11012 VATICANO

20140125 00:47:00 guglielmoz

I NUOVI BANCHIERI DEL PAPA.
René Bruelhart ed Ernst von Freyberg sono i banchieri laici su cui Bergoglio conta per mettere ordine nell’Istituto per le Opere di Religione.
E chiudere una pagina oscura della storia della chiesa.

L’ULTIMA SCOSSA DÌ BERGOGLIO
II 15 GENNAIO IL PAPA HA ANNUNCIATO DEI CAMBIAMENTI NELLA COMMISSIONE VIGILANZA DELLA BANCA VATICANA

L’inchiesta del Financial Times

• I DECRETI EMESSI DA FRANCESCO HANNO CONTRIBUITO AD ACCELERARE I CONTROLLI.
• IL 1 GENNAIO 2013 NON C’ERA PIÙ UN BANCOMAT FUNZIONANTE IN TUTTA LA CITTÀ DEL VATICANO.
IL 28 giugno del 2013 la polizia italiana ha arrestato a Roma Nunzio Scarano, un sacerdote con i capelli brizzolati soprannominato "monsignor cinquecento" per via delle banconote da 500 euro che era abituato a portarsi dietro. Il religioso è stato accusato di truffa e corruzione insieme a un ex agente dei servizi segreti e a un intermediario finanziario. I tre uomini sono sospettati di aver provato a contrabbandare 20 milioni di euro su un aereo privato proveniente dalla Svizzera (il 21 gennaio 2014 Scarano è stato arrestato di nuovo, con l’accusa di riciclaggio).
Gli inquirenti sospettano che il sacerdote si sia servito dell’Istituto per le Opere di Religione (il nome giuridico della banca vaticana, lo Ior) per trasferire denaro per conto di alcuni uomini d’affari residenti nella zona di Napoli, considerata l’epicentro della criminalità organizzata. Ad aggravare la posizione di Scarano (che, come gli altri arrestati, nega ogni accusa) c’è il suo passato incarico di direttore dell’ufficio contabile dell’Amministrazione del patrimonio della sede apostolica (Apsa), il ministero del tesoro vaticano.
L’arresto e i titoli sulle prime pagine di tutti i giornali italiani sono stati un brutto colpo per la Santa Sede, sconvolta solo quattro mesi prima dalle dimissioni di papa Benedetto XVI, il primo caso di congedo volontario di un pontefice in settecento anni. Ma la nuova crisi richiedeva un intervento duro e severo. Per i leader delle istituzioni politiche ed economiche europee (da Mario Draghi, all’epoca governatore della Banca d’Italia, al presidente del consiglio
Mario Monti fino ai vertici di Bruxelles), che già da quattro anni chiedevano un cambiamento all’interno della banca vaticana, l’arresto di Scarano è stata l’ennesima conferma dei loro sospetti. E le loro preoccupazioni hanno messo in allarme alcuni gruppi finanziari internazionali, che a loro volta hanno chiesto un cambio di rotta.
All’inizio di luglio Peter Sutherland, direttore non esecutivo della Goldman Sachs International ed ex procuratore generale irlandese, è atterrato a Città del Vaticano con una missione chiara. Sutherland, cattolico praticante e consulente non retribuito dell’Apsa, era stato incaricato dall’ala riformista della chiesa di intercedere presso il consiglio dei cardinali, i consiglieri più anziani del pontefice. Il suo messaggio agli uomini riuniti in una stanza nei pressi della Casa Santa Marta, la residenza di papa Francesco, è stato rispettoso ma diretto. Come molti, dentro e fuori la chiesa, il banchiere (che non ha voluto rilasciare commenti per quest’articolo) ha chiesto un segnale di cambiamento da parte della città-stato più piccola del mondo. Secondo due persone informate dei fatti, durante l’incontro a porte chiuse Sutherland avrebbe detto: "La trasparenza è importante e necessaria".
I cardinali, famosi per le loro lunghe ed elaborate consultazioni, si sono dimostrati sorprendentemente ricettivi. Dopo dieci anni di scandali legati alla pedofilia, le accuse di irregolarità finanziarie rischiavano di scatenare una nuova ondata di critiche e dovevano essere affrontate rapidamente. Il Vaticano si era già rivolto a revisori esterni e a esperti di rischi finanziari, ma dopo l’arresto di Scarano era chiaro che le riforme non potevano più essere rimandate. " NON possiamo permetterci altri scandali. È una vergogna", ha detto in quel periodo un i portante funzionario dell’amministrazione finanziaria vaticana.
Il "pentimento" della banca di Dio i suoi peccati finanziari è l’ultimo capitolo di un processo di riforme internazionali cominciato dopo la crisi del credito del 2008. Paradisi un tempo inviolabili come la Svizzera e il Liechtenstein hanno dovuto aprire i loro cancelli dorati alle inchieste delle autorità interazionali di vigilanza. E nel 2013 è stato il potere dei papi a essere sfidato.
Per undici mesi il Financial Times ha intervistato più di venti banchieri, avvocati, regolatori e addetti ai lavori del mondo cattolico cercando di scoprire come le attività opache di un istituto con un patrimonio di cinque miliardi di euro, il cui scopo dovrebbe essere servire la missione della chiesa cattolica, hanno messo in crisi banche, autorità di regolamentazione e governi in Europa e negli Stati Uniti.
Le riforme in corso sono cominciate anche grazie alle pressioni di istituti internazionali come DEUTSCHE BANK, JPMORGAN e UNICREDIT, finite a loro volta nel mirino del-le autorità di vigilanza per i loro rapporti con la banca vaticana. Una trentina di isti-tuti, tra cui alcuni dei gruppi finanziari più grandi del mondo, hanno svolto per anni la funzione di banche "di corrispondenza" della Santa Sede, prestando i loro servizi quando gli affari della chiesa oltrepassavano i confini della Città del Vaticano. In pratica, hanno aperto al Vaticano (e ad altri clienti istituzionali) le porte dei mercati finanziari internazionali. Secondo un portavoce della Santa Sede, le banche di corrispondenza avrebbero trasferito su conti all’estero fino a due miliardi di euro all’anno provenienti dallo Ior. Dopo la crisi del 2008, il timore che la loro reputazione fosse macchiata dai legami con la banca vaticana ha spinto queste banche a prendere provvedimenti, e anche lo Ior ha dovuto adeguarsi. Diversi professionisti del mondo finanziario hanno raccontato al Financial Times dei loro rapporti con esponenti vaticani e hanno fornito documenti sulla struttura della banca. Nessuno ha voluto rilasciare dichiarazioni ufficiali, citando ragioni di delicatezza verso il mondo bancario e religioso. Tutti hanno spiegato che il loro obiettivo è aiutare lo Ior nelle sue riforme.
Negli ultimi due anni le autorità di vigilanza hanno ascoltato vari esponenti di pri-mo piano delle banche di corrispondenza a proposito dei loro rapporti con la banca vaticana. Tutti hanno sostenuto che lo Ior opera in modo diverso dalle altre banche. E alcune dichiarazioni raccolte dal Financial Times confermano quello che è emerso successivamente dai documenti ufficiali delle istituzioni europee sul funzionamento dell’istituto. C’erano pochissimi controlli e contrappesi sui flussi di cassa. Molte operazioni non erano adeguatamente documentate. Il personale era ridotto all’osso: 112 dipendenti, quasi tutti italiani, con la supervisione di alcuni cardinali. "Non ri-spettavano neanche i requisiti minimi di informazioni sui clienti", sostiene un dirigente di una banca internazionale.
TROPPI CONTANTI
Lo Ior ha pubblicato la sua prima relazione annuale all’inizio di ottobre del 2013: la banca ha 100mila clienti in tutto il mondo, 33mila depositi e un patrimonio di 5 miliardi di euro. I prestiti sono pochi; l’istituto si occupa soprattutto di gestire depositi, trasferire fondi e fare investimenti. Metà dei clienti appartengono a ordini religiosi; un altro 15 per cento è rappresentato da istitu-zioni della Santa Sede; il 13 per cento sono cardinali, vescovi e altri esponenti del clero; il 9 per cento viene dalle diocesi cattoliche di tutto il mondo. La parte restante si divide tra soggetti che hanno, o dovrebbero avere, "affiliazioni alla chiesa cattolica", si legge nella relazione.
Secondo fonti vaticane, la banca riceve abbondanti donazioni in contanti, dalle raccolte domenicali ai contributi di beneficenza. Circa il 25 per cento delle transazioni dello Ior avviene in contanti, un elemento che alimenta i sospetti di riciclaggio da par-te delle autorità di vigilanza. Circa un terzo del giro d’affari della banca deriva dalle do-nazioni provenienti dagli istituti di beneficenza.
Laura Pedio, giudice del tribunale di Milano che si occupa dei reati commessi dai colletti bianchi, è una delle poche persone informate che ha accettato di parlare apertamente. Pedio, che nel 2011 ha indagato sulla bancarotta di un ospedale catto-lico e quindi ha avuto accesso a informazioni sulla banca vaticana, ha scoperto un complicatissimo sistema di deleghe in cui alcuni soggetti erano autorizzati a svolgere transazioni per conto di correntisti spesso non identificati. Pedio ha scoperto che molti soggetti operavano su delega, ma nessuno all’interno della banca teneva un elenco dei beneficiari. Alcuni clienti sono stati identificati solo verbalmente da un numero ristretto di dipendenti dello Ior. Spesso non c’era modo di ottenere una risposta. "La domanda era sempre la stessa: ‘Chi è il beneficiario ultimo di questo conto?’", dice il magistrato.
Secondo un consulente del Vaticano che vive a centinaia di chilometri dal colonnato di marmo di San Pietro, le inchieste della magistratura e dell’autorità di vigilanza hanno portato a un cambio di atteggiamento delle banche verso la Santa Sede. Messe sotto pressione dagli istituti di controllo europei, le banche hanno smesso di chiudere un occhio davanti ai segreti del Vaticano. "L’atteggiamento degli istituti di corrispondenza è diventato molto più severo e pragmatico: non siamo qui per coprire il culo del Vaticano", spiega il consulente.
Il Vaticano è uno stato sovrano che di-fende ostinatamente la sua privacy. Sotto molti aspetti ricorda una cittadina qualunque, con il suo piccolo supermercato, la far-macia, la pompa di benzina e l’ufficio postale. La banca della città, però, si trova nella più sfarzosa delle sedi possibili: il pa-lazzo apostolico. Benedetto XVI e Giovanni Paolo II alloggiavano sopra gli uffici della banca. Quando Giovanni Paolo II non è sta-to più in condizione di fare le scale, a causa della malattia, è stato installato un ascensore il cui ingresso al piano terra si trova accanto all’entrata posteriore della banca (Francesco ha scelto una residenza più frugale, che simbolicamente si trova molto lontana dagli uffici della banca).
RIFUGIO PER GLI EVASORI
Per generazioni i vaticanisti si sono chiesti se i papi fossero al corrente di chi entrava e usciva dalle porte dell’istituto. Quello che possiamo considerare l’antenato dello Ior fu fondato nel 1887 come "amministrazione" incaricata di raccogliere e usare denaro per le opere religiose. Nel 1942, durante gli anni convulsi della guerra, Pio XII diede all’istituto un nuovo nome e un chiaro mandato bancario.
L’Istituto per le Opere di Religione doveva "provvedere alla custodia e all’amministrazione dei beni (sotto forma di titoli e contanti) trasferiti o affidati alla chiesa da persone fisiche o giuridiche e destinati opere di religione e carità". Nei decenni successivi le domande su una parte di queste attività (in particolare sui rapporti e le transazioni d’affari esaminati da David Yallop nel libro In nome di Dio, del 1984) hanno alimentato i sospetti di possibili collegamenti con la mafia. Un libro di Marco Politi e Cari Bernstein del 1996, Sua santità, dà un’interpretazione più benevola dei flussi di cassa degli anni ottanta: tramite un conto discrezionale intestato a Giovanni Paolo II, la banca inviava sistematicamente finanziamenti a SOLIDARNOSC, il movimento di resistenza polacco, per combattere il comunismo nell’Europa dell’est.
La vicenda più grave è certamente quella legata alle rivelazioni sui rapporti tra lo Ior e il Banco Ambrosiano di Milano, unico caso di crac bancario nella storia d’Italia. Lo Ior era il principale azionista del Banco Ambrosiano. Nel 1982 il Banco fallì, e poco dopo il suo presidente Roberto Calvi fu ritrovato impiccato sotto il ponte dei Frati neri, a Londra. Secondo la magistratura di Roma, il banchiere sarebbe stato ucciso dalla mafia, ma nessuno è stato mai condannato per l’omicidio.
Negli ultimi anni lo Ior è finito di nuovo sotto i riflettori per i finanziamenti alle attività religiose e umanitarie in giro per il mondo. Funzionari vaticani presenti e passati hanno confermato al Financial Times che la banca ha finanziato gruppi cristiani a Cuba e in Egitto, spesso in segreto oppure senza informare adeguatamente le banche di corrispondenza.
Esperti di affari vaticani, banchieri e magistrati concordano sul fatto che il sistema, costruito per spostare rapidamente fondi in paesi con situazioni difficili, può essere stato usato per scopi legati all’evasione fiscale o alla criminalità organizzata. "Il problema è che quando si comincia con le operazioni opache poi non si sa più quando mettere un punto e smettere. All’inizio si trattava solo di mandare soldi in Polonia, poi la cosa è sfuggita di mano", dice un importante dirigente europeo di una banca statunitense legata per anni al Vaticano. "Non c’erano regole", osserva un esperto di questioni vaticane. "Se poi arriva qualcuno con obiettivi criminali, la frittata è fatta".
Secondo un ex funzionario dello Ior, il codice di regolamentazione della banca è stato "indulgente" fino al 2008. Prima di allora nessuno, né le autorità di vigilanza né gli esponenti della Santa Sede, ha mai fatto pressioni affinché l’istituto operasse in modo più trasparente. È cambiato tutto dopo l’inizio della crisi dell’euro. Gli sforzi congiunti dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici, del Consiglio europeo per la stabilità finanziaria e del Gruppo d’azione finanziaria internazionale hanno portato a un giro di vite sugli stati che non rispettano le regole internazionali. Nel frattempo la magistratura di Roma ha cominciato a indagare su una serie di transazioni sospette partite dalla Santa Sede e dirette verso il sistema bancario italiano. Al centro delle attenzioni è finita una filiale dell’UniCredit, la più grande banca italiana.
La Banca d’Italia, che stava svolgendo un’inchiesta di routine sul riciclaggio di denaro sporco, si è accorta di una serie di incongruenze nei rapporti tra la filiale della banca e lo Ior e ne ha dato notizia alla procura di Roma. Secondo una fonte informata dei fatti, a far scattare il campanello d’allarme sarebbe stata la presenza di distinte di pagamento di correntisti anonimi dello Ior. L’inchiesta è stata archiviata l’anno scorso, ma non senza conseguenze per il Vaticano. L’UniCredit afferma di aver chiuso ogni rapporto con la Santa Sede. E non è stata l’unica.
Cambiare non è stato facile. Il problema principale è che l’Unione europea non ha nessun potere di regolamentazione sul Vaticano. È stata la Banca d’Italia, quando era governata da Draghi, a mettere sotto torchio le banche che avevano rapporti d’affari con lo Ior. Dice un ex ministro italiano: "È così che si fa in queste situazioni, quando c’è uno stato su cui non si hanno poteri di regolamentazione e bisogna cambiare registro: s’impedisce alle banche di fare affari con gli stati inadempienti".
Nel 2009 lo Ior è stato al centro di vari incroci finanziari. Mentre la magistratura andava avanti con l’inchiesta, la Banca d’Italia ha intensificato le pressioni sulle banche di corrispondenza.
La Santa Sede, guidata da un Benedetto XVI sempre più fragile, ha cercato di fare la sua parte nominando Ettore Gotti Tedeschi, un banchiere conservatore ben inserito nel sistema, come presidente dello Ior. Inoltre ha chiesto al consiglio d’Europa di aprire un’inchiesta attraverso Moneyval, il comitato di esperti per la valutazione di misure contro il riciclaggio di capitali e il finanziamento del terrorismo. Benedetto XVI ha poi dato la sua approvazione all’istituzione di un nuovo organismo di vigilanza finanziaria dentro le mura del Vaticano.
Gotti Tedeschi era stato il presidente del Banco Santander in Italia ed era considerato il braccio destro di Emilio Botin, il numero uno della banca. Inoltre faceva parte del consiglio d’amministrazione della Cassa depositi e prestiti, una gigantesca società pubblica di gestione del risparmio. Tutta-via, secondo alcuni, Gotti Tedeschi era mal visto da alcuni membri del consiglio dei cardinali, infastiditi dai suoi inviti alla trasparenza. A maggio del 2012 Gotti Tedeschi è stato sollevato dall’incarico dopo un voto di sfiducia del consiglio. È stato perfino accusato di aver commesso dei reati, salvo poi essere prosciolto dalla magistratura.
BANCHE PREOCCUPATE
Nel 2009 anche le banche di corrispondenza hanno cominciato ad andare in fibrillazione. Il mancato rispetto delle norme internazionali antiriciclaggio da parte del Vaticano rappresentava una potenziale minaccia alle loro attività. Dopo il giro di vite sugli evasori fiscali in paradisi offshore come la Svizzera, le banche temevano di finire nel mirino delle autorità di vigilanza per via dei loro rapporti con il Vaticano, che continuava a difendere il segreto bancario.
Nel marzo del 2012 la JPMorgan ha chiuso i conti bancari del Vaticano perché lo Ior non forniva sufficienti informazioni sui fondi che chiedeva di spostare in giro per il mondo, rivelano due fonti di due diverse istituzioni finanziarie. Anche altre banche hanno cominciato a incalzare il Vaticano. Racconta un dirigente di una grande banca europea: "Dicevamo: ‘Dobbiamo rispondere al regolatore su questo punto. Loro replicavano: ‘Noi rispondiamo a Dio’".
Il rapporto di Moneyval, pubblicato nel luglio del 2012, ha rafforzato la sensazione di un assedio alla Santa Sede. Secondo il comitato di esperti, l’Autorità di informa-zione finanziaria, l’organismo creato con l’approvazione di Benedetto XVI, non di-sponeva di sufficienti poteri di vigilanza e dell’indipendenza necessaria per sanzionare le istituzioni finanziarie vaticane. L’organismo, si legge nel rapporto, non aveva pieno diritto di accesso ai libri contabili o ad altro tipo di informazioni. Secondo Moneyval, lo Ior rispettava solo 9 dei 16 requisiti essenziali.
Il rapporto di Moneyval ha fornito materiale per indagare sull’attività di altre banche, tra cui il colosso tedesco Deutsche Bank, che dal 1997 gestisce il sistema dei bancomat e delle carte di credito della Città del Vaticano. Nell’estate del 2012 la Banca d’Italia ha chiesto alla Deutsche Bank se fosse in possesso di una licenza per l’eroga-zione del servizio. Lo Ior non si era adegua-to alle norme internazionali, quindi secondo la banca centrale italiana era possibile che la Deutsche Bank stesse violando la legge. In un’altra lettera la Banca d’Italia ha chiesto all’istituto tedesco di chiudere tutti i conti dello Ior entro la fine dell’anno.
LA DEUTSCHE BANK SI È ADEGUATA: IL 1 GENNAIO 2013, nel pieno delle vacanze natalizie, non c’era più un bancomat funzionante in tutta la Città del Vaticano. I turisti in coda per la Cappella Sistina potevano entrare solo pagando in contanti. " Il messaggio era semplice : se volete far parte del mondo moderno, dovete adeguarvi alle normative moderne", spiega un dirigente di una banca di corrispondenza.
Negli ultimi giorni del suo pontificato, Benedetto XVI ha disposto una serie di no-
mine che hanno contribuito al cambio di rotta finanziaria della Santa Sede. René Bruelhart, avvocato svizzero già a capo della Financial intelligence unit del Liechtenstein, è stato nominato direttore dell’Autorità di informazione finanziaria. Una delle ultime disposizioni del pontefice è stata la nomina del nuovo direttore dello Ior, Ernst von Freyberg, un banchiere e aristocratico tedesco esperto di fusioni e acquisizioni che nel tempo libero accompagna i pellegrini a Lourdes.
Bruelhart, il più giovane dei due (ha 41 anni), ha avuto un ruolo chiave nella restituzione del patrimonio del regime di Saddam Hussein al governo iracheno, e nel 2006 ha contribuito a far venire alla luce lo scandalo delle tangenti per i contratti Siemens. Il suo profilo giuridico, unito alla giovane età e alla bella presenza, gli è valso il soprannome di "James Bond" del mondo finanziario. Bruelhart si è messo subito all’opera per far tornare in funzione i bancomat e le carte di credito in Vaticano. Nel giro di un mese ha incaricato l’Aduno Group, un’azienda svizzera, di prendere in mano la gestione dei bancomat, aggirando così le pressioni delle autorità di vigilanza italiane ed europee.
A marzo del 2013 è stato eletto un nuovo papa, un gesuita che predicava povertà e umiltà come san Francesco d’Assisi e che ha subito fatto capire le sue intenzioni. In uno dei suoi primi discorsi, Bergoglio si è scagliato contro l’idolatria del denaro", la "corruzione tentacolare" e "l’evasione fiscale egoista che ha assunto dimensioni mondiali". Poi ha mandato un altro segnale facendo spostare la sua residenza lontano dal palazzo apostolico e dalla banca vaticana.
I decreti papali emessi da Bergoglio hanno contribuito ad accelerare i controlli e a fare pulizia tra gli alti ranghi cardinalizi. Secondo fonti della Banca d’Italia, il nuovo papa "ha compiuto passi importanti verso una vera riforma dell’architettura giuridico-istituzionale". Inoltre ha assegnato all’Autorità di informazione finanziaria poteri di vigilanza più ampi.
II papa ha poi chiesto una revisione delle attività dello Ior e ha nominato due comitati formati da alti prelati e banchieri laici. Il loro compito era dare indicazioni sul futuro dell’istituto, che dovrebbe avere un ruolo "in armonia con la missione della chiesa cattolica", secondo la nota del Vaticano. Secondo gli esperti, finora Bruelhart e von Freyberg sono stati complementari nel loro approccio alle riforme. Bruelhart ha subito messo in piedi un gruppo di lavoro incaricato di controllare i conti correnti e tracciare i movimenti di denaro.
COLAZIONE CON IL PAPA
Pochi mesi dopo l’arrivo dei due funzionari esterni, Peter Sutherland è arrivato da Lon-dra per illustrare ai cardinali le virtù della trasparenza. Prima dell’incontro con i porporati, Sutherland è entrato nella sala da pranzo della Casa Santa Marta. C’era papa Francesco che faceva colazione, racconta un testimone. "Non riuscivo a credere ai miei occhi. Mi sembrava impossibile", dice. "Il papa da una parte e uno dei banchieri più famosi del mondo dall’altra".
Prima dell’estate, von Freyberg si è ri-volto al Promontory Financial Group, una società internazionale specializzata in regolamentazione e consulenza in campo finanziario. Il compenso della Promontory Group, secondo von Freyberg, "supera di molto le sette cifre".
In una limpida mattina di fine ottobre, sotto un dipinto della crocifissione di Cristo, nove specialisti del Promontory Financial Group si sono messi a controllare al computer tutte le scansioni dei passaporti degli intestatari dei conti dello Ior. Hanno confrontato a mano e con metodo certosino tutti i nomi e i volti con gli ultimi moduli bancari compilati. Secondo il Vaticano, in questo momento il 25 per cento del personale dello Ior è formato da specialisti del Promontory Financial Group.
Nell’ufficio a fianco c’era Rolando Marranci, ex direttore finanziario della Bnp Paribas in Italia e nuovo direttore generale dello Ior. Marranci è stato assunto subito dopo l’arresto di monsignor Scarano, l’ex responsabile finanziario del Vaticano.
Secondo persone informate sui fatti, i nuovi arrivati hanno ricevuto il mandato di chiudere centinaia di conti presenti nei libri mastri vaticani entro il 2014. Ma alcuni di-pendenti dello Ior spiegano che bisognerà aspettare fino alla seconda metà dell’anno prima che siano esaminati tutti i depositi. Nel mirino ci sono i conti correnti intestati a clienti che risultano non avere più legami con la Santa Sede. Quando mancano informazioni essenziali o si scopre che un cliente non ha legami con il Vaticano, i conti sono segnalati al gruppo di lavoro di Bruelhart. A quel punto lui decide, alla luce delle nuove norme antiriciclaggio, se chiuderli oppure no.
Sia Bruelhart sia von Freyberg hanno provato a rassicurare il Vaticano sui sospetti legati alle attività di riciclaggio. Il volume delle transazioni dello Ior (circa due miliardi di euro l’anno in entrata e in uscita) è troppo piccolo per essere considerato a rischio, spiegano fonti vicine agli interessati. Restano però i sospetti sul ruolo della banca come rifugio per gli evasori italiani. Come è noto, l’Italia è uno dei paesi europei dove il problema dell’evasione fiscale è più grave.
I CONTI IN ORDINE
Secondo i funzionari bancari che hanno seguito più da vicino il passaggio tra i due pa-pi, il 2013 ha segnato un cambiamento epocale. La gerarchia vaticana sta cercando di creare un nuovo organismo di vigilanza formato da esperti in materia di regolamenta-zione. Le quattro grandi società di revisione si stanno occupando dei suoi conti. In pre-cedenza il personale dello Ior era formato quasi esclusivamente da italiani; ora la banca ha aperto le porte a professionisti stranieri con un’esperienza internazionale. Sono aumentati i controlli sull’Apsa, l’organismo che gestisce il patrimonio immobiliare della chiesa e l’acquisto e la vendita di titoli di stato. Sutherland e il finanziere internazionale Bob McCann, amministratore delegato della Ubs Americas, sono due dei cinque "consulenti ufficiali" dell’Apsa, secondo l’annuario vaticano del 2013. Nell’ottobre dello scorso anno, il Vaticano ha an-nunciato che i consulenti dell’organismo entreranno a far parte di un nuovo comitato di supervisori. Né Sutherland né McCann hanno voluto rispondere a domande sul co-mitato, ma anche in quel caso avranno molto lavoro da fare.
Con grande sorpresa delle autorità vati-cane, all’interno dell’Apsa sarebbero stati scoperti alcuni conti correnti che stavano per essere spostati presso lo Ior. L’esistenza stessa di questi conti è l’ennesima dimostrazione del fatto che per anni il sistema finanziario è stato gestito nella toltale as-senza di regole chiare.
Altri cambiamenti sono all’orizzonte. Bruelhart ha sottoscritto un protocollo d’intesa per lo scambio di informazioni sulle transazioni sospette con STATI UNITI, ITALIA, SPAGNA, BELGIO, PAESI BASSI e SLOVENIA, a cui stanno per aggiungersi altri 15 o 20 paesi. Si è anche rivolto all’Egmont Group, una rete di uffici di intelligence di vari paesi che si scambiano informazioni sulle transazioni sospette.
Tra gli esperti e gli addetti ai lavori c’è un cauto ottimismo, non solo a Roma. Ma molti ammettono che ci sono ancora tensioni tra gli alti sacerdoti della finanza e il Vaticano. "Alla fine è una questione di volontà politica", afferma un consulente dello Ior. "Anche se quello che sta avvenendo in questo momento ha sorprendentemente poco a che fare con la politica. Si tratta più che altro di tecnologia, manuali, formazione delle risorse, processi e controlli incrociati".
La profondità delle riforme della finanza vaticana dipenderà dall’uomo al vertice della gerarchia. Papa Francesco ha scelto il nome di un santo che amava parlare chiaro e si accontentava delle cose semplici, e finora è stato d’ispirazione per gli uomini chiamati a riformare le finanze del Vaticano, che hanno lavorato giorno e notte senza sosta. Da questo punto di vista le riflessioni del pontefice su come dovrebbe funzionare la finanza in questa sfarzosa città di santi e peccatori sono senz’altro degne di nota. "Alcuni dicono che forse è meglio che sia una banca, altri sostengono che dovrebbe diventare un fondo per erogare aiuti, altri credono che andrebbe chiuso", ha detto Francesco nel luglio del 2013. "Io mi fido delle persone dello Ior che stanno lavorando su questo […]. Ma che sia banca o fondo di aiuto: trasparenza e onestà". In Italia molti pensano che Francesco, originario dell’Argentina, sia stato scelto perché è un outsider. Il nuovo pontefice sa perfetta-mente che l’isolamento del Vaticano ha danneggiato l’immagine della chiesa cattolica e ne ha messo in discussione l’autorevolezza. La sua missione sarà dimostrare che la chiesa è ancora un esempio di moralità, e secondo alcuni lo scandalo dello Ior ha rappresentato un’opportunità da cogliere al volo.
Secondo Massimo Faggioli, studioso e saggista bolognese che da vent’anni si oc-cupa di Vaticano, i pontefici del recente passato non avevano motivo di ritenere che lo Ior fosse importante per il mondo esterno. Ma oggi lo è, e Francesco, affrontando subito la questione, ha dato un segnale. "Giovanni Paolo II non ha mai toccato lo Ior perché gli serviva per finanziare Solidarnosc attraverso il Vaticano. Bene-detto XVI non lo ha toccato perché non aveva nessun interesse a controllarlo. Con Francesco è diverso, perché il papa attuale sa bene che gli scandali di questa piccola banca hanno danneggiato la credibilità della chiesa", dice Faggioli.
Altre questioni legate alla modernità metteranno alla prova la chiesa in futuro: gli scandali legati alla pedofilia, il ruolo delle donne, la fine del celibato per i sacerdoti. Per ora il nuovo occupante del trono di san Pietro si augura che la chiesa dia il buon esempio e faccia quello che fanno tutte le
la nomina formale dei nuovi porporati e per discutere i problemi della chiesa. Il 12 gennaio Francesco ha scelto il primo gruppo di nuovi cardinali, in maggioranza non europei.
di Rachel Sanderson, FINANCIAL TIMES, Regno Unito

L’ULTIMA SCOSSA DÌ BERGOGLIO
II 15 GENNAIO IL PAPA HA ANNUNCIATO DEI CAMBIAMENTI NELLA COMMISSIONE VIGILANZA DELLA BANCA VATICANA
IL 5 gennaio papa Francesco ha scosso nuovamente il Vaticano nominando i nuovi cardinali della commissione di vigilanza dello Ior. Il papa ha sostituito tutti quelli che erano stati nominati dal suo predecessore Benedetto XVI, tranne uno, in un nuovo provvedimento voluto per consolidare il suo potere. Da quando è salito al soglio pontificio, meno di un anno fa, Francesco ha nominato uomini di fiducia in diversi settori cruciali del Vaticano, nel tentativo di mettere fine agli intrighi e al caos che hanno travolto la burocrazia durante il papato del timido e distante Benedetto.
L’Istituto per le Opere di Religione (banca vaticana) è da anni sotto i riflettori. In molti sospettano che i suoi conti nascondano attività illecite, e le istituzioni europee hanno chiesto alla banca una maggiore trasparenza e l’adesione agli standard bancari internazionali, un processo avviato da Benedetto XVI. Poco dopo il sorprendente annuncio delle sue dimissioni, Ratzinger aveva infatti autorizzato un nuovo mandato quinquennale per i cinque cardinali del comitato di vigilanza, incluso l’allora segretario di stato Tarcisio Bertone. Ma Francesco ha deciso di confermare so¬lo uno dei cinque (il cardinale Jean-Louis Tauran), e ha sostituito Bertone con Pietro Parolin, nuovo segretario di stato. "Non c’è da stupirsi", spiega un funzionario vaticano vicino alla banca. "L’avvicendamento era in programma, ed è un bene per lo Ior".
La decisione di Francesco precede di un mese un concistoro che riunirà in Vaticano i cardinali di tutto il mondo per la nomina formale dei nuovi porporati e per discutere i problemi della chiesa. Il 12 gennaio Francesco ha scelto il primo gruppo di nuovi cardinali, in maggioranza non europei.
Il papa ha prestato molta attenzione alle attività della banca: in estate ha creato una commissione speciale separata che ha il compito analizzare le attività della banca e riferire ai vertici.
MOSSA SORPRENDENTE
Uno degli ultimi atti ufficiali di Benedetto XVI era stata la nomina dell’industriale tedesco Ernst von Freyberg alla presidenza della banca. Von Freyberg si è concentrato sull’adeguamento della banca alle norme internazionali e ha assunto una società di consulenza legale per controllare i 19imila conti della banca, alla ricerca di anomalie e transazioni sospette.
A dicembre l’agenzia di sorveglianza Moneyval ha elogiato il Vaticano per gli sforzi compiuti nell’adesione alle leggi internazionali contro il terrorismo e il riciclaggio di denaro, ma ha chiesto ulteriori cambiamenti. L’agenzia ha inoltre sottolineato che il potere dei funzionari non è ancora sufficiente a scongiurare possibili crimini finanziari all’interno della banca e dell’Amministrazione del patrimonio della sede apostolica, l’ente che gestisce le pro-prietà immobiliari e finanziarie del Vaticano. Carlo Marroni, giornalista esperto di finanze vaticane, spiega che le attività di von Freyberg e degli altri dirigenti della banca saranno sottoposte al controllo della commissione nominata il 15 gennaio. "È una mossa sorprendente, considerando che siamo al¬la vigilia di un concistoro", spiega Marroni. "È un segnale della volontà di cambiare la gestione finanziaria".
La nuova commissione di vigilanza è composta da cinque persone: il segre-tario di stato Parolin, il cardinale Tauran, l’arcivescovo di Vienna Christoph Schònborn, l’arcivescovo di Toronto Thomas Christopher Collins e l’arciprete della basilica di Santa Maria Maggiore Santos Abril y Castellò..

di Jim Yardley e Gaia Pianigiani, The New York Times, Stati Uniti

 

Views: 8

AIUTACI AD INFORMARE I CITTADINI EMIGRATI E IMMIGRATI

Lascia il primo commento

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*


Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.