 gennaio il governo ha annunciato la scarcerazione di 72 ribelli taliban detenuti a Bagram, malgrado le proteste di Washington, che li considera pericolosi.

AMERICA CENTROMERIDIONALE
MESSICO
Muore Juan Gelman. Una vita in esilio
È morto a 83 anni a Città del Messico Juan Gelman, scrittore argentino e fra i più importanti poeti in lingua spagnola. Una vita non solo dedicata alla poesia la sua, ma per gran parte trascorsa in esilio, a Roma come in altre città. Quando c’è stato l’ultimo regime argentino, siamo negli anni ‘70, i militari hanno sequestrato e ucciso il figlio Marcello, di vent’anni e la moglie del ragazzo, Maria, che nel momento della “desaparicion” aspettava un bambino. Quando era prigioniera dei militari ha partorito una bambina Gelman l’ha cercata per anni interi fino al ritrovamento nel 2000, quando lo scrittore è riuscito a rintracciare propIo in Uruguay la nipote adottata da un poliziotto di Montevideo.
Lo ricordiamo con Quebrantos (libro di cui abbiamo scritto lo scorso anno) nella prefazione di Gelman stesso, e scritta per questa pubblicazione a cura di Delia Ana Fanego edita da Nova Adelphi Libri.
di Juan Gelman / Chi si addentra in queste testimonianze dei sopravvissuti alla dittatura argentina (1976-1983) troverà molto più di una cronaca delle sofferenze in carcere e delle sparizioni, della tortura, della volontà dei militari di annientare le persone sequestrate, delle sevizie dei carnefici al riparo di una impunità che ancora oggi protegge molti di loro. Uno dei grandi meriti di questa raccolta è il resoconto di una memoria da poco uscita dall’inferno.
Questi giovani di diversa estrazione sociale – operaia, contadina, medio borghese e persino figli di proprietari terrieri – raccontano il processo di acquisizione di una coscienza sociale che ha permesso loro di comprendere e di essere parte delle lotte del popolo argentino. Assunsero la loro militanza politica come la strada per creare un mondo migliore, un’Argentina più giusta, e in nome di ciò non esitarono a prendere strade che, nel contesto politico degli anni Settanta, sarebbero potute costare loro la vita, anche senza partecipare ad azioni di guerriglia. È un dato di fatto che viene ignorato da chi, affiancando il proprio silenzio a quello dei carnefici, oggi assume posizioni polemiche riguardo agli sforzi e ai sacrifici fatti allora, come se questi non fossero esistiti. È triste pensare che alcuni tra coloro che allora condividevano quei sogni, oggi rinnegano se stessi.
Non si creda che questi racconti siano elogiativi o semplicistici. Sono vita. C’è riflessione, si parla degli errori compiuti dalle organizzazioni armate, il loro operaismo, l’elemento elitario, il mancato inserimento nella realtà, i tradimenti da parte dei responsabili, intransigenti con gli altri ma non con loro stessi. Da simili esperienze emerge chiaramente fino a
che punto le fucilazioni di Trelew, la Alianza Anticomunista Argentina (conosciuta come la Triple A, espressione della prima fase del golpe, quella civile), così come tutte le passate interruzioni della democrazia e la violenza imperante che impedivano di pensare con lucidità, abbiano spinto verso la lotta armata molti giovani sulla ventina che non avevano ancora avuto la possibilità di votare e che sentivano le sofferenze altrui come proprie. Sono stati protagonisti, forse senza saperlo, forse senza volerlo, di una lezione di etica e di morale civica che le polemiche dei nostri giorni pretenderebbero di svilire: sono testimoni insopportabili per coloro che hanno smesso di sognare una vita migliore per tutti, per gli smemorati che non sanno più indignarsi di fronte all’ingiustizia, per chi ha castrato la propria spiritualità, adeguandola a questi tempi privi di passione.
La ribellione di questi giovani non è nata da una romantica improvvisazione alla Lord Byron, senza nulla togliere al valore di quell’esperienza. Ne sono prova la dignità della loro condotta in prigione e durante le sparizioni che hanno dovuto subire; gli stratagemmi inventati per leggere e studiare, per mangiare con la fantasia; la tenerissima solidarietà che li ha uniti in circostanze durissime, pervasi come erano dall’idea che avrebbero potuto essere assassinati in qualsiasi momento e dal pianto per le perdite subite. Sono segnali commoventi di un’umanità che i carnefici persero convertendoli in vittime.
Le ferite di queste ragazze e di questi ragazzi non sono solamente personali: lacerano la carne di tutta la società argentina. Ricordare il loro dolore è il minimo che meritano.

VENEZUELA
CARACAS
MADURO, PIANO DI PACE E SICUREZZA / VENEZUELA. ARRESTATO IL DICIANNOVENNE SOSPETTATO DELL’OMICIDIO DELL’EX “MISS” MONICA SPEAR
È già in carcere il presunto assas­sino di Monica Spear, miss Venezuela 2004, e di suo marito, l’imprenditore britannico Henry Thomas Berry. A sparare sulla coppia e sulla loro figlia di 5 anni, ferita a una gamba e ora fuori pericolo, sarebbe stato un diciannovenne, in manette con altri sei. Due hanno 15 anni e in casa avevano una videocamera appartenente alle vittime. Apparterrebbero a una banda specializzata in rapine del genere, Los sanguingrios de El Cambur . Agivano di notte lungo le strade. Un ostacolo improvviso obbli­gava le auto a fermarsi, poi l’assalto. E’ andata così anche al km. 194 dell’autostrada Puerto Cabello-Valencia nello stato Carabobo. L’attrice e il marito hanno perso la vita alle 23 di lunedì scorso.

MESSICO
EMERGENZA MICHOACÀN
"La guerra tra i gruppi di autodifesa e il cartello dei Caballeros templarios nello stato di Michoacàn continua ad aggravarsi", scrive Proceso. Per far fronte alla violenza, il 14 gennaio il governo federale ha inviato delle truppe nelle zone di conflitto e ha invitato le autodifese a deporre le armi. Ma l’invito non è stato accolto: le milizie hanno ribadito che continueranno a combattere fino a quando non saranno arrestati i narcotrafficanti che uccidono e minacciano gli abitanti dello stato nella più totale impunità.
NEXOS MESSICO
All’alba del 1 gennaio 1994 i ribelli dell’Esercito zapatista di liberazione nazionale (Ezln) imbracciarono le armi per chiedere "lavoro, terra, casa, cibo, salute, istruzione, indipendenza, libertà, democrazia, giustizia e pace". Com’è oggi la situazione in Chiapas, stato nel sud del Messico, e nei territori autonomi zapatisti? "L’Ezln è un attore politico irrilevante a livello nazionale", scrive lo storico Marco Estrada Saavedra sul mensile Nexos, "e in Chiapas la sua influenza si sente solo nelle regioni indigene. Oggi lo zapatismo è formato dai promotori del movimento che hanno consolidato le loro posizioni di comando, dagli indigeni privi di alternative valide per ricostruirsi una vita indipendente e dalla generazione nata e cresciuta nella resistenza". Dal punto di vista economico e sociale, il Chiapas sta peggio di vent’anni fa, anche se in alcune zone può contare su servizi migliori : "Lo stato è più povero e la sua popolazione è più affamata di quanto lo fosse nel 1994. A livello scolastico il Chiapas continua a essere la zona con maggiore analfabetismo del Messico – il 21 per cento – una cifra molto superiore al 9 per cento nazionale". ♦

CUBA
INUMERI DELLA RIFORMA
II 14 gennaio la riforma migratoria, che permette ai cubani di viaggiare all’estero previa autorizzazione del governo, ha compiuto un anno. "Il governo dell’Avana", scrive Maye Primera su El Pais, "ha calcolato che in questo periodo più di i8omila persone sono uscite dall’isola. La maggior parte, giovani tra i venti e i quarant’anni, sono andate in Spagna, in Messico e negli Stati Uniti". Il governo di Raúl Castro nega che la popolazione stia scappando, sostiene Yoani Sánchez sul suo blog Generación Y, "ma a novembre la metà dei cubani che aveva preso un aereo non era ancora tornata". Purtroppo per i cubani senza pesos convertibili, "la riforma migratoria resta un’opportunità impossibile da cogliere".

COLOMBIA
I ribelli delle Fare hanno proposto il 14 gennaio di legalizzare la produzione e la vendita della cocaina, dell’oppio e della marijuana.

BRASILE
II 14 gennaio le autorità dello stato di Sào Paulo hanno annunciato un’inchiesta sul possibile coinvolgimento di alcuni agenti di polizia nell’omicidio di dodici persone a Campinas. Si sospetta una vendetta dopo la morte di un poliziotto

AMERICA SETTENTRIONALE
STATI UNITI
UN BILANCIO POSITIVO
Solo il 24 per cento dei cittadini statunitensi tra i 18 e i 24 anni ha fatto richiesta di un’assicurazione sanitaria, rispetto al 55 per cento dei cittadini tra i 45 e i 64 anni: una cattiva notizia per la Casa Bianca, che contava sull’ingresso dei più giovani e sani nel mercato delle polizze per bilanciare i costi della riforma sanitaria. Almeno l’accordo raggiunto al congresso il 13 gennaio su una legge di bilancio per il 2014 da mille miliardi di dollari "neutralizza i tentativi dei repubblicani di ostacolare la riforma", osserva il New York Times. E dopo mesi di tagli, vincoli e ricatti, le agenzie federali tirano un sospiro di sollievo.
STATI UNITI
I GUAI DI CHRISTIE
"Lo scandalo del ponte è solo l’inizio per Chris Christie", titola The Week. L’8 gennaio il governatore del New Jersey è stato accusato, in seguito alla pubblicazione di alcune email inviate da suoi collaboratori, di aver fatto pressione sulla Port authority of New York and New Jersey, l’ente che si occupa dei trasporti locali, affinché il ponte George Washington fosse chiuso per quattro giorni lo scorso settembre. Il blocco del traffico sul ponte che collega Manhattan al New Jersey aveva creato forti disagi a Fort Lee, la città del New Jersey governata da un avversario politico di Christie. Il 14 gennaio, poi, la Cnn ha rivelato che Christie è indagato per la gestione dei fondi per i soccorsi dopo l’uragano Sandy nel 2012:25 milioni di dollari che il governatore avrebbe usato in parte per promuovere il turismo nel suo stato. I due casi potrebbero costringere Christie a rinunciare alle sue aspirazioni di candidato repubblicano alle pre¬sidenziali del 2016.

CANADA
L’8 gennaio il governo ha lanciato la costruzione della prima strada che collegherà l’oceano Artico al continente americano. Sarà lunga 137 km.
USA
W DC
I BRAVI REPUBBLICANI NON CREDONO ALL’EVOLUZIONE di Paul Krugman
http://i.res.24o.it/images2010/Migrazione/IlSole24Ore- Web/_Immagini/Finanza%20e%20Mercati/2012/02/usa-bandiera-258×258.jpg?uuid=c45b3df8-622d-11e1-85c6-3b7e1f861de2
C’è una notizia che voglio commentare, anche se un po’ in ritardo: recentemente il Pew Research Center ha pubblicato un nuovo rapporto sull’atteggiamento degli americani rispetto alla teoria dell’evoluzione. La grossa differenza è che la maggioranza relativa di quelli che si autodefiniscono repubblicani oggi è convinta che dal giorno della creazione non ci sia stata alcuna evoluzione, e tantomeno c he l’evoluzione sia determinata dalla selezione naturale. Lo scostamento è significativo: 11 punti percentuali rispetto al 2009.
Ovviamente questo rigetto verso le teorie di Darwin non è dovuto a nuove prove scientifiche. E la percentuale di elettori democratici che credono nell’evoluzione è salita solo di poco rispetto a quattro anni fa.
E allora cosa è successo dal 2009 a oggi che ha modificato in questo modo l’atteggiamento degli elettori repubblicani? La risposta è ovvia: è stato eletto un presidente democratico.
Perché, direte voi, le politiche dell’amministrazione Obama hanno qualcosa a che fare con la teoria dell’evoluzione? Che io sappia no, ma non è questo il punto. Il punto è che i repubblicani sentono la necessità di identificarsi in tutti i modi con la loro tribù, e nel loro sistema di credenze tribale i fondamentalisti antiscientifici giocano un ruolo dominante. È già da un po’, ormai, che è impossibile essere un bravo repubblicano e credere che i cambiamenti climatici siano una realtà: adesso è diventato impossibile essere un bravo repubblicano e credere nell’evoluzione.
E la stessa cosa, ovviamente, sta succedendo in economia. Nel 2004 poteva ancora capitare che il rapporto economico annuale del presidente pubblicato sotto un’amministrazione repubblicana sposasse con forza posizioni keynesiane, decantando i meriti di una «politica monetaria aggressiva» per combattere le recessioni e spezzando addirittura una lancia in favore di politiche di bilancio discrezionali. (Naturalmente l’unica forma di politiche di bilancio discrezionali presa in considerazione erano i tagli delle tasse, ma la logica era rigorosamente keynesiana e avrebbe potuto essere usata con altrettanta efficacia per giustificare programmi di lavori pubblici.)
Quel rapporto (che potete leggere qui : l.usa.gov/lcWaJCC), scritto presumibilmente da Greg Mankiw, all’epoca presidente del Consiglio dei consulenti economici di George W. Bush, usava perfino la parola proibita quando invocava «stimoli di breve termine».
In questo contesto intellettuale, il riemergere di una situazione economica simile agli anni 30, con una domanda aggregata inadeguata per lungo tempo, un’inflazione bassa e tassi di interesse a zero, avrebbe dovuto spostare molti repubblicani verso le tesi keynesiane. Invece abbiamo visto repubblicani (e non solo la base, com’era prevedibile, ma anche economisti) dichiarare la loro fede in varie forme di economia dell’offerta.
È sicuramente una questione di tribalismo. Tutti i dati, dall’inflazione e dai tassi di interesse che non aumentano nonostante un colossale incremento della base monetaria e disavanzi consistenti, alla correlazione evidente tra le politiche di rigore e la recessione economica, confermano la validità delle tesi keynesiane, ma l’odio anti-Keynes (e per altri economisti il cui nome comincia con la K) è diventato un segno identitario della tribù, parte di quello che devi dire se vuoi essere un bravo repubblicani
USA
WEST VIRGINIA
SALTA LA CISTERNA DEL METANOLO: 800 PERSONE IN OSPEDALE PER AVVELENAMENTO
Acqua al metanolo dai rubinetti. E’ l’incubo che stanno vivendo centinaia di migliaia di persone in West Virginia, Stati Uniti, dopo una fuoriuscita di sostanze chimiche altamente nocive dalla cisterna di un’industria che sorge sulle rive dell’Elk River, il fiume che attraversa la
citta’ di Charleston: 19.000 litri di metanolo metiliciclohexane, solvente usato nella lavorazione del carbone.
Almeno 800 persone da sabato scorso hanno dovuto far ricorso alle cure ospedaliere con sintomi di nausea, vomito, diarrea, mal di testa e irritazioni della pelle.
La regione è in piena emergenza. Oltre 300.000 famiglie sono senza acqua potabile. Le autorita’ hanno vietato di berla, ma anche di usarla per lavarsi o per lavare le stoviglie e fare il bucato.
Nei supermercati delle nove contee colpite non si trova piu’ neanche una bottiglietta di minerale, e il presidente americano Barack Obama ha ordinato alla Guardia Nazionale di inviare decine di autocisterne per portare acqua pulita alla popolazione, anche nelle zone piu’ isolate. In azione anche la Homeland Security, le forze della sicurezza nazionale.
Nel capoluogo Charleston – che conta oltre 50.000 abitanti, a circa 570 chilometri dalla capitale federale Washington – la situazione e’ surreale. Ristoranti e scuole sono rimasti chiusi, cosi’ come molti servizi pubblici e commerciali. ”E’ un vero e proprio disastrò’, ha commentato il sindaco con rabbia, parlando di migliaia di famiglie in grave difficoltà e spiegando di non sapere ancora quando la situazione tornerà alla normalita’.
L’industria dai cui impianti e’ avvenuta la fuoriuscita di veleni e’ nella bufera. Anche per non aver dato immediatamente l’allarme. E ancora si sta cercando di riparare la cisterna e di fermare le predite, mentre proseguono a ritmo serrato le analisi sull’acqua contaminata. Sul caso e’ stata anche aperta un’inchiesta federale, per verificare tutte le responsabilita’ e formulare le accuse penali del caso.
W DC
USA, WAL MART, "LA CATENA DELLO SFRUTTAMENTO", INDAGATA DA UNA AGENZIA GOVERNATIVA
Sanzioni, minacce e licenziamenti. Anche per il Governo Usa la misura è colma. Wal-Mart, la multinazionale della distribuzione che solo in America del Nord ha quasi un milione e mezzo di dipendenti, verrà messa sotto inchiesta dal National Labor Relations Board, l’agenzia indipendente del governo americano incaricata di indagare e rimediare alle pratiche di lavoro ritenute non corrette. Finora, è stato accertato che Wal-Mart ha violato i diritti dei lavoratori in 14 stati, licenziando, sanzionando o minacciando piu’ di 60 dipendenti per aver partecipato a proteste per un aumento degli stipendi e per le condizioni di lavoro. Le accuse sono state formulate in novembre, ma nessuna denuncia formale era stata ancora presentata.
Il caso ora finisce davanti a un giudice amministrativo e nel caso in cui Wal-Mart fosse ritenuta colpevole dovrà reintegrare, ripagare e ritirare qualsiasi provvedimento disciplinare preso a carico dei dipendenti.
Wal-Mart con più di 4700 negozi negli Stati Uniti dà impiego a 1,4 milioni di americani, paga i suoi dipendenti precari meno di 9 dollari l’ora, nonostante i suoi utili siano cresciuti di 17 milioni nell’ultimo anno. Il gigante dei centri commerciali si difende dicendo che "migliora la vita a milioni di persone", ma i suoi lavoratori scioperano alzando cartelli con scritto che "Wal-Mart peggiora l’America".
Secondo i racconti dei dipendenti poi licenziati, i neoassunti vengono sottoposti a otto ore di "orientamento" durante le quali sono introdotti al credo aziendale: la Wal-Mart è una "grande famiglia", i dipendenti sono definiti "collaboratori", i superiori non sono capi o padroni, ma "guide nel servizio". Il primo comandamento da seguire è tuttavia un altro: nessun furto del tempo. Non "fare, cioè, qualsiasi cosa che non sia lavorare durante le ore pagate dall’azienda". In un altro video, intitolato "Hai scelto un gran bel posto di lavoro!", si spiegache in un’azienda come la Wal-Mart i sindacati non servono. "Iscriversi al sindacato comporta solo svantaggi: si perde il denaro della quota d’iscrizione, si perde la propria voce, perché il sindacato pretende di parlare al posto dei lavoratori, si perdono salario e benefici1, che vengono giocati sul tavolo delle trattative."
Secondo le stime dell’Afl-Cio (la più grande confederazione sindacale statunitense), ogni anno diecimila lavoratori vengono licenziati da Wal-Mart (con vari pretesti) per motivi sindacali.

(articoli da: NYC Time, Time, Guardian, The Irish Times, Das Magazin, Der Spiegel, Folha de Sào Paulo, Clarin, Nuovo Paese, L’Unità, Internazionale, Il Manifesto, Liberazione, Ansa , AGVNoveColonne, ControLaCrisi e Le Monde)

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